Biografie cristologiche/Il Cristo divino: differenze tra le versioni

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Un'ulteriore fase di sviluppo ebbe luogo nella Cristianità, nel tardo periodo neotestamentario o appena dopo. Fu una progressione che rimosse la distinzione tra ''Logos'' e Dio, e che passò dal considerare Gesù come il ''Logos'' di Dio al considerarlo proprio la stessa "Divinità di Dio". Possiamo forse riformulare il concetto in questo modo, che per molti cristiani Gesù cessò di essere identificato ''meramente'' come il ''Logos'', e venne ad essere concepito invece come Dio Stesso.<ref name="Logos"/><ref name="Cristologia"/>
 
Questo sviluppo creò grandi contese e conflitti nel Cristianesimo. L'opinione centrale riteneva che Gesù fosse sia Dio che uomo, ma l'esposizione teologica produceva opinioni dissidenti e contraddittorie nella Cristianità circa la relativa divinità e relativa umanità. Quello su cui tutti i cristiani erano generalmente d'accordo era che Gesù fosse divino; quello su cui dissentivano era quanto fosse umano. Aveva una natura o due? Maria era la madre di Gesù Cristo, o doveva essere considerata anche la "madre di Dio"? Un ebreo palestinese, se avesse per caso sentito alcune delle dispute cristiane nel terzo secolo, non sarebbe stato assolutamente capace di capire gli astrusi dibattiti teologici. Non solo avrebbe rifiutato le contrastanti controversie cristiane, ma il carattere isolato e autonomo dell'Ebraismo rabbinico gli avrebbe certamente impedito di comprendere il carattere isolato ed autonomo della teologia cristiana. Se un tale ebreo, per esempio, si fosse imbattuto nella formula trinitaria di Matteo 28:19, "Padre e Figlio e Spirito Santo", l'avrebbe rifiutata poiché incompatibile col monoteismo.<ref name="Triuno">Frase comunque redazionale, "non autentica", prodotta da successivi redattori neotestamentari protocristiani - cfr. ''int. al.'', Géza Vermès, ''The Authentic Gospel of Jesus, cit.'', pp. 419-435. La frase trinitaria nei suoi giorni nascenti, prima che venisse elaborata ed imbellita, non pare troppo difficile da definire e spiegare, sebbene i cristiani spesso affermino che sia un "mistero" al di là della comprensione umana. Fu una risposta alla domanda implicita di come Dio venisse a relazionarsi con l'uomo e l'uomo con Dio: nella formulazione il Padre naturalmente è Dio, il Dio remoto e trascendente; il figlio è il ''Logos''-Cristo, concepito come specifico in tempo e luogo, e quindi agente in tale intervallo di tempo quando il ''Logos''-Cristo divenne l'uomo incarnato Gesù. Lo Spirito Santo è lo spirito di Dio dopo che il ''Logos''-Cristo riascese al cielo per aspettare il tempo del suo ritorno. Questa visione naturalmente è contestata da altre interpretazioni. Cfr. ''int. al.'', Samuel Sandmel, ''We Jews and Jesus, cit.'', pp. 48-49; Jeremy Cohen (cur.), ''Essential Papers on Judaism and Christianity in Conflict: From Late Antiquity to Reformation, cit.'', ''s.v.'' "Trinity".</ref> Non solo si sarebbe convinto, come molti ebrei sono tuttora convinti erroneamente, che il Cristianesimo non sia un monoteismo, ma anche non avrebbe creduto che il Dio del Cristianesimo sia concepito dai cristiani come il Dio di Israele. In verità, la formula trinitaria merita qui una particolare attenzione, poiché viene asserita come intrinsicamente ''incomprensibile'' per gli ebrei e d'altra parte attribuisce a Gesù una divinità che gli ebrei non sono disposti ad attribuire a nussunnessun ''uomo''.<ref name="Triuno"/>
 
Comprendendo o meno le spiegazioni cristiane, gli ebrei hanno comunque rifiutato costantemente le affermazioni cristiane su Gesù. Non hanno creduto che Gesù fosse il Messia; non hanno voluto chiamarlo "Signore"; non hanno creduto che il ''Logos'' si fosse incarnato come Gesù; non hanno creduto che Gesù fosse, o sia, la Divinità stessa di Dio. In questa luce, questioni come la nascita da vergine in Matteo e Luca, e le guarigioni ed i miracoli dei Vangeli, e le forme cristiane di "riprove" bibliche sono semplici dettagli.<ref>I cristiani, sia in antichità che in tempi recenti, hanno usato brani dell'Antico Testamento come ''prova'' delle affermazioni cristiane. Hanno preso in prestito questo metodo dagli ebrei: la "riprova testuale" usualmente implica leggere un passo dell'Antico Testamento e assegnargli un significato speciale che spesso non contiene. Quando i cristiani presentano agli ebrei tali passi, non si rendono conto di dar loro un significato speciale. Spesso i cristiani, ed in particolare i fondamentalisti, si meravigliano che gli ebrei non ammettano le interpretazioni cristiane di questi passi veterotestamentari, specialmente di brani estratti dal [[w:Libro di Isaia|Libro di Isaia]]. La risposta naturalmente è che gli ebrei non riscontrano in tali passi gli stessi significati, specialmente le predizioni su Gesù, che i cristiani invece riscontrano. Ribadendo, il ''metodo'' usato dai cristiani è prettamente ebraico, sin dall'antichità; il contenuto, una volta che il metodo fu preso in prestito, risultò congeniale per le affermazioni cristiane. Questa riprova testuale è frequente nelle Lettere di Paolo e specialmente nel Vangelo di Matteo. Cfr. Samuel Sandmel, ''We Jews and Jesus, cit.'', p. 50.</ref> Gli ebrei, ad eccezione di quegli ebrei greci che preso la strada senza uscita di Filone d'Alessandria, sono sempre stati immutabilmente unitari, ed incapaci di accettare la visione di un qualsiasi uomo che possa essere innalzato al di sopra del livello umano e che sia equiparato a Dio.<ref name="Triuno"/> È chiaro che gli ebrei non considerano Gesù allo stesso modo dei cristiani, né si può pretndere che lo facciano. Non solo il concetto astratto del Cristo è alieno agli ebrei, ma anche il concetto cristiano dell'importanza della carriera di Gesù i Cristo è parimenti aliena. È credenza cristiana che la crocifissione sia stata una morte espiante che ha permesso al genere umano di redimersi dal peccato. Ad un certo livello, gli ebrei hanno concepito il peccato, l'espiazione e la salvezza in modi alquanto differenti dalla concezione cristiana, e non solo gli ebrei si astengono dal condividere la fede cristiana, ma in verità la maggioranza degli ebrei non riescono nemmeno a capire cosa intendano i cristiani quando usano questi termini comuni ad entrambe le religioni, proprio come i cristiani spesso non riescono a capire gli ebrei quando usano tali termini.<ref name="Divino"/>
 
Gli ebrei generalmente definiscono il peccato come un atto o azione; i cristiani generalmente lo definiscono come uno statro, una condizione dell'essere umano. Gli ebrei definiscono l'espiazione come il bisogno dell'essere umano di scrutarsi per capire e riconoscere i propri atti peccaminosi, la sua necessità di sentirne sinceramente il rimorso, un senso genuino di pentimento per averli commessi ed il suo impegno a condurre una vita il più possibile libera da tali atti. È fede ebraica che quando un essere umano espia, Dio possa, se così Egli determina, perdonare. In poche parole, secondo la fede ebraica l'essere umano è incline a commettere atti peccaminosi, ma può espiare e Dio perdona.<ref name="Divino"/>
 
==Note==