Biografie cristologiche/Il Cristo divino: differenze tra le versioni

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Pertanto, le speranze messianiche erano una miscela di aspetti divini e umani poiché, mentre si attendeva una partecipazione di Dio agli eventi, il Messia stesso poteva solo essere umano, sebbene inviato da Dio. Questa attività umana ai romani sembrava un affare strettamente provocata da uomini e quindi classificabile come insurrezione. I romani potevano essere tanto antagonistici al pretendente messianico quanto gli ebrei potevano esultarne l'arrivo. Gesù non fu né il primo né l'ultimo, nella lunga storia dell'Ebraismo, ad affermare di essere o ad essere affermato il tanto atteso Messia. Sarebbe stato normale per una tale persona considerata il Messia di attrarre seguaci e partigiani, e di avere spettatori in attesa di vedere se gli eventi realizzavano o meno le aspettative e le specificazioni, prima di decidere se la particolare persona era o non era il Messia. Anche se un pretendente veniva salutato inizialmente come l'atteso non significava che egli continuasse ad esserlo; e ogni pretendente messianico nell'Ebraismo ha iniziato, o ottenuto velocemente, una vasta accettazione e finito nel rifiuto generale. Nel caso di Gesù, come abbiamo detto, i suoi partigiani sostennero dopo la sua morte che gli fu accordata una risurrezione speciale, e da questa credenza si originò un'interpretazione nuova e differente del ruolo del Messia. Ma tra quelli che non furono suoi partigiani e seguaci, prevalse l'opinione che, poiché quelle cose specificamente attese con la venuta del Messia non si erano realizzate, allora Gesù non poteva essere, e non era, il tanto sperato Messia. In poche parole, le persone che non accettarono Gesù come Messia, rigettarono le asserzioni perché le relative aspettative non si materializzarono. Il potere di Roma non fu spezzato, il lignaggio davidico non fu ripristinato, gli ebrei sparsi per il mondo non furono raccolti in Palestina; la vita quotidiana continuava come prima.<ref name="Scholem"/><ref name="Botea">[[w:Shmuley Boteach|Shmuley Boteach]], ''[[:en:w:Kosher Jesus|Kosher Jesus]]'', Gefen Publishing House, 2012, Parte IV, partic. pp. 149-153.</ref>
 
Nel suo vero contesto, a questo punto, il problema era strettamente ebraico, con ebrei che accettavano l'ebreo Gesù come Messia ebreo, ed ebrei che non l'accettavano. Solo molto più tardi, quando i gentili soppiantarono gli ebrei nel nuovo movimento, si potè porre la domanda nella forma: perché ''gli ebrei'' non accettarono Gesù come Messia; in questo periodo successivo la definizione di Messia era diventata notevolmente diversa, da qualcosa che implicava caratteristiche specifiche e temporali a qualcosa che implicava astrazioni più sovrumane. Quegli ebrei che avevano accettato Gesù come Messia, nonostante la sua morte in croce, fecero un'alterazione iniziale significativa nel modello messianico, cambiandolo per così dire da singolo evento, con l'arrivo del grande punto culminante, a due parti, prima la preparazione, e dopo un intervallo, il pun to culminante. Tale alterazione venne conformata alla realtà che Gesù fosse morto in croce; ma, così si credeva fermamente, egli era stato velocemente risorto e poi era asceso al cielo, ad aspettare là il tempo opportuno di una seconda venuta. Quest'ultima venne considerata il punto culminante; la sua prima venuta era stata una preparazione. Questa "seconda venuta" è tuttora attesa dalla Cristianità ed è un dogma basilare della fede cristiana ''[[w:mainstream|mainstream]]'', sebbene le chiese moderate ed istituzionali non lo tengano al centro o vividamente in primo piano.<ref>Esiste una notevole bibliografia sulla questione se Gesù si autoproclamasse "il Messia" o se furono i suoi discepoli che fecero tale affermazione. Inoltre, ci sono studiosi che, attribuendo l'affermazione ai discepoli, credono che non fosse durante la vita di Gesù ma solo dopo la sua risurrezione che l'asserzione fu fatta. La nebulosità dei dati conferma in buona parte queste differenze di opinione, sebbene disposizioni moderne possano forse combinarsi con tale nebulosità per raggiungere conclusioni divergenti. L'interprete si ritrova su un terreno incerto a giudicare l'evidenza, e lascia la questione aperta oppure accetta un'opinione particolare sulla base di un proprio giudizio personale riguardo alla direzione in cui lo manda l'evidenza limitata. Opinione del presente redattore è che l'associazione di Gesù con le affermazioni messianiche non attese la sua morte, ma occorse durante la sua vita. Mi pare inoltre corretto pensare che se Gesù non si proclamò attivamente Messia, perlomeno acconsentì a tale identificazione fatta da altri. Altrettanto complicata e altrettanto incerta è la questione in che senso Gesù fu concepito, o si concepì, come "il Messia". La portata della visione messianica aveva un'estesa gamma di significati tra gli ebrei, ma il pensiero cristiano che si sviluppò successivamente ampliò tale gamma ancor di più. Amettendo queste incertezze, è opinione di questo redattore che ci siano enfasi nel messianismo ebraico non contemplate dal messianismo cristiano, e che il messianismo cristiano sia marcato da temi che quello ebraico non sviluppò mai. Il messianismo cristiano crebbe allontanandosi decisamente dal messianismo ebraico, con uno sviluppo ed un'alterazione deliberata a sé stante, rifiutando temi ebraici nel corso della transizione. Nel testo di questo capitolo si descrive questa transizione schematicamente per amor di chiarezza, ma una schematizzazione ha sempre risultati ''schematici''. Al di là della questione se lo sviluppo sia o meno discernibile quanto il testo lo presenta, il risultante contrasto tra temi messianici ebraici e cristiani è del tutto attendibile, sebbene non così semplice come viene qui presentato. Cfr. Samuel Sandmel, ''We Jews and Jesus'', Jewish Lights Publishing, 2006, pp. 48-49.</ref>
 
La convizione sviluppatasi che il programma del Messia consistesse della trascorsa fase preparatoria e della futura aspettativa naturalmente indusse speculazioni circa la natura di Gesù. Che gli fosse stata garantita una risurrezione speciale e fosse asceso al cielo in attesa di ritornare poteva, e palesemente doveva, implicare che egli fosse in un qualche modo speciale più che umano, e quindi in un qualche modo speciale divino. La letteratura del Nuovo Testamento sfortunatamente non ci fornisce un rapido e semplice riassunto della maniera in cui si svilupparono le opinioni che Gesù fosse più che umano. Tale riassunto viene qui presentato con l'avvertenza che si basa su riferimenti incerti, e non è interamente soggetto ad una convalida documentaria. Ciò vale specialmente nel caso delle prime fasi, in cui riassumo nella frase "Figlio dell'Uomo" la visione che Gesù fosse più che umano.<ref name="Sunto">Per questa specifica sezione si vedano specialmente [[w:E.P. Sanders|E.P. Sanders]], ''Jesus and Judaism'', Fortress, 1987; [[w:Geza Vermes|Géza Vermès]], ''Jesus the Jew'', Fortress, 1973; ''id.'', ''The Gospel of Jesus the Jew'', University of Newcastle upon Tyne, 1983; ''id.'', ''Jesus and the World of Judaism'', SCM, 1983; ''id.'', ''The Religion of Jesus the Jew'', Fortress, 1993; James H. Charlesworth, ''Jesus within Judaism'', Doubleday, 1988; James H. Charlesworth (cur.), ''Jesus` Jewishness: Exploring the Place of Jesus in Early Judaism'', Crossroads, 1991; [[w:John Meier|John Meier]], ''A Marginal Jew'', 5 voll., 1991/2007 (trad. ital. ''Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico'', Queriniana, 2001/2009); Bernard Lee, ''The Galilean Jewishness of Jesus'', Paulist, 1988; Géza Vermès, ''Jesus in His Jewish Context'', Fortress, 2003; Donald A. Hagner, ''The Jewish Reclamation of Jesus'', Zondervan, 1984.</ref>
 
È probabile che nessuna frase biblica abbia provocato più teorie di "Figlio dell'Uomo". L'espressione viene usata in molti passi di [[w:Libro di Ezechiele|Ezechiele]] dove, dichiaratamente da tutte le parti in causa, significa molto di più di "uomo". La frase che è più direttamente relazionata al Nuovo Testamento si riscontra in [[w:Libro di Daniele|Daniele]] [https://www.biblegateway.com/passage/?search=daniele+7%3A13&version=CEI;LND 7:13]. Lì leggiamo di una visione di ciò che dovrebbe avvenire nel giudizio finale, e in tale visione le nazioni pagane sono raffigurate come bestie orrende, mentre in contrasto Israele è rappresentato come "uno simile ad un ''figlio di uomo''".
 
==Note==