Biografie cristologiche/Da setta ebraica a chiesa dei Gentili: differenze tra le versioni

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Con tono più pastorale rispetto a quello di Galati, Paolo insiste che la chiesa romana non si debba dividere a causa di practiche alimentari ma debba "perseguire le cose che contribuiscono alla pace e alla edificazione reciproca" (14:19). Sia ebrei che gentili, secondo Paolo, stanno sullo stesso piano e ciascuno ha bisogno dell'altro affinché si realizzi il disegno divino di salvezza. Paolo inizia asserendo che sia gli ebrei sia i gentili necessitano dello stesso meccanismo per essere salvati. Gli ebrei hanno la Legge ed i Profeti, ma non seguono ciò che hanno ricevuto; i gentili hanno la testimonianza della creazione e anche la propria coscienza, ma hanno scelto di ignorare quello che ben sanno sia vero. Non può esserci un modello a due piste, perché entrambe le piste si sono sfasciate. Solo la pista proposta da Paolo, quella in cui la distinzione tra ebrei e gentili viene cancellata, arriverà al traguardo celeste.<ref name="Boya">[http://books.google.co.uk/books/about/Dying_for_God.html?id=JD_ep2riNtgC Daniel Boyarin, ''Dying for God: Martyrdom and the Making of Christianity and Judaism''], Stanford University Press, 1999, pp. 67-92 e segg.; cfr. anche il suo [https://books.google.co.uk/books?id=q8meFrEplncC&dq=Boyarin+Bordelines:+The+Partition+of+Judaeo-Christianity%27&source=gbs_navlinks_s ''Bordelines: The Partition of Judaeo-Christianity''], University of Pensylvania Press, 2004, ''passim'' in questa sezione.</ref>
 
Tuttavia, onde prevenire che i credenti gentili si vantassero del miglior successo della missione gentile rispetto a quella ebraica, e perché il fato di Israele gli stava molto a cuore, Paolo insiste che le promesse fatte ad Israele non erano fallite. La sua angoscia riguardo il "no" di Israele al Cristo si riverbera nei secoli: "Vorrei infatti essere io stesso anàtema, separato da Cristo a vantaggio dei miei fratelli, miei consanguinei secondo la carne. Essi sono Israeliti e possiedono l'adozione a figli, la gloria, le alleanze, la legislazione, il culto, le promesse, i patriarchi; da essi proviene Cristo secondo la carne" (Rm 9:3-5). Sebbene non avessero accettato di credere in Gesù, Dio rimane a loro fedele: "Io domando dunque: Dio avrebbe forse ripudiato il suo popolo? Impossibile!" (11:1).
 
Paolo invece propone, primo, che poiché parte di Israele ha già accettato il vangelo, questo rimanente giusto comprova che le promesse fatte ad Israele sono ancora valide. Ma poi continua in maniera più espansiva. Asserendo che un "indurimento di una parte di Israele è in atto fino a che sarà entrata la pienezza dei gentili" (11:25), Paolo considera il fallimento delle missione ebraica come parte del piano divino. È "a causa della loro caduta" che "la salvezza è giunta ai gentili" (11:11). Se il messaggio fosse rimasto solo tra gli ebrei, la missione gentile non avrebbe avuto successo. Pertanto l'"indirimento" di israele è a beneficio dei gentili. "Quanto al vangelo, essi sono nemici di Dio" per vantaggio dei gentili, ma quanto alla elezione, "sono amati, a causa dei loro padri" (11:28).
 
Secondo, Paolo avvisa, la salvezza dei gentili si ripercuote direttamente sulla salvezza degli ebrei, poiché il successo della chiesa gentile "suscita la loro [di Israele] gelosia" (11:11). Gli ebrei non erano riusciti a portare le nazioni pagane ad adorare il Dio di Israele o finanche a pentirsi dei peccati. Israele doveva essere la "luce delle nazioni", come aveva annunciato Isaia ([https://www.biblegateway.com/passage/?search=isaia%2049%3A6&version=CEI;LND;NR1994 49:6]) in modo che la salvezza di Dio arrivasse "fino all'estremità della terra", ma aveva fallito tale missione.
 
==Note==
<references/>
 
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