Le religioni della Mesopotamia/La letteratura religiosa in Mesopotamia/Gilgameš: differenze tra le versioni

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Incipit della Tavola in accadico: '''<sup>d</sup>'''GIŠ-gím-maš a-na šá-šu-ma izakkara(''mu'')<sup>ra</sup> a-na<sup>m</sup>UD-napišti(''zi'') ru-ú-qi (''Gilgameš gli parlò, parlò al lontano Utanapištim'').
* '''Utanapištim racconta il Diluvio'''. Gilgameš dice a Utanapištim che non nota alcuna differenza con lui, le loro membra sono uguali, quindi gli domanda come abbia ottenuto l'immortalità dagli dèi. Utanapištim gli risponde raccontandogli un segreto: nell'antica città di Šuruppak, che si colloca sulle rive dell'Eufrate, abitavano gli dèi che un giorno decisero di inviare il Diluvio sulla terra, giurando su questo tra loro. Ma il dio Ea (l'Enki sumerico) decise di rivelare il piano alla parete di una capanna, avvertendo così il figlio di Ubartutu, Utanapištim, di abbattere la sua casa costruendo una nave, abbandonando quindi tutti i suoi possedimenti per aver salva la vita. Ea gli intimò anche di far salire sulla nave tutte le specie di esseri viventi. Utanapištim obbedì a Ea, ma gli chiese cosa avrebbe dovuto rispondere alle domande dei suoi concittadini. Ea gli consigliò di raccontare che il re degli dèi, Enlil, era adirato con lui e quindi aveva deciso di sfuggirgli scendendo nell'Apsū (sumerico: ''Abzu''; le acque sotterranee, lì dove vive il dio Ea/Enki) per vivere con Ea; di converso, Enlil, avrebbe recato abbondanza e ricchezze agli altri cittadini di Šuruppak. Utanapištim approntò quindi la nave, divisa in sei comparti e alta sette livelli per centoventi cubiti complessivi, alloggiando la sua famiglia, le varie specie di esseri viventi, le provviste e i tesori che possedeva. Il dio Sole Šamaš avvertì Utanapištim dell'arrivo del Diluvio facendo piovere focacce e grano su Šuruppak: fu il segnale perché Utanapištim si rifugiasse dentro la nave sbarrandone la porta. Il giorno si fece tenebra e una terribile tempesta sconvolse la città e tutta la terra. Anche alcuni dèi ebbero timore del diluvio: Ištar, Beletili e altri Annunaki si lamentarono di ciò che avevano procurato. Per sette giorni e sette notti il terribile Diluvio si abbatté sulla terra.
* '''Utanapištim racconta ciò che accadde dopo il Diluvio'''. All'alba del settimo giorno il Diluvio cessò. Utanapištim guardò fuori dalla nave dove regnava il silenzio: l'intera umanità era tornata ad essere argilla (accadico: ''ù kul-lat te-ne-šé-e-ti i-tu-ra a-na ṭi-iṭ-ti''). Utanapištim pianse con fiumi di lacrime, guardando fuori la nave scorse un'isola e quindi l'imbarcazione si incagliò sulla vetta del monte Nimuš. All'alba del settimo giorno Utanapištim liberò una colomba che tornò indietro perché non trovò un luogo dove fermarsi. Quindi liberò una rondine ma anch'essa tornò. Infine un corvo che invece avendo trovato cosa mangiare e dove posarsi, non tornò. Utanapištim si risolse quindi ad abbandonare la nave, predisponendo un sacrificio di libagioni in sette vasi con canna, cedro e mirto. Allora tutti gli dèi si raccolsero intorno all'offerta di profumi per odorarlinutrirsi della loro fragranza, ma Utanapištim intimò al re degli dèi, Enlil, di non accostarvisi, in quanto fu colui che aveva deciso di scatenare il Diluvio distruggendo l'umanità. Enlil giunse nei pressi della nave di Utanapištim e scoperto che alcuni uomini erano scampati al Diluvio, si infuriò, domandandosi quale dio li aveva potuti avvertire, ponendoli in salvo. Ninurta gli rispose che con ogni probabilità a compiere ciò era stato Ea.
* '''Utanapištim racconta il diverbio tra gli dèi'''. Ea allora intervenne accusando di sconsideratezza Enlil, che avrebbe dovuto punire gli uomini che compivano i delitti piuttosto che ucciderli. Sarebbe stato infatti preferibile diminuirne il numero, ma non sterminarli tutti. Poi Ea precisò che non aveva avvertito nessuno, ma solo inviato un sogno ad Atra-ḫasis (rigo 197 nel testo in accadico edito da Oxford, rigo 187 nella traduzione di Pettinato, Atra-ḫasis, anche Atram-ḫasis, "il saggio per eccellenza", è un epiteto di Utanapištim) che quest'ultimo aveva correttamente interpretato. Ea concluse invitando Enlil a fare le sue scelte. Il re degli dèi salì sulla nave e, prendendo per mano Utanapištim e facendo inginocchiare sua moglie, li benedisse rendendoli simili agli dèi (quindi immortali) intimandogli però di vivere lontano, nei pressi della foce dei fiumi.
* ''' La prova del sonno per Gilgameš'''. Terminato il racconto, e spiegato a Gilgameš il motivo della sua immortalità, Utanapištim domanda al re di Uruk come possa riuscire a far nuovamente riunire gli dèì affinché questi si decidano a renderlo immortale, invitandolo infine a non dormire per sei notti consecutive (evidente prova per il superamento della morte intesa come "sonno eterno"). Gilgameš si siede, ma appena seduto si addormenta. La moglie di Utanapištim invita il marito a svegliare subito il re di Uruk, ma questi gli risponde che l'umanità è ingannevole e quindi intima alla moglie di cuocere un pane ponendolo poi vicino alla testa del re di Uruk, segnando su un muro i giorni che passano. Giorno dopo giorno i pani si accumulano vicino al capo di Gilgameš risultando secco quello del primo giorno e, via via, fino al più fresco, quello dell'ultimo giorno: sono passate sei notti e Gilgameš ha sempre dormito, la sua prova e fallita. Utanapištim tocca Gilgameš e lo sveglia comunicandogli il suo fallimento.