Guida maimonidea/Halakhah e comandamenti: differenze tra le versioni

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{{q|''Stupenda per me la tua saggezza, troppo alta, e io non la comprendo'' (Salmi 139:6). Dato che se diciamo che i principi ermeneutici non furono ricevuti dal Sinai, non fummo comandati di interpretare e spiegare la Torah con quelli. Se è così, essi non sono veri, e la verità sta nel significato diretto del versetto, non nel significato interpretato, come citato dal detto dei saggi, che un versetto non devia dal suo significato diretto. Avremo pertanto tagliato la radice della nostra accettazione tradizionale dei tredici principi ermeneutici come anche la maggior parte del Talmud, che si fonda su di essi. Tuttavia [Maimonide] ribadisce che ciò non significa che non siano veri. Ma se allora sono proprio veri, perché distinguere tra dove i [saggi] lo menzionano esplicitamente e dove non dicono niente? Poiché, se crediamo che una volta che qualcosa non è scritta [direttamente] nella Torah, non viene inclusa nei comandamenti, anche quelle materie citate nel Talmud come ''de-Orayta'' che furono derivate per estensione o analogia, non furono scritte.|''Ibid.''}}
 
Nahmanide formulò il problema concettuale come argomento casuale: se maimonide crede che quella interpretazione rabbinica non è vera interpretazione, e non è considerata vera parola della Torah, egli rischia di minare l'autorità della ''halakhah'' nel suo complesso. E se le interpretazioni rabbiniche sono vere e proprie, perché non dovrebbero avere lo status di interpretazioni desunte biblicamente? Nahmanide sottolineò che Maimonide stesso aveva affermato di non basare la sua posizione sull'inaffidabilità delle interpretazioni rabbiniche o di sostenere che sono tutte solo ''asmakhta'': "
{{q|Affinché non pensiate che siamo preclusi dall'elencarle perché sono incerte, e la legge desunta usando quel principio è forse esatta e forse no — questa non è la ragione.|''Libro dei Comandamenti'', p. 13}}
 
Se questa è la spiegazione di Maimonide, allora la seguente domanda concettuale può essere posta: come si può simultaneamente considerare un'interpretazione corretta e tuttavia affermare che non abbia lo status legale del testo che interpreta? Inoltre, le glosse di Nahmanide dimostrano il grande divario tra la posizione di Maimonide e la discussione del Talmud. Maimonide era ben consapevole di questi problemi e delle contraddizioni interne che scaturivano dalle costrizioni imposte dalla sua seconda regola. Perché allora vide ciò come fondamentale per il suo metodo? Alternativamente, perché costruì il suo approccio alla ''halakhah'' in modo tale che vaste porzioni potessero essere in opposizione alle categorie che egli impose al materiale? Ed infine, quale modello esegetico consiglia Maimonide per risolvere il problema concettuale sollevato da Nahmanide?<ref>L'argomento trattato per risolvere la questione qui posta, viene affrontato nel capitolo seguente. Cfr. anche Jacob Levinger, ''Maimonides Halakhic Thinking'', Magnes Press, 1965, pp. 67-101; e M. Halbertal, ''op. cit.'', p. 120.</ref>