Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo/Al centro della rivoluzione: Russia: differenze tra le versioni

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[[File:Ilya Ehrenburg Russian writer.jpg|thumb|150px|Ilya Ehrenburg]]
Questo capitolo tratterà della fase post-rivoluzionaria, sebbene nel contesto della tradizione russa. Si ramificherà in due parti: la letteratura fatta da ebrei e la letteratura sugli ebrei, quale espressione dell'Unione Sovietica — fenomeno alquanto recente nella prospettiva storico-letteraria. "La letteratura in Russia, nel senso moderno della parola, è un fenomeno abbastanza recente, che risale a non più di 200 anni fa, mentre la partecipazione ebraica a tale fenomeno, per quanto modesta, inizia solo a metà del XIX secolo."<ref name="Friedberg">M. Friedberg, "Jewish Contribution to Soviet Literature", in Lionel Kochan (cur.), ''The Jews in Soviet Russia since 1917'', Oxford University Press, 1970; ''id.'', "Jewish Themes in Soviet Literature", ''op. cit.'', Oxford Paperbacks, III ed. riv. 1978.</ref> In poche parole, gli ebrei non erano diventati scrittori russi se non verso la fine del diciannovesimo secolo, e quindi tale ingresso nella letteratura assunse un carattere problematico. La realtà sociale dello slavismo non solo non era ebraica, ma anche ostile agli ebrei, attivamente cristiana, etnica, xenofoba, con tendenze specificamente antiebraiche palesi anche tra i maggiori scrittori russi. L'ebreo appare raramente nella letteratura russa del XIX secolo, e se appare lo fa in caricatura.<ref name="Friedberg"/> E nella letteratura sovietica, gli ebrei vengono accettati soltanto se rinunciano alle proprie radici etniche e si associano al sovietismo. Per esempio, l'eroe del romanzo di '''[[w:Il'ja Grigor'evič Ėrenburg|Ilya Ehrenburg]]''' (1891–1967), intitolato ''La tempestosa vita di Lazik'' (1927; trad. it. Rizzoli, 1969; Giuntina, 2009), Lazik, sarto ebreo e figlio di rabbino, diventa un commissario comunista. La disapprovazione ufficiale di qualsiasi etnicità ebraica che venisse espressa nella letteratura, storia, folklore, o persino nei memoriali, ebbe a diventare sempre più pronunciata col passare degli anni, anche nell'era poststalinista. Ehrenburg ricorda nelle sue memorie (''Uomini, anni, vita'') che non potè pubblicare un libro sullo sterminio nazista degli ebrei sovietici, sebbene fosse stato spronato, insieme ad altri, a pubblicizzare le atrocità naziste in generale.<ref name="Joshua">Joshua Rubenstein, ''Tangled Loyalties: The Life and Times of Ilya Ehrenburg'', University of Alabama Press, 1999, ''passim''.</ref> Si vedrà in seguito come la situazione ebraica persitette a mantenere un carattere problematico nella letteratura sovietica. Ciò accadde a causa delle determinazione con la quale venne negata e sradicata anche quando il contesto ne richiedeva la presenza.<ref name="Friedberg"/>
 
Questo si può riscontrare anche nelle opere di Ehrenburg che sono state pubblicate — sebbene sia difficile con lui, come con tutti gli scritti pubblicati ufficialmente (e quindi approvati ufficialmente), districare la sua propria contribuzione rivoluzionaria dalla posizione imposta dal partito.<ref name="Joshua"/>
 
[[File:Babel photo01.jpg|thumb|left|150px|Isaac Babel]]
L'antisemitismo letterario russo risale alle origini della letteratura stessa. [[w:Nikolaj Vasil'evič Gogol'|Nikolay Gogol]], scrivendo negli anni 1830 e 1840, tipicamente rappresenta gli ebrei come primitivi, inaffidabili, infidi, superstiziosi e preoccupati unicamente del denaro. L'ebreo del suo romanzo ''Taras Bulba'' è una caricatura universale nello spazio e nel tempo. Yankel è un "collettore e oste" e "aveva lentamente succhiato [da nobili e gentiluomini] i loro denari, imponendo fortemente la sua presenza sul luogo. In una distanza di tre miglia in tutte le direzioni non esisteva una sola fattoria che rimanesse in stato decente." Lo si vede inoltre mentre pratica la sua religione "voltandosi a sputare un'ultima volta, secondo le forme del suo credo". Quanto al denaro, "aveva cercato di soffocare interiormente il costante pensiero dell'oro che gli si contorceva dentro come un serpente nell'anima di ebreo." Questa è una contrapposizione al nobile cosacco, come lo è per Taras, che vive solo per combattere e uccidere per l'onore, per la sua patria ucraina e per il suo cristianesimo ortodosso.<ref>Nikolaj Gogol', ''Taras Bul'ba'', con introduz. critica di Eridano Bozzorelli, BUR Biblioteca Univ. Rizzoli, 1996.</ref> Nella tradizione letteraria russa, il cosacco può essere il depositario di tutte le virtù basilari: dopotutto la semplicità è una virtù molto ammirata in teoria dall'intellettuale complicato. Tale opinione gogoliana la si riscontra ne ''I cosacchi'' di Tolstoy, scritta due o tre decenni dopo,e poi ancora, paradossalmente, nella prima raccolta di racconti dell'ebreo '''[[w:Isaak Ėmmanuilovič Babel'|Isaac Babel]]''', intitolata ''L'armata a cavallo'' (1929).<ref name="Armata">''Конармия (L'armata a cavallo)'' è un'opera letteraria dello scrittore russo Isaac Babel apparsa nel 1926. Si configura come un resoconto autobiografico delle vicende occorse durante la guerra sovietico-polacca combattuta nel 1919-1920, cui l'autore partecipò come membro della Prima armata di cavalleria russa comandata da Semën Michajlovič Budënnyj. Il libro si basa su annotazioni raccolte in un diario composto dall'autore durante la guerra, come corrispondente dell'Agenzia telegrafica russa (ROSTA) e dell'organo di stampa dell'armata, "Il cavalleggere rosso". L'elemento di maggiore interesse del libro è il suo realismo e allo stesso tempo la capacità di cogliere i valori e il significato più profondo della guerra e dei rapporti tra commilitoni. Degna di nota è la capacità da parte dell'autore, nonostante l'origine ebraica, di osservare, come membro di quella comunità ma da una posizione privilegiata, emancipata e non più succube, le speranze, i pensieri e le paure di costoro, il più delle volte spettatori o peggio vittime degli eventi storici. Attraverso tutto il libro si avverte una costante tensione tra il passato, il presente e il futuro.<sup>''[https://it.wikipedia.org/wiki/L%27armata_a_cavallo_(racconti) Cfr. Wikipedia]''</sup></ref> Qui il narratore in prima persona, occhialuto, intellettuale, residualmente ebreo, aspira ad un'accettazione naturale da parte dei prosaici cosacchi. Ciò è integrale alla situazione. Lo scrittore ebreo nell'Unione Sovietica si vede attraverso gli occhi dell<nowiki>'</nowiki>''intelligencija'' russa e sovietica e quindi, nella maggioranza dei casi, fa una valutazione fondamentalmente negativa della sua ebraicità, sulla base di una percezione negativa.<ref name="Friedberg"/> Ciò viene espresso in modi diversi dai tre scrittori che costituiscono l'argomento principale di questo capitolo — il succitato Babel, Mandelstam e Pasternak. Babel viene associato ai nemici cosacchi; Mandelstam (il pensatore) ha memoria del caos ebraico; ed i personaggi di Pasternak (Premio Nobel 1958) parlano di trascendere l'ebraismo.
 
[[File:Mandelstam 1914-b.jpg|thumb|150px|Osip Mandelstam nel 1914]]
'''Nadezhda Mandelstam''' (1899-1980)<ref>Nadežda Jakovlevna Mandel`štam (in russo: Надежда Яковлевна Мандельштам - Saratov, 18 ottobre 1899 – Mosca, 29 dicembre 1980) è stata una scrittrice russa di origini ebree. Fu la moglie del poeta acmeista Osip Mandel`štam e, come lui, vittima delle Grandi purghe staliniane che la costrinsero all'esilio dall'Unione Sovietica tra il 1938 e il 1958.</ref> era poco conosciuta, anche in Unione Sovietica, prima della pubblicazione in Occidente dei suoi due volumi, editi in inglese coi titoli ''Hope Against Hope (Speranza contro speranza)'' (1970) e ''Hope Adandoned (Speranza abbandonata)'' (1973),<ref name="Lupi">Pubblicata in traduz. italiana col titolo ''L'epoca e i lupi'', con una prefaz. di Vittorio Strada, Fondazione Liberal, 2006); ''Nadežda Mandel’štam: Le mie memorie con poesie e altri scritti di Osip Mandel’štam'', Milano, Garzanti, 1972, trad. it. di Serena Vitale.</ref> (da notare il gioco di parole col proprio nome Nadezhda, che in russo significa speranza) che descrive la vita e le opere di suo marito Osip nel contesto della ''intelligencija'' sovietica. Lo stesso '''[[w:Osip Ėmil'evič Mandel'štam|Osip Mandelstam]]''' (1891-1938)<ref name="Osip">Osip Ėmil`evič Mandel`štam (in russo: Осип Эмильевич Мандельштам) (Varsavia, 15 gennaio 1891 – Vladivostok, 27 dicembre 1938) è stato un letterato russo. Prosatore e saggista, esponente di spicco dell'"acmeismo" e vittima delle Grandi purghe staliniane "è stato uno dei grandi poeti del XX secolo", cfr. [http://temi.repubblica.it/limes/osip-emil%E2%80%99evic-mandel%E2%80%99stam-%E2%80%9Csono-tornato-nella-mia-citta-fino-alle-lacrime-ben-nota%E2%80%9D/62138 ''Osip Ėmil’evič Mandel’štam: Sono tornato nella mia città, fino alle lacrime ben nota'', di Laura Canali - testo di Barbara Ronchetti, in ''Limes'', 28 maggio 2014]. L'acmeismo è un movimento letterario russo che, nato nel 1910, ebbe termine alla fine della seconda guerra mondiale. Il suo nome deriva dal greco ''acmé'' (culmine). Nacque in opposizione al simbolismo, sviluppando una diversa tematica e un nuovo stile espressivo fondati sulla chiarezza rappresentativa, sulla concretezza dei contenuti e sullo studio dei valori formali del verso.</ref> aveva evitato di divulgare la propria biografia dettagliata talmente tanto che i suoi lettori non sapevano neanche se fosse sposato o meno.<ref name="Prose">Clarence Brown (cur.), [http://books.google.co.uk/books/about/The_Prose_of_Osip_Mandelstam.html?id=og5gAAAAMAAJ&redir_esc=y ''The Prose of Osip Mandelstam''], Princeton University Press, 1965, pp. 22-30 e segg.</ref> Tuttavia Nadezhda in seguito produsse la sua importante opera letteraria che ebbe molto successo e che di per se stessa è una rimarchevole testimonianza letteraria e spirituale. Comunica non solo la sua devozione e abnegazione per la causa di suo marito, ma anche il proprio coronamento nel costruire un quadro di vita e letteratura a fronte di una continua repressione totalitaria.<ref name="Lupi"/> Il totalitarismo è una parola a volte usata con leggerezza — ma il sistema sovietico, particolarmente dal 1934 in poi, rappresentò l'apoteosi del terrore e del controllo arbitrari. Mandelstam fu arrestato per la prima volta nel 1934 (anche la scrittrice Eugenia Ginzburg indica che il Terrore del 1936/1937 iniziò in realtà nel 1934),<ref name="Ginzburg">Evgenija Solomonovna Ginzburg, ''Into the Whirlwind (Viaggio nella vertigine)'', Harcourt Publishers - College Publishers 1975, p. 51 & ''passim''; ed. it. Baldini & Castoldi, 2013. La scrittrice russa (Mosca, 20 dicembre 1904 – 25 maggio 1977) di estrazione ebraica, si laureò in psicopedagogia e storia, divenne ricercatrice universitaria, si sposò con un dirigente del partito comunista sovietico, al quale partito si iscrisse nel 1932. Dopo l'assassinio di Sergej Kirov nel 1934, venne espulsa dal partito insieme a tantissimi intellettuali, e nel 1937 fu arrestata con l'accusa di trotskismo e terrorismo. Dopo un processo durato 7 minuti venne condannata a dieci anni, di cui passò i primi due in isolamento. Trasferita in un gulag della Kolyma, nella Siberia orientale, patì le umiliazioni, i soprusi e le dure condizioni della prigionia. Lì conobbe il medico del campo, anch'egli prigioniero, che diventerà il secondo marito. Scarcerata nel 1947, morto Stalin nel 1953, venne riabilitata nel 1955, e nel 1962 terminò il romanzo autobiografico ''Viaggio nella vertigine'', testimonianza drammatica degli orrori dello stalinismo. Il libro fu diffuso clandestinamente e, pubblicato per primo a sua insaputa in Italia nel 1967, ottenne il successo internazionale. Quando il KGB entrò in possesso dell’archivio di Solženicyn, dove ci sono vari riferimenti al libro, il ministro della sicurezza dell'URSS definì diffamatoria l’opera della Ginzburg, che morì di tumore nel 1977. Era madre dello scrittore Vasilij Aksenov, autore di ''Il biglietto stellato''.</ref> un periodo durante il quale la gente poteva ancora chiedersi il perché delle cose. Molti, anche successivamente, quando in pratica chiunque di una certa importanza veniva arrestato e condannato all'esilio, alla tortura e all'esecuzione, si chiedevano la ragione del proprio trattamento da parte delle autorità.<ref name="Russian"/> Nadezhda, nella sua opera cita la poetessa Akhmatova che esclama: "Che significa, per che cosa? È ora che capiate che la gente viene arrestata per nulla."<ref>Anna Andreevna Achmatova, pseudonimo di Anna Andreevna Gorenko (Bol'soj Fontan, 23 giugno 1889 – Mosca, 5 marzo 1966) è stata una poetessa russa; non amava l'appellativo di poetessa, perciò preferiva farsi definire poeta, al maschile. Come Mandelstam, fece parte della Corporazione dei poeti, un gruppo acmeista fondato e guidato dal marito Nikolaj Gumilëv. Cfr. [http://www.treccani.it/enciclopedia/anna-andreevna-achmatova/ Achmatova, Anna Andreevna] da ''L'Enciclopedia Italiana'', versione on line, sito treccani.it.</ref> È pur vero che Mandelstam aveva scritto una poesia molto denigratoria di Stalin, che aveva declamato ad un gruppo di persone (forse a casa di Pasternak) e che era stato denunciato. Tuttavia Mandelstam era già cascato in disgrazia dal 1923, quando il suo nome era stato cancellato da una lista di persone che avevano il permesso di scrivere su pubblicazioni ufficiali. Il titolo dei due volumi di Nadezhda, un gioco di parole sul proprio nome che significa "speranza", indica la graduale costatazione che nulla può essere fatto per resistere la morsa inesorabile del terrore totale. L'impresa, la conquista maggiore consiste nel conservare la propria umanità: e la carriera di Mandelstam sta a significare proprio questo. La sua opera fu sempre un'affermazione personale che rifiutava la filosofia "ufficiale" ed il giogo politico. Nel 1930 Stalin scrisse una lettera su ''Bolshevik'' che dichiarava che niente doveva essere pubblicato che fosse in contraddizione con il punto di vista ufficiale! Ciò cementò il suo controllo e pietrificò potenziali iniziative.<ref name="Russian"/>
 
Queste memorie aiutano a capire il contesto della situazione e la complicità della ''intelligencija'' nella sua creazione. Nadezhda cita Alexander Herzen, che ebbe a dire che l<nowiki>'</nowiki>''intelligencija'' temeva la popolazione così fortemente che era disposta a stare in catene a patto che ci stesse anche il popolo. C'era orrore del caos e desiderio di ordine. Suo fratello identificava il fattore decisivo di questa complicità nella parola "rivoluzione", parola alla quale nessun intellettuale sopportava di arrendersi: "È una parola alla quale intere nazioni si sono arrese, e la sua forza è tale che ci si chiede perché i nostri governanti abbiano ancora bisogno di prigioni e della pena capitale."<ref name="Lupi"/> Mandelstam era differente, isolato, non sottomesso a mode transitorie, non attratto da credi, e nemmeno influenzato dalla storia. Pasternak, per esempio — afferma Nadezhna — era una figura più ufficiale; Mandelstam era un nomade. Naturalmente non si implica che Pasternak si conformasse alla linea ufficiale o che fosse un portavoce pubblico. Significa invece che forse Pasternak si preoccupasse del dominio pubblico, e aspirasse a registrare la storia e lo sviluppo. Si vedrà ne ''Il dottor Živago'' che i personaggi, particolarmente quelli centrali, sono testimoni di grandi eventi. Mandelstam registrava un mondo privato, uno che naturalmente contrastava anche con la sfera pubblica, ma questo mondo privato, sempre più composto, complesso e difficile, non era limitato storicamente. Per lui, la storia era ai margini ed era, a lungo andare, virtualmente irrilevante.<ref name="Hingley">Ronald Hingley, ''Russian Writers and Soviet Society'', Littlehampton Book Services, 1979, ''ss.vv.''</ref>
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[[File:BORIS BESIDE THE BALTIC AT MEREKULE, 1910 by L.Pasternak.jpg|thumb|Ritratto di Boris Pasternak, eseguito dal padre Leonid nel 1910]]
Per molti aspetti, '''[[w:Boris Pasternak|Boris Pasternak]]''' (1890-1960)<ref name="Boris">Boris Leonidovič Pasternak (in russo: Борис Леонидович Пастернак; Mosca, 10 febbraio 1890 – Peredelkino, 30 maggio 1960) è stato un poeta e scrittore russo, Premio Nobel nel 1958. Dopo la seconda guerra mondiale Pasternak mise mano al suo primo e unico romanzo, ''Il dottor Živago'' (Доктор Живаго). Il romanzo venne rifiutato dall'Unione degli Scrittori che ai tempi del regime bolscevico-stalinista non poteva permettere la pubblicazione di un libro che, fortemente autobiografico, raccontava i lati più oscuri della Rivoluzione d'ottobre. La stesura dell'opera, che fu bandita dal governo, fu causa per l'autore di persecuzioni intellettuali da parte del regime e dei servizi segreti che lo costrinsero negli ultimi anni della sua vita alla povertà e all'isolamento. Ad ogni modo il manoscritto riuscì a superare i confini sovietici e il libro, nel 1957, venne pubblicato per la prima volta in Italia, tra molte difficoltà, dalla casa editrice Feltrinelli in una edizione diventata poi storica, di cui subito parlò il critico letterario Francesco Bruno. Il libro si diffonderà in occidente e nel giro di pochissimo tempo, tradotto in più lingue, diventerà il simbolo della testimonianza della realtà sovietica.
Nel 1958, ''Il dottor Živago'' frutterà a Pasternak l'assegnazione del Premio Nobel per la letteratura. Tra le altre sue opere sono da segnalare anche diverse raccolte di poesie, alcune delle quali raccolte nel volume ''Autobiografia e nuovi versi'', che poté pubblicare per la prima volta solo in Italia, e ''Il salvacondotto'', sorta di opera autobiografica riferibile non tanto alle vicende della sua vita quanto alla sua vocazione intellettuale. Cfr. la biografia {{cita web|url=http://www.jewishvirtuallibrary.org/jsource/biography/Pasternak.html |titolo=''Boris Leonidovich Pasternak Biography'' |editore=Jewishvirtuallibrary.org |data= |accesso=01/09/2014}}</ref> assomiglia a Osip Mandelstam.<ref name="Lazar">Lazar Fleishman, ''Boris Pasternak: The Poet and His Politics'', Harvard University Press, 2013, pp. 264–266.</ref> Loro stessi si consideravano tipi di poeta molto diversi.<ref>Si veda il resoconto della famosa conversazione tra Stalin e Pasternak su Mandelstam. Stalin chiese l'opinione di Pasternak sul collega, dopo che Mandelstam era stato notato negativamente. Pasternak sottolineò la differenza di carattere poetico tra di loro, sebbene confermasse la qualità di Mandelstam. Cfr. Fleishman, ''Boris Pasternak: The Poet and His Politics, cit.'', p. 44.</ref> Tuttavia entrambi possedevano un base di Simbolismo, entrambi enfatizzavano l'uso dell'immagine, entrambi affermavano i valori individuali di fronte alla pressione dello Stato, entrambi furono inclusi nelle liste di "disapprovazione ufficiale" delle Autorità dalla fine degli anni '30 in poi, ed entrambi avevano un'estrazione ebraica, rigettandola però in vari modi.<ref name="Lazar"/> Pasternak fu lo scrittore più prolifico tra i due, principalmente un poeta.<ref name="Poesie">Si vedano alcune sue poesie in trad. ital. su [http://vagheggiando.blogspot.co.uk/2006/05/citazioni-da-pasternak.html ''Citazioni & Poesie di Pasternak''].<small>URL consultato 02/09/2014</small></ref>
:''In ogni cosa ho voglia di arrivare</br>
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[[File:Ilya Ehrenburg and Gustav Regler with Hemingway, Spain, 1937.jpg|thumb|left|Ilya Ehrenburg con Ernest Hemingway e Gustav Regler durante la Guerra Civile spagnola, nel 1937]]
 
Che il popolo sovietico non fu mai schiavo è da discutersi, in base ai resoconti di ciò che accadde in quel regime. La già citata '''[[w:Evgenija Solomonovna Ginzburg|Eugenia Ginzburg]]''' (1904-1977), sedicente comunista leninista, narra nel suo ''Viaggio nella vertigine'' (1967) le sue orrende esperienze — diciotto anni in prigione e campi di lavoro senza una ragione particolare. Poiché venne riabilitata insieme a molti altri nel 1956, può forse permettersi di affermare che lo stalinismo fosse un'aberrazione transitoria da sussumersi sotto il titolo "culto della personalità": per lei rappresentò qualcosa che "fu e mai più sarà". Nel testo pare rallegrarsi della situazione che "ora sia possibile dire a tutti cosa successe allora". Solo che il suo resoconto non fu mai pubblicato nell'USSR: dovette essere fatto uscire di straforo, a sua insaputa, e pubblicato inizialmente a Milano nel 1967.<ref name="Memorial">Si veda la recensione del libro a [http://www.memorialitalia.it/2011/05/03/evgenija-ginzburg-viaggio-nella-vertigine/ ''Memorial'' - "Evgenija Ginzburg, Viaggio nella vertigine"], di Stefano Garzonio, “Il Manifesto”, 1 maggio 2011.</ref> La sua testimonianza degli orrori dello stalinismo sembrano convincenti e confermano altri resoconti. Per lei, il 1934 fu l'inizio di quel periodo che raggiunse il suo apice con i processi-farsa del 1936 e 1937. In quella prima fase, Ginzburg afferma di se stessa: "Non avevo il minimo dubbio che la linea di partito fosse quella giusta"; l'unica sua riserva riguardava la personalità di Stalin stesso, che ella rifiutava di riverire. Altri, anche coloro che erano stati condannati ingiustamente "riuscivano stranamente a combinare un sano giudizio di ciò che stava accadendo, con un culto personale veramente mistico di Stalin." L'autrice non scorge l'ironia nel suo rifiuto dello stalinismo a favore del leninismo, sebbene Lenin sia stato il creatore del sistema sotto il quale Ginzburg stessa aveva sofferto così tanto. Tuttavia il suo resoconto afferma i valori umani, la centralità dell'individuo, il valore della poesia, fornendo inoltre molte informazioni. Di fatto, comunque, il "sistema" che torturò e schiavizzò la popolazione e soppresse la libera espressione aveva preceduto Stalin e lo sopravvisse. Mandelstam, Pasternak, Babel, Solzhenitsyn e la stessa Ginzburg (per citare solo alcuni esempi) furono pubblicati e letti nel mondo esterno, ma mai nell'Unione Sovietica finché esistette.<ref name="Hingley"/>
 
[[File:Ilf Petrov.jpg|thumb|Ilf sulla sinistra, in compagnia di Evgenij Petrov]]