Guida maimonidea/Filosofia e concetti: differenze tra le versioni

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La nuova direzione presa dalla vita di una persona che sia diventata profeta è descritta qui come il pinnacolo di un processo continuativo di ascesa che si conclude con l'ottenimento del rango degli angeli: "E quando lo spirito si poserà su di lui, la sua anima si congiungerà [al rango de]gli angeli chiamati ''Ishim''." Maimonide credeva nell'esistenza, tra Dio ed il mondo, di quelli che chiamava "intelligibili separati" — puri intelletti privi di qualsiasi componente materiale. Nel suo costrutto, questi erano gli angeli. La profezia non è un discorso diretto tra Dio ed il profeta; è piuttosto il risultato del profeta che forma una connessione con l'intelletto attivo, connessione qui definita "il [rango de]gli angeli chiamato ''Ishim''" — livello finale degli intelligibili separati. Il profeta si unisce all'intelletto attivo e la profezia scende su di lui attraverso l'attualizzazione del suo intelletto potenziale. Esamineremo il concetto di profezia maimonideo più ampiamente in seguito, nei capitoli dedicati alla ''Guida dei perplessi''. Per ora possiamo dire che questa ''halakhah'' nella ''Mishneh Torah'' rende evidente che Maimonide spiegava la profezia sulla base di saggezza divina, cioè, come evento che non dipende dalla divinità che esercita la sua volontà di rivolgersi ad un essere umano. Inoltre un paragone tra la ''Guida'' e la ''Mishneh Torah'' dimostra che le posizioni espresse in quest'ultima sono quelle più vicine alla filosofia aristotelica. Tuttavia le formulazioni della ''Mishneh Torah'' mancano di quella complessità e dettaglio che caratterizzano la ''Guida'' e presentano le idee sono in forma schematica.<ref name="Profeta"/>
 
La nuova lettura del concetto di rivelazione è chiaramente evidente in un altro importante capitolo della ''Mishneh Torah'', quello che introduce le "Leggi sull'Idolatria". Lì Maimonide descrive la figura di '''[[w:Abramo|Abramo]]''' ed il suo percorso verso Dio, raccontando la storia della religione dall'inizio dell'umanità fino ad Abramo stesso, e poi da Abramo fino a Mosè. Secondo Maimonide, l'umanità inizialmente credeva nell'unità di Dio; l'Adamo primordiale era monoteista in tutti i rispetti. Dopo alcune generazioni, al tempo di [[w:Enos|Enosh]], il popolo iniziò ad adorare le stelle quali intermediarie degne d'onore come servitrici di Dio. A quel punto, tuttavia, coloro che adoravano le stelle credevano ancora in un unico Dio e consideravano le stelle solo come rappresentanti di una divinità singola ed unificata.<ref name="Conosce"/>
 
Il passo successivio nella discesa verso l'idolatria avvenne con la trasformazione delle stelle da rappresentanti della divinità a divinità a sé stanti. Furono costruiti santuari in loro onore, statue che le rappresentavano furono poste in tali santuari, furono loro attribuiti rivelazione e poteri di ricompensa e punizione, e divennero oggetto di adorazione idolatra. In effetti, la discesa dell'umanità nell'idolatria rappresentò un processo in cui un rappresentante assunse le qualità di colui che doveva rappresentare. Le stelle si assunsero gli attributi di Dio, e poi le statue, davanti alle masse, assunsero le qualità delle stelle.<ref name="Conosce"/>
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Il culmine di tale declino, che precedette l'entrata di Abramo nella scena storica, viene descritto come segue:
{{q|Man mano che passò il tempo, il Nome onorato e riverito di Dio fu dimenticato dagli esseri umani, svanì dalle loro labbra e dai loro cuori, e non fu più conosciuto. Tutta la gente comune e le donne ed i bambini conoscevano solo la figura di legno e pietra e l'edificio del tempio in cui, dalla loro infanzia, erano stati ammaestrati a prostarsi davanti alla figura, adorarla e giurare in suo nome. Anche gli uomini saggi, quali i sacerdoti e uomini di pari rango, si immaginavano che non esistesse altro dio se non le stelle e le sfere, in base alle quali queste figure erano state prodotte... Il mondo si muoveva in tale modo finché nacque quel Pilastro del Mondo, il patriarca Abramo.|"Leggi sull'Idolatria", 1:2}}
 
Le masse persero tutto il senso del sublime. Si immersero in un mondo dedito a entità fisiche, ed il reame del divino venne delimitato, ai loro occhi, da statue e templi. L'élite tra gli idolatri, nel frattempo, vdevano le statue come rappresentanti delle stelle. Dio Stesso era finito e dimenticato, totalmente rimpiazzato dai suoi rappresentanti. A questo punto, Maimonide inizia a raccontare la storia della vita di Abramo, un resoconto che rende chiara la sua consapevolezza religioso-filosofica. In giovane età Abramo aveva già cominciato, con la forza della propria mente, a contestare le credenze dei suoi genitori e di coloro che gli stavano attorno: "Ma la sua mente stava lavorando alacremente e riflettendo, finché ebbe ottenuto la via della verità, apprendendo la corretta linea di pensiero, e seppe che esiste Un Solo Dio, che Egli guida la Sfera celeste e che ha creato ogni cosa, e che tra tutto ciò che esiste, non c'è altro dio che Lui... Abramo aveva quarant'anni quando riconobbe il suo Creatore" ("Leggi sull'Idolatria'', 1:3). La fede di Abramo fu il risultato di un lungo processo filosofico che raggiunse il culmine quando aveva quaranta anni; non fu prodotto da un'illuminazione improvvisa o da rivelazione.<ref name="Profeta"/>
 
Da quel punto in poi, Abramo diventa una figura socratica sovversiva, un serio fastidio politico per la forza dei suoi argomenti: "Avendo ottenuto tale conoscenza, iniziò a contestare gli abitanti di Ur dei Caldei, dibattendo con loro e dicendo loro, 'Il percorso che state seguendo non è la via della verità'... Quando prevalse su di loro coi suoi argomenti, il re (della nazione) cercò di ucciderlo. Fu salvato miracolosamente ed emigrò a Haran" ("Leggi sull'Idolatria", 1:3). Il racconto di Maimonide naturalmente rielabora vari abbellimenti midrashici della storia biblica. Allude brevemente, senza fornire particolari, alla storia di Abramo gettato in una fornace e salvato miracolosamente, dicendo soltanto che "fu salvato miracolosamente". La storia si concentra sul percorso filosofico di Abramo verso la fede e sull'immagine di Abramo come filosofo iconoclasta che diventa una minaccia politica.<ref name="Profeta"/>
 
R. Abraham ben David di Provenza, noto come Ra`abad, che scrisse ampie note critiche sulla ''Mishneh Torah'', aveva una visione differente della vita di Abramo e dll'origine della sua fede. Nel suo breve commento su questa ''halakhah'', egli cita un ''midrash'' rabbinico secondo cui il cambiamento avvenne in Abramo ad un'età molto più giovane di quanto non dicesse Maimonide: "esiste una ''aggadah'' secondo cui egli aveva tre anni". Questo breve riferimento alla versione midrashica dei fatti è un ironico attacco all'intera struttura creata da Maimonide. Se Abramo aveva tre anni quando riconobbe il suo Creatore, la sua fede non poteva essere il prodotto di un'analisi filosofica; piuttosto, doveva essere stato il risultato di un'illuminazione subitanea e miracolosa.<ref name="Profeta"/><ref name="Conosce"/>
 
Dopo aver lasciato Ur, secondo il racconto di Maimonide, Abramo divenne il fondatore di una scuola ed insegnante al pubblico:
{{q|Iniziò allora a proclamare a tutto il mondo con grande forza e ad istruire il popolo che l'intero universo aveva solo un Creatore e che solo Lui era giusto adorare. Andò di città in città e da regno a regno, chiamando e radunando insieme tutti gli abitanti finché arrivò nella terra di Canaan. Anche lì proclamò il suo messaggio, come è detto: "E lì invocò il nome del Signore, Dio dell'eternità" (Gen. 21:33). Quando il popolo gli si radunò attorno e gli domandò spiegazioni sulle sue affermazioni, egli istruì ciascuno al meglio delle proprie capacità fino a condurlo alla verità, e così migliaia e decine di migliaia si unirono a lui. Queste sono le pesone a cui ci si riferisce nella frase "uomini della casa di Abramo". Egli infuse nei loro cuori questa grande dottrina, compose dei libri su di essa e la insegnò ad Isacco, suo figlio.|"Leggi sull'Idolatria"}}
 
Abramo diffuse il monoteismo mediante l'istruzione e la persuasione, radunando megliaia e miriadi di discepoli andando di città in città finché giunse a Canaan. Ciò che però manaca in questo resoconto è la chiamata di Abramo da parte di Dio: "Vàttene dal tuo paese, dalla tua patria e dalla casa di tuo padre" (Gen. 12:1). Secondo Maimonide, Abramo giunse nella terra di Canaan mentre sfuggiva alla persecuzione politica; lungo il percorso radunò una crescente comunità di monoteisti. Abramo scoprì Dio con la forza dell'intelletto, non con la forza della rivelazione che gli fece levare le tende e lasciar casa.<ref name="Profeta"/>
 
L'omissione da parte di Maimonide della rivelazione come uno dei fattori principali che provocarono lo spostamento di Abramo verso Canaan e l'unicità del resoconto rivelano qualcosa di ancor più profondo. La storia biblica suggerisce un quadro della vita del credente interamente differente da quella illustrata da maimonide. Secondo il significato plaese del testo, fede è prontezza a seguire la parola di Dio senza dubbi o esitazioni. Abramo — soprannominato il "principe della Fede" da [[w:Kierkegaard|Kierkegaard]] — lascia una casa accogliente e sicura e la propria terra natia per seguire la promessa. Conserva la fede che la terra di Canaan sarà sua, anche se ci vaga dentro come un estraneo, e mantiene fede anche nella promessa di una progenie nonostante le età avanzate di lui e di Sara. La vita di Abramo incorpora la fede nella sua massima profondità. La sua grandezza deriva non dalla forza della sua comprensione o la sua abilità come predicatore, ma della sua fede illimitata, basata non sulla conoscenza sicura ma sulla promessa di Dio ancora da realizzarsi.<ref name="Profeta"/>
 
Maimonide, come si è visto, rifiuta completamente tale interpretazione della storia e prende una posizione alquanto rimossa dall'idea che più grande è l'assurdità e più grande è la fede. Per lui, la fede non è una forza cieca, che opera al contrario di ciò che ha senso. L'idolatria ha la sua origine nell'errore, nell;operato della facoltà immaginativa incontrollata dalla ragione. Il monoteismo, al contrario, si basa sull'abilità di pensare ed il coraggio di perseverare nell'affermazione della verità di fronte a minacce politiche circostanti. La filosofia, invece di essere nemica della fede, è in realtà uno stimolo. È apparsa sulla scena della storia con l'avvento del monoteismo, nella figura di Abramo, dopo generazioni immerse nell'idolatria.<ref name="Profeta"/><ref name="Philosophy"/>
 
Nella storia biblica, Abramo appare come fondatore di una famiglia, che trasmette la benedizione di Dio alla prorpia discendenza. Il ricorrente conflitto sull'eredità di tale benedizione è l'asse su cui poggiano le storie di Genesi: l'erede è Ismaele o Isacco? Giacobbe o Esaù? Maimonide tuttavia vede Abramo non come fondatore di una famiglia che tramanda la benedizione divina ai suoi discendenti, ma come l'iniziatore di un vasto movimento i cui membri sono tutti considerati parte del suo casato: "...migliaia e decine di migliaia si unirono a lui. Queste sono le pesone a cui ci si riferisce nella frase ''uomini della casa di Abramo''." Suo figlio Isacco lo seguì nel fornire istruzione sul monoteismo: "[Abramo] infuse nei loro cuori questa grande dottrina, compose dei libri su di essa e la insegnò ad Isacco, suo figlio. Isacco si sistemò, istruendo ed esortando. Impartì la dottrina a Giacobbe e gli ordinò di insegnarla. Anche lui si sistemò, insegnò e rafforzò moralmente tutti coloro che si unirono a lui" ("Leggi sull'Idolatria", 1:3). Sono le idee importanti e gli insegnamenti che passano da generazione a generazione, non la benedizione e la promessa.<ref name="Profeta"/><ref>Moshe Halbertal, ''Maimonides, cit.'', 2014, pp. 213-216.</ref>
 
==Magia e idolatria==
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==Note==
 
{{Avanzamento|5075%|11 novembre 2014}}
[[Categoria:Guida maimonidea|Filosofia e concetti]]