Guida maimonidea/Filosofia e concetti: differenze tra le versioni

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Se il mondo sia esistito dall'eternità o fu creato in un dato momento del tempo è una questione posta nella ''Guida'' come la domanda centrale e più difficile mai affrontata del pensiero ebraico del Medioevo. Divenne la domanda centrale non a causa dell'interesse nella storia dell'universo ma a causa delle sue profonde implicazioni per il significato di Dio e la natura della condizione umana di fronte a Lui. L'idea tradizionale della creazione presume che ad un certo momento sorse in Dio il desiderio di creare il mondo e, per forza della Sua volontà, tutta l'esistenza fu quindi creata ''ex nihilo''. La filosofia aristotelica tuttavia èsi preoccupatainquieta dalldell'attribuzione di un desiderio a Dio, poiché ne menoma la Sua perfezione. Un essere perfetto non abbisogna di nulla e quindi non desidera nulla; attribuire un desiderio a Dio sembra asserire che Dio manchi di qualcosa. Similmente la nascita di un desiderio implica un cambiamento in Dio, un passaggio da potenziale ad attuale, tuttavia qualcosa di perfetto è fisso ed immutabile, un motore immobile.<ref name="JoelL">Joel L. Kraemer, “Maimonides on Aristotle and Scientific Method”, ''Moses Maimonides and his Time'', E. L. Ormsby (cur.), pp. 53-88; ''id.'', “Maimonides’ Use of (Aristotelian) Dialectic”, ''Maimonides and the Sciences'', Robert S. Cohen & Hillel Levine (curatori), pp. 111-130; cfr. anche Harry Austryn Wolfson, ''Crescas’ Critique of Aristotle: Problems of Aristotle’s Physics in Jewish and Arabic Philosophy'', Cambridge, 1929; ''id.'', “The Amphibolous Terms in Aristotle, Arabic Philosophy and Maimonides”, ''Harvard Theological Review'' 31, 1938, pp. 151-73 - rist. ''Studies in the History of Philosophy and Religion'', I ediz., Twersky & G. H. Williams. vol. 1, pp. 455-77.</ref>
 
Inoltre, se il mondo fu creato per volere divino, non si può sostenere che Dio sia la prima causa nel nesso di causalità, poiché qualcosa deve aver causato alla Sua volontà di svilupparsi. Aristotele perciò sostenne la posizione che il mondo è sempre esistito, e la relazione di Dio col mondo non è quella di creatore verso creatura, sul modello della relazione tra falegname e una sedia che ha costruito.èè Il mondo esiste non grazie aad un qualche atto premeditato da parte di Dio ma a ragione della Sua esistenza, proprio come l'ombra di una persona è inerente alla sua presenza o la luce del sole è inerente all'esistenza del sole stesso. Il mondo è eterno, dipendente dall'esistenza di Dio.<ref name="JoelL"/>
 
Negare che Dio ha una volontà incide non solo sulla creazione ma su tutti i concetti fondamentali della fede nel Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe. Innanzi tutto, negare la volontà di Dio mette in seria discussione il concetto tradizionale della rivelazione. Di primo acchito, anche la rivelazione è un'azione deliberata da parte di Dio — il Suo ingresso nella storia ad un particolare momento per forza della Sua volontà, e l'affermazione del Suo dominio sull'uomo per mezzo di un comando supremo. L'Ebraismo può sopravvivere senza il concetto della creazione, ma la rivelazione è la sua essenza vitale. L'immagine aristotelica del divino pone quindi una minaccia sulla sua essenza stessa.<ref name="JoelL"/>
 
Ma oltre alla rivelazione, c'è dell'altro che viene messo in discussione. Provvidenza, ricompensa e punizione, e miracoli, tutti dipendono da una personalità divina in possesso di volontà, una figura che reagisce e cambia continuamente, si muove, si commuove ed agisce. La divinità aristotelica, in contrasto, è totalmente autosufficiente, immutabile nella sua perfezione e causante l'universo con la sola sua esistenza. Non c'è quindi da meravigliarsi che la domanda "eternità o ''ex nihilo''" diventasse un problema pragmatico per la fede ebraica nel suo incontro con la filosofia greco-araba. Coloro che avevano interiorizzato l'impostazione filosofica erano decisamente perplessi nel loro comportamento verso la tradizione ebraica, fino al punto di sentirsi oppressi da un pesante fardello esistenziale che penetrava al cuore della loro propria identità.<ref name="Philosophy"/>
 
Il problema è insito al centro della ''Guida'' e lo considereremo nei capitoli che la riguardano. Al momento ci interessa la formulazione maimonidea, nel primo capitolo della ''Mishneh Torah'', di come il concetto di Dio si rifletta sul vessante dilemma dell'eternità del mondo rispetto alla creazione ''ex nihilo''. Inizialmente dobbiamo notare che numerosi capitoli della ''Guida'' sono dedicati a convincere che i filosofi non sono stati capaci di provare l'eternità del mondo. Da una prospettiva metafisica, questi capitoli intimano che la questione dell'di eternità o ''ex nihilo'' rimane aperta, dato che il problema matafisico non è stato risolto. Maimonide rende chiaro che, data la vasta natura del problema, egli propendeva per la visione di un mondo creato ''ex nihilo'', poiché senza tale convinzione la religione di Israele si sarrebbe drasticamente indebolita. Poteva quindi remanererimanere fedele alla prospettiva filosofica senza adottare la conclusione radicale che avrebbe messo a rischio l'Ebraismo, poiché la filosofia non richiedeva un universo eterno né un dinniego della volontà creativa di Dio.<ref name="Nihilo">Alexander Altmann & S. M. Stern, “A Note on the Rabbinic Doctrine of Creation”, ''Studies in Religious Philosophy and Mysticism'', Alexander Altmann (cur.), pp. 108-27; ''id.'', “Maimonides’ ‘Four Perfections’”, ''Israel Oriental Studies'' 2, 1972, pp. 15-24; ''id.'', “Maimonides on the Intellect and the Scope of Metaphysics,” ''Von der mittelalterlichen zur modernen Aufkärung'', pp. 60-129; Herbert A. Davidson, “Maimonides’ Secret Position on Creation”, ''Studies in Medieval Jewish History and Literature'', Isadore Twersky (cur.), vol. 1, pp. 16-40; Alfred L. Ivry, “Maimonides on Creation”, ''Creation and the End of Days: Judaism and Scientific Cosmology'', D. Novack & N. Samuelson (curatori), pp. 185-214.</ref>
 
==Fede e profezia==