La religione greca/Le religioni ellenistiche: differenze tra le versioni

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Oltretutto, «Insediati più o meno durevolmente in paesi stranieri, i Greci si rivolgevano con molta naturalezza agli dèi locali: ne sono un esempio i Greci d'Egitto, i quali a partire dal III secolo portano offerte e fanno dediche a dèi specificatamente egiziani, a prima vista molto lontani dall'universo religioso dei Greci, come gli dèi coccodrilli del Fayyūm. [...] E questa devozione per gli "dèi" stranieri non era solamente di circostanza: alcuni di questi Greci emigrati, rientrati in patria, vi conducevano con sé e vi insediavano gli dèi che avevano imparato a conoscere altrove. Artemidoro, figlio di Apollonio, originario di Perge, in Panfilia, già cacciatore di elefanti al servizio di Tolomeo Filadelfo, ritiratosi verso il 245 a.C. a Tera per trascorrervi la vecchiaia, dedicò un complesso di edifici agli dèi egizi in onore della famiglia lagide»<ref>Françoise Dunand, ''Sincretismi e forme della vita religiosa'' vol.7 p.336.</ref>.
 
Questa unificazione del mondo allora conosciuto all'interno della ''koiné'' greca anche se non porta i Greci a concepire un dio unico, li conduce a ritenere che dietro alla molteplicità dei nomi e delle manifestazioni divine dei differenti popoli e delle differenti lingue, si possa celare una medesima esperienza religiosa<ref>{{q|The thought of one world does not necessarily lead to the idea of one God, but it does raise questions about a possible spiritual unity behind the manifold manifestations of religious experience.|John Gwyn Griffiths, ''Hellenistic Religions'' in ER (2004/1987) vol.6, p. 3900 }}</ref>. Tale consapevolezza cambia radicalmente il pensare greco rispetto allo straniero, al barbaro, consapevolezza che produce quindi una radicale revisione, promuovendo l'incontro tra le differenti culture, anche religiose <ref>{{q|An encounter with very diverse cultures ensued, and the traditional division between Greeks and barbarians underwent radical revision. |John Gwyn Griffiths, ''Hellenistic Religions'' in ER (2004/1987) vol.6, p. 3900}}</ref>. È il periodo questo, dove si diffonde il termine e la nozione del ''kosmopolitēs'' ("cosmopolita, "cittadino del mondo") anche sulla scia della diffusione della filosofia stoica e del Cinismo che avevano, in questo, come illustre precedente la figura di Democrito<ref>John Gwyn Griffiths 3906.</ref>. Questa condizione diffusa di cosmopolitismo e di sincretismo farà così concludere il filosofo medioplatonico Plutarco, quando, criticando coloro che affermano la divinità di oggetti materiali, osserva:
 
{{q|Iddio, infatti, non è privo di senso o di anima né è in potere degli uomini. Di qui deriva che noi uomini abbiamo sempre tenuto per dèi quegli esseri che fanno uso delle creature suddette e ce ne fanno dono o ce le conservano durature e costanti. Non dobbiamo pensare che gli dèi siano diversi tra loro, da popolo a popolo; che siano cioè dèi barbari o dèi greci o dèi australi o dèi settentrionali. No, ma come il sole e la luna e il cielo e il mare sono comuni a tutti, mentre sono chiamati da chi in un modo e da chi in un altro; così, parimenti, le forme del culto e le denominazioni, diverse le une dalle altre a seconda delle varie costumanze, sono, pur sempre, espressione di un’unica razionalità, che le ha nobilmente ordinate, e di un’unica Provvidenza, che veglia su di esse e di potenze ancillari preordinate su tutte. Di più gli uomini si avvalgono di simboli consacrati -e chi ricorre a simboli oscuri e chi ricorre a simboli più trasparenti- guidando il pensiero sulla strada perigliosa che conduce al divino. Alcuni, infatti, vanno completamente fuori strada e s’ingolfano nella superstizione; altri sfuggono, per così dire da quel pantano che è la superstizione, ma piombano, d’altro canto, come in un dirupo scosceso: l’ateismo.|Plutarco, ''Iside e Osiride'', 67: traduzione di Vincenzo Cilento|οὐ γὰρ ἄνουν 1οὐδ᾽ ἄψυχον οὐδ᾽ ἀνθρώποις ὁ θεὸς ὑποχείριον: ἀπὸτούτων δὲ τοὺς χρωμένοις αὐτοῖς δωρουμένους ἡμῖν καὶπαρέχοντας ἀέναα 4 καὶ διαρκῆ θεοὺς ἐνομίσαμεν, οὐχ ἑτέρους παρ᾽ἑτέροις οὐδὲ βαρβάρους καὶ Ἕλληνας οὐδὲ νοτίους καὶ βορείους:ἀλλ᾽ ὥσπερ ἥλιος καὶ σελήνη καὶ οὐρανὸς καὶ γῆ καὶ θάλασσακοινὰ πᾶσιν, ὀνομάζεται δ᾽ ἄλλως ὑπ᾽ ἄλλων, οὕτως ἑνὸς λόγου τοῦταῦτακοσμοῦντος καὶ μιᾶς προνοίας ἐπιτροπευούσης καὶ δυνάμεωνὑπουργῶν ἐπὶ πάντα 1 τεταγμένων, ἕτεραι παρ᾽ ἑτέροις κατὰ νόμουςγεγόνασι τιμαὶ καὶ προσηγορίαι: καὶ συμβόλοις χρῶνταικαθιερωμένοις 2 οἱ μὲν ἀμυδροῖς οἱ δὲ τρανοτέροις, ἐπὶ τὰ θεῖα τὴννόησιν ὁδηγοῦντες οὐκ ἀκινδύνως. ἔνιοι γὰρ ἀποσφαλέντεςπαντάπασιν εἰς δεισιδαιμονίαν ὤλισθον, οἱ δὲ φεύγοντες ὥσπερ ἕλοςτὴν δεισιδαιμονίαν ἔλαθον αὖθις ὥσπερ εἰς κρημνὸν ἐμπεσόντες τὴν ἀθεότητα.|lingua=grc}}