La religione greca/Le religioni dei misteri/I Misteri di Samotracia: differenze tra le versioni

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{{q|Cureti che fate risonare il bronzo, che indossate le armi di Ares,<br>celesti e terrestri e marini, beatissimi, <br>spiriti fecondi, nobili salvatori dell'universo,<br> voi che abitate Samotracia, terra sacra, e <br> tenete lontani i pericoli dai mortali che vagano sul mare;<br> voi per primi istituiste il rito iniziatico per gli uomini,<br>immortali Cureti, che indossate le armi di Ares.<br>Voi fate muovere l'Oceano, fate muovere il mare e gli alberi allo stesso modo.<br> Cureti Coribanti, signori potenti<br> e sovrani di Samotracia, contemporaneamente Dioscuri;<br> spiriti eterni, che nutrite la vita,<br>che avete forma dell'aria,<br>che sull'Olimpo siete chiamati gemelli celesti,<br>che spirate benevoli, sereni, salvatori, gradevoli,<br>che regolate le stagioni, che portate i frutti, spirate su di noi, o sovrani.|''Cureti profumo d'incenso''; ''Inni orfici'', XXXVIII, 1-8; 20-5; traduzione di Paolo Scarpi, in ''Le religioni dei misteri'', vol.II. Mondadori/Fondazione Lorenzo Valla, 2008, p.93-4}}
 
[[File:Nike de samothrace.jpg|250px|thumb|Statua in marmo pario della dea Nike (Νίκη) rinvenuta sull'isola di Samotracia. Risalente al periodo ellenistico (II secolo a.C.), è oggi conservata al Museo del Louvre di Parigi. Nike è la dea della potenza della "vittoria" nella religione greca. Essa viene menzionata per la prima volta da Esiodo nella ''Teogonia'' (383) in qualità di figlia del titano Pallante (Παλλάς) e di Stige (Στύξ) onorata unitamente ai suoi fratelli Zelos (Ζῆλος, Rivalità), Kratos (Κράτος, Potere) e Bie (Βία, Forza), in quanto si schierarono dalla parte del re degli dèi durante lo scontro con i Titani. Nike è celebrata in occasione della vittorie nelle gare atletiche o artistiche, ma anche negli scontri bellici. Secondo la tradizione<ref>Scoli ad Ar. ''Av.'' 374.</ref> fu lo scultore Archermo a rappresentarla per la prima volta come "alata", infatti l'immagine di Nike lignea conservata nel tempio di Atena ad Atene era priva di ali<ref>Pausania, III, 15,7</ref>. Con le guerre persiane il culto di Nike divenne popolare e gli Ateniesi gli dedicarono un immagine nel santuario di Delfi dopo la vittoria di Salamina<ref>Erodoto VIII, 121</ref>. Nella statua di Samotracia essa viene rappresentata mentre scende in volo sulla prua di una τριημιολία (''triēmiolía'') destinandola alla vittoria in battaglia. I culti di Samotracia celebrano la salvezza in mare, la sopravvivenza dei marinai anche nelle battaglie navali: la vittoria sulla morte e nei mari. Nulla dei Misteri di Samotracia indica quindi un loro riferimento al "dopo-morte", tali misteri si occupano piuttosto della vita reale che vince sulla morte reale<ref>Cfr. Walter Burkert, ''La religione greca'', p.511</ref>.]]
 
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Il culto degli dèi Cabiri (Κάβειροι) è attestato principalmente a Tebe e sull'isola di Lemno. Gli abitanti di Lemno venivano appellati dai greci come Tirreni e quindi identificati come Etruschi o comunque come Pelasgi, finendo per essere conquistati dagli Ateniesi nel VI secolo. Il locale culto degli dèi Cabiri non sembra comunque aver subito interruzioni dovute alla conquista greca. Gli dèi onorati in questo culto sono figli, o nipoti, del dio principale dell'isola, Efesto, chiamandosi peraltro Efestia il suo capolouogo. Anche Dioniso è associato a questo culto che sembra contenere anche bevute di vino (numerosi contenitori per la bevanda sono stati recuperati nel santuario dei Cabiri) e riti burleschi <ref>Burkert, p.505.</ref> collegati probabilmente al mito del ritorno di Efesto, il quale essendo stato scagliato sull'isola da Zeus per aver impedito al re degli dèi di punire Era<ref>Iliade, I, 590 e sgg. </ref>, fu successivamente fatto ubriacare da Dioniso affinché tornasse sull'Olimpo <ref>Igino, ''Fabulae'', 166</ref>.
 
Il culto degli dei Cabiri a Tebe, qui secondo Pausania<ref>IX, 25 5-9.</ref>Demetra ''Kabeiraia'' stabilì le iniziazioni per Prometeo, uno dei Cabiri, e ciò rimanderebbe, come per l'isola di Lemno, a culti rivolti alle corporazioni di fabbri. Sono state rinvenute immagini con giovani che indossano il tipico copricapo (il ''pilos'') dei Dioscuri. La festa nel santuario consisteva nel sacrificio di un toro e nelle libagioni e bevute di vino per mezzo di vasi e tazze in ceramica, con immagini grottesche che richiamano le Antesterie, poi frantumate. Dei riti in sé, delle iniziazioni, ricorda Burkert<ref>Burkert, p. 506 e sgg.</ref> si sa poco, tuttavia riguardavano anche miti antropogonici. Certamente vi erano dei sacerdoti (i ''Kabiriarchoi'') e dei mistagoghi (''paragogeis''), il miste prendeva un bagno, portava bende e rami e poteva entrare in un boschetto sacro a Demetra ''Kabeiraia''.
Il culto degli dei Cabiri a Tebe