Guida maimonidea/Etica e fede: differenze tra le versioni

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==Scienza e santità==
La caratteristica più prominente del tipo aristotelico ideale è la magnanimità, la "grandezza dell'anima", che è situata nel mezzo tra orgoglio e umiltà. La persona orgogliosa soffre di un'autostima esagerata, che lo porta a pretendere onori quando non ne è degno. La persona umile, d'altra parte, soffre di una bassa autostima e si degrada impropriamente. Una persona dignitosa conosce il proprio valore, che si genera dalle sue solide qualità morali, e si aspetta rispetto da quelli che lo circondano. I suoi tratti nobili gli conferiscono carisma. Cammina lentamente, senza fretta, la sua voce è profonda, ed i suoi discorsi equilibrati. Guarda con fermezza davanti a sé, e non adula nessuno; il suo aspetto rispecchia sicurezza, tranquillità e fiducia.<ref>''Etica Nicomachea'', Libro 4.</ref>
{{WIP|Monozigote}}
 
Lo scontro fondamentale tra il cittadino ideale nella tradizione politica ed il concetto della persona ideale che scaturisce dalla tradizione religiosa avviene a causa delle differenti valutazioni della qualità dell'umiltà. La struttura armoniosa e bilanciata che pone la persona virtuosa nel giusto mezzo tra due estremi rifiutatiu si spezza, nella versione di Maimonide, quando l'umiltà diventa un problema.<ref name="Anima"/><ref name="MosheH3"/>
 
In primo luogo, il termine "magnanimità" non appare nel dizionario delle virtù di Maimonide. Nelle sue discussioni dell'onore e dell'autostima, definisce l'attributo mediano in modo differente: l'umiltà è il giusto mezzo tra orgoglio ed inferiorità, bassezza. Inoltre, nel caso di altri tratti desiderati, una leggera dipartita dal giusto mezzo è permessa come ulteriore atto di pietà. Però quando c'entra l'umiltà, Maimonide considera un'inclinazione verso l'inferiorità come caratteristica del tipo ideale. In ''Avot'' 4:4, la ''Mishnah'' insegna: "Sforzarti di essere povero di spirito, poiché la fine dell'uomo è [di nutrire] i vermi." Maimonide commenta:
{{q|Abbiamo già spiegato nei capitoli precedenti che l'umiltà è uno dei tratti più elevati, il giusto mezzo tra l'orgoglio e la bassezza... E abbiamo spiegato nel quarto capitolo che è giusto per l'uomo propendere [in misura] verso [il meno attraente] degli estremi nella maniera di un recinto [intorno all'azione impropria]. Ma tale tratto — cioè, l'orgoglio — è un'eccezione, unico tra tutti i tratti, poiché i devoti, riconoscendo quanto sia difettoso e quanto danno possa arrecare, se ne allontanarono fino a portarsi all'altro estremo, l'assoluta bassezza.<ref>"Bassezza" nel significato inteso, indica un livello inferiore all'umiltà. Cfr. Eliezer Schweid, ''Studies in the Eight Chapters of Maimonides, cit.'', pp. 38-55.</ref>|''Commentario alla Mishnah, Avot'' 4:4}}
 
Questa dipartita dal giusto mezzo verso l'estremo della bassezza viene ribadito nella ''Mishneh Torah'': "Ci sono alcune disposizioni rispetto a cui è proibito di mantenersi solo nella via di mezzo. Devono infatti essere evitate al massimo. Tra queste è l'orgoglio. Il giusto mezzo qui è non solo di essere mansueti, ma di essere di mentalità umile e di spirito modesto all'estremo." (Libro della Conoscenza "Leggi sulle Disposizioni Morali", 2:3).
 
Maimonide qui si sposta notevolmente dalla posizione aristotelica e segue invece le fonti talmudiche che mettono l'umiltà come valore centrale. Un certo grado di mosdestia, di sentirsi insignificanti, è inerente alla posizione religiosa verso il mondo. A contrastare l'aristocratico, consapevole del proprio valore e presenza sociale, viene posto il pietista, colui che sopporta l'offesa ma non offende, e valuta la continua reticenza più dell'assertività. A causa di tali qualità, Maimonide associa la propensità all'ira con la dipartita dal giusto mezzo connesso all'umiltà:
{{q|Anche l'ira è una passione veramente grave, e uno dovrebbe evitarla al massimo... I saggi quindi ci ammonirono che l'ira debba essere evitata in tal grado da doversi addestrare ad essere impassibili anche per cose che provocherebbero ira in modo naturale; e questa è la via giusta. La pratica del giusto è di sopportare l'insolenza e di non infliggerla; di sentirsi rimproverati, ma di non ribattere; da essere spinti dall'amore in ciò che si fa, e di gioire nella sofferenza. Di loro la Scrittura dice: "Ma coloro che Ti amano siano come il sole,
quando sorge con tutto lo splendore" (Giudici 5:31)|''Ibid.''}}
 
[...]
 
Appropriatamente, Maimonide concluse il suo ''Commentario alla Mishnah'' con i seguenti versetti da Isaia (40:29-31):