Guida maimonidea/Halakhah e comandamenti: differenze tra le versioni

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Descrivere la rivelazione del Sinai come evento onnicomprensivo — come abbiamo visto, un'interpretazione che Maimonide rigetta — non è che un'espressione della tendenza ad incorporare tutta la vita halakhica nella rubrica della rivelazione. Un'altra espressione di tale tendenza, che gioca anche un ruolo importante nella storia della ''halakhah'' e del pensiero ebraico, è di considerare la rivelazione come evento continuativo, del quale il Sinai è solo l'inizio. La rivelazione continua da Mosè ai profeti ai saggi che, se non profetizzano, perlomeno possiedono un eco di profezia attarverso il quale la ''halakhah'' riceve ispirazione divina. Questo approccio è implicito anche nello ''Halakhot Gedolot'', che elenca il "vestire gli ignudi" come comandamento separato basato sul versetto di Isaia (58:7): "vestire uno che vedi nudo." Maimonide attacca ''Halakhot Gedolot'' anche per questo, dato che limita l'autorità rivelatoria non solo dei saggi, ma anche dei profeti. Secondo lui, solo a Mosè fu data l'autorità di legiferare mediante la profezia. Il ruolo dei profeti susseguenti è di preservare la Torah di Mosè, non di creare un'alternativa o aggiungere alla Torah esistente.<ref name="HalMoshe"/>
 
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La determinazione che le promulgazioni rabbiniche non abbiano nulla a che fare con la rivelazione o con la consegna della Torah è molto più facile da comprovare che non le affermazioni sullo stato della profezia dopo Mosè. Dopo tutto, a riguardo di tali questioni sulla stato delle promulgazioni rabbiniche, Maimonide si basa su una discussione del Trattato talumdico ''Shabbat''. Lì il Talmud sostiene che, quando si recita la benedizione sopra le candele dell'Hanukkah, uno debba ancora usare la formula standard "Egli che ci ha santificato con i Suoi comandamenti '''e ci ha comandato''' (''ve-tzivanu'')..." perché questo dovere è radicato nel comandamento "tu non devierai''.<ref name="Archi"/>
 
In contrasto, il dovere di leggere il Rotolo di Ester, su cui Maimonide contende con ''Halakhot Gedolot'', è considerato un precetto rabbinico anche se il rotolo stesso fu scritto con ispirazione divina, e quindi la festività del [[w:Purim|Purim]] venne apparentemente istituita in virtù della rivelazione. Questa festività è un caso interessante, perché rompe la sovrapposizione altrimenti completa tra comandamenti biblici e rivelazione. Maimonide stesso affronta il problema nella prima regola:
{{q|Ho già spiegato che qualsiasi cosa promulgata da profeti postmosaici è anche rabbinica. Infatti i saggi affermarono esplicitamente: "Quando Salomone promulgò ''[[w:eruvin|eruvin]]'' e abluzioni, un'eco divina si udì che disse: "Sii saggio, figlio Mio, e rendi felice il Mio cuore..." E altrove viene spiegato che le leggi rabbiniche sono chiamate ''eruvin'', e le abluzioni sono "le parole degli scribi". Pertanto è stato dimostrato: qualsiasi cosa promulgata dopo Mosè è chiamata "rabbinica". Vi ho spiegato ciò affinché non pensiate che leggere il Rotolo di Ester, poiché fu una promulgazione profetica, sia considerato legge biblica; dopo tutto, ''eruvin'', sebbene promulgati da Re Salomone, sono considerati legge rabbinica.|''Libro dei Comandamenti'', primo principio}}
 
Maimonide usa un'affermazione talmudica che attribuisce la promulgazione di ''eruvin'' e abluzioni — promulgazioni rabbiniche — a Re Salomone per esemplificare l'ampia determinazione che qualsiasi cosa proveniente dai profeti sia considerata legge rabbinica. Facendo così, egli preclude una possibile distinzione tra quelli che tradizionalmente sono noti come promulgazioni dei profeti, che verrebbero considerate legge rabbinica, e materie esplicitamente esternate in libri profetici scritti con ispirazione divina. Maimonide vuole che i suoi lettori concludano da questi casi ovvi che '''ogniqualvolta''' i profeti legiferano o promulgano, essi fungono da saggi. Di conseguenza, qualsiasi nuovo contenuto halakhico che appare nei libri profetici, incluso il dovere di osservare Purim, fu promulgato non in virtù della rivelazione, ma in virtù dello status dei profeti come saggi. Il [[w:Purim|Purim]] fu dunque una promulgazione di [[w:Mardocheo|Mardocheo]] e della sua corte, proprio come ''eruvin'' e abluzioni furono una promulgazione di Re Salomone e della sua corte.<ref name="Sinai"/><ref name="Archi"/><ref name="HalMoshe"/>
 
Quindi, nel primo principio dell'introduzione al ''Libro dei Comandamenti'', Maimonide isola la rivelazione di Mosè dal resto del sistema halakhico per mezzo di due mosse: la prima, impostando una stretta interpretazione di cosa sia considerato "dato al Sinai", il che spinge le promulgazioni rabbiniche fuori dalla rubrica della rivelazione al Sinai. La seconda, dando alle rivelazioni di Mosè uno status esclusivo quali rivelazioni con potere legislativo, rigettando con ciò la possibilità di rivelazione continua della ''halakhah'' e differenziando in assoluto tra Mosè e tutti gli altri profeti. Entrambi questi due centri di autorità — i saggi ed i profeti — derivano la loro autorità, secondo Maimonide, da un obbligo biblico di secondo ordine; l'autorità rabbinica deriva dalla proibizione "tu non devierai", ed il dovere di ubbidire i profeti dal versetto "un profeta in mezzo a te, fra i tuoi fratelli... a lui darete ascolto" (Deut. 18:15). Obblighi halakhici che appaiono nei libri profetici o sono il risultato di promulgazioni rabbiniche non furono inclusi nella rivelazione al Sinai, ma la loro forza vincolante ne deriva direttamente. Queste due ''manovre'' maimonidee comportano, come notato, il rigettare e rinterpretare le tradizioni talmudiche che vedono la rivelazione come evento normativo onnicomprensivo<ref name="HalMoshe"/>.
 
==Decodificazione e critica==
[[File:Rabbi Moses ben Nachman (Nahmanides) - Wall painting in Acre, Israel.jpg|thumb|250px|Affresco murale di Rabbi [[w:Moshe ben Nahman Girondi|Moshe ben Nahman Girondi]], noto come Nahmanide, con il nome catalano Bonastruc ça (de la) Porta e coll'acronimo ''Ramban'' (Girona, 1194 – Akko, 1269)]]
Il secondo principio dell'introduzione di Maimonide al ''Libro dei Comandamenti'' definisce ciò che fu dato al Sinai. In esso, Maimonide afferma: "Non tutto quello che deriva usando i tredici principi ermeneutici per interpretare la Torah, o per estensione, è degno di essere elencato." Ciò prosegue i fini della prima regola, cioè, isolare lo status della rivelazione di Mosè rispetto al resto del corpo halakhico come suo nucleo esclusivo, stabile e immutabile. Tuttavia le affermazioni che fa nella seconda regola vanno molto oltre sia in termini di audacia intellettuale che in termini della sua relazione alla letteratura talmudica.<ref name="Talmud">Israel Ta-Shma, ''Interpretation of the Talmud in Europe and North Africa, 1:1000-1200'', Magnes Press, 1999; vedi anche Hanina Ben Menachem, ''art. cit.'', pp. 95-106; Jacob Levinger, ''op. cit.'', ''ibid.''</ref> Per mezzo di questo principio, Maimonide tenta di allontanare non solo le profezie e le promulgazioni rabbiniche dall rivelazione a Mosé, ma anche la Torah di per se stessa dalla rispettiva interpretazione rabbinica. Maimonide asserisce che ciò che deriva usando i tredici principi ermeneutici della Torah Orale non è degno di essere elencato. Secondo la sua opinione, leggi che i saggi derivarono usando questi metodi di interpretazione non hanno lo status di comandamento enunciato a Mosè sul Monte Sinai, e non sono incluse nel suo conteggio dei comandamenti. Tali leggi sono considerate comandamenti rabbinici sebbene siano derivate attraverso l'interpretazione di versetti biblici. Lo status di ''"de-Orayta"'' viene assegnato solo a interpretazioni trasmesse da Mosè, non a leggi prodotte dai saggi.<ref name=Halbertal">M. Halbertal, ''op. cit.'', 2014, pp. 116-120.</ref>
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==Note==
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