Guida maimonidea/Yemen, Islam e Rivelazione: differenze tra le versioni

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Delle quattro bestie viste da Daniele nella sua visione, simboliche degli antichi imperi che si successero l'un l'altro, la quarta e ultima rappresenta l'Islam. Questa creatura, con un corno lungo e potente, trionfa sui nemici ed i suoi occhi somigliano a quelli umani. La somiglianza tra la quarta bestia e l'essere umano rappresenta la somiglianza tra la religione dell'Islam e la vera religione. E proprio come Daniele predisse la sua ascesa, ne predisse anche la sua distruzione:
{{q|Ed ecco, il corno ha due occhi simili agli occhi di un essere umano, ed una bocca che pronuncia grandi cose. Ciò ovviamente allude alla persona che fonderà una nuova religione simile alla religione divina e affermerà una rivelazione ed il profetizzare. Produrrà molti discorsi e cercherà di alterare questa Torah e abolirla... Ma Dio informò [Daniele] che Egli avrebbe distrutto tale persona, nonostante la sua grandezza e la sua lunga durata, insieme ad i rimanenti aderenti dei suoi predecessori. Poiché i tre partiti che hanno combattuto contro di noi alla fine periranno: il primo che cercò di sopraffarci con la spada, il secondo che asserì di avere argomenti contro di noi, ed il terzo che affermò di avere una religione simile alla nostra.|''Lettera allo Yemen'', pp. 100-101}}
 
Qunid, nel profilo storico presentato da Maimonide, l'ascesa dell'Islam non è una violazione, ma piuttosto il pinnacolo. La somiglianza tra Ebraismo ed Islam non offusca la condizione dell'Ebraismo, al contrario, la somiglianza è una fase decisiva nella battaglia delle nazioni contro l'Ebraismo. Tale fase, che incorpora anche le precedenti fasi di persecuzione fisica e disputa intellettuale, rappresenta la prova più difficile di tutte. Il suo proposito è anche di separare il grano dalla pula nell'ambito della nazione ebraica, lasciando solo coloro che sono degni di farne parte.<ref name="Mordechai"/>
 
Maimonide vedeva l'Islam come religione monoteista in tutti i rispetti. Nella sua lettera ad Ovadyah il proselita — che evidentemente era stato un mussulmano prima di convertirsi all'Ebraismo — egli scrive che "Questi ismaeliti non sono per niente idolatri. È stato loro asportato dalla bocca e dal cuore, e considerano Dio come unità, un'unità senza eccezioni" (''Iggerot'', p. 238). Coerente con questa prospettiva, Maimonide giudica, nella ''Mishneh Torah'', che le proibizioni che riguardano le varie relazioni tra ebrei i ''gentili'' non si applicano alle relazioni tra ebrei e mussulmani. Il vino prodotto dai mussulmani, per esempio, non può essere bevuto per non provocare relazioni troppo intime, ma non è proibito trarne vantaggio — per esempio, vendendolo — poiché i mussulmani non versano il vino in onore di idoli.<ref>''Mishneh Torah'', Legge dei Cibi Proibiti, 11, 7.</ref>
 
In contrasto con l'Islam, il Cristianesimo è invece una religione idolatra, e le proibizioni attinenti alle relazioni tra ebrei ed idolatri vengono applicate al Cristianesimo.<ref>''Mishneh Torah'', Legge dell'Idolatria, 9, 4.</ref> Secondo Maimonide, la dottrina cristiana della Trinità diminuisce il concetto dell'unità divina, come anche la credenza che Gesù sia l'incarnazione di Dio in corpo umano. Tuttavia, nonostante questo errore della fede cristiana rispetto al monoteismo, il Cristianesimo, secondo Maimonide, possiede un vantaggio rispetto all'Islam, in quanto riconosce l'autorità delle Scritture. Mentre i mussulmani reputano falsa la Bibbia ebraica, i cristiani, sebbene credano che il Nuovo Testamento ne sia un complemento, la considerano una rivelazione iniziale di Dio. Coerente con tale approccio, Maimonide giudica che la Torah possa essere insegnata ad un cristiano, poiché la considera sacra, ma non può essere insegnata ad un mussulmano, che ne potrebbe fare cattivo uso.<ref>''Responsa'' 149.</ref> E quindi, le somiglianze tra Ebraismo e Islam e tra Ebraismo e Cristianesimo sono materia complessa: l'Islam assomiglia all'Ebraismo nel suo monoteismo senza compromessi, e il Cristianesimo assomiglia all'Ebraismo nella sua accettazione della Bibbia ebraica. La prima somiglianza crea un uovo rischio per l'Ebraismo, più pericoloso di quelli che vennero prima. Allo stesso tempo, la somiglianza rappresenta un avanzamento storico significativo, poiché prepara la strada all'era messianica quando tutte le nazioni del mondo accetteranno sia il monoteismo e sia l'autorità della Torah di Mosè.<ref name="Mordechai"/>
 
==La Rivelazione==
Che l'Ebraismo e l'Islam condividano una forte fede monoteista sposta il conflitto tra loro verso la questione della rivelazione. L'affermazione di una seconda rivelazione crea una nuova sorta di perplessità, dato che trasforma tutte le affermazioni di rivelazione in un qualcosa di relativo. Di conseguenza Maimonide, nella ''Lettera allo Yemen'', basa l'unicità della religione ebraica sulla sua persistente qualità di rivelazione nella Torah, rigettando quindi la pretesa dell'Islam di aver ricevuto una successiva rivelazione concorrente. La credibilità dell'Ebraismo deriva dalla grande differenza tra la sua convinzione che la rivelazione fondazionale fu data a Mosè, e la convinzione mussulmana che la rivelazione fondazionale fu data a Maometto. La consegna della Torah avvenne in un'occasione pubblica, davanti a tutto Israele; tutti erano presenti a vedere le visioni e udirne i suoni. La credibilità di Mosè non si basa su miracoli che potesse aver fatto, poiché di miracoli son piene tutte le tradizioni e tutte le religioni. Si incentra piuttosto sulla partecipazione dell'intera nazione al momento della consegna della Torah: "Questo evento è analogo alla situazione di due testimoni che hanno osservato un certo atto simultaneamente. Ciascuno di loro ha visto ciò che ha visto l'altro, e ciascuno di loro è sicuro della verità dell'affermazione dell'altro come anche della sua propria, e non richiede prova o dimostrazione... Similamente, noi di fede ebraica siamo convinti della verità della profezia di Mosè, non semplicemente a causa delle sue meraviglie, ma perché noi, come lui, abbiamo assistito alla teofania sul Monte Sinai" (''Lettera allo Yemen'', pp. 112-113). Non è la fede monoteista che deve essere controbattuta all'Islam; è la forza della rivelazione sul Sinai. La consegna della Torah deve quindi essere posta al centro dell'interpretazione della storia da parte dell'Ebraismo:
{{q|Ora, cari miei compagni di Diaspora, vi conviene incoraggiarvi a vicenda, gli anziani che guidino i giovani, ed i capi che dirigano le masse. Ottenete il consenso della vostra comunità alla Verità che è immutabile e immodificabile, e a seguire i postulati della vera fede che mai scadranno. Dio è uno nel senso unico del termine. E Mosè, Suo profeta e portavoce, è il più grande e più perfetto di tutti i profeti. A lui venne garantita la conoscenza di Dio, che mai è stata garantita a nessun altro profeta prima di lui, né lo sarà in futuro. L'intera Torah dall'inizio alla fine fu dettata da Dio a Mosè, del quale si dice: ''Bocca a bocca parlo con lui'' [Numeri 12:8]. Non sarà mai abrogata o sorpassata, né integrata o ridotta. Mai sarà soppiantata da un'altra legge divina che contenga doveri positivi o negativi. Tenete in mente la rivelazione del Monte Sinai secondo il precetto divino di perpetuarne la memoria e di non dimenticare quella occasione. Egli ci ha esortato ad insegnarla ai nostri figli cosicché crescano conoscendola...<br/>
È imperativo, miei cari compagni ebrei, che facciate di questo grande spettacolo della rivelazione un appello all'immaginazione dei vostri figli. Proclamate nei vostri raduni pubblici la sua nobiltà e gravità. Poiché è il fulcro della nostra religione e la prova che dimostra la sua veracità. Valutate questo fenomeno nella sua vera importanza, come Dio ha indicato tale importanza nel versetto: '' Interroga pure i tempi antichi, che furono prima di te: dal giorno in cui Dio creò l'uomo sulla terra e da un'estremità dei cieli all'altra, vi fu mai cosa grande come questa e si udì mai cosa simile a questa? Che cioè un popolo abbia udito la voce di Dio parlare dal fuoco, come l'hai udita tu?'' [Deuteronomio 4:32-33]|''Lettera allo Yemen'', pp. 103-104}}
 
La ''Lettera allo Yemen'' non è un ''responsum'' halakhico né una risoluzione ad un enigma filosofico. Il suo scopo era di stimolare la consapevolezza del pubblico contemporaneo e rinforzare la continuità della narrazione storica in un'epoca quando, credeva Maimonide, correva il rischio di spezzarsi al confronto con nuove realtà. La ''Lettera'' quindi possiede la qualità di un ''epos'' su larga scala, scritto di fresco da Maimonide ed ancorato alla Scrittura. Lo stendardo storico spiegato nella ''Lettera'' assegna una nuova interpretazione alla sofferenza, ed il senso di unicità che rende più facile tollerare la sofferenza viene preservato mettendolo in luce diversa. L'immagine di una comunità del suo tempo è la fede nella quale i suoi membri si sviluppano. È solo naturale quindi che essi non imparino tale fede quanto invece ne vengano assimilati in una consapevolezza — attraverso storie alle quali sono esposti sin dalla fanciullezza, attraverso preghiere, e attraverso il ciclo del calendario. Il tessuto del tempo è così fondamentale che quando le cose vanno bene, non c'è da discuterne. Ma una dislocazione storica profonda può far sembrare la struttura non più evidente e problematica, forzando i membri della comunità a riesaminare la propria identità.<ref name="Heschel2"/>
 
Maimonide era ben consapevole che i destinatari della sua ''Lettera'' non erano solo studiosi o gente istruita ma perplessa. La crisi contemporanea che la lettera doveva considerare comprendeva gli strati più bassi della comunità — giovani uomini e donne ed il semplice ebreo che sopportava il peso della sofferenza che i propri avi erano riusciti a tollerare grazie al loro senso di unicità e speranza. E così, alla fine della lettera, Maimonide enfaticamente (e insolitamente) esorta Jacob ben Netanel a pubblicizzare la lettera il più possibile:
{{q|Ti prego di mandare una copia di questa missiva ad ogni comunità nelle città e villaggi, affinché rafforzi la gente nella propria fede e la rinsaldi. Leggila ad i raduni pubblici e in privato, e diverrai così un benefattore popolare. Prendi le dovute precauzioni onde i suoi contenuti non vengano divulgati da persona malvagia e ci accada una disgrazia. (Che Dio ce ne liberi). Quando iniziai a scrivere questa lettera, avevo delle preoccupazioni in merito, ma vennero scacciate dalla mia convinzione che il benessere pubblico avesse precedenza sulla sicurezza personale.|''Lettera allo Yemen'', pp. 131}}
 
Nel 1172, quando la ''Lettera allo Yemen'' fu scritta — evidentemente durante il primo periodo di Maimonide come ''ra`is al-yahud'' in Egitto — Maimonide era già un personaggio rinomato. Le sue parole quindi risuonarono non solo nel mondo ebraico, ma anche nell'ambito dei circoli politici mussulmani. Poiché la preoccupazione centrale della ''Lettera'' era quella di rafforzare il carattere distintivo dell'Ebraismo di fronte alla sfida storica posta dall'Islam, la sua natura pubblica assunse un'impronta politica, e Maimonide corse un notevole rischio nello scriverla. Pubblicare questa altisonante lettera poteva costargli caro prezzo, e sebbene Maimonide fosse preoccupato per questo, egli nondimeno era pronto a pagarlo al fine di poter rafforzare la comunità ebraica.<ref name="Heschel2"/>
 
==Note==
<references/>
 
{{Avanzamento|25100%|45 ottobre 2014}}
[[Categoria:Guida maimonidea|Yemen, Islam e Rivelazione]]