Guida maimonidea/Yemen, Islam e Rivelazione: differenze tra le versioni

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Questa percezione storica — la posizione degli ebrei, come nella Bibbia, contro le grandi religione idolatre dell'Egitto, dell'Assiria e di babilonia o, come nella [[w:letteratura rabbinica|letteratura rabbinica]], contro il paganesimo greco e romano — iniziò a disfarsi nelle nuove circostanze in cui gli ebrei si trovavano a confrontare con l'Islam. Gli ebrei dello Yemen non potevano trattare l'Islam come un mondo di menzogne, basato su una lotta contro Dio stesso. Inoltre, gli ebrei delle terre islamiche come anche i loro capi spirituali avevano assorbito i successi poetici, scientifici e teologici della rimarchevole cultura mussulmana. Ne risultò un colpo mortale a quella che era stata una fonte di consolazione per tutte le loro sofferenze e distruzioni, cioè la visione della religione dominante quale religione di falsità ed la percezione da parte della minoranza perseguitata di essere un popolo scelto per una missione unica. La grande battaglia storica contro il paganesimo — battaglia che doveva essere combattuta fino al giorno in cui Dio sarebbe stato Uno ed il Suo nome Uno e in cui Israele si confrontava coraggiosamente con le nazioni del mondo — sembrò all'improvviso essere diventato futile e irrilevante. Inoltre l'Islam era particolarmente implacabile nel proprio rifiuto dell'idolatria, e sembrava aver rimpiazzato Israele come portatore storico di quello stendardo.<ref name="Mordechai"/>
 
Tra la comunità ebraica yemenita, il senso di affinità con l'Islam era specialmente profondo. Un pinnacolo dell'integrazione ebraico-mussulmana può essere riscontrato in ''Gan ha-Sekhalim'', un libro di Netanel ben Fayyumi, capo della comunità yemenita e padre di Jacob, il postulante di Maimonide.<ref name="Fayyumi">Netanel ben Fayyumi, ''Gan ha-Sekhalim'', cur. Yosef Kafiḥ, ha-Aguda le-Hatzalat Ginzei Teiman, 1954.</ref> Nel ''Gan ha-Sekhalim'' Netanel tratta il ''Qur`an'' quale rivelazione divina a Maometto, e cerca di provare in base al testo coranico che il suo scopo non era quello di rimpiazzare la Torah: "Quindi si lasci osservare ad ogni popolo ciò che ha ricevuto, seguendo i propri profeti, sacerdoti e capi; e nessuno viene lasciato senza Torah, poiché tutto proviene dal Dio Unico al Quale tutti ritorneranno, e tutti preghino e Lo adorino." (''Gan ha-Sekhalim'', p. 114). Oltre ogniSenza dubbio, Netanel ben Fayyumi prese una posizione straordinaria nell'ambito della storia della tolleranza religiosa e dell'atteggiamento ebraico verso religioni concorrenti. Tuttavia è proprio questo tipo di posizione che rende più difficile alla comunità di mantenere la propria identità distinta in tempi di tensione.<ref name="Fayyumi"/>
 
Questo problema lasciava la minoranza ebraica nelle terre mussulmane in una posizione alquanto differente da quella della diaspora ebraica nella cristianità. Tale diaspora era in grado di mantenere la tradizione basilare ereditata dai testi biblici e rabbinici, poiché gli ebrei aschenaziti consideravano il Cristianesimo come fede idolatra e l'impero cristiano come erede di Roma. Inoltre, gli ebrei sefarditi<ref>Erano detti ''sefarditi'' (dall'ebraico: ספרד - ''Sefarad'', "Spagna") gli ebrei abitanti la penisola iberica. Nel [[w:Tanakh|Tanakh]], l'insieme dei libri che compongono la bibbia ebraica, nel [[w:libro di Ovadia|libro di Ovadia]], ([[w:Haftarah|Haftarah]] di [[w:Vayishlach|Vayishlach]]) e solo qui in tutto il Tanakh, troviamo il termine ''Sepharad'' per indicare una non meglio identificata città vicino-orientale. Tale luogo è tuttora dibattuto, ma "Sefaràd" fu identificata da ebrei successivi come la penisola iberica e ancora significa "Spagna" o "spagnolo" in ebraico moderno e proviene appunto da Sefarad. Cfr. [[w:Abdia (profeta)|Abdia]] 1:20: ''Gli esuli di questo esercito degli Israeliti occuperanno Canaan fino a Sarèfta e gli esuli di Gerusalemme, che sono in Sefaràd, occuperanno le città del Negheb.'' Si riferisce quindi ai discendenti di coloni ebrei originari del Vicino Oriente, che vivevano nella penisola iberica fino al momento dell'Inquisizione spagnola; si può anche riferire a coloro che usano lo stile sefardita nella loro liturgia, o si definiscono sefarditi per le tradizioni e usanze che mantengono, provenienti dal periodo iberico: in base a ciò, il termine ''ebreo sefardita'' indica la persona che segue la [[w:Halakhah|Halakhah sefardita]].</ref> ed aschenaziti<ref>Gli ebrei ''aschenaziti'' (o ''ashkenaziti''), detti anche ''Ashkenazim'' (ebraico: sing. אַשְׁכֲּנָזִי, pl. אַשְׁכֲּנָזִים; pronuncia {{IPA|[aʃkənaˈzi]}}, pl. {{IPA|[aʃkənaˈzim]}}; anche יְהוּדֵי אַשְׁכֲּנָז ''Yehudei Ashkenaz'', "gli ebrei di Ashkenaz"), sono i discendenti delle comunità ebraiche medievali della valle del Reno. ''Ashkenaz'' era infatti il nome, in ebraico medievale, della regione franco-tedesca del Reno e Aschenazita significa appunto abitante delle rive del Reno. Cfr. A. Foa, ''Ebrei d'Europa dalla peste nera all'emancipazione'', Roma-Bari 2004. Nel IX secolo la migrazione di numerosi ebrei dall'Italia Meridionale dà origine a una parte consistente delle numerose comunità Renane; cfr. B. Ligorio, ''Sapere e denaro da Shabbatai Donnolo a Federico II'', Taranto 2010.</ref> differivano grandemente nel grado di internalizzazione della cultura locale. I saggi ebrei in [[w:Aschenaziti|Ashkenaz]] non scrissero mai in latino, lingua di alta cultura nella loro parte di mondo e, in contrasto con i loro correligionari del mondo mussulmano, potevano facilmente conservare un senso di superiorità spirituale e culturale verso il loro ambiente in condizioni di disagio politico.<ref> Anna Foa, ''Ebrei d'Europa dalla peste nera all'emancipazione'', Laterza, 2004, ''passim''. ISBN 978-8842072140</ref>
 
I dubbi associati ad un'immagine indebolita di tempo e di luogo, e ad un sentimento che la sofferenza ebraica e la relativa distinzione avessero perso il loro significato appaiono nella ''Lettera allo Yemen'', nel particolare contesto del dramma storico tradizionale: l'arrivo del Messia. Dalla risposta di Maimonide a Jacob ben Netanel, si può desumere che questi si chiedeva se l'Islam stesso non potesse realizzare la spedranza messianica ebraica. E se la realizzava, l'unica cosa che rimaneva da fare era aderire all'Islam. Tale opinione veniva sostenuta dalla propaganda prodotta da un ebreo che si era convertito all'Islam e che affermava che la Torah stessa presagiva l'arrivo di Maometto e l'ascesa dell'Islam quale realizzazione del destino storico biblico. Il trattamento da parte di Maimonide delle presunte prove del convertito, compresa una confutazione articolo per articolo, evidenzia che queste avevano prodotto un certo effetto tra i suoi lettori.<ref name="Heschel2">Abraham Joshua Heschel, ''Maimonides'', Farrar, Strauss & Giroux, 1982, pp. 106-120.</ref>
 
Un altro fronte di battaglia si aprì a causa di presagi astrologici — considerati scienza genuina — secondo i quali le stelle mostravano che Israele non sarebbe stata redenta. Maimonide si adoperò a dimostrare che tali argomentazioni erano vacue, approfittando di attaccare l'astrologia in generale come ciarlataneria che non aveva nulla in comune con una visione intelligente del mondo.<ref name="Heschel2"/>
 
Un altro fattore che indeboliva la fede degli ebrei yemeniti nella redenzione era una previsione escatologica in un libro di [[w:Saadya Gaon|R. Saadya Gaon]],<ref>Quando apposta, l'abbreviazione "R." sta per "Rabbi/Rabbino".</ref> secondo il quale la non ancora sopraggiunta redenzione doveva essersi realizzata molto tempo prima. Non doveva quindi essere ciò prova che ogni speranza era perduta? Maimonide rispose che un calcolo escatologico non era altro che la stima di un dotto, fatta per calmare una data comunità in crisi.
 
==Note==