Guida maimonidea/Egitto: Alessandria e Fustat: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
mNessun oggetto della modifica
Nessun oggetto della modifica
Riga 65:
Nel suo ''Commentario alla Mishnah'', Maimonide attaccò con forza la pratica di imporre una tassa o raccogliere fondi per coloro che studiano la Torah o forniscono istruzione. Interpretando l'insegnamento mishnaico "non farne una corona di cui vantarti o un piccone col quale scavare", egli offre le seguenti osservazioni taglienti:
{{q|Avevo pensato di non dir nulla di questa clausola, perché è chiara ma anche perché so che ciò che ho da dirne in merito dispiacerà a molti, se non a tutti, i grandi studiosi della Torah. Tuttavia lo dirò comunque e non presterò loro attenzione. Sapete che si dice "non fare della Torah un piccone col quale scavare"; cioè, non considerarla un mezzo per guadagnarti da vivere. Questo significa che colui che ottiene tale beneficio mondano dall'onore della Torah ha tagliato la propria anima fuori dalla vita del mondo a venire... Poiché quando consideriamo la pratica dei saggi di benedetta memoria, troviamo che nessuno di loro raccolse fondi dalla gente o cercò contributi per le gloriose e distinte yeshivah o per l'[[w:Esilarca|Esilarca]] o per i giudici o insegnanti o un qualunque funzionario o altre persone.|''Avot'' 4:7}}
 
Le yeshivah geoniche conducevano campagne di raccolta fondi per il supporto degli studiosi halakhici, ma Maimonide rigettò tale pratica asserendo che trasformava la Torah in un mezzo di profitto mondano. Gli studiosi dovevano sostenersi da soli, diceva, e colui che dissacra la Torah rendendola uno strumento perde il proprio postol nel mondo a venire. Maimonide stesso non accettò mai nessun fondo pubblico o proveniente da carità come pagamento per lo studio della Torah e per fornire consigli halakhici. Riconosceva di stare attaccando una pratica in vigore nell'élite geonica, sia passata che presente; e quindi, coerente con la sua posizione generale e senza citarla nel ''responsum'', egli affermò la forza del voto fatto dalla comunità di al-Maḥalla e di fatto attaccò il ''ra`is al-yahud'' Abu Zikri Sar Shalom e la rispettiva capacità di imporre la sua autorità.<ref name="Sasson"/>
 
Un altro ''responsum'', inviato ad Alessandria nel 1169 o 1170, similmente attesta il modo in cui Maimonide usò la sua autorità halakhica nel persistente alterco con il ''ra`is al-yahud'' Sar Shalom. Una chiara indicazione della condizione dello ''ra`is al-yahud'' era la pratica diffusa nell'ambito delle comunità ebraiche di iniziare i documenti legali con l'invocazione dell'autorità del ''ra`is al-yahud'', usando la formula "in base all'autorità di Rabbi [nome]". Gli ebrei di Alessandria avevano chiesto a Maimonide la possibilità di bandire l'uso di tale formula nei loro documenti, proibendo inoltre anche la citazione del nome dell'Esilarca o del capo della yeshivah. La comunità di Alessandria aveva votato a favore di tale promulgazione, in aperta ribellione contro l'autorità del ''ra`is al-yahud'' e attendevano il supporto di Maimonide, poiché i fedeli di Sar Shalom avevano cercato di annullare il voto affermando: "molti saggi, incluso il principe, l'Esilarca, che la memoria del giusto sia benedizione, insegnarono che questo voto era invalido dall'inizio e non ha forza." Non sorprende certo che gli halakhisti del circolo dello ''ra`is al-yahud'' fossero dell'opinione che il voto era nullo e invalido.<ref name="Sasson"/>
 
I postulanti si rivolsero dunque a Maimonide nella speranza che contribuisse con la sua grande sapienza halakhica a controbattere i saggi e l'Esilarca, aiutandoli ad adempiere il voto di promulgazione contro la succitata formula documentaria. Maimonide non li deluse, sentenziando che il voto era corretto e vincolante per coloro che erano presenti al momento della relativa promulgazione e che lo avevano accettato. Inoltre, ebbe a dire, se il voto è stato assecondato da una maggioranza della comunità, anche la minoranza che non l'aveva assecondato era ciò nondimeno vincolata dalle sue stipulazioni. Quell'obbligo non era legato alla forza del voto stesso, poiché non l'avevano assecondato, ma alla suddivisione in fazioni della comunità che ne sarebbe derivata nel non accettarlo — fatto che la ''halakhah'' opponeva. Di particolare interesse è lo spettro della divisone comunitaria che Maimonide solleva come ragione per imporre i termini del voto anche sulla minoranza. Persumibilmente, era la stessa preoccupazione di frammentazione della comunità che aveva spinto gli halakhisti del ''ra`is al-yahud'' ad annullare il voto, sulla base del fatto che colpiva un'autorità legittima e dava adito a disaccordo. La forza halakhica che Maimonide assegnò a questi voti implicava un nesso tra posizione halakhica e lotta politica, e l'averlo fatto senza dubbio indebolì molto il potere del ''ra`is al-yahud'' e dei suoi accoliti. La ''Halakhah'', anche tra le mani dei suoi più gloriosi rappresentanti, non può essere separata completamente dalle lotte di potere.<ref name="Sasson"/>
 
Poiché il ruolo di ''ra`is al-yahud'' dipendeva dalla rispettiva nomina confermata dall'autorità del sovrano mussulmano, la ribellione di Maimonide contro il rappresentante di una famiglia potente ed affermata fu probabilmente resa possibile in parte dalla caduta della dinastia [[w:Fatimidi|fatimide]] causata dagli [[w:Ayyubidi|Ayyubidi]] nel 1171, verso il periodo in cui Maimonide ascese alla carica di ''ra`is al-yahud''. La precedente leadership ebraica si era basata su stretti legami coi Fatimidi, e la caduta di questi minò la posizione dei primi. È anche possibile che il notevole influsso di immigranti dal Maghreb contribuì all'abilità di immigrati come Maimonide di ottenere una posizione di grande prestigio, come contribuì anche il suo matrimonio con l'appartenente ad una famiglia aristocratica locale.<ref name="Halbertal3"/>
 
==Note==