Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo/Al centro della rivoluzione: Russia: differenze tra le versioni

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[[File:Ilf Petrov.jpg|thumb|Ilf sulla sinistra, in compagnia di Evgenij Petrov]]
C'è quindi da esser grati che, nonostante tutto, siano sopravvissuti e siano stati pubblicati così tanti scritti e di così grande qualità. Il contributo ebraico è evidente, per quanto sempre frenato, a volte represso, inaspettatamente accetto per brevi periodi, e ambivalentemente problematico. Una delle grandi opere di umorismo sovietico, ''Le dodici sedie'' (1928),<ref>Traduzione italiana: Il'ja Arnol'dovič Il'f, Evgenij Petrovič Petrov, ''Le dodici sedie'', Rizzoli Editore (BUR) 1993.</ref> fu scritto da un ebreo, '''Ilya Ilf''' (1897-1937) in collaborazione con Evgenij Petrov (1903–1942). Anche Ilf originò da quel centro di risorse della cultura ebraica che era Odessa, ed introduce un'abbondanza di folklore ebraico nel suo racconto del giovane astuto e giramondo Ostap Bender. Bender afferma: "Nessuno ci ama, ad eccezione del Dipartimento Investigativo Criminale, che pure non ci ama." E scrive un necrologio immaginario per se stesso: "Ha amato e sofferto. Amava il denaro e soffriva per la sua mancanza." Lo humour è grottesco, mentre la trama si sviluppa in modi imprevisti verso direzioni essenzialmente improbabili. Nel 1927 in Russia l'umile impiegato Ippolit Vorob'janinov, proveniente dalla cittadina di provincia di Stargorod, viene a scoprire che l'anziana suocera ha lasciato in punto di morte un'enorme eredità. Si tratta di un'enorme quantità di diamanti seppelliti nell'imbottitura ricoperta di raso di un antico servizio di dodici sedie da salotto. Ippolit vorrebbe sapere qual è la sedia giusta, ma la donna morendo ha portato il segreto con sé nella tomba. Come se non bastasse alcune sedie vengono pignorate dalla polizia e essendo antiche e di grande valore vengono esposte in un famoso museo di Mosca. Sulle tracce delle dodici sedie si mette anche il prete ortodosso Padre Fёdor, un uomo eccentrico, gaudente ed estremamente attaccato al denaro, che aveva saputo dei diamanti attraverso la confessione della proprietaria. Dopo un primo scontro tra Padre Fёdor ed Ippolit, da cui escono entrambi malconci e con una sedia rotta, ma senza i diamanti, Vorob'janinov si mette in affari con il giovane astuto e giramondo Ostap Bender, per ricercare le sedie al museo. Ve ne sono almeno sette e i due compari le distruggono tutte, sperando di trovare la refurtiva nelle imbottiture dei cuscini, ma niente. E intanto Padre Fёdor si trova sempre sulle loro tracce, per poi mettersi da solo alla ricerca delle sedie restanti, giungendo in case di nobili e venendo preso a calci da contadini. Nella ricerca delle altre sedie, i pasticcioni Ippolit e Ostap arrivano persino a corrompere giudici, archivisti e a finire in una compagnia teatrale inglese in tournée, finendo sempre nei pasticci e non trovando mai quel che cercano. Alla fine, mentre Padre Fёdor si ritira dalla ricerca dopo aver cercato addirittura di ammazzarsi per il fallimento, i due protagonisti si avviano alla ricerca dei diamanti sempre più a fondo nella sconfinata Russia, sopportando fatica e freddo dell'inverno. Alla fine, superate persino le pendici del Caucaso, Ostap e Ippolit giungono in un'umile pensione di Mosca per ristorarsi. Lì Ippolit, sfinito e disgustato dai continui comandi e rimproveri di Ostap e desideroso di non spartire con lui il bottino, gli taglia la gola con un rasoio. Nel nuovo Club per gli addetti ferroviari della città Vorob'janinov scopre quindi l'ultima sedia del famoso servizio della suocera. La sonda, ma non trova nulla, finché il guardiano non rivela a Ippolit che mesi prima gli era capitato di distruggere senza volerlo una sedia uguale, trovando i diamanti e i gioielli. Usò questi ultimi per sostenere la costruzione del nuovo Club. Sfinito e in preda alla povertà, a Ippolit non resta che guadagnarsi da vivere mendicando e fingendo, in maniera buffa, di avere attacchi epilettici.<ref>[https://it.wikipedia.org/wiki/Le_dodici_sedie Cfr. Wikipedia ''s.v.'' ''"Le dodici sedie"''.]</ref> Nell'immediata euforia poststalinista del "disgelo" (termine coniato da Ehreburg), quest'opera venne ristampata in un'edizione di 200000 copie.<ref>Si veda [http://lib.ru/ILFPETROV/ilf_petrov_12_chairs_engl.txt testo e commento alla trad. inglese], su ''Lib.RU''</ref> La storia è stata più volte trasposta in film, dai registi Monty Banks (1936), Nicolas Gessner (1969), Mel Brooks (1970), MontyLeonid BanksGaidai (1971), Carlo Mazzacurati (2014) ed altri ancora.<ref>Nella Germania nazista, il film ''Dreizehn Stühle (13 sedie)'' del 1938 si basava su questo romanzo, tuttavia i rispettivi autori rimanevano anonimi, probabilmente perché Ilf era di origine ebrea.</ref>
 
[[File:Authors Andrei Sinyavsky and Yuli Daniel during their trial in 1956-66.jpg|thumb|left|Gli scrittori AndreiAndrej SinyavskySinjavskij (a destra con barba) e Yuli Daniel durante il loro processo del 1966 in Unione Sovietica]]
Quasi tutti gli altri lavori, incluso il materiale antistalinista (nonostante l'apparente ''destalinizzazione'' ufficiale), veniva pubblicato all'estero. ''Inizial il processo'' (1960) di Abram Terz, pseudonimo di Andrej Sinjavskij (1925-1997), attacca l'antisemitismo degli ultimi anni di Stalin. Gli eventi di questo resoconto divertente e grottesco, nella tradizione anche di Gogol e Ilf e Petrov, ha luogo poco prima della morte del Leader e si svolge nell'ambito di un insensato ma terrificante "Complotto dei Dottori". Nel testo degli ebrei si dice che "ogni scolaro sapeva oggi che questa gente con i loro istinti di piccoli borghesi erano nemici nati del socialismo, cosmopoliti senza patria." Questa non è solo una parodia ma una vera rappresentazione della terminologia stalinista. Il romanzo possiede elementi de ''Il mondo nuovo'' di Huxley. Le Autorità vedono nemici ovunque. Alla fine, la morte del "Maestro" causa una modifica nei processi, ma si dimenticano di liberare Rabinovich, un dottore che era stato imprigionato dalla paranoia stalinista. Ciò sta a significare che la situazione non si era alterata di molto dopo la caduta di Stalin.
 
Sinjavskij non era ebreo, ma era strettamente associato al traduttore ebreo '''Yuli Daniel''' (1925—1988). Entrambi vennero processati nel 1966 per aver pubblicato opere "calunniose e sovversive" all'estero,<ref>L. Labedz & M. Hayward, ''On Trial: The Case of Sinyavsky (Terz) and Daniel (Arghak)'', Londra: Harvill Press, 1967.</ref> e nel 1973 ebbero il permesso di emigrare.<ref>Sotto lo pseu­donimo di Nikolaj Arghak (Николай Аржак), a partire dal 1958 (''Le mani''), Yuli Daniel aveva iniziato un'attività narrativa in cui elementi fan­tastici e utopistici si mescolavano a un'aperta denuncia della quotidiana violenza operata dai burocrati del re­gime sull'uomo comune (''Qui parla Mosca'', 1960; ''L'uomo del Minap'', 1961; ''L'espiazione'', 1966). A diffe­renza di Sinjavskij, emigrato in occidente dopo l'espia­zione della condanna, Daniel rimase in Unione Sovietica senza più riprendere l'attività letteraria.</ref> Si verifica una continuazione della tradizione della letteratura ''emigré'' sovietica, una letteratura secondo i grandi parametri della tradizione russa. Le tematiche presovietiche sono ancora vive — l'umanesimo russo ed i raggi ancora manifesti dell'Illuminismo del XIX secolo. Come si rifrangono anche sulla questione ebraica che culminerà in un'emigrazione quasi ''en masse'' alla fine del sovietismo.
 
<!--- da usare nel testo a seguito
[[File:Authors Andrei Sinyavsky and Yuli Daniel during their trial in 1956-66.jpg|thumb|Gli scrittori Andrei Sinyavsky e Yuli Daniel durante il loro processo del 1966 in Unione Sovietica]]
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==Note==
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{{Avanzamento|75100%|24 settembre 2014}}
[[Categoria:Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo|Al centro della rivoluzione: Russia]]