Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo/Al centro della rivoluzione: Russia: differenze tra le versioni

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[[File:Isaac Babel 1908.jpg|thumb|150px|Isaac Babel nel 1908]]
La carriera di '''Isaac Babel''' (1894-1941),<ref name="Babel1"/> come quella di tanti altri scrittori sovietici, fu ambivalente. Originario di Odessa, centro di tante sue storie, si stabilì a San Pietroburgo nel 1915. In seguito combattè dalla parte dei Rossi nella guerra civile in Polonia orientale, insieme alla cavalleria cosacca — esperienza che forma le fondamenta della sua raccolta di racconti ''L'armata a cavallo'' (titolo originale: ''La cavalleria rossa''), pubblicata nel 1926.<ref name="Armata"/> Pubblicò inoltre ''I Racconti di Odessa''<ref name="Odessa1">''I Racconti di Odessa'' (in russo: Одесские рассказы), conosciuti in italiano anche col titolo di ''Storie di Odessa'' o ''Odessa'', sono un ciclo di sei racconti, scritti da Isaak Ėmmanuilovič Babel' tra il 1923 e il 1932, nei quali prendono vita le gesta dei banditi che hanno popolato, nel primo ventennio del Novecento, i sobborghi di Odessa, e in particolare il quartiere ebraico della Moldavanka.<sup>''[https://it.wikipedia.org/wiki/Racconti_di_Odessa Cfr. Wikipedia]''</sup></ref> nel 1932, dopo la dissoluzione del RAPP, l'Associazione che richiedeva una coscienza proletaria nella letteratura. Scrisse anche due drammi e alcuni altri racconti. Riconobbe come la sua produzione fosse alquanto limitata e, al Congresso del 1934, parlò della pratica del silenzio.<ref name="Silenzio"/> Arrestato nel 1939, Babel scomparve dalla circolazione. Pubblicamente, appariva simpatizzante del regime, o perlomeno acquiescente, e affermava la sua lealtà. Tuttavia, come tutti gli altri, si preoccupava della propria sopravvivenza. L'ironia della sua percezione viene sentita più per implicazione che per enunciazione diretta.<ref name="Charyn">Jerome Charyn, ''Savage Shorthand: The Life and Death of Isaac Babel'', Random House, 2005, Introd.</ref>
 
Anche la sua rappresentazione dell'ebreo è biforcata. C'è l'ebreo di Odessa e l'ebreo di Polonia. Il primo viene caratterizzato dal gangster Benya Kirk, il duro della Moldavanka, e l'altro è un tipo servile, debole, barbuto e occhialuto. Ma chi è il narratore stesso? Anche Babel è occhialuto, erudito e, secondo lui, distorto. In "Risveglio", scrive autobiograficamente e confessa: "Come fu lenta la mia acquisizione delle cose che bisogna sapere! Nella mia gioventù, incatenato alla ''Gemara'',<ref>''Gemara'' (o ''Ghemara'', lingua ebraica: גמרא "studiare"; pronuncia ashkenazita: ''Ghmora''), è la parte del Talmud contenente i commentari rabbinici e le discussioni sorte sull'interpretazione della ''Mishnah''.</ref> avevo condotto una vita da saggio. Quando fui cresciuto, iniziai ad arrampicarmi sugli alberi."<ref name="Babel1"/> Il normale, salutare progresso da bambino ad adulto viene per lui invertito, come per l'archetipico ebreo che incontra nuovamemte in Polonia. In questo racconto si è descritto esplicitamente — ma il narratore emerge implicitamente attraverso le descrizioni sincopate del campo di battaglia. La sua ambizione maggiore è di essere accettato dai compagni, e quindi rigetta la sua natura ereditata e le evidenti caratteristiche. Non vuole far parte della raffigurazione tipica dell'ebreo occhialuto ed intellettuale che si porta sulla spalle ataviche: aspira invece alla fisicità del soldato cosacco. Si allontana quindi dagli ebrei che incontra, e ne parla coem se fossero strani, assolutamente non collegati a lui, una razza esotica a lui estranea.Quando deve condividere il dormitorio con ebrei, scrive: "Nella stanza che mi venne assegnata, scoprii armadi scompigliati, pezzi di pelliccia da donna buttati sul pavimento, frammenti di posate misteriose usate dagli ebrei solo una volta all'anno, a Pasqua." Poi esalta le virtù della spietatezza ed esclama: "ovunque c'era slealtà e masse di sporchi giudei come durante il vecchio regime" (cfr. "Passando in Polonia"). Queste non sono le osservazioni di un ebreo, nemmeno di un ebreo secolarizzato — sono piuttosto le affermazioni di un estraneo, implacabilmente superiore. È forse questa la maschera dell'autore come narratore? Dopo tutto, è pur vero che aspira alla posizione di cosacco, quindi perché non adottare la prospettiva ed il linguaggio del guerriero cosacco?<ref name="Charyn"/>
 
Ma Babel può adottare anche un'altra maschera, persino nella stessa serie di racconti, con l'azione che ha luogo nello stesso ambiente. Può essere ebreo insieme a Gedali: nel racconto "Gedali", egli evoca un ricordo di malinconica infanzia ebraica in termini di nenia sentimentale — nelle vigilie dello Shabbat: "In quelle sere il mio cuore di bambino ondeggiava come una navicella su acque incantate. O i marci Talmud della mia infanzia! O la densa malinconia dei ricordi!" Questo è certo un narratore differente! E la rifrazione della sua compassione è alquanto differente: perché ora si sente la reazione dell'ebreo ortodosso alla rivoluzione. Gedali infatti è pronto ad accettare tale rivoluzione, ma vuole conservare anche la propria tradizione: "La Rivoluzione — le diremo "'"', ma che forse dovremmo dire "'no"' allo Shabbat?" Non è che Gedali non voglia accettare la rivoluzione, ma che la rivoluzione non vuole accettare Gedali. Spara solo. In verità, sia la rivoluzione che la controrivoluzione sparano. Come si fa a dirne la differenza? Quel vecchio mondo, come anche Mandelstam indicava nella sua prosa e poesia, è morto. "Gedali - gli ho detto - oggi è venerdì ed è già sera [arriva lo Shabbat]. Dove sono i biscotti ebraici da consumare, e la tazza ebraica di the, e un po' di quel Dio in pensione nella tazza di the?" Tutto ciò semplicemente non è più in mostra: i biscotti ebraici, il the ebraico e il Dio ebraico non sono più lì. Il narratore non commenta questo, come non impone le sue conclusioni quando adotta un tono differente in altri racconti.<ref name="Charyn"/>
 
[[File:Babel NKWD.png|thumb|left|Foto di Babel eseguita dal NKVD dopo il suo arresto, nel 1939]]
Babel rende esplicito il contrasto tra i vecchi tipi di ebreo. Nel suo incontro con gli ebrei di Polonia, egli ricorda la propria esperienza in Ucraina: "L'immagine degli ebrei meridionali corpulenti e gioviali, spumeggianti come vino a buon mercato, mi si formò in mente, contrastando con l'amaro disprezzo inerente a queste lunghe schiene ossute, queste tragiche barbe gialle. In questi lineamenti passionali, cesellati dall'angoscia, non c'era grasso, né caldo pulsare del sangue." Di nuovo, non è chiaro da questa asserzione, quale sia la condizione del narratore nel testo, se si identifichi col gruppo che sta osservando — perché egli poi accetta lo stereotipo dell'ebreo come imprenditore e sfruttatore che i Rossi devono sopprimere: "Gli ebrei hanno legato il contadino russo al recinto polacco con fili di lucro, il colono ceco alla fabbrica di Lodz. Erano contrabbandieri, i più abili alla frontiera e quasi sempre devoti difensori della loro fede. Il Chassidismo ha tenuto in soffocante cattività questa popolazione di ambulanti, mediatori e tavernieri" (cfr. "Berestechko")<ref name="Babel1"/> Non si parla qui delle proibizioni contro gli ebrei, delle restizioni di movimento, di opportunità, di residenza e di commercio. L'osservazione è totalmente negativa, come se fatta da un nemico. Nuovamente, è il guerriero rosso che parla con la voce della tradizione cosacca cristiana.è Il narratore (ironicamente?) cerca un travestimento convincente: "Piegato sotto la corona funebre, continuavo per la mia strada, implorando il fato di concedermi la più semplice delle abilità — quella di uccidere il mio prossimo" (conclusione de "Dopo la battaglia"). Infine, racconta la realizzazione della sua ambizione dopo lo sforzo per essere accettato: "Passarono dei mesi e i miei sogni si realizzarono. I cosacchi la smisero di osservare me ed il mio cavallo." (cfr. "Argamak"). Lo diedero per scontato e lo accettarono senza più discutere: aveva dimostrato di poter uccidere, combattere e cavalcare.<ref name="Babel1"/>
 
''I Racconti di Odessa'' sono così differenti in tono, che si potrebbe pensare siano stati scritti da un altro.<ref name="Odessa1"/> L'autore riflette sulla sua infanzia e la ricrea, non naturalisticamente, ma in intenso divertimento del grottesco e del ridicolo. I racconti furono scritti negli anni '20 sebbene pubblicati dopo, e contrastano in tutto e per tutto con ''L'armata a cavallo''. Benya Kirk è l'archetipico opposto del barbuto passivo, o di Gedali. È competente, entusiasta, padrone di sé, senza scrupoli e materialista. Il tono è faceto. Parla di "uccidere gente". Lyubka il Cosacco (nel racconto omonimo) è il soprannome dato alla signora Lyubka Shneiveis, un'affittacamere e madama di bordello. L'autore narra le imprese di Benya Kirk, noto come "il re", di come avesse sposato la figlia del "guercio Rook" ed avesse così notevolmente aumentato la sua ricchezza ed il suo potere. Anche gli altri racconti di Babel sono arguti, mescolando memoriale e aspirazione sociale. Uno degli aspetti affascinanti di Babel come scrittore è come riesca a combinare la forma autorivelatrice, la modalità autobiografica (prima e terza persona) con l'impersonalità gnomica e l'ambivalenza. Tuttavia le sue storie sono universalmente considerate tra le più importanti prodotte nella fase sovietica della letteratura russa.<ref name="Charyn"/>
 
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