Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo/Primavera breve: in Germania tra le due guerre: differenze tra le versioni

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Anche ''Il castello'' (anch'esso incompleto)<ref name="Castello">''Il castello (Das Schloß)'', scritto intorno al 1922 e pubblicato postumo nel 1926, è l'ultimo dei tre romanzi dello scrittore praghese. Rimasto incompiuto, ''Il castello'', spesso oscuro e a volte surreale, è centrato sui temi della burocrazia, della legge come ordine globale, e quindi dell'alienazione e della frustrazione continua dell'uomo che tenta di integrarsi in un sistema che mentre lo invita, contemporaneamente lo allontana emarginandolo. Si veda l'introduzione di Roberto Fertonani, per l'edizione it. ''Il castello'', trad. di Anita Rho, Oscar Mondadori, 1979.</ref> rappresenta un dominio morale: è fonte di autorità, ma non di autorità benevola, e neanche ragionevole. Tuttavia K pazientemente si divincola e cerca di farsi strada nella ragnatela della burocrazia, sempre inutilmente. Brod afferma che l'autore intendeva concludere la storia positivamente:
{{quote|Il presunto Agrimensore doveva almeno arrivare ad una parziale soluzione positiva. Non doveva abbandonare i suoi sforzi, ma ne doveva morire sfiancato. I villici dovevano riunirsi attorno al suo capezzale, e dal Castello stesso doveva giunger nuova che, sebbene la sua istanza legale di vivere nel villaggio non fosse valida, tuttavia, prendendo in considerazione certe circostanze ausiliarie, gli veniva concesso il permesso di abitare e lavorare lì.|Brod, ''Franz Kafka, cit.''<ref name="Brod"/>}}
Sarà pur stato così, ma Kafka interrompe il romanzo prima. Può darsi che, nonostante le sue ripetute affermazioni di concludere la storia in tal modo positivo e dopo ripetuti insuccessi nel dar seguito a questo intendimento, l'autore fosse incapace d'introdurre il lieto fine. Sebbene a K "venisse permesso di restare nel villaggio e lavorarci" (a significare un'indicazione di Grazia), alla fine la sua istanza era comunque "non valida". La Legge, cioè quella peculiare, ineffabile, inavvicinabile, incognita Legge del mondo che è, opera contro l'agrimensore K. Il tono viene stabilito all'inizio del primo paragrafo, dove si apprende che "la collina del Castello era celata" a K. Non sarà mai esposta significativamente alla vista, alla conoscenza o alla penetrazione. Quanto all'uomo della storia, quella figura spregevole e agitata, una Kappa senza nome completo — può solo essere rimpicciolita, ridotta finanche a "gigantesco insetto" come ne "La metamorfosi" (''Die Verwandlung'', 1915).<ref name="Samsa">''La metamorfosi (Die Verwandlung)'' di Kafka è stata pubblicata per la prima volta nel 1915 dal suo editore Kurt Wolff a Lipsia. La storia comincia col protagonista Gregor Samsa che, risvegliatosi una mattina, si ritrova trasformato "in un gigantesco insetto": la causa che ha portato ad una tal mutazione non viene mai rivelata. Tutto il seguito del racconto narra dei tentativi compiuti dal giovane Gregor per cercar di regolare - per quanto possibile - la propria vita a questa sua nuova particolarissima condizione, soprattutto nei riguardi della famiglia, i genitori e la sorella. Cfr. ''int. al.'' la trad. it. di Enrico Ganni per Einaudi, 2008.</ref> Qui la condizione è la proiezione concreta della stima che l'eroe ha di se stesso, e viene assorbita del tutto naturalmente nel corpo del racconto. Gregor Samsa stesso non sembra affatto sopresosorpreso della sua mutata forma.<ref name="Samsa"/>
 
[[File:Franz Rosenzweig1917.jpg|thumb|Franz Rosenzweig e commilitoni (1917)]]
==Galleria==
Per Kafka, nella parabola il mondo è rappresentato dall'immagine del portone presso il quale l'uomo di campagna aspetta pazientemente nella speranza di entrare. Ma aspetta in vano, ed il portone gli viene chiuso in faccia proprio al momento della sua morte. Sembra che la preghiera dell'ebreo, nella funzione liturgica di chiusura del Giorno dell'Espiazione (''Yom Kippur''), in cui supplica l'apertura della porta, sia respinta. Per un altro teologo ebreo-tedesco dell'epoca, '''Franz Rosenzweig''' (1886-1929),<ref>Franz Rosenzweig (Kassel, 25 dicembre 1886 – Francoforte sul Meno, 10 dicembre 1929) è stato un filosofo tedesco, allievo di Heinrich Rickert e di Friedrich Meinecke. Come il suo amico e collaboratore, il filosofo Martin Buber, fu un esponente di quell'ebraismo più aperto al Cristianesimo. Nato da una famiglia ebraica non troppo osservante, la sua formazione è stata prettamente secolare, studiando storia e filosofia presso le Università di Gottinga, Monaco di Baviera e Friburgo. Dopo un primo avvicinamento alle posizioni esistenzialistiche in funzione anti-idealistica, in polemica soprattutto con il grande e unitario sistema filosofico di Hegel, del quale è considerato uno specialista, s'incamminò in una nuova elaborazione che denominò "filosofia esperiente" o "empirismo assoluto" che troverà formulazione scritta nella sua opera più importante ''La stella della redenzione'' del 1921. Visse perlopiù a Francoforte in un periodo in cui la cultura ebraica molto attiva era rappresentata dai nomi dello psicoanalista Erich Fromm, dal noto esperto del misticismo ebraico e della Kabala ebraica, Gershom Scholem, e dal filosofo Martin Buber che allora stava lavorando alla sua concezione del "principio dialogico". Con quest'ultimo Rosenzweig ha inoltre lavorato per la traduzione della Torah dall'ebraico al tedesco, ed è stato il fondatore della Casa dell'educazione ebraica, un posto dove gli ebrei possono riscoprire le loro radici e la propria cultura. Dal 1924 fino alla morte tenne la cattedra di filosofia e teologia ebraica dell'Università di Francoforte. Egli soffriva di una grave malattia muscolare, la sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e continuò a scrivere solo con l'aiuto della moglie. Tra gli autori nei quali si risente un'influenza del suo pensiero va annoverato l'esponente della Scuola di Francoforte e critico d'arte Walter Benjamin.<sup>''[https://it.wikipedia.org/wiki/Franz_Rosenzweig Cfr. Wikipedia]''</sup></ref> il suo unico scopo di scrittore sia quello di tenere la porta aperta. Il movimento della sua opera maggiore, ''La stella della redenzione'' (1921), avviene dalla realtà della morte "alla vita", che viene realizzato non con l'immortalità personale, bensì tramite la vitalità dell'essere ebreo.<ref>''La stella della redenzione'' (''Der Stern der Erlösung'', 1921), nelle intenzioni di Franz Rosenzweig, è un'opera intesa come ultima parola e solo in quanto tale definitiva e però relativa (al pensiero della morte). Anche se alcune spiegazioni si troveranno nel successivo ''Das neue Denken'', pubblicato nel 1925, il libro resta di fatto un poco misterioso e seppure viene venduto nelle comunità ebraiche con una certa frequenza, è di fatto poco letto, e soprattutto, in vita l'autore, piuttosto travisato o del tutto ignorato. In qualche modo quindi, è un libro ultimo, di comprensione e accettazione in ambito filosofico (non solo ebraico) quale postumo. Scritto durante la prima guerra mondiale dapprima su cartoline postali, il libro si basa sulla figura della stella a sei punte (stella di David) che conta a partire dall'alto verso destra gli elementi di Dio, Rivelazione, Uomo, Redenzione, Mondo, Creazione, nei due triangoli dunque di tre essenze (divino, umano, cosale) nelle loro tre relazioni, al quale si applica una lettura intrecciata e non scomponibile di tre ambiti di pensiero: la teologia cristiana, la riflessione religiosa ebraica e la filosofia. Nonostante l'opera fosse conosciuta e citata direttamente dalle diverse edizioni tedesche, una traduzione completa italiana è apparsa solo nel 1985, a cura di Gianfranco Bonola, presso Marietti editore di Genova e poi altrove.<sup>''[https://it.wikipedia.org/wiki/La_stella_della_redenzione Cfr. Wikipedia]''</sup></ref>
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Franz Rosenzweig1917.jpg|Franz Rosenzweig e commilitoni (1917)
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Ehrenberg-Hochzeit1913F.jpg|Rosenzweig al matrimonio di Hans ed Else Ehrenberg, 1913<ref>Prima fila, seduti (da sin. a destra): Franz Rosenzweig (in piedi), Victor Ehrenberg e Paul Ehrenberg (dietro a Victor), Else Ehrenberg (sposa), Hans Ehrenberg (sposo), Emi Ehrenberg (madre dello sposo, seduta). Seconda file, da sin. a destra: Rudolf Ehrenberg (in piedi), sorella della sposa (dietro), madre della sposa (davanti), Victor Goldsmith (dietro), sorella della sposa (davanti), Mona Philips (moglie di Carlo). Terza fila (da sin. a destra):
Otto Ehrenberg (padre della sposo), Richard Ehrenberg, Carlo Philips, il padre della sposa.</ref>
Martin Buber portrait.jpg|Martin Buber, ritratto in Israele (ca. 1950)
Martin Buber.jpg|Martin Buber in classe, all'Università Ebraica di Gerusalemme (ca. 1952)
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==Note==
<references/>
 
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