Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo/Primavera breve: in Germania tra le due guerre: differenze tra le versioni

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Ci si deve tuttavia chiedere quale sia il senso kafkiano del giudizio. Chi è che giudica, come, secondo cosa e perché? L'opera forse più duratura tra tutte, ''Il processo'', naturalmente si impernia su questo.<ref name="Prozess"/> Si impernia, ma senza dare una risposta. K viene arrestato all'inizio della storia ed è giustiziato alla sua fine. Non si conosce quale sia l'accusa e, in verità, K stesso finisce di chiederlo poco dopo il suo primo arresto. Il romanzo venne considerato anche dall'autore come incompiuto. Altri affermarono che fosse condannato all'incompiutezza, poiché il processo non sarebbe mai arrivato ai livelli più elevati della corte giudiziaria. La storia si svolge nel corso di un anno, cioè dall'arresto all'esecuzione. Tuttavia K non progredisce affatto nei risultati, nella comprensione o verso una possibile salvezza. Egli è, come viene percepito dall'esterno anche dal più superficiale degli osservatori nella storia, condannato ''a priori''. Ha tutte le apparenze dell'uomo condannato, e le sue proteste sono semplicemente ridicole. Come Franz dice di lui nella storia: "Vedi Willem, egli ammette di non conoscere la Legge, eppure sostiene di essere innocente." In verità K non può conoscere la Legge (come indica la parabola dell'illusione), né gli avvocati, né i funzionari: "I funzionari più importanti si tengono ben nascosti." La giustizia è fuori vista, insondabile. E la Legge stessa? È suscettibile di interpretazione, ed esistono molti commentari, molta casistica. Ma non importa quanto egli possa imparare, non sarà mai sufficiente.<ref name="Prozess"/> Il pittore, personaggio deprecabile che K pensa gli possa essere d'aiuto, gli spiega la distinzione tra ciò che viene imposto e l'esperienza stessa. Nella cattedrale dove va K per un presunto incontro, gli viene raccontata una parabola dal Prete che deve illustrargli il tipo di illusione che K sta provando.<ref name="Gesetz">Tale ''parabola'' fu scritta dall'autore precedentemente ed intitolata "Davanti alla legge" (''Vor dem Gesetz'') ed è contenuta nel romanzo ''Il Processo (Der Prozess)''. In qualità di racconto breve fu pubblicata mentre Kafka era ancora in vita, la prima volta nell'edizione di Capodanno del 1915 del settimanale ebraico indipendente ''Selbstwehr'', poi, nel 1919, fu inserita nella raccolta ''Ein Landarzt (Un medico di campagna)''. ''Il Processo'', tuttavia, non fu pubblicato fino al 1925, l'anno successivo alla morte di Kafka.</ref> Tale parabola è l'introduzione che precede la Legge stessa: si riferisce ad un visitatore proveniente dalla campagna e che persegue la legge, sperando di conquistarla entrando in un "portone". Il guardiano del portone dice all'uomo che non può passarvi in quel momento. L'uomo chiede se potrà mai farlo e il guardiano risponde che c'è la possibilità che vi riesca. L'uomo aspetta presso l'entrata per anni, tentando di corrompere il guardiano con i suoi averi; il guardiano accetta le offerte, ma dice all'uomo "Le accetto solo perché tu non creda di aver trascurato qualcosa." L'uomo non tenta né di ferire, né di uccidere il guardiano per raggiungere la Legge, ma attende presso il portone fino a che non sta per morire. Un attimo prima che ciò accada, chiede al guardiano perché, seppure tutti cerchino la legge, nessuno è venuto in tutti quegli anni. Il guardiano risponde che nessun altro poteva entrare per il portone, perché tale ingresso era destinato soltanto all'uomo, e ''ora'' (cioè, al momento della sua morte) sarebbe andato a chiuderlo. Perché la pazienza, perché la supplica? Che senso ha tutto questo? Chi decide? Perché non è stato informato prima? Tutto è suscettibile di interpretazione. Tuttavia uno si potrebbe chiedere quale sia lo scopo del portone. L'uomo di campagna aveva presupposto che quello fosse il potenziale punto d'accesso per realizzare la sua aspirazione ultima. Ma non serviva invece a tener fuori l'uomo, piuttosto che a farlo entrare? Kafka chiaramente sta giocando sulla parte centrale della liturgia del Giorno dell'Espiazione (''Yom Kippur''), quando si intona la preghiera all'Altissimo: "Apri a noi una porta al momento della chiusura della porta." La congregazione di Israele chiede di entrare nel regno divino attraverso il pentimento dell'uomo e la grazia di Dio. Nella parabola de ''Il processo'', ciascun uomo deve soffrire il rigetto alla porta creata soltanto per lui. L'uomo di campagna muore senza ricompensa e senza grazia. Alla fine del romanzo, K viene condannato a morte, sopporta la sua punizione di buon grado e viene giustiziato — senza onore, indegnamente. Deve morire "come un cane".<ref name="Prozess"/> Il "procedimento" del processo (la parola tedesca implica movimento continuo) raggiunge il suo apice al giudizio/verdetto (''Urteil''). K non ne conosce l'esito ''ab initio'', ma tutti gli altri — inclusi i suoi amici (Fraülein Burstein, per esempio) — sembrano prevederlo. L'uomo di campagna era arrivato speranzoso e si era messo pazientemente in attesa. Ma il guardiano del portone era a conoscenza dell'esito sin dall'inizio.<ref name="Gesetz"/>
 
[[File:kafka1906.jpg|thumb|left|150px|Kafka nel 1906]]
[[File:Kafka Das Schloss 1926.jpg|150px|thumb|''Das Schloß'' di Kafka, edizione originale in tedesco (1926)]]
Anche ''Il castello'' (anch'esso incompleto)<ref name="Castello">''Il castello (Das Schloß)'', scritto intorno al 1922 e pubblicato postumo nel 1926, è l'ultimo dei tre romanzi dello scrittore praghese. Rimasto incompiuto, ''Il castello'', spesso oscuro e a volte surreale, è centrato sui temi della burocrazia, della legge come ordine globale, e quindi dell'alienazione e della frustrazione continua dell'uomo che tenta di integrarsi in un sistema che mentre lo invita, contemporaneamente lo allontana emarginandolo. Si veda l'introduzione di Roberto Fertonani, per l'edizione it. ''Il castello'', trad. di Anita Rho, Oscar Mondadori, 1979.</ref> rappresenta un dominio morale: è fonte di autorità, ma non di autorità benevola, e neanche ragionevole. Tuttavia K pazientemente si divincola e cerca di farsi strada nella ragnatela della burocrazia, sempre inutilmente. Brod afferma che l'autore intendeva concludere la storia positivamente:
{{quote|Il presunto Agrimensore doveva almeno arrivare ad una parziale soluzione positiva. Non doveva abbandonare i suoi sforzi, ma ne doveva morire sfiancato. I villici dovevano riunirsi attorno al suo capezzale, e dal Castello stesso doveva giunger nuova che, sebbene la sua istanza legale di vivere nel villaggio non fosse valida, tuttavia, prendendo in considerazione certe circostanze ausiliarie, gli veniva concesso il permesso di abitare e lavorare lì.|Brod, ''Franz Kafka, cit.''<ref name="Brod"/>}}
Sarà pur stato così, ma Kafka interrompe il romanzo prima. Può darsi che, nonostante le sue ripetute affermazioni di concludere la storia in tal modo positivo ed in seguito a ripetuti insuccessi nel dar seguito a questo intendimento, l'autore fosse incapace ad introdurre il lieto fine. Sebbene a K "venisse permesso di restare nel villaggio e lavorarci" (a significare un indicazione di Grazia), alla fine la sua istanza era comunque "non valida". La Legge, cioè quella peculiare, ineffabile, inavvicinabile, incognita Legge del mondo che è, opra contro l'agrimensore K. Il tono viene stabilito all'inizio del primo paragrafo, dove si apprende che "la collina del Castello era celata" a K. Non sarà mai esposta significativamente alla vista, alla conoscenza o alla penetrazione. Quanto all'uomo della storia, quella figura spregevole e agitata, una Kappa senza nome completo — può solo essere rimpicciolita, ridotta finanche a "gigantesco insetto" come ne "La metamorfosi" (''Die Verwandlung'', 1915).<ref name="Samsa">''La metamorfosi (Die Verwandlung)'' di Kafka è stata pubblicata per la prima volta nel 1915 dal suo editore Kurt Wolff a Lipsia. La storia comincia col protagonista Gregor Samsa che, risvegliatosi una mattina, si ritrova trasformato "in un gigantesco insetto": la causa che ha portato ad una tal mutazione non viene mai rivelata. Tutto il seguito del racconto narra dei tentativi compiuti dal giovane Gregor per cercar di regolare - per quanto possibile - la propria vita a questa sua nuova particolarissima condizione, soprattutto nei riguardi della famiglia, i genitori e la sorella. Cfr. ''int. al.'' la trad. it. di Enrico Ganni per Einaudi, 2008.</ref> Qui la condizione è la proiezione concreta della stima che l'eroe ha di se stesso, e viene assorbita del tutto naturalmente nel corpo del racconto. Gregor Samsa stesso non sembra affatto sopreso della sua mutata forma.<ref name="Samsa"/>
 
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