Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo/Primavera breve: in Germania tra le due guerre: differenze tra le versioni

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[[File:Kafka Amerika 1927.jpg|left|thumb|150px|''Amerika'' di Kafka, edizione originale in tedesco (1927)]]
Nessuna interpretazione di Kafka può mai essere definitiva, perché lei fili delle trame ordite non vengono infine orditelegati insiemeassieme in una conclusione. Il romanzo (come al solito, incompleto) ''America'',<ref name="Amerika">''America (Amerika)'' è un romanzo giovanile di Franz Kafka scritto tra il 1911-14, rimasto incompiuto e pubblicato postumo in Germania nel 1927. Il titolo originario dell'opera era ''Il disperso (Der Verschollene)'', ma Max Brod, che ne curò la pubblicazione, lo cambiò in ''America''. Inizialmente ideato come racconto dal titolo "Il fochista", la storia descrive le quanto mai bizzarre peregrinazioni di un emigrante europeo di sedici anni nel "Nuovo Mondo". Cfr. ''int. al.'', la trad. it. di Umberto Gandini, Milano: Feltrinelli ("UE" n. 2130), 1996.</ref> come suggerisce il titolo, specialmente per uno che là non c'è mai stato, punta alla novità, eccitazione, potenzialità e scoperta. È la più ottimista tra le storie di Kafka, come preannunciato in apertura, dove si legge: "un'improvvisa esplosione di sole sembrò illuminare la Statua della Libertà". Ma l'insieme di immagini ritorna familiare al lettore di Kafka: si incontrano infatti casi, giudizi (del fuochista, per esempio), percorsi labirintici (per es. in giro per la nave alla fine del viaggio), autorità impersonali (come quella dello zio Jacob), emissione arbitraria di sentenze (la cacciata di Karl da parte dello zio) e la ricerca (iniziando a vagare, in giro per l'America). C'è un mistero. Al momento della sua cacciata, è ignoto a Karl il "perché ogni minuto che mi tiene lontano da mio zio sia così importante per me."<ref name="Amerika"/> Pertanto, nonostante il tono apparentemente leggero della scrittura, Karl porta i segni caratteristici delle figure centrali kafkiane. Se ne esamini la relativa biografia: è rifiutato da casa sua in Europa, bandito dallo zio dalla rispettiva casa nel nuovo mondo, licenziato dal lavoro presso l'hotel, sfruttao dai compagni di strada, specialmente dal prepotente francese Delamarche. Viene accettato soltanto dal ''Nature Theatre of Oklahoma'' nel capitolo finale incompleto. Secondo un poscritto Max Brod, in questo ultimo capitolo l'autore avrebbe voluto riservare al lettore la sorpresa di una conclusione ottimistica, col ritorno in patria e la riappacificazione con i genitori. Naturalmente però, come si può constatare, l'opera è incompleta e la riappacificazione incerta e potenziale piuttosto che compiuta. Forse il ''Nature Theatre'' sta veramente per quella totalità della Natura che dovrebbe assorbire ogni cosa e ogni persona, tutti i peccatori (coloro che falliscono) e Karl stesso, altra forma dell'onnipresente K nella narrativa di Kafka.<ref name="Saul"/>
 
[[File:Kafka statue Prague.jpg|thumb|Monumento a Franz Kafka dello scultore Jaroslav Róna (2003), vicino alla sinagoga spagnola di Praga]]
Ci si deve tuttavia chiedere quale sia il senso kafkiano del giudizio. Chi è che giudica, come, secondo cosa e perché? L'opera forse più duratura tra tutte, ''Il processo'', naturalmente si impernia su questo.<ref name="Prozess"/> Si impernia, ma senza dare una risposta. K viene arrestato all'inizio della storia ed è giustiziato alla sua fine. Non si conosce quale sia l'accusa e, in verità, K stesso finisce di chiederlo poco dopo il suo primo arresto. Il romanzo venne considerato anche dall'autore come incompiuto. Altri affermarono che fosse condannato all'incompiutezza, poiché il processo non sarebbe mai andatoarrivato inai livelli più elevati della Cortecorte supremagiudiziaria. La storia si svolge nel corso di un anno, cioè dall'arresto all'esecuzione. Tuttavia K non progredisce affatto nei risultati, nella comprensione o nellaverso una possibile salvezza. Egli è, come viene percepito dall'esterno anche dal più superficiale degli osservatori nella storia, condannato ''a priori''. Ha tutte le apparenze dell'uomo condannato, e le sue proteste sono semplicemente ridicole. Come Franz dice di lui nella storia: "Vedi Willem, egli ammette di non conoscere la Legge, eppure sostiene di essere innocente." In verità K non può conoscere la Legge (come indica la parabola dell'illusione), né gli avvocati, né i funzionari: "I funzionari più importanti si tengono ben nascosti." La giustizia è fuori vista, insondabile. E la Legge stessa? È suscettibile di interpretazione, ed esistono molti commentari, molta casistica. Ma non importa quanto egli possa imparare, non sarà mai sufficiente.<ref name="Prozess"/> Il pittore, personaggio deprecabile che K pensa gli possa essere d'aiuto, gli spiega la distinzione tra ciò che viene imposto e l'esperienza stessa. Nella cattedrale dove va K per un presunto incontro, gli viene raccontata una parabola dal Prete che deve illustrargli il tipo di illusione che K sta provando.<ref name="Gesetz">Tale ''parabola'' fu scritta dall'autore precedentemente ed intitolata "Davanti alla legge" (''Vor dem Gesetz'') ed è contenuta nel romanzo ''Il Processo (Der Prozess)''. In qualità di racconto breve fu pubblicata mentre Kafka era ancora in vita, la prima volta nell'edizione di Capodanno del 1915 del settimanale ebraico indipendente ''Selbstwehr'', poi, nel 1919, fu inserita nella raccolta ''Ein Landarzt (Un medico di campagna)''. ''Il Processo'', tuttavia, non fu pubblicato fino al 1925, l'anno successivo alla morte di Kafka.</ref> Tale parabola è l'introduzione che precede la Legge stessa: si riferisce ad un visitatore proveniente dalla campagna e che persegue la legge, sperando di conquistarla entrando in un "portone". Il guardiano del portone dice all'uomo che non può passarvi in quel momento. L'uomo chiede se potrà mai farlo e il guardiano risponde che c'è la possibilità che vi riesca. L'uomo aspetta presso l'entrata per anni, tentando di corrompere il guardiano con i suoi averi; il guardiano accetta le offerte, ma dice all'uomo "Le accetto solo perché tu non creda di aver trascurato qualcosa." L'uomo non tenta né di ferire, né di uccidere il guardiano per raggiungere la Legge, ma attende presso il portone fino a che non sta per morire. Un attimo prima che ciò accada, chiede al guardiano perché, seppure tutti cerchino la legge, nessuno è venuto in tutti quegli anni. Il guardiano risponde che nessun altro poteva entrare per il portone, perché tale ingresso era destinato soltanto all'uomo, e ''ora'' (cioè, al momento della sua morte) sarebbe andato a chiuderlo. Perché la pazienza, perché la supplica? Che senso ha tutto questo? Chi decide? Perché non è stato informato prima? Tutto è suscettibile di interpretazione. Tuttavia uno si potrebbe chiedere quale sia lo scopo del portone. L'uomo di campagna aveva presupposto che quello fosse il potenziale punto d'accesso per realizzare la sua aspirazione ultima. Ma non serviva invece a tener fuori l'uomo, piuttosto che a farlo entrare? Kafka chiaramente sta giocando sulla parte centrale della liturgia del Giorno dell'Espiazione (''Yom Kippur''), quando si intona la preghiera all'Altissimo: "Apri a noi una porta al momento della chiusura della porta." La congregazione di Israele chiede di entrare nel regno divino attraverso il pentimento dell'uomo e la grazia di Dio. Nella parabola de ''Il processo'', ciascun uomo deve soffrire il rigetto alla porta creata soltanto per lui. L'uomo di campagna muore senza ricompensa e senza grazia. Alla fine del romanzo, K viene condannato a morte, sopporta la sua punizione di buon grado e viene giustiziato — senza onore, indegnamente. Deve morire "come un cane".<ref name="Prozess"/> Il "procedimento" del processo (la parola tedesca implica movimento continuo) raggiunge il suo apice al giudizio/verdetto (''Urteil''). K non ne conosce l'esito ''ab initio'', ma tutti gli altri — inclusi i suoi amici (Fraülein Burstein, per esempio) — sembrano prevederlo. L'uomo di campagna era arrivato speranzoso e si era messo pazientemente in attesa. Ma il guardiano del portone era a conoscenza dell'esito sin dall'inizio.<ref name="Gesetz"/>
 
[[File:kafka1906.jpg|thumb|left|Kafka nel 1906 ]]
==Galleria==
[[File:Kafka Das Schloss 1926.jpg|150px|thumb|''Das Schloß'' di Kafka, edizione originale in tedesco (1926)]]
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Anche ''Il castello'' (anch'esso incompleto)<ref name="Castello">''Il castello (Das Schloß)'', scritto intorno al 1922 e pubblicato postumo nel 1926, è l'ultimo dei tre romanzi dello scrittore praghese. Rimasto incompiuto, ''Il castello'', spesso oscuro e a volte surreale, è centrato sui temi della burocrazia, della legge come ordine globale, e quindi dell'alienazione e della frustrazione continua dell'uomo che tenta di integrarsi in un sistema che mentre lo invita, contemporaneamente lo allontana emarginandolo. Si veda l'introduzione di Roberto Fertonani, per l'edizione it. ''Il castello'', trad. di Anita Rho, Oscar Mondadori, 1979.</ref> rappresenta un dominio morale: è fonte di autorità, ma non di autorità benevola, e neanche ragionevole. Tuttavia K pazientemente si divincola e cerca di farsi strada nella ragnatela della burocrazia, sempre inutilmente. Brod afferma che l'autore intendeva concludere la storia positivamente:
kafka1906.jpg|Kafka nel 1906
{{quote|Il presunto Agrimensore doveva almeno arrivare ad una parziale soluzione positiva. Non doveva abbandonare i suoi sforzi, ma ne doveva morire sfiancato. I villici dovevano riunirsi attorno al suo capezzale, e dal Castello stesso doveva giunger nuova che, sebbene la sua istanza legale di vivere nel villaggio non fosse valida, tuttavia, prendendo in considerazione certe circostanze ausiliarie, gli veniva concesso il permesso di abitare e lavorare lì.|Brod, ''Franz Kafka, cit.''<ref name="Brod"/>}}
Franz-Kafka,-etching(author-Jan-Hladík-1978).jpg|Franz Kafka, acquaforte di Jan Hladík, 1978
Sarà pur stato così, ma Kafka interrompe il romanzo prima. Può darsi che, nonostante le sue ripetute affermazioni di concludere la storia in tal modo positivo ed in seguito a ripetuti insuccessi nel dar seguito a questo intendimento, l'autore fosse incapace ad introdurre il lieto fine. Sebbene a K "venisse permesso di restare nel villaggio e lavorarci" (a significare un indicazione di Grazia), alla fine la sua istanza era comunque "non valida".
 
==Galleria==
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Franz Rosenzweig1917.jpg|Franz Rosenzweig e commilitoni (1917)
Ehrenberg-Hochzeit1913F.jpg|Rosenzweig al matrimonio di Hans ed Else Ehrenberg, 1913<ref>Prima fila, seduti (da sin. a destra): Franz Rosenzweig (in piedi), Victor Ehrenberg e Paul Ehrenberg (dietro a Victor), Else Ehrenberg (sposa), Hans Ehrenberg (sposo), Emi Ehrenberg (madre dello sposo, seduta). Seconda file, da sin. a destra: Rudolf Ehrenberg (in piedi), sorella della sposa (dietro), madre della sposa (davanti), Victor Goldsmith (dietro), sorella della sposa (davanti), Mona Philips (moglie di Carlo). Terza fila (da sin. a destra):