Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo/L'esperienza migratoria in America: differenze tra le versioni

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Il problema che Lewisohn presenta nella storia di Arthur è quello di un ideale intrappolato in autoillusione. Arthur, come altri ebrei, aveva cercato di vivere da protestante americano senza esserlo: "E così viviamo in un vuoto, in un vuoto spirituale. La relativa dannazione è che non sappiamo esattamente chi siamo." L'illusione è che uno possa essere umano in isolamento. Inoltre Arthur ora afferma che uno non possa essere semplicemente umano, ma deve essere un particolare tipo di umano. Chiede alla moglie se egli sia americano e, sebbene si corregga immediatamente, la prima risposta di Elizabeth è negativa. L'ebreo èche vuole essere americano deve aspirare anche di essere un ''gentile''. Gli ebrei hanno una "fissazione coi gentili". È il problema "dell'isolamento sociale degli ebrei che non volevano essere ebrei". La soluzione di Arthur è di ritornare ad accettare l'ebraicità cvhe gli è altrimenti imposta come fardello. In una conclusione alquanto artificiosa, gli viene consegnato un documento di famiglia che attesta il martirio di un suo antenato durante la crociata di Goffredo di Buglione. Persino allora la ricerca di sicurezza da parte dell'ebreo, il suo fallimento nel trovarla, la sua condizione perigliosa ed il suo martirio dimostrano ad Arthur che ciò che l'ebreo cerca veramente è "una casa in un mondo senza casa". E se l'ebreo non ha una casa fisica, almeno ha un'àncora in un'idea: "Poiché se la storia ha una direzione etica, il suo simbolo non è il membro del clan o il guerriero, ma colui che passivamente difende un'idea e così santifica un Nome ineffabile." Il mondo può quindi esser fatto di nuovo casa e diventare una "dimora naturale".<ref name="Island"/>
 
[[File:Terijokipakten.jpg|thumb|Vyacheslav Molotov firma un accordo tra USSR e la Repubblica Democratica Finlandese. Zhdanov è il primo a sinistra e Stalin il terzo (1939)]]
Esistevano altre nozioni proposte per risolvere la mancanza di una "patria" per l'uomo (ma più particolarmente per l'ebreo). L'intendimento che l'unità appartenesse ad una massa più vasta negherebbe questo individualismo sofferto, e la letteratura avrebbe potuto prender posto come ancella della nuova società. Tale era la natura del comunismo totalitario e dell'interpretazione assolutista della letteratura che affiorò in Unione Sovietica, adottata anche da una consorteria di illuministi all'estero. Questa prospettiva ottenne la sua espressione ultima al Congresso dello Scrittore Sovietico del 1934, quando il Realismo Socialista venne articolato come ideale. Lo scrittore ha un ruolo di supporto nella struttura societica. È, nelle parole di Stalin, "ingegnere dell'animo umano",<ref name="Scott">H.G. Scott (cur.), ''Problems of Soviet Literature'', Londra: Greenwood Press, nuova ed. 1980.</ref> Andrej Ždanov, Segretario del Comitato Centrale del Partito Comunista dell'Unione Sovietica, formulò il compito dello scrittore come "quello di conoscere la vita in modo da riuscire ad illustrarla in opere d'arte, e non di dipingerla in un modo smorto e scolastico, non semplicemente come "realtà obiettiva", ma come realtà nel suo sviluppo rivoluzionario."<ref name="Scott"/> Agli scrittori presenti al Comitato, dettò poi le sue istruzioni: "Create opere che raggiungano grandi altezze, di forte contenuto ideologico e artistico. Aiutate attivamente a rimodellare la mentalità del popolo nello spirito del socialismo."<ref name="Zhdanov">Maxim Gorky, Karl Radek, Nikolai Bukharin, Andrey Zhdanov, ''Soviet Writers' Congress, 1934: The Debate on Socialist Realism and Modernism'', Lawrence & Wishart, 1977.</ref>
 
Tali dottrine (formulate nel 1934 ma applicate molto prima) avevano aderenti anche negli USA. Incredibilmente, dati gli atteggiamenti negativi verso gli ebrei e l'ebraismo che si manifestarono completamente in seguito, ma che erano già latenti, molti comunisti americani e persino stalinisti erano di origine ebraica. '''Michael Gold''' (1896-1967) iniziò la sua carriera dichiarandosi scrittore proletario. Come scrive in ''120 Million'' (1929), si era sentito solo e ora veniva fortificato dalla massa (il numero del titolo si riferisce alla popolazione americana d'allora): "La massa è forza, la massa è chiarezza e coraggio."<ref name="Million">Michael Gold, ''120 Million'', Modern Books, 1929.</ref> Passa dall'isolamento tradizionale dello scrittore all'espressione del gruppo: "Da poeta dell'ego a poeta delle masse è il percorso usuale dello scrittore proletario." Ed ora si identifica con l'Unione Sovietica, che è la fonte della sua forza: "La poesia", asserisce Gold, "viene usata nella Russia sovietica come mezzo per saldare le masse nella solidarietà." Come i poeti là, Gold dice che la poesia dovrebbe essere utile e scrivere "inni dei lavoratori". Invoca la rivoluzione in America, invoca Lenin e "la nascita sanguinosa che [Lenin] porterà":
[[File:Gold-michael.jpg|thumb|150px|left|Michael "Mike" Gold]]
{{quote|Vedo un sole a martello di giorno,<br/>Una luna a falce di notte,<br/>Che brillano su una nuova America,<br/>Un'America di lavoratori e contadini.|''120 Million''<ref name="Million"/>}}
Come richiesto dall'Imperativo zhdanoviano, Gold disprezza l'obiettività e investe di pathos le sue osservazioni. Nella sua descrizione dei minatori, scrive:
{{quote|Si trascinano di mattina lungo le strade fangose e verso la miniera sotterranea, ritornando la sera con i loro secchielli di cibo vuoti, le facce nere quasi truci maschere, i corpi madidi di sudore e piegati dalla fatica.|''120 Million''}}
Non esiste un Dio della giustizia, poiché non c'è giustizia, solo dolore e futilità. In un mondo senza pietà, i datori di lavoro sono corrotti e la polizia violenta. Il leader proletario deve soffrire poiché "un nuovo mondo stava per nascere dalle sue agonie."<ref name="Million"/>
 
È qui che si presenta l'altra faccia dell'immigrazione speranzosa. Qui tutto è andato a scafascio e non c'è speranza di futuro:
{{quote|Era entrato nelle fabbriche quale immigrato speranzoso, con guance rosee e giovanili che si era portato dalla Russia, ed una meravigliosa fede nel miracolo della Terra Promessa che da lì emanava. Lo sfruttamento tuttavia l'aveva presto privato di quel giovanile fiorire; poi avevano mangiato lentamente, come bestie in una tana che rodono per giorni e giorni una carcassa, i suoi polmoni, le sue interiora, cuore, organi vitali, uno ad uno.|''120 Million''}}
Questa immagine è la precisa antitesi di Levinsky. Gold contrappone la fame in America alla fame in Unione Sovietica, e sostiene che quest'ultima arriverà alla fine, mentre la prima persisterà e sarà moltiplicata in tante altre fami. In America non c'è un piano di redenzione (miglioramento) ed il mondo capitalista è una prigione ricolma di violenza gratuita.<ref name="Scott"/><ref name="Million"/>
 
[[File:Construction old and new from Washington Street 37 in Manhattan in1936.jpg|thumb|Scorcio di Manhattan (New York) nel 1936]]
Nonostante tutte le semplificazioni assurde, i concetti erronei e i falsi pronostici, nella sua retorica c'è una certa forza. Un quadro più specifico viene fornito dal suo resoconto in prima persona, intitolato ''Jews Without Money'' (1930, ''Ebrei senza soldi'')<ref name="Jews">Michael Gold, ''Jews Without Money'', Carroll & Graf Publishers, 2004, ''passim''.</ref> Questo libro include ricordi di una gioventù passata nel quartiere di East Side, appena un isolato dal Bowery.<ref>La ''Bowery Street'', più comunemente detta “the Bowery”, è una celebre via della “circoscrizione” (''borough'') di Manhattan, a New York. Approssimativamente delimita i quartieri di Chinatown e Little Italy su un lato, mentre dall’altro il Lower East Side. ''The Bowery'' fu uno dei primi insediamenti della città; sorse ai margini del porto ed era il quartiere dei marinai e degli immigrati appena arrivati negli Stati Uniti; man mano che questi facevano fortuna, si trasferivano sempre più a nord, lasciando spazio a nuovi arrivi. Nella seconda metà dell'Ottocento, con "the Bowery" veniva indicata una vasta zona compresa tra Broadway e i docks dell'East Side; era considerata il regno delle gang, della povertà, della prostituzione, del gioco d'azzardo, delle fumerie di oppio, della corruzione della polizia e dei politici.<sup>[https://it.wikipedia.org/wiki/Bowery ''Da Wikipedia'']</sup></ref> Da bambino aveva già familiarità con tutti i mali possibili che potessero derivare dall'estrema povertà. Racconta la sofferenza e l'ipocrisia della ricchezza accoppiata con la moralità borghese. A New York incontra atisemiti ovunque. Per Gold l'America rappresenta l'esatto opposto del segno del pellegrino. La sua grande città è un vero inferno in terra:
{{quote|New York è il sogno del demonio, la città più urbanizzata del mondo. È tutta geometrica, angoli e pietre. È mitica, una città seppellita da un vulcano. Non si trova erba in questa città pietrificata, nessun albero vivente, nessun fiore, nessun uccello se non il miserabile piccolo passero incolore, niente terreno, argilla, suolo.|''Jews Without Money''<ref name="Jews"/>}}
È vero che l'America è diventata ricca, ma solo "perché ha divorato la tragedia di milioni di immigrati."<ref name="Jews"/>
 
==Galleria==
<gallery><!-- scrittori recensiti prossimamente nel testo --->
File:Gold-michael.jpg|Michael "Mike" Gold
File:Ben Hecht.jpg|Ben Hecht nel 1949
File:Hecht Earlyportrait.JPG|Ben Hecht nel 1919
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<references/>
 
{{Avanzamento|50%|1820 agosto 2014}}
[[Categoria:Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo|L'esperienza migratoria in America]]