Storia della letteratura italiana/Paolo Rolli: differenze tra le versioni

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Insieme a Pietro Mestasio, Paolo Rolli fu tra i principali autori di libretti per melodramma del XVIII secolo.
Tra i principali autori di libretti del XVIII secolo vi fu Paolo Rolli (Roma 1697 - Todi 1765). Fu allievo di Giovanni Vincenzo Gravina, come Pietro Metastasio e Carlo Innocenzo Frugoni; l'impronta del maestro è sensibile nell'imitazione diretta soprattutto di Orazio e Catullo, ma anche di Tibullo e Properzio, negli esperimenti di metrica barbara, nelle traduzioni di Virgilio ed Anacreonte, e nelle numerose edizioni di classici che appronterà durante il suo soggiorno inglese (Lucrezio, di cui il Rolli farà stampare per la prima volta la versione, inedita in italia, di Alessandro Marchetti, Senofonte Efesio, Giovanni Boccaccio, Ludovico Ariosto, Battista Guarini ecc.). Il Fabroni, nelle ''Vitae Italorum doctrina excellentium qui saeculi XVII e XVIII floruerunt'' (Pisa 1783) sostiene che il Rolli e Domenico Ottavio Petrosellini "quod emersissent e barbarie, quae superiori saeculo humaniores litteras offuscaverat, unice se Gravinae debere profitebantur" (pp. 15-16). Leggerà con profitto ''Della perfetta poesia'' di Ludovico Antonio Muratori nello studio dell'avvocato e poeta arcade Giovanni Battista Zappi, e imita uno dei primissimi arcadi come Alessandro Guidi nelle canzoni ''Musa, che il giovenil mio cuore accendi'' (1711) e ''Del genio di cantar le lode altrui'' (1716); ma soprattutto, come ha dimostrato Carlo Calcaterra, la sua vena aggraziata e festosa, particolarmente notevole nelle rime galanti e mondane, si rifà alla poesia melica del tardo XVII secolo, in specie a quella di Francesco De Lemene; come il suo rivale Pietro Metastasio, Rolli impiega ancora la morbida lingua poetica del Marino.
 
==La vita==
==Il periodo romano ==
[[File:PARolli large.png|thumb|left|Paolo Rolli]]
Tra i principali autori di libretti del XVIII secolo vi fu Paolo Rolli (Romanasce 1697a -Roma Todinel 1765)1687. FuÈ allievo di Giovanni Vincenzo Gravina, come [[../Pietro Metastasio|Pietro e Carlo Innocenzo Frugoni;Metastasio]]: l'impronta del maestro è sensibile nell'imitazione diretta soprattutto di Orazio e Catullo, ma anche di Tibullo e Properzio, negli esperimenti di metrica barbara, nelle traduzioni di Virgilio ed Anacreonte, e nelle numerose edizioni di classici che appronterà durante il suo soggiorno inglese (Lucrezio, di cui il Rolli farà stampare per la prima volta la versione, inedita in italia, di Alessandro Marchetti, Senofonte Efesio, Giovanni Boccaccio, Ludovico Ariosto, Battista Guarini ecc.). Il Fabroni, nelle ''Vitae Italorum doctrina excellentium qui saeculi XVII e XVIII floruerunt'' (Pisa 1783) sostiene che il Rolli e Domenico Ottavio Petrosellini "quod emersissent e barbarie, quae superiori saeculo humaniores litteras offuscaverat, unice se Gravinae debere profitebantur" (pp. 15-16). LeggeràLegge con profitto ''Della perfetta poesia'' di [[../Ludovico Antonio Muratori|Ludovico Antonio Muratori]] nello studio dell'avvocatodi e[[../Giambattista poetaFelice arcadeZappi|Giambattista Giovanni BattistaFelice Zappi]], e imita uno dei primissimi arcadi come Alessandro Guidi nelle canzoni ''Musa, che il giovenil mio cuore accendi'' (1711) e ''Del genio di cantar le lode altrui'' (1716); ma soprattutto, come ha dimostrato Carlo Calcaterra, la sua vena aggraziata e festosa, particolarmente notevole nelle rime galanti e mondane, si rifà alla poesia melica del tardo XVII secolo, in specie a quella di Francesco De Lemene; come il suo rivale Pietro Metastasio, Rolli impiega ancora la morbida lingua poetica del Marino.
 
Fu arcadeArcade col nome di ''Eulibio Discepolo'';, con lo scisma del 1711, seguìto allo scontro tra Giovanni Vincenzo Gravina e Giovanni Mario Crescimbeni, seguirà il maestro, affiliandosi (1714) all'Accademia dei Quirini. Essa prospera all'ombra del primo dittatore perpetuo, il fiorentino cardinale Lorenzo Corsini, poi papa col nome di Clemente XII, che ospita gli accademici (impegnati in quello che chiamano l'''agonale'', cioè il luogo in cui convengono per recitare) d'inverno nel proprio palazzo cittadino, e d'estate nella propria villa.
 
ATrasferitosi a Londra scrissetra la fine del 1715 e l'inizio del 1716 vi risiede per ventinove anni scrivendo libretti per i principali musicisti attivi nella capitale. Compone una dozzina di libretti per Nicola Porpora (tra cui ''Davide e Bersabea'', e un oratorio), Giovanni Bononcini (''Astarto''; ''Crispo''; ''Griselda''; ''Erminia'') e almeno cinque per la musica di Georg Friedrich Händel (''Floridante'', 1721; ''Scipione'', 1726; ''Alessandro''; ''Riccardo I re d'Inghilterra'', 1727; ''Deidamia'', 1741, quest'ultimo il più drammaticamente efficace; ad essi forse dev'essere aggiunto il ''Sosarme''; oltre ai melodrammi, il genio di Halle intonò almeno 3 cantate del Rolli). Si aggiungano anche una ''Penelope'' per Baldassarre Galuppi, un ''Partenio'' e una ''Rosalinda'' (da ''Come vi piace'' di William Shakespeare) per Francesco Maria Veracini, un ''Alfonso'' e un ''Alceste'' per Giovanni Battista Lampugnani. Comunque sia, nonostante il lavoro di librettista gli riuscisse odioso (ma era molto redditizio: nell'ultimo periodo percepiva 300 sterline per un libretto), avrebbe scritto altri libretti anche tornato in Italia, come quello di un ''Teti e Peleo'', del 1749, verosimilmente mai musicato e tra i suoi poeticamente più felici. Nella quasi totalità dei casi si tratta di opere rimaneggiate da altri autori, in maniera assai pesante ma non tale da segnare un miglioramento rispetto ai modelli (A. Salvi, N. Minato, M. Noris, G. Gigli, Francesco de Lemene, Apostolo Zeno, Pietro Metastasio), né in senso poetico né, men che meno, in senso drammatico: l'azione è fiacca e involuta, la ricerca di ritmi originali è spesso infelice, le immagini sono generalmente poco aggraziate. Tutti limiti che Haendel non mancò di rilevare piuttosto impietosamente.
==Il periodo londinese==
 
Comunque sia, nonostante il lavoro di librettista gli riuscisse odioso (ma era molto redditizio: nell'ultimo periodo percepiva 300 sterline per un libretto), avrebbe scritto altri libretti anche tornato in Italia, come quello di un ''Teti e Peleo'', del 1749, verosimilmente mai musicato e tra i suoi poeticamente più felici. Nella quasi totalità dei casi si tratta di opere rimaneggiate da altri autori, in maniera assai pesante ma non tale da segnare un miglioramento rispetto ai modelli, né in senso poetico né, men che meno, in senso drammatico: l'azione è fiacca e involuta, la ricerca di ritmi originali è spesso infelice, le immagini sono generalmente poco aggraziate. Tutti limiti che Händel non mancò di rilevare piuttosto impietosamente.
Trasferitosi a Londra tra la fine del 1715 e l'inizio del 1716 vi risiede per ventinove anni scrivendo libretti per i principali musicisti attivi nella capitale, stampando insegnante d'italiano e di canto (tra l'altro è precettore dei figli di Giorgio II e poeta ufficiale della Royal Academy of Music, che fu inaugurata con la rappresentazione del suo ''Numitore'', con musica di Porta.
 
Nel 1744, in un clima assai mutato, dopo numerose polemiche con vari letterati inglesi e in un'atmosfera sempre meno conciliante con tutto quanto proviene dall'Italia (in specie il melodramma, contro cui Addison sullo ''Spectator'' e Arbuthnot conducono da anni pesanti campagne denigratorie), il Rolli torna in patria, stabilendosi definitivamente nella città materna, Todi, dove, ricco e soddisfatto, attende alla correzione e alla stampa definitiva delle sue opere. NelMuore 1735a èTodi statonel ascritto dalla nobiltà tudertina alla prima classe del patriziato. Si spegne serenamente1765.
A Londra scrisse una dozzina di libretti per Nicola Porpora (tra cui ''Davide e Bersabea'', e un oratorio), Giovanni Bononcini (''Astarto''; ''Crispo''; ''Griselda''; ''Erminia'') e almeno cinque per la musica di Georg Friedrich Händel (''Floridante'', 1721; ''Scipione'', 1726; ''Alessandro''; ''Riccardo I re d'Inghilterra'', 1727; ''Deidamia'', 1741, quest'ultimo il più drammaticamente efficace; ad essi forse dev'essere aggiunto il ''Sosarme''; oltre ai melodrammi, il genio di Halle intonò almeno 3 cantate del Rolli). Si aggiungano anche una ''Penelope'' per Baldassarre Galuppi, un ''Partenio'' e una ''Rosalinda'' (da ''Come vi piace'' di William Shakespeare) per Francesco Maria Veracini, un ''Alfonso'' e un ''Alceste'' per Giovanni Battista Lampugnani. Comunque sia, nonostante il lavoro di librettista gli riuscisse odioso (ma era molto redditizio: nell'ultimo periodo percepiva 300 sterline per un libretto), avrebbe scritto altri libretti anche tornato in Italia, come quello di un ''Teti e Peleo'', del 1749, verosimilmente mai musicato e tra i suoi poeticamente più felici. Nella quasi totalità dei casi si tratta di opere rimaneggiate da altri autori, in maniera assai pesante ma non tale da segnare un miglioramento rispetto ai modelli (A. Salvi, N. Minato, M. Noris, G. Gigli, Francesco de Lemene, Apostolo Zeno, Pietro Metastasio), né in senso poetico né, men che meno, in senso drammatico: l'azione è fiacca e involuta, la ricerca di ritmi originali è spesso infelice, le immagini sono generalmente poco aggraziate. Tutti limiti che Haendel non mancò di rilevare piuttosto impietosamente.
 
==Le opere==
Fu questa mancanza di stima da parte del compositore sassone, con ogni probabilità, che rese impossibile al Rolli intrattenere buoni rapporti con lui. Nel periodico «Craftsman» il 7 aprile 1733 comparve un articolo diretto e brutale contro Handel, la cui paternità, nonostante sia a firma del Rolli, è stata a lungo discussa; ma secondo alcuni è certamente attribuibile a lui in séguito al ritrovamento, presso la Biblioteca Comunale di Siena, di una versione italiana dello stesso articolo tra le carte rolliane (evidentemente la minuta dell'articolo poi tradotto e pubblicato in inglese in forma anonima)
Pubblicò un volume di ''Rime'' (Londra, 1717), molto fortunato, e due libri di ''Canzonette e cantate'' (Londra, 1727). La parte più viva della sua opera è contenuta negli ''Endecasillabi'' (una sezione delle ''Rime'') e nelle ''Canzonette''. Tra queste ebbe fortuna sterminata ''La neve è alla montagna'', imitata in seguito da Giovanni Battista Casti e da molti altri. Pubblicò tutta la sua opera nei tre volumi dei suoi ''Poetici componimenti'' (1753). Tradusse inoltre in italiano ''Il paradiso perduto'' di Milton (1729-1735) e le ''Odi'' di Anacreonte (1739). Paolo Rolli tentò inoltre di trasporre nella versificazione italiana l'endecasillabo falecio della metrica classica, unendo un quinario sdrucciolo con un quinario doppio. Questo tipo di endecasillabo infatti è detto ''endecasillabo rolliano''.
 
Carlo Calcaterra (1926) così ne rileva la più specifica cifra stilistica:
Durante il suo soggiorno londinese godette di una discreta fortuna: si narra infatti che le dame londinesi amassero portare scritti sul proprio ventaglio alcuni versi di questa canzonetta rielaborata dal Rolli su un'aria Metastasiana:
 
Carlo Calcaterra (1926) così ne rileva la più specifica cifra stilistica: "{{quote|In altre parole il Rolli fu poeta. Senza dubbio ha anch'egli la sua zavorra: l'oda ''La Poesia'' è un'esercitazione accademica sermoneggiante e donoccolata; l'oda ''Al Conte di Galasso'' è priva di qualsiasi ispirazione; l'oda ''Ad Alessandro Polwarth'' vorrebbe essere un pezzo di bravura ed è plumbea fatica; nell'oda ''Al Passionei'' egli vorrebbe apparir vate magnifico con la zimarra di Febo, e fa sonante retorica; nella canzone ''Per la nascita dell'Arciduca d'Austria'' (1716), come i chiabreristi e i guidiani, si atteggia a emulo di Pindaro e finge di parlar con gli Dei e con le Muse, e quanto più alza la voce, tanto più soffoca nella declamazione; altre sue odi vorrebbero essere oraziane nelle movenze e nelle forme e non ci toccano, perché prive di qualsiasi intimo fuoco. Così dicasi della maggior parte de' sonetti e delle ''Tudertine'' e de' suoi melodrammi: sentesi l'artefice laborioso, non l'animo che detta. Ma negli ''Endecasillabi'' ha alcuni tocchi vivi e delicatissimi".<ref>Pietro Rolli, ''Liriche'', con un saggio su ''La melica italiana dalla seconda metà del Cinquecento al Rolli e al Metastasio'' e note di Carlo Calcaterra. UTET, Torino 1926</ref>}}
 
==Altri progetti==
{{Quote|Il mistero in Amor, se lo credete, Ninfe belle, è follia.<br>
{{interprogetto|w=Paolo Rolli|s=Autore:Paolo Rolli}}
 
È follia se nascondete,<br>
Ninfe belle, il vostro affetto:<br>
A svelarlo, se 'l tacete,<br>
Un pallor viene improvviso,<br>
Un rossor basta, un sorriso:<br>
Parla un guardo ed un sospir<br>
Ninfe vaghe, quel che piace<br>
Quanto invan s'asconde o tace!<br>
Presto o tardi - vien a i guardi<br>
Quel che il labbro non può dir.|Paolo Rolli}}
 
==Il ritorno in Italia==
 
Nel 1744, in un clima assai mutato, dopo numerose polemiche con vari letterati inglesi e in un'atmosfera sempre meno conciliante con tutto quanto proviene dall'Italia (in specie il melodramma, contro cui Addison sullo ''Spectator'' e Arbuthnot conducono da anni pesanti campagne denigratorie), il Rolli torna in patria, stabilendosi definitivamente nella città materna, Todi, dove, ricco e soddisfatto, attende alla correzione e alla stampa definitiva delle sue opere. Nel 1735 è stato ascritto dalla nobiltà tudertina alla prima classe del patriziato. Si spegne serenamente.
 
==Opere==
 
Pubblicò un volume di ''Rime'' (Londra, 1717), molto fortunato, e due libri di "''Canzonette e cantate'' (Londra, 1727). La parte più viva della sua opera è contenuta negli ''Endecasillabi'' (una sezione delle ''Rime'') e nelle ''Canzonette''. Tra queste ebbe fortuna sterminata ''La neve è alla montagna'', imitata in séguito da Giovanni Battista Casti e da molti altri. La canzonetta ebbe tanta fortuna da sfuggire immediatamente di mano all'autore, per quanto celebre; tantoché Carlo Innocenzo Frugoni, incaricato di imitarla, seppe solo dopo averne fatto due plagi chi ne fosse l'autore (già per altri versi famoso); scriveva infatti da Parma, il 23 dicembre 1728 al marchese Ubertino Landi a Piacenza: "È qui scappata fuori una canzonetta d'incerto autore, che comincia: ''La neve è alla montagna'', ed ella non è del tutto disavvenente. Ha certi tratti di bellezza pastorale, che puon piacere anche agl'intendenti. Qui le Dame la cantano e le han dato un'aria, che ben le siede. Io sulla misura di detta canzone due ne ho dovuto fare. Una è quella che con questo corrier vi mando. L'altra con l'altro spedirovvela". La sua importanza nell' evoluzione del gusto arcadico verso il rococò è evidente negli aggraziati ''Endecasillabi''. Pubblicò tutta la sua opera nei tre volumi dei suoi ''Poetici componimenti'' (1753).
Tradusse in italiano:
 
*Il paradiso perduto di Milton (1729-1735)
*le ''Odi'' di Anacreonte (1739).
 
Paolo Rolli tentò inoltre di trasporre nella versificazione italiana l'endecasillabo falecio della metrica classica, unendo un quinario sdrucciolo con un quinario doppio. Questo tipo di endecasillabo infatti è detto ''endecasillabo rolliano''.
 
Carlo Calcaterra (1926) così ne rileva la più specifica cifra stilistica: "In altre parole il Rolli fu poeta. Senza dubbio ha anch'egli la sua zavorra: l'oda ''La Poesia'' è un'esercitazione accademica sermoneggiante e donoccolata; l'oda ''Al Conte di Galasso'' è priva di qualsiasi ispirazione; l'oda ''Ad Alessandro Polwarth'' vorrebbe essere un pezzo di bravura ed è plumbea fatica; nell'oda ''Al Passionei'' egli vorrebbe apparir vate magnifico con la zimarra di Febo, e fa sonante retorica; nella canzone ''Per la nascita dell'Arciduca d'Austria'' (1716), come i chiabreristi e i guidiani, si atteggia a emulo di Pindaro e finge di parlar con gli Dei e con le Muse, e quanto più alza la voce, tanto più soffoca nella declamazione; altre sue odi vorrebbero essere oraziane nelle movenze e nelle forme e non ci toccano, perché prive di qualsiasi intimo fuoco. Così dicasi della maggior parte de' sonetti e delle ''Tudertine'' e de' suoi melodrammi: sentesi l'artefice laborioso, non l'animo che detta. Ma negli ''Endecasillabi'' ha alcuni tocchi vivi e delicatissimi".<ref>Pietro Rolli, ''Liriche'', con un saggio su ''La melica italiana dalla seconda metà del Cinquecento al Rolli e al Metastasio'' e note di Carlo Calcaterra. UTET, Torino 1926</ref>
 
==Note==
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