Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo/L'esperienza migratoria in America: differenze tra le versioni

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Si possono percorrere le fasi dell'apostasia di Levinsky — la sua noia col Talmud, la dichiarata eresia dell'amico Naphtali, la morte di sua madre (e quindi la perdita di ''ancora e timone''), la sua permanenza presso una famiglia russificata ed in particolare il suo primo amore per la loro figlia Matilda, l'emigrazione e il bisogno di adattarsi. Ci sono ulteriori fasi di questo processo, in America — il vestirsi in maniera moderna, levarsi la barba, gli affari, il successo ed il darwinismo ideologico, l'erotismo. Tuttavia alla fine il romanzo di Cahan non è di un blocco unico, spostandosi improvvisamente (al sopraggiungere della mezza età) verso una direzione diversa ed esprimendo insoddisfazione per i propri molti successi e precedenti aspirazioni. Certo, la gente cambia nel corso del proprio sviluppo. Ma qui non si era preparato il terreno in precedenza per il successivo senso di fallimento, solitudine e nostalgia finale: chiaramente, il personaggio è dissociato, spezzato. Tuttavia non si riesce a capire, per esempio, perché Levinsky non proceda col proprio matrimonio. La storia si muove in troppe direzioni: pare che il narratore non comprenda totalmente la propria natura. Il problema è che autore e narratore sono eccessivamente amalgamati. Cahan non esce dalla pelle del narratore per trasmettere, implicitamente o esplicitamente, un'interpretazione di Levinsky attraverso una lente più larga con cui poterne comprendere il carattere e lo sviluppo nel contesto. Il romanzo è affascinante e ricco di dettagli, con grandi approfondimenti e vivide sensazioni, ma alla fine non soddisfa nel suo insieme.<ref name="Education"/>
 
Tra i romanzieri più intellettuali qui discussi figura '''Ludwig Lewisohn''' (1882-1955), le cui opere sono maggiormente radicate nella tradizione europea e più teoriche, nonché più programmatiche in nell'intento. Nel suo ''The Island Within'' (1928, ''Il popolo senza terra''),<ref name="Island">Ludwig Lewisohn, ''The Island Within'', Harper & Brother, 1928; trad. it. ''Il popolo senza terra'', Corbaccio, 1934.</ref> l'autore non solo presenta una parte di cronaca famigliare che riguarda i Levy, ma anche una panoramica dell'ebreo in America stagliato contro uno sfondo di storia ebraica. Lewisohn si rifiuta di considerare l'ebreo americano separatamente, che sia dall'America o altrove: egli forma parte della storia ebraica in generale, per quanto gli ebrei stessi si siano illusi del contrario. Lewisohn insiste, in uno dei molti prologhi che precedono ogni sezione del suo romanzo, che quest'ultimo deve ricatturare una qualità epica:
{{quote|Per farlo non c'è bisogno di parole altisonanti o azioni violente. Solo un senso costante di generazioni in flusso, dei processi di cambiamento storico, del vero carattere della magnifica e tragica avventura dell'uomo tra terra e cielo.|''The Island Within''<ref name="Island"/>}}
In questo senso, ''The Island Within'' è un ''roman-à-thèse'', profondo nella sua intensità. La storia si apre a Vilna nel 1840, con Mendel e sua moglie Braine. Per gli ebrei dell'Europa orientale, questa è la prima fase di quel periodo di storia ebraica noto come ''Haskalah'', Illuminismo, e Mendel — con grande angoscia della religiosa moglie — vien preso da questa febbre modernizzante. Mendel rimane nel gruppo, ma suo figlio Efraim diventa ancor più secolare, mondano, e se ne va in Prussia col nome laicizzato di Efraim Levy nel 1850. Tramite il suo utilizzo di prologhi (alla ''Tom Jones'')<ref>Si veda il romanzo classico del XVIII secolo, di Henry Fielding, ''Tom Jones'', pubblicato in Italia ''int. al.'' da Mondadori, trad. it. M. Ricci Miglietta, 2013.</ref> l'autore fornisce al lettore sia la storia che la propria riflessione sugli eventi. Nella storia recente in particolare, ma attraverso tutte le generazioni, gli ebrei hanno dovuto emigrare. Per Lewisohn, ciò è un fenomeno negativo: "Gli ebrei non sono il solo popolo migratorio dei tempi moderni, ma essi forniscono gli esempi classici della migrazione, perché in nessun luogo e da nessuna parte hanno ancora trovato il ristoro di una tolleranza o di una patria."<ref name="Island"/> Se il principale tema manifesto nel romanzo è l'ebreo in America, la questione più ampia è se l'ebreo sia mai a suo agio in una qualche parte del globo. Efraim è contento di stare in Prussia, ma questa nazione per lui è ancora un esilio (''goles''). Suo figlio Tobias asserisce di sentirsi veramente "a casa", ma deve dimostrare di essere un tedesco, e quindi partecipa alla guerra franco-prussiana del 1870, viene decorato con la croce di ferro per eroismo, si sposa un'abbient cristiana prendendo anche il suo cognome, e poi si fa battezzare. In conclusione, è un affermato avvocato ben accasato, che gode di gran successo economico e sociale. Che ironia: "tutta la Berlino letteraria ed artistica affollava i loro salotti. E quasi tutti erano ebrei." È ora convenientemente assimilato? No, perchè è angosciato da altri ricordi. Ma spera che i suoi figli ne possano essere liberi.<ref name="Island"/>
 
Tuttavia il romanzo si concentra principalmente su un altro ramo della famiglia Levy, seguendone le fortune. Il fratello minore di Tobias, Jacob, sfugge al servizio militare e va in America, dicendo: "Qui veniamo trattati come cani; io voglio andare in una nazione libera." Diventa quindi totalmente americanizzato, paradossalmente dimostrandosi molto più tedesco di quanto non lo sia mai stato a Insterburg. Secondo tutte le ragionevoli aspettative, ciò dovrebbe rappresentare il capitolo definitivo e finale di questa storia delle generazioni. Pur tuttavia, nonostante tutti i travestimenti e le obliquità, i figli riconoscono sempre e immancabilmente di essere ebrei: Arthur, la cui storia occupa gran parte del romanzo, all'inizio protesta che non esiste problema ebraico. Nuovamente, la guerra serve come banco di prova della lealtà nazionale e Arthur si dichiara pronto ad arruolarsi nel caso di un coinvolgimento americano nella Grande Guerra. Ma ciò non avviene e Arthur si laurea in medicina nel 1918, si specializza in psichiatria e successivamente in psicoanalisi, poi sposa Elizabeth Knight, una giornalista femminista. Dopo essersi così impegnato i un'affiliazione americana neutrale, scopre la propria alterità nel suo atteggiamento verso la famiglia, in particolare verso suo figlio, e verso il suo passato e l'America. Questa stava diventando più segmentata e gli ebrei più separati e delimitati — tutti i suoi pazienti erano ebrei: "Scopriva che le loro afflizioni fisiche, le loro inibizioni ed i loro disagi erano tutte fughe da una realtà oscura."<ref name="Island"/> La ragione, sostiene Arthur, è che non sono veramente a casa. L'ebreo non ha un focolare ''gentile'', né un centro dove ritirarsi. Attraverso gli occhi di sua moglie riesce a distinguere con maggior chiarezza l'alienazione dell'ebreo e "seppe improvvisamente perché gli ebrei fosseroé a volte fisicamente rozzi. Su un terreno diverso, fuori dal mondo, fuori bersaglio, fuori di testa." La questione di base non è dove l'ebreo si ponga socialmente, ma dove si ponga emotivamente. Elizabeth è disposta ad accettare la circoncisione di loro figlio, ma è diverso per Arthur che vede la cosa come un impegno verso il popolo ebraico. L'ostracismo sociale di cui Arthur è testimone ''vis-à-vis'' se stesso e gli altri (verso sua sorella Hazel, per esempio, che era stata ideologicamente un'assimilata) lo spinge a diventare introverso e gli fa considerare, sebbene malvolentieri, il divorzio: "Siamo reciprocamente affezionati e ci capiamo intellettualmente, ma alla base emotiva di vita non c'è opposizione — c'è una divergenza", dice a suo cognato.<ref name="Island"/>
Tuttavia il romanzo si concentra principalmente su un altro ramo della famiglia Levy, seguendone le fortune. Il fratello minore di Tobias, Jacob, sfugge al servizio militare e va in America, dicendo: "Qui veniamo trattati come cani; io voglio andare in una nazione libera." Diventa quindi totalmente americanizzato, paradossalmente dimostrandosi molto più tedesco di quanto non lo sia mai stato a Insterburg.
 
Il problema che Lewisohn presenta nella storia di Arthur è quello di un ideale intrappolato in autoillusione. Arthur, come altri ebrei, aveva cercato di vivere da protestante americano senza esserlo: "E così viviamo in un vuoto, in un vuoto spirituale. La relativa dannazione è che non sappiamo esattamente chi siamo." L'illusione è che uno possa essere umano in isolamento. Inoltre Arthur ora afferma che uno non possa essere semplicemente umano, ma deve essere un particolare tipo di umano. Chiede alla moglie se egli sia americano e, sebbene si corregga immediatamente, la prima risposta di Elizabeth è negativa. L'ebreo èche vuole essere americano deve aspirare anche di essere un ''gentile''. Gli ebrei hanno una "fissazione coi gentili". È il problema "dell'isolamento sociale degli ebrei che non volevano essere ebrei". La soluzione di Arthur è di ritornare ad accettare l'ebraicità cvhe gli è altrimenti imposta come fardello. In una conclusione alquanto artificiosa, gli viene consegnato un documento di famiglia che attesta il martirio di un suo antenato durante la crociata di Goffredo di Buglione. Persino allora la ricerca di sicurezza da parte dell'ebreo, il suo fallimento nel trovarla, la sua condizione perigliosa ed il suo martirio dimostrano ad Arthur che ciò che l'ebreo cerca veramente è "una casa in un mondo senza casa". E se l'ebreo non ha una casa fisica, almeno ha un'àncora in un'idea: "Poiché se la storia ha una direzione etica, il suo simbolo non è il membro del clan o il guerriero, ma colui che passivamente difende un'idea e così santifica un Nome ineffabile." Il mondo può quindi esser fatto di nuovo casa e diventare una "dimora naturale".<ref name="Island"/>
 
==Galleria==
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==Note==
<references/>
 
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