Storia della letteratura italiana/Pietro Bembo: differenze tra le versioni
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Pietro Bembo ebbe un importante ruolo per quanto riguarda la [[../Questione della lingua tra Trecento e Cinquecento|questione della lingua]]. Regolò per primo in modo sicuro e coerente la lingua italiana fondandola sull'uso dei massimi scrittori toscani trecenteschi. Contribuì potentemente alla diffusione in Italia e all'estero del modello poetico petrarchista. Le sue idee furono inoltre decisive nella formazione musicale dello stile madrigale nel XVI secolo.
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[[File:Pietro Bembo - Titian.jpg|thumb|left|Tiziano, ''Ritratto di Pietro Bembo'' (1539) Washington, National Gallery of Art]]
Pietro Bembo si
Torna a Ferrara nel 1502, dove conosce Lucrezia Borgia, all'epoca moglie di Alfonso d'Este, con la quale ha una relazione. In quel periodo Ferrara era in guerra con Venezia per il controllo del Polesine, di Rovigo e del mercato del sale ("guerra del sale"). Bembo fugge nel 1505 quando la peste decima la popolazione della città. Fra 1506 e 1512 vive a Urbino, e qui inizia a scrivere una delle sue opere maggiori, le ''Prose della volgar lingua'' (pubblicata solo nel 1525), e il suo lavoro assurge ai livelli più alti della sua carriera di umanista. Nel 1513 segue a Roma Giulio de' Medici, futuro papa Clemente VII. A Roma papa Leone X lo vuole suo segretario e in tale veste protegge molti letterati ed eruditi presenti nella capitale, fra cui Christophe de Longueil. Risale a quegli anni una discussione con Giovan Francesco Pico sul problema dell'imitazione dei classici. È amico di Latino Giovenale Manetti e di Bernardo Cappello, che lo riconosce esplicitamente come suo maestro ed è considerato il suo discepolo più importante<ref>[http://www.fondation-barbier-mueller.org/le-fonds/le-catalogue/fiches/article/cappello-bernardo-rime-1560 Cappello, ''Rime'' (in francese)]</ref>.
Dopo la morte del pontefice nel 1521, si trasferisce a Padova, dove abita la sua amante Faustina Morosina della Torre, dalla quale avrà anche un figlio. Durante il suo soggiorno a Padova pubblica a Venezia le ''Prose della volgar lingua'', nel 1525. Nel 1529 ritorna a Venezia dove ricopre l'incarico di storiografo della Repubblica di Venezia e bibliotecario della Biblioteca Marciana. Nel 1539 papa Paolo III lo
== Le opere in latino e in volgare ==
▲Nel 1539 papa Paolo III lo creò cardinale diacono, con titolo di San Ciriaco ''in thermis'' e questo fatto lo riportò a Roma, dove, sempre nel 1539 fu ordinato sacerdote<ref>Paolo III aveva creato Pietro cardinale diacono ''in pectore'' nel dicembre 1538, senza peraltro rendere pubblica la nomina, cosa che avvenne quasi un anno più tardi, quando il Bembo era stato ordinato sacerdote e poté così ottenere un titolo presbiterale e non una diaconia.</ref>. Rinunciò agli studi di letteratura classica, dedicandosi alla teologia e alla storia classica. Nei quattro anni successivi fu eletto vescovo di Gubbio prima e di Bergamo poi.
[[File:Bembo-originalschnitt.jpg|thumb|upright=1.4|L'incipit del ''De Aetna'', scritto nel carattere bembo]]
Da scrittore, Bembo
Tra i suoi scritti in latino spiccano soprattutto il ''De Aetna ad Angelum Gabrielem liber'' (da Aldo Manuzio, Venezia 1495, in cui utilizza il nuovo carattere Bembo), le ''Epistolae'' (''Leonis X. nomine scriptae'', 16 volumi, Venezia 1535; ''Familiares'', 6 volumi), i ''Rerum veneticarum libri XII'' (Storia della Repubblica Veneta dal 1487 al 1513, Venezia 1551), l'''Historia veneta'' scritta dal 1487 al 1513; pubblicata nel 1551, poi tradotta dallo stesso in italiano (''Istoria Viniziana''), i ''Carmina'' (Venezia 1533), dove si pone nella tradizione del dolce [[../Lo stilnovo|stilnovo]] e di Petrarca.
Tra i suoi più importanti scritti in volgare ci sono ''Gli Asolani'', discorsi filosofici sull'amore platonico, stampati sempre da Aldo Manuzio (Venezia 1505) e dedicati a Lucrezia Borgia. Tuttavia, la forma volgare che più interessa Bembo è la lirica: nelle ''Rime'', scritte durante tutta la sua vita ma pubblicate solo nel 1530, imita la lirica di Petrarca in modo attento ed equilibrato, alla ricerca di uno splendore formale rispetto al quale i contenuti sono secondari e inessenziali.<ref>Giulio Ferroni, ''Profilo storico della letteratura italiana'', Einaudi, Torino, 2001, p. 305.</ref>
Nel 1501 Bembo curò l'edizione del ''Canzoniere'' di Petrarca e nel 1502 quella delle
== Le ''Prose della volgar lingua'' ==
{{vedi source|Prose della volgar lingua}}
Offerte in forma di manoscritto a papa Clemente VII nel 1524 e pubblicate l'anno seguente a Venezia, le ''Prose nelle quali si ragiona della volgar lingua'' sono il documento più autorevole della discussione sulla lingua cinquecentesca ed ebbero un'influenza decisiva sullo sviluppo della lingua italiana. L'opera è un dialogo in tre libri tra Carlo Bembo (fratello dell'autore), Giuliano de' Medici, Federico Fregoso e Ercole Strozzi. La discussione verte sulla lingua «perfetta» che deve essere utilizzata in poesia e in prosa, e la questione viene analizzata da diversi punti di vista. Viene anzitutto affermata la superiorità del fiorentino degli autori del Trecento, ma viene escluso Dante, in quanto utilizza una lingua con troppi elementi umili e compositi. La scelta cade infine su Petrarca, che diventa modello per le opere in versi, e Boccaccio, per i testi in prosa. Il modello linguistico scelto ha il vantaggio, secondo Bembo, si sottrarre le opere letterarie sia alla realtà del mondo quotidiano, sia alla minaccia del tempo, conferendo ai testi stabilità.<ref>Giulio Ferroni, ''Profilo storico della letteratura italiana'', Einaudi, Torino, 2001, p. 304-5.</ref>
== Altri progetti ==
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