Identità e letteratura nell'ebraismo del XX secolo/Un'identità letteraria ebraica: differenze tra le versioni

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'''Shalom Yaakov Abromowitz''', popolarmente noto come Mendeli Mocher Sefarim (1836-1917) ha la principale distinzione di essere conosciuto quale fondatore di due letterature moderne — quella yiddish e quella ebraica. Un compendio di letteratura yiddish afferma di lui che "non solo è rinomato quale grande e originale scrittore yiddish, ma anche come il primo grande artista in yiddish... ha infatti sollevato la letteratura yiddish dalle sue umili basi."<ref>Z. Rejzen, ''Lexicon für der Yiddisher litėratur'', Vilna, 1926.</ref> Il poeta H.N. Bialik, in due saggi che trattano della posizione di Mendeli nella rosa degli autori ebraici, scritti dopo l'uscita di un'edizione in tre volumi dell'opera di Mendeli nel 1912, scrive che, "quando si leggono gli scritti di Mendeli, si prova la sensazione costante di trovarsi davanti non solo all'opera di un artista, ma del 'primario', con tutta l'enfasi che tale parola possiede per noi ebrei (''Mendeli ushloshet hakrakhim'')".<ref>Nel presente testo, ebraico e yiddish vengono traslitterati per facilitarne la trascrizione.</ref> ''Primario'' indica l'autorità inerente all'interpretazione classica, quella delle fonti primarie appunto, che nel rango della gerarchia tradizionale ebraica non solo è ''primaria'' cronologicamente, ma anche in importanza. Bialik inoltre asserisce che Mendeli da solo ha creato un nuovo standard linguistico, che è diventato lo strumento basilare della letteratura ebraica a partire da quel momento (''yotzer hanusah'').<ref>H.M. Bialik, ''Kol Kitvey'', 4 voll., Tel Aviv, 1939.</ref> Fino ad allora la lingua della letteratura ebraica moderna era stata una ''pastiche'' di citazioni di forme arcaiche. Mendeli, anche senza l'uso di un vernacolo corrente, aveva incorporato tutti gli strati della lingua, oltre all'aramaico e al sapore dello yiddish parlato, in un unico blocco integrato.
 
Lo ''status'' di Mendeli come fondatore di entrambe le letterature non è mai stato messo in dubbio.<ref name="Modern"/> Nato nella provincia di Minsk, si appropriò di due tradizioni linguistiche potenzialmente ebraiche e le trasformò affinché raggiungessero il suo pubblico. Chiaramente scrisse per lettori e di lettori ebrei, sia per divertimento che per una critica mordente. Una delle fonti che ci illustrano la sua estrazione è una sua breve dichiarazione autobiografica del 1889 (''reshumoth letholdothay'') dove discute le origini della sua ispirazione, il suo passato e alcuni dei suoi intenti letterari. Fino all'età di 13 anni, "non c'era nulla nel mio mondo eccetto la Legge ebraica, e non sapevo nulla a parte il Talmud".<ref name="Mendeli">Mendeli M. Sefarim, ''Kol Kitvey'', Tel Aviv, 1947.</ref> Tuttavia, fu influenzato anche dall'ambiente naturale dei suoi luoghi: la natura gli fornì sempre sollievo e distensione, in contrasto con la povertà e le ristrettezze del suo paese. Tale contrasto lo galvanizzò nello scrivere, suggerendogli poi i contenuti ed i toni. Mendeli fu didattico nello spirito illuminista, cercando di ravvivare e migliorare; il suo primo impulso fu di utilizzare la "lingua sacra" nel raccontare le storie che lo affascinavano. Questa era dopotutto la "fonte d'Israele". Tuttavia, dopo alcune esperienze in tale vena, arrivò alla spiacevole ma ovvia conclusione che "la maggioranza dei [miei] lettori non conoscono questa lingua, ma parlano il tedesco-ebraico. Che scopo ha un autore di sudare così duramente, se poi non ottiene nulla?"<ref name="Mendeli"/> Bisogna avere un pubblico. E quindi, per raggiungere tale pubblico, dovette rivolgersi allo yiddish. Ma anche lì incontrò difficoltà:
{{quote|Lo yiddish ai miei tempi era un vaso vuoto che non conteneva niente di positivo, solo un sacco di stupidaggini, spazzatura e inutilità create da cretini senza padronanza della lingua, lette da poveracci che non capivano, e quelli che capivano si vergognavano di ammettere di leggere tali scemenze.|M.M. Sefarim, ''Kol Kitvey, cit.'', 1947}}
L'ebraico era quindi sconosciuto e lo yiddish degradato. Per raggiungere i suoi lettori, Mendeli dal 1862 in poi si spostò consapevolmente verso lo yiddish, senza però abbandonare la sua prima preferenza (la prima edizione del romanzo in ebraico ''Haavoth vehabanim'' apparve nel 1866. In seguito, subito prima della succitata dichiarazione autobiografica, dal 1866 in poi ritornò alla scrittura ebraica.<ref name="Entin">[http://worldlibrary.org/eBooks/WPLBN0002250337-Di-zaylen-fun-der-nayer-Idisher-li-era-ur--nayn-lek-tsyes-v-egen-Mendeli-Moykher-Sforim--Sholem-by-Entin--Joel.aspx Joel Entin, ''Di zaylen fun der nayer Idisher li era ur'', 1923].</ref>
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Se Mendeli creò uno strumento per cementare la collettività ebraica nella narrativa, il suo contemporaneo più giovane, '''Micha Josef Berdyczewski''' (1865-1921) si concentrò maggiormente sul singolo ebreo, particolarmente su quel tipo di ribelle che si spostava oltre i confini di un certo mondo ebraico alla ricerca di un panorama più vasto per soddisfare il proprio spirito ed intelletto. Nato a Medzibezh, in Podolia, dove la popolazione ebraica nel 1897 veniva registrata a 6040 abitanti, cioè il 73,9% del totale (a quel tempo Ucraina russa), passò la giovinezza a Dubow, Kiev, ma poi si trasferì fuori della Zona di Residenza, andando in Germania: a Breslau nel 1890 e a Berlino nel 1892. Trascorse il resto della sua vita quasi esclusivamente in Germania e Svizzera, scrivendo in yiddish e tedesco, sebbene in caratteri ebraici — produsse racconti, saggi e polemiche ricostruzioni di storia ebraica, proponendo un'antitesi all'ebraismo ''mainstream'', secondo una tradizione clandestina che era stata, secondo lui, repressa del rabbinismo.<ref name="Berdy">M.J. Berdyczewski, ''Kol Kitvey'', 2 voll., Tel Aviv, 1951, ''s.v.''.</ref>
 
Da sottolineare nella biografia di Berdyczewski il carattere sia tipico che unico della sua personalità artistica: tipico nel senso del tono letterario, ribelle contro le limitazioni del suo ambiente e sfondo culturale, pur tuttavia abbarbicato fermamente al cordone ombelicale della storia, destino e lingua ebraici.<ref>M.J. Berdichevsky, ''Ueber Den Zusammenhang Zwischen Ethik Und Aesthetik Von Micha Joseph Berdyczewski'', Nabu Press, 2011.</ref> Inusitato è comunque il suo scavare nella lingua ebraica (la maggioranza delle sue opere è in ebraico, tra cui circa 150 racconti) al di fuori dei centri tradizionali della cultura ebraica e del relativo pubblico. Tale situazione è certamente un suo importante soggetto, che si riscontra per esempio nel suo ciclo di racconti ''mihutz latehum'' ("oltre il confine"): qui il titolo riflette il tema trattato (la Zona di Residenza) ed il personaggio centrale somiglia molto all'autore — un giovane ebreo, povero, di forti aspirazioni intellettuali, insoddisfatto spiritualmente e insofferente, che si sposta dall'Europa orientale verso l'Occidente alla ricerca di istruzione, nuove verità e contatti personali.<ref name="Berdy"/> Vuole penetrare questo affascinante mondo estraneo, fatto di università ''cristiane'' e belle ragazze senza complessi — tuttavia rimane sempre consapevole del grande divario, specie quando descrive la grande metropoli nel suo racconto ''Mahanayim'' ("I due campi"). Lo studente ebreo viene rappresentato come "sradicato", cioè fuori del suo ambiente naturale e trapiantato, sebbene di sua propria volontà, in terra straniera. Quasi senza successo. È simile ad un anacoreta "in questa dinamica città frizzante di vita", preso dai suoi pensieri e dalle sue immaginazioni. Ma nonostante questo distacco e sottomissione alle proprie ambizioni, egli desidera ancora esser parte della vita di cui è testimone e liberarsi della propria marginalità. Alla pista di pattinaggio, "tra i pattinatori, uomini e donne, non c'è nessuno che lo conosca. Per tutti egli è lo sconosciuto, l'estraneo." La sua situazione era stata ''differente'', "era appartenuto totalmente al suo retaggio, osservandolo rigidamente. Ora però era uscito da questa sfera e cercato di cancellare ogni cosa lì acquisita, passando dal buio alla luce, dalla schiavitù alla libertà." Dal mondo dell'ebreo egli si era spostato al mondo dell'uomo, alla ricerca dell'universale. Ma riuscirà a trovarlo? Apparentemente "nulla era rimasto in lui del suo popolo, eppure ne era figlio. Il suo cervello era stato svuotato del suo retaggio, ma il suo cuore era ancora incagliato nella tomba dei suoi avi." La tragedia resta non tanto nell'attrazione preclusiva dei due mondi, quanto nella supposizione che egli non apparterrà mai completamente a nessuno dei due. Agogna la vita che osserva e la ragazza che l'ama ma, disgustato di se stesso, capisce che deve rinunciare ad entrambe alla ricerca di luoghi più fecondi, a Berlino. Ha perso la ragazza e se stesso.<ref name="Berdy"/><ref name="Modern1">Sheila E. Jelen, Michael P. Kramer, L. Scott Lerner (curatori), ''Modern Jewish Literatures: Intersections and Boundaries, cit.'', 2010, pp. 110-22.</ref>
 
[[File:Ahad Haam.jpg|thumb|left|150px|Ahad-Haam (Asher Zvi Hirsch Ginsberg)]]
L'etichetta di "giovane" sembra aderisse permanentemente a Berdyczewski. Si era associato ad un'avanguardia che attaccava il conservativismo di '''Ahad-Haam''' (1856-1927) e cercava una base più ampia per una rinascente cultura ebraica: "Il locus è diventato per noi troppo stretto. È giunto il momento di trovare la nostra strada e percorrerla" (''Hashiloah'', 1, 1896). Voleva consentire la libera espressione a "tutte le nuove forze, volontà e valori che ci ribolliscono dentro". Ahad-Haam era invece cauto circa la lingua ebraica ed il suo uso, cercando di conservarla e svilupparla attraverso il gradualismo. Berdyczewski era un rivoluzionario, che cercava il cambiamento e il superamento del vecchio. Era sicuro che ci fosse ora un pubblico di lettori potenzialmente differente. Tuttavia le sue storie, di solito costruite come cronache, enfatizzano il peso e la forza del passato. Persino i personaggi principali non sono individui liberamente fluttuanti nel proprio spazio, bensì condizionati da genealogia e fato. Il racconto ''Kalonymos ve noomi'' ("Kalonymos e Naomi") per esempio tratta non solo dei due personaggi citati nel titolo, ma dei loro antenati e del loro destino. Sono affiatati e la loro unione dovrebbe formare una coppia ideale ma, come ne ''Dibbuk'' di '''Semën An-skij''' (1863-1920),<ref>Shelomoh An-Skij, ''Dibbuk: sul confine di due mondi'', leggenda drammatica in quattro atti, traduzione dal russo di Raissa Olkienizkaia-Naldi, Lanciano, Carabba Edit. Tip., 1930</ref> l'unione viene elusa. Quando poi avviene, è troppo tardi:<ref>Nel ''Dibbuk'' l'unione della coppia è tribolata e la sposa viene infine posseduta dal dibbuk dell'amante lasciato. S. An-Skij, ''Dibbuk: sul confine di due mondi, cit.''</ref> accade il disastro e l'unione ritardata non riesce a riparare il danno. Molte delle storie di Berdyczewski coinvolgono disastri irreparabili, con gli eroi di turno che sono giovani ebrei disillusi di estrazione tradizionale, che vengono affascinati da speculazioni proibite, allontanandosi quindi dalla tradizione e crteggiando il disastro. Il racconto assume la dimensione classica dell'evento specifico, incorporando la direzione di un Fato determinante. L'individuo è un elemento in un più vasto contesto ed in esso deve svolgere il suo ruolo limitato: il soggetto qui è l'ebreo caratteristico del ''fin-de-siècle'', sradicato da una cultura, a disagio nel nuovo ambiente e senza una sua propria dimensione confortevole.
[[File:An-ski 1910.jpg|thumb|An-skij nel 1910]]
Mendeli e Berdyczewski erano nati e scrivevano in un contesto totalmente ebraico. Anche quando emergevano dalle rispettive piccole città, la loro estrazione influenzava e definiva la loro prospettiva ed il loro pensiero. Esistevano però altri scrittori ebrei nell'Impero Russo che erano, in una certa misura, assimilati culturalmente e la cui posizione era perciò a priori più ambigua. '''Vladimir Jabotinsky''' (1880-1940) nacque a Odessa, scrisse inizialmente in lingua russa e venne accettato dal mondo letterario come autore russo di talento. Tuttavia prese la decisione consapevole di voltare le spalle alla lingua russa, poiché la letteratura russa implicava un contesto russo, specificamente cristiano ortodosso e antisemita. Quando scelse un pubblico ebreo locale, la sua defezione venne considerata persino da Maxim Gorky una grande perdita per la letteratura russa.<ref>Walter Laqueur, ''A History of Zionism'', Londra, 1972, ''s.v.''</ref> In due saggi scritti originalmente in russo nel 1908 e 1909, Jabotinsky mette la posizione dell'ebreo nell'ambito della letteratura russa, ma anche incidentalmente definisce ciò che lo scrittore ebreo è.<ref name="Halkin">Hillel Halkin, ''Jabotinsky: A Life (Jewish Lives)'', Yale University Press, 2014, pp. 146-155.</ref>
[[File:Zeev Jabotinsky.jpg|thumb|left|150px|Vladimir (Ze'ev) Jabotinsky]]
In un precedente scritto occasionale, ''Degli ebrei e della letteratura russa'', Jabotinsky reagisce ad un dibattito ricorrente circa il ruolo dell'ebreo nella letteratura russa e afferma la sua convinzione sincera e brutale che l'ebreo non ha dato contributi significativi. E non ha dato tali contributi semplicemente perché non appartiene a quell'habitat. Distingue tra lealtà e amore, e dice che sebbene uno possa e debba essere leale verso il proprio luogo di residenza, uno può solo amare ciò che è veramente suo proprio. Una nazione quindi può pretendere la tua fedeltà ma non il tuo amore. Per estensione, lo stesso si applica alla cultura in generale e alla letteratura. Vi operi liberamente e creativamente solo se è tua prorpia. Qual'è la propria letteratura nazionale? Per Jabotinsky non è il ''medium'' linguistico che definisce il carattere nazionale di un'opera letteraria, e neanche le origini dello scrittore, né i suoi temi.
{{quote|Il fattore decisivo è lo stato mentale dell'autore, a chi si rivolge quando compone un'opera... non la lingua, ma l'intenzione è il punto principale.|Z. Jabotinsky, ''Kol Kitvey'', 16 voll., Tel Aviv, 1940.}}
In altre parole, uno scrittore ebreo è colui che scrive in spirito ebraico per lettori ebrei. Jabotinsky è disposto ad usare qualsiasi lingua che l'ebreo possa comprendere, che sia il russo, lo yiddish o, come spera accada nella realizzazione delle aspirazioni nazionali ebraiche, l'ebraico. Ma egli è uno scrittore ebreo, poiché appartiene al mondo ebraico e vuole rimanerci. Si lasci pure che gli altri, che vogliono defezionare, si illudano di appartenere al mondo russo: pagheranno sulla propria pelle il prezzo di tale illusione.<ref name="Halkin"/>
 
==Note==