Storia della letteratura italiana/Gian Giorgio Trissino: differenze tra le versioni
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Poeta e tragediografo, Gian Giorgio Trissino
== Biografia ==
[[File:Vincenzo Catena Portrait of Gian Giorgio Trissino.jpg|thumb|left|Gian Giorgio Trissino, ritratto nel 1510 da Vincenzo Catena]]
Giovanni Giorgio Trissino
Trissino
Il 19 novembre 1494
Tra la fine del
Trissino manifesta il proprio fervente sostegno all'Impero dedicando a Carlo V il suo poema epico ''L'Italia liberata dai Goti'', completato nel 1527 e pubblicato nel 1547. Nel febbraio 1530 a Bologna, nel corso
Intanto nella villa di Cricoli alle porte della città, già dei Valmarana e dei Badoer e acquistata nel 1482 dal padre Gaspare,<ref>Nel 1537 il Trissino dovette affrontare una causa civile intentatagli dai Valmarana: negli ultimi decenni del XV secolo Alvise di Paolo Valmarana perse villa e tenuta, giocandosele col patrizio Orso Badoer, che rivendette la proprietà a Gaspare Trissino il 25 maggio 1482. Gli eredi Valmarana tentarono di riprendersela ipotizzando un vizio all'origine, ma il tribunale diede ragione ai diritti del Trissino. Si veda Lucien Faggion, ''Justice civile, témoins et mémoire aristocratique: les Trissino, les Valmarana et Cricoli au XVIe siècle'', 2010.</ref>
▲Essendo il figlio di primo letto Giulio ben avviato nella gerarchia ecclesiastica, rientrato a Vicenza Trissino sposò il 26 marzo 1523 Bianca<ref>Pierfilippo Castelli, ''La vita di Giovan Giorgio Trissino'', 1753, nota a pag 48</ref><ref>Bernardo Morsolin, ''Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI'', 1878, pagg 131-133.</ref>, figlia del giudice Nicolò Trissino e di Caterina Verlati, già vedova di Alvise di Bartolomeo Trissino (morto a 45 anni nel 1522)<ref>Come i saggi di Lucien Faggion ricordano, per preservare il patrimonio famigliare non era inusuale sposare cugini di altri rami della medesima famiglia.</ref>. Da Bianca ebbe due figli: Ciro (1524 - 1574) e Cecilia (1526 - 1542). Alla nomina di erede universale, si scatenarono le ire di Giulio che per lungo tempo lottò in tribunale contro il padre e il fratellastro. Anche a seguito delle divergenze causate dai cattivi rapporti con Giulio, la coppia si divise nel 1535 quando Bianca si trasferì a Venezia, dove morì il 21 settembre 1540<ref>La decisione di scegliere Ciro come proprio erede ebbe ripercussioni drammatiche per diverso tempo. Oltre al trascinarsi della causa civile intentata da Giulio al padre e a Ciro, nacque una vera e propria faida tra i discendenti Trissino dal Vello d'Oro e i parenti del ramo dei Trissino più prossimo alla prima moglie, Giovanna. Le voci che fecero risalire a Ciro la denuncia anonima alla Santa Inquisizione delle simpatie protestanti di Giulio nel 1573, spinsero Giulio Cesare, nipote di Giovanna, a uccidere Ciro a Cornedo l'anno successivo, davanti a Marcantonio, uno dei suoi figli. Quest'ultimo decise di vendicare il padre, accoltellando a morte Giulio Cesare che usciva dalla cattedrale di Vicenza il venerdì santo del 1583. Nel 1588 Ranuccio Trissino, altro avversario dei Trissino dal Vello d'Oro, s'introdusse nella casa di Pompeo, primogenito di Ciro, e ne uccise la moglie, Isabella Bissari, e il figlioletto nato da poco. Si vedano al proposito vari saggi sull'argomento di Lucien Faggion, tra cui ''Les femmes, la famille et le devoir de mémoire: les Trissino aux XVIe et XVIIe siècles'', 2006, pag 4.</ref>.
▲Nel febbraio 1530 a Bologna, nel corso dell’incoronazione di Carlo V a Re d'Italia e Sacro Romano Imperatore, egli ebbe il privilegio di reggere il manto pontificale a Clemente VII<ref>Pierfilippo Castelli, ''La vita di Giovan Giorgio Trissino'', 1753, pag 43.</ref><ref>Antonio Magrini, ''Reminiscenze Vicentine della Casa di Savoia'', 1869, pagg 17-18.</ref><ref>Bernardo Morsolin, ''Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI'', 1878, pag 190.</ref> e nel 1532 Carlo lo nominò conte palatino e cavaliere dell’Ordine Equestre della Milizia Aurata<ref>Bernardo Morsolin, ''Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI'', 1878, pag 196.</ref>.
▲Intanto nella villa di Cricoli alle porte della città, già dei Valmarana e dei Badoer e acquistata nel 1482 dal padre Gaspare<ref>Nel 1537 il Trissino dovette affrontare una causa civile intentatagli dai Valmarana: negli ultimi decenni del XV secolo Alvise di Paolo Valmarana perse villa e tenuta, giocandosele col patrizio Orso Badoer, che rivendette la proprietà a Gaspare Trissino il 25 maggio 1482. Gli eredi Valmarana tentarono di riprendersela ipotizzando un vizio all'origine, ma il tribunale diede ragione ai diritti del Trissino. Si veda Lucien Faggion, ''Justice civile, témoins et mémoire aristocratique: les Trissino, les Valmarana et Cricoli au XVIe siècle'', 2010.</ref>, si radunava una delle più prestigiose accademie vicentine<ref>Bernardo Morsolin, ''Giangiorgio Trissino o Monografia di un letterato del secolo XVI'', 1878, pag 222.</ref>. Trissino partecipò insieme a Pietro Bembo e Bernardo e Giovanni Rucellai al dibattito sulla questione della lingua italiana, sostenendo il valore degli apporti locali contro la mera diffusione del volgare fiorentino trecentesco, e propose l'introduzione di lettere dell'alfabeto greco per meglio identificare la pronuncia delle parole<ref>Specificamente le ''e'' e ''o'' aperte o chiuse, ma grazie al Trissino si diffuse la distinzione tra ''u'' e ''v'' e l'uso della ''z'' al posto della ''t'' nelle parole terminanti in ''ione''.</ref>.
▲Morì a Roma l'8 dicembre 1550 e fu sepolto nella Chiesa di Chiesa di Sant'Agata alla Suburra.
== Le opere letterarie ==
Trissino
Le opere poetiche di Trissino sono coerenti con questa rigorosa concezione di letteratura: così la ''Sofonisba'' (composta nel 1514-1515, pubblicata nel 1524) fu la prima tragedia in una lingua europea ad essere definita ''regolare'' (ossia composta secondo le ''regole aristoteliche'') e strutturata secondo i canoni della tragedia greca classica<ref>B. Morsolin, ''Gian Giorgio Trissino - Monografia d'un gentiluomo letterato del secolo XVI'', 1894.</ref>. Pur ispirandosi a Tito Livio, guarda alla Grecia classica e il metro utilizzato, l'endecasillabo sciolto, vuole essere una imitazione del trimetro giambico.▼
▲Le opere poetiche di Trissino sono coerenti con questa rigorosa concezione di letteratura: così la ''Sofonisba'' (composta nel 1514-1515, pubblicata nel 1524) fu la prima tragedia in una lingua europea ad essere definita ''regolare'' (ossia composta secondo le ''regole aristoteliche'') e strutturata secondo i canoni della tragedia greca classica.<ref>B. Morsolin, ''Gian Giorgio Trissino - Monografia d'un gentiluomo letterato del secolo XVI'', 1894.</ref>
Trissino compone anche una raccolta di ''Rime volgari'' (1529), con interessanti esperimenti metrici, e la commedia ''I simillimi'' (1548), fortemente ispirata ai ''Menaechmi'' di Plauto. Il suo impegno maggiore è però ''L'Italia liberata dai Goti'' (1527, pubblicata nel 1547), un laborioso poema, sempre in endecasillabi sciolti, di 27 libri sulla guerra tra l'imperatore bizantino Giustiniano I e gli Ostrogoti che in quel tempo occupavano gran parte dell'Italia (535-539, la cui la fonte fu lo storico bizantino Procopio di Cesarea). L'opera si apre con una dedica a Carlo V, nella quale Trissino dichiara che i celebri testi classici di Aristotele e Omero debbano essere l'esempio da imitare per la corretta composizione del poema moderno. La narrazione della guerra, condotta dal generale Belisario tra duelli e scontri intervallati da lunghi discorsi pronunciati dai vari personaggi, fa da sfondo a situazioni amorose che rimandano a Dante e Petrarca accompagnate da antiche divinità mitologiche trasformate in angeli cristiani (come Palladio, Nettunio, Saturnio) e da un gioco di magie e incantesimi ripresi dalla tradizione cavalleresca precedente<ref>[http://www.italica.rai.it/scheda.php?monografia=rinascimento&scheda=rinascimento_cento_opere_trissino_italia ''Italica - Rinascimento: Giovan Giorgio Trissino,
Il risultato
== Le ricerche linguistiche ==
[[File:Frontespizio del Castellano di Giangiorgio Trissino 1529.jpg|thumb|Frontespizio del "Castellano" di Giangiorgio Trissino, 1529, stampato con lettere aggiunte all'alfabeto italiano da quello greco]]
I suoi interventi nel campo della linguistica suscitarono vivaci reazioni nel mondo letterario dell'epoca. Scrisse ''Il castellano'', dialogo immaginario tra Filippo Strozzi e Giovanni Rucellai, (1529) per una tesi "cortigiana-italianista" che sosteneva l'idea d'una lingua formata dagli elementi comuni a tutte le parlate dei letterati della penisola. Questa teoria, concorrente di quelle avanzate da Bembo e Machiavelli, era appoggiata dalla novità della pubblicazione, sempre nel 1529, della sua [[s:De la vωlgare εlωquεnzia|traduzione]] del ''De vulgari eloquentia'' di Dante Alighieri che Trissino
Accese discussioni avevano suscitato le sue proposte di riformare l'alfabeto italiano, che ha raccolto nell'''[[s:De le lettere nuωvamente aggiunte ne la lingua Italiana|Epistola de le lettere nuovamente aggiunte alla lingua italiana]]'' (1524). Trissino suggeriva l'adozione di alcune vocali e consonanti dell'alfabeto greco al fine di disambiguare suoni diversi resi allora (e ancor oggi) con la medesima grafia: ''e'' e ''o'' aperte (''ε'' e ''ω'') e chiuse, ''z'' sorda e sonora (''ζ''), nonché la distinzione delle ''i'' e ''u'' con valore di vocale o di consonante (''j'', ''v''). In seguito avrebbe riproposto questa idea (sebbene ricorrendo a grafie diverse) anche l'accademico della Crusca Anton Maria Salvini, sempre senza successo. Accolta fu invece la proposta del Trissino di utilizzare la ''z'' al posto della ''t'' nelle parole che finiscono in ''ione''.
La riforma trissiniana è rimasta un prezioso documento delle differenze di pronuncia tra toscano e lingua cortigiana perché
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