La religione greca/Le teologie dei filosofi: differenze tra le versioni

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L'unico strumento a nostra disposizione per conoscere il pensiero dei teologi greci sono quei loro testi scritti che sono giunti fino a noi. La prima difficoltà, rilevante, consiste nel fatto che il numero di questi testi è davvero minimo rispetto alla loro produzione originaria. Così la produzione filosofica ellenistica è del tutto scomparsa. In tal senso Pierre Hadot cita il caso del filosofo stoico Crisippo autore di ben 700 opere delle quali non ne conserviamo nemmeno una<ref>Cfr. Pierre Hadot. ''Esercizi spirituali e filosofia antica'', p.8</ref>.
 
Un altro importante elemento da prendere in considerazione è il fatto che come la "filosofia" antica non corrisponde allo stesso ambito di quella moderna, che, fatta eccezione ad esempio per Friedrich Nietzsche e l'esistenzialismo, consiste in una produzione prevalentemente "teorica"<ref>Il termine "teoria" origina dal greco θεωρία (''theoria'') col significato di "contemplazione", "l'essere spettatore di qualcosa", quindi θεωρέω (''theoreo'') "contemplare", "meditare". Quindi θεωρεῖν (''theorein'') rappresenta proprio il fine del filosofare in ambito greco: contemplare il Vero. Hans-Georg Gadamer ha individuato con precisione il mutamento semantico del termine occorso successivamente; ''theoria'' {{quote|rappresenta ciò che contraddistingue propriamente l'uomo, questo fenomeno frammentario e subordinato di tutto l'universo, che è tuttavia capace, nonostante la sua misura esigua e finita, della pura contemplazione dell'universo. E tuttavia sarebbe impossibile, dal punto di vista greco, formulare delle teorie. Ciò suona come se noi potessimo "fare". La parola non significa il comportamento teoretico pensato dal punto di vista dell'autocoscienza, quella distanza dall'ente che senza prenderne parte ci fa conoscere ciò che è, e con ciò lo sottomette ad un potere anonimo. La distanza della ''theoria'' è piuttosto quella della vicinanza e dell'appartenenza. Il senso antichissimo della ''theoria'' è la partecipazione alla processione festiva per l'adorazione degli dèi. La visione dell'avvenimento divino non è l'accertamento privo di partecipazione di una circostanza, o l'osservazione di un magnifico spettacolo, ma l'autentica partecipazione a ciò che avviene, un'autentica assistenza. A ciò corrisponde il fatto che la razionalità dell'essere, questa grande ipotesi della filosofia greca, non è primariamente un contrassegno dell'autocoscienza umana, ma dell'essere stesso, che in tal modo è il tutto, e che ci appare in tal modo come il tutto; ciò significa che la ragione umana è piuttosto da pensare come una parte di questa razionalità, e non come l'autocoscienza che si sa come contrapposta al tutto. Si tratta cioè di un'altra via, per così dire, in cui la riflessione umana si approfondisce in se stessa, e si ritrova: non la via verso l'interno dell'anima, a cui ci ha richiamato Agostino, ma la via del pieno abbandonarsi all'esterno, in cui tuttavia colui che cerca trova se stesso. Questa è stata la grandezza di Hegel, l'aver riconosciuto che questa via dei Greci non era una falsa via rispetto a quella moderna della riflessione in sé, che si era lasciata dietro di sé, ma è un lato che appartiene all'essere stesso.| Hans-Georg Gadamer. ''La responsabilità del pensare'', Milano, Vita e Pensiero, 2002, pp. 29-30}} </ref>, bensì fonda il proprio scopo nella formazione spirituale dell'uditore, allo stesso modo il testo scritto del filosofo antico non è una produzione coerente, bensì una forma di "appunto" riservato a degli specifici allievi.
 
«Ogni ''logos'' è un "sistema", ma l'insieme dei λόγοι scritti da un autore non forma un sistema. Ciò è evidente nel caso dei dialoghi di Platone. Ma è ugualmente vero per le lezioni di Aristotele: sono precisamente lezioni»<ref>Pierre Hadot. ''Esercizi spirituali e filosofia antica'', p.63.</ref>. Allo stesso modo, e ad esempio, «i diversi λόγοι di Plotino si adattano ai bisogni dei suoi discepoli, e cercano di produrre in loro un certo effetto psicagogico.»<ref>Pierre Hadot. ''Esercizi spirituali e filosofia antica'', p.65.</ref>.