La religione greca/Le teologie dei filosofi: differenze tra le versioni

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Laddove Pierre Hadot la intende come «la Grecia supera la rappresentazione mitica che aveva delle sue divinità, nel momento in cui i filosofi concepiscono in modo razionale Dio secondo il modello del saggio.»<ref>Cfr. Pierre Hadot. ''Esercizi spirituali e...'', p.13</ref>.
 
I "filosofi" antichi non corrispondono all’idea comune e moderna del "filosofo"<ref>Ritenere che la "filosofia" sia una disciplina sistematica con procedere teorico è un atteggiamento moderno ereditato dal Medioevo, quando, con la scolastica, la "teologia" si è differenziata semanticamente dalla "filosofia" svuotando quest'ultima degli esercizi spirituali destinandoli all'alveo della "mistica", restituendo invece al lemma "filosofia" solo il rango di ''ancilla theologiae'', ovvero il ruolo di fornire il materiale teorico alla riflessione teologica. Ad esempio il cristianesimo delle origini indicava sé stesso come φιλοσοφία (cfr. Pierre Hadot, ''Esercizi spirituali e filosofia antica'', p.67) e non ancora come ''religio'' (cfr. Michel Despland, ''Religione. Storia dell'idea in Occidente'', in ''Dictrionnaire des Religions'' (a cura di Jacques Vidal). Parigi, Presses universitaires de France, 1984. In italiano: ''Dizionario delle religioni''. Milano, Mondadori, 2007, pagg. 1539 e segg.) </ref>, in quanto la loro figura ineriva a uno stile di vita profondamente diverso dal comune vivere quotidiano<ref>Cfr. anche: «[…] nel mondo antico la filosofia non fu soltanto un corpo impersonale di dottrine , ma in primo luogo una forma di vita, un βίος che pretendeva di avere una posizione di primato rispetto a tutti gli altri modi di vita. […] Per gli antichi il filosofo era una figura riconoscibile non soltanto per ciò che diceva e per come lo diceva, ma anche per ciò che faceva, per come conduceva la propria vita, addirittura per i modi di alimentarsi o di abbigliarsi.» Giuseppe Cambiano, ''Il filosofo'' in ''Storia Einaudi dei Greci e dei Romani'' vol.2, (a cura di Salvatore Settis). Torino, Einaudi, 2008 pp. 826-7</ref>. La profonda differenza nello stile di vita filosofico rispetto a quello della gente comune era particolarmente sentitosentita da quest'ultima. Così il giurista romano Ulpiano indicasuggerisce alle autorità di non occuparsi dei litigi tra i filosofi e il loro debitori perché i primi disprezzano il denaro. «I filosofi sono dunque gente a parte, strana. Strani sono, in effetti, quegli epicurei che conducono una vita frugale praticando, nella loro cerchia filosofica, un’uguaglianza totale fra gli uomini e le donne, e persino fra le donne sposate e le cortigiane;…»<ref>Cfr. Pierre Hadot. ''Esercizi spirituali e filosofia antica'', p.13</ref>.
 
Così Socrate è ἄτοπος (''átopos'' "non qualificabile") perché è filosofo e quindi amante della σοφία (''sophía''), la sapienza, che risultando perfetta non può che essere divina e quindi non di pertinenza umana: è proprio l’amore (φιλία, ''philía'') per questa sapienza estranea al mondo che rende estraneo al mondo lo stesso filosofo<ref>Cfr. Pierre Hadot. ''Esercizi spirituali e filosofia antica'', p.12.</ref><ref>Eugen Fink ricordando come anche Hegel intendeva la filosofia come "mondo capovolto" (cfr. G.W.F. Hegel ''Fenomenologia dello spirito'') aggiunge: «ai tempi di Talete essa era già tale e si trovava in contrasto con le opinioni della massa, non in una saccenteria presuntuosa e arrogante, ma nella rischiosa impresa di lasciar andare il fondamento portante della familiarità dell'ente e di esporsi alla problematicità del mondo. In ciò la filosofia antica diviene accessibile solo a un contegno che a sua volta filosofa.» (Eugen Fink. ''Le domande fondamentali della filosofia antica'', Roma, Donzelli, 2013, p.4-5).</ref>.
 
La comparsa del pensare filosofico è tradizionalmente segnalata con le opere dei c.d.cosiddetti "presocratici" <ref>Da evidenziare come il termine di "presocratici" sia moderno. La prima opera in cui si trova l'espressione "età presocratica" corrisponde all'<nowiki></nowiki>''Allgemeine Geschichte der Philosophie'' di Johann Augustus Eberhard del 1788. A tal proposito occorre rammentare la lezione di Giorgio Colli il quale ricorda che tali autori venivano indicati nell'antichità col termine di "sapienti" (σοφοί), cfr. ''Criteri dell'edizione'' in ''La sapienza greca'' Milano, Adelphi.</ref>, a seguire con Socrate e i "sofisti" si avviano delle vere e proprie scuole "filosofiche"<ref>La "scuola filosofica «si presenta come una organizzazione chiusa, regolata e autosufficiente. Era una "comunità nella comunità", in cui si svolgevano non solo lo studio e il dibattito, ma l'esistenza stessa di scolarchi e adepti.» Luciano Canfora, ''La trasmissione del sapere- Le scuole dei filosofi'' in ''Storia Einaudi dei Greci e dei Romani'' vol.2, (a cura di Salvatore Settis). Torino, Einaudi, 2008 pp. 649. </ref>. All’inizio del periodo ellenistico emergono, sulle fondamenta dell’esperienza sofistica e socratica, numerose scuole filosofiche<ref>Oltre che Pierre Hadot, cfr. anche «Su questa falsariga si costituirono le scuole filosofiche, come gruppi di individui che intendevano praticare e promuovere un certo tipo di vita, che non si riduceva soltanto all’esercizio di determinate operazioni intellettuali o alla comune credenze in determinate dottrine. La storia della filosofia antica, dal IV secolo a.C. al V secolo d.C. è una vicenda di scuole.» Giuseppe Cambiano, ''Il filosofo'' in ''Storia Einaudi dei Greci e dei Romani'' vol.2, (a cura di Salvatore Settis). Torino, Einaudi, 2008 pp. 826-7</ref>. Ma già nel III secolo a.C. sopravvivono ad Atene solo le scuole che risultarono ben organizzate ovvero quelle fondate da Platone, Aristotele e Teofrasto, Epicuro, Zenone e Crisippo oltre che due tradizioni strettamente spirituali, lo scetticismo e il cinismo. Tutto questo si osserva per seicento anni, fino al III secolo d.C. quando, grazie a un fenomeno che emerge a partire dal I secolo d.C., determinato da "slittamenti semantici" e "reinterpretazioni delle nozioni filosofiche", il platonismo assorbe l’aristotelismo e lo stoicismo, condannando alla marginalità le altre tradizioni. Tale sintesi, neoplatonica, ha un’importanza fondamentale per l'intera civiltà occidentale perché grazie alle traduzioni arabe e alla tradizione bizantina, tale movimento di pensiero impregnerà il Medioevo e il Rinascimento conquistando il ruolo di denominatore comune delle teologie e delle mistiche ebraiche, cristiane e musulmane <ref>Cfr. Pierre Hadot. ''Esercizi spirituali e filosofia antica'', p.11</ref>.
 
====Testi scritti e insegnamenti orali====