La religione greca/Le teologie dei filosofi/Il Logos di Eraclito: differenze tra le versioni

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[[File:Site of Temple of Artemis.jpg|800px|center|thumb|Quel che resta oggi del grande tempio dedicato alla dea Artemide in Efeso, distrutto dai Goti nel 268 d.C., a cui Eraclito offrì la sua opera. {{q|Eraclito lo depose come offerta nel tempio di Artemide, a detta di alcuni, dopo averla scritta nella forma più oscura possibile, affinché vi si accostassero soltanto quelli che erano in grado di capirlo, e perché non venisse disprezzato per essere scritto in uno stile accessibile a tutti.|Diogene Laerzio, ''Vite e dottrine dei più celebri filosofi'' IX, 6. Edizione curata da [[Giovanni Reale]]. Milano, Bompiani, 2006, p. 1037}}
L'oscurità del testo di Eraclito era un fatto su cui si concordava già nell'antichità. Ancora oggi il suo testo è fonte di esegesi e di dibattito. Ad esempio, sul celebre frammento di cui al D-K 22 B 123<ref>Colli 14 [A 92]; Markovich 8; Diano 28</ref>: φύσις κρύπτεσθαι φιλεῖ, generalmente tradotto come «La natura ama nascondersi», Pierre Hadot, nel suo saggio ''Le Voile d'Isis. Essai sur l'histoire de l'idée de nature'' <ref>Paris, Gallimard, 2004, edizione italiana presso l'Einaudi di Torino.</ref> osserva acutamente come ai tempi di Ercalito la nozione di φύσις non riguardava la "natura" intesa come "insieme dei fenomeni" quanto piuttosto la consistenza di un singolo oggetto o la sua "origine". Altrettanto il termine φιλεῖ non intende un "sentimento" quanto piuttosto una "tendenza" <ref>Cfr. Erodoto II,27 "il vento 'ama' soffiare" oppure Democrito fr.179 "Grazie a quelle discipline il senso dell'onore 'ama' svilupparsi".</ref>. Sul termine κρύπτεσθαι, Hadot osserva che certamente al fr.93 indica "nascondere" («L'oracolo di Delfi, non dice, non nasconde, ma indica») ma, nella forma "media", significa "seppellire" come il termine ''kalyptein'' collegato al nome Calipso (Καλυψώ) dea della morte nell'Odissea; quindi qui il "nascondere" sarebbe piuttosto il "velare" come si fa con i cadaveri <ref>Euripide ''Ippolito'' 245-50</ref>. Migliore traduzione, per Hadot, risulterebbe quindi «Ciò che fa apparire tende a far scomparire» oppure «La forma tende a scomparire», con un risultato più adeguato alla filosofia religiosa eraclitea e una resa dei termini coeva per il suo tempo.]]
 
«Non esiste una biografia antica su Eraclito che non sia romanzata»<ref> [[Edward Hussey]], ''Eraclito'' in ''Il sapere greco - dizionario critico'' vol.2, Torino, Einaudi, 2007, p.119</ref>. Detto questo sul filosofo di Efeso possiamo dire che visse nel VI secolo a.C. quindi la sua città era parte integrante dell'Impero persiano, fatto che ha anche lasciato supporre influenze iraniche sul suo pensiero<ref>[[Edward Hussey]], ''Op.cit.'' p. 119</ref>. L'opera di Eraclito è nota fin dall'antichità per il suo stile deliberatamente enigmatico<ref>[[Edward Hussey]], ''Op.cit.'' p. 119</ref>.
{{quote|Non intendono gli uomini questo Discorso che è sempre né prima di udirlo né quando una volta lo hanno udito, e per quanto le cose si producano tutte seguendo questo Discorso, è come se non ne avessere alcuna esperienza, essi che di parole e di opere fanno pure esperienza, identiche a quelle che io espongo, distinguendo secondo la sua natura ogni cosa e mostrando come è: ma agli uomini sfugge quello che fanno da svegli, e di quanto fanno dormendo non hanno il ricordo.|Eraclito fr.1, in ''Eraclito: frammenti e testimonianze'', a cura di [[Carlo Diana]] e [[Giuseppe Serra]], Milano, Mondadori/Fondazione Lorenzo Valla, 1989, p. 7 |τοῦ δὲ λόγου τοῦδ ἐόντος ἀεὶ ἀξύνετοι γίνονται ἄνθρωποι καὶ πρόσθεν ἢ ἀκοῦσαι καὶ ἀκούσαντες τὸ πρῶτον• γινομένων γὰρ πάντων κατὰ τὸν λόγον τόνδε ἀπείροισιν ἐοίκασι πειρώμενοι καὶ ἐπέων καὶ ἔργων τοιούτων ὁκοίων ἐγὼ διηγεῦμαι κατὰ φύσιν διαιρέων ἕκαστον καὶ φράζων ὅκως ἔχει• τοὺς δὲ ἄλλους ἀνθρώπους λανθάνει ὁκόσα ἐγερθέντες ποιοῦσιν ὅκωσπερ ὁκόσα εὕδοντες ἐπιλανθάνονται|lingua=grc}}
 
Il termine λόγος (''lógos'', "Discorso") si affaccia per la prima volta nel pensiero filosofico con Eraclito:
{{quote|È proprio con Eraclito di Efeso che per la prima volta nella storia della filosofia, l'Occidente riflette sulla nozione centrale di ''logos''. Prima di significare la ragione (''ratio''), il ''logos'' delle origini doveva rivestire una molteplicità di significati: l'intelligenza, la parola, il discorso, la fama, il fuoco, la guerra, l'armonia, la relazione, la legge, la sapienza e dio non sono per l'Efesino che forme diverse per dire sempre la medesima cosa.|[[Michel Fattal]]. ''Ricerche sul logos: da Omero a Plotino''. Milano, Vita e Pensiero, 2005 p.58}}
 
Questa molteplicità di significati sono riconducibili alla "medesima cosa":