Le religioni della Mesopotamia/La letteratura religiosa in Mesopotamia/Enûma Eliš: differenze tra le versioni

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[[File:Marduk and pet.jpg|upright=1.4|thumb|Marduk, dio poliade di Babilonia, in una immagine proveniente da un sigillo cilindrico in lapislazzuli risalente al IX secolo a.C., e dedicato al dio dal re babilonese Marduk-zâkir-šumi (regno: c. 854-819 a.C.). Secondo l'iscrizione che accompagna il manufatto, esso doveva comporsi in oro ed essere appeso alla statua del dio posta nel tempio di Marduk, l'Esagila, a Babilonia. Fu rinvenuto nei resti di una casa di un artigiano di monili del periodo partico. Marduk è qui accompagnato dal serpente-drago con corna Mušhuššu (lett. "Serpente terribile"). Con la mano sinistra regge il listello e la corda, strumenti della giustizia. Il suo corpo e adornato da simboli astrali. <br>
Il nome Marduk è attestato già in antiche fonti sumeriche (ad esempio nella ''Lista degli dèi'' rinvenuta ad Abu Salabikh) nella forma di '''<sup>[[dingir|d]]</sup>''' amar.UD (o AMAR.UTU) nel probabile significato di "Giovane toro del dio Sole" o "Giovane discendente del dio Sole", il segno AMAR può indicare infatti ambedue i significati, mentre UD/UTU sta a significare il Sole). Ma il nome con cui viene più frequentemente indicato tale dio in lingua accadica, e quindi assira e babilonese, è Bēl (''bēlu''; resa del sumerico: ''en''), col significato di "Signore". Con il poema teogonico e cosmogonico dell'<nowiki></nowiki>''Enûma Eliš'', risalente al X secolo a.C. egli assurge a guida dell'intero Universo. Nella pietà religiosa babilonese egli possiede un ruolo preminente e fondamentale. {{quote|O [[Marduk (divinità)|Marduk]] guerriero, la cui ira è (come) il diluvio,<br> ma il cui perdono è quello di un padre misericordioso.<br> Parlare senz'essere ascoltato mi ha privato del sonno,<br> gridare senz'avere risposta mi ha tormentato:<br> mi ha fatto svanire le forze del cuore,<br> mi ha incurvato come se fossi un vecchio.<br> O Marduk, grande signore, dio misericordioso,<br> gli uomini, per quanti essi sono,<br>chi li può comprendere nella loro realtà?<br>(Anche) tra i nonn negligenti, chi non si è (mai) reso colpevole? Chi è colui che comprende le vie di un dio?<br> Che io possa badare a non commettere colpe!<br> Che io possa incessantemente cercare le sedi della vita!<br> L'umanità è destinata dagli dèi ad operare nella maledizione,<br> a sostenere la mano divina (che pesa) sull'uomo.|''Preghiera penitenziale a Marduk, a mano alzata (šu-íl-lá)'', 1-16. Testo cuneiforme: King, ''BMS'', n.41; Ebeling, ''LKA'' n.61. Trascrizione e traduzione Ebeling ''AGH'' 72-75 e ''SAHG'' 298-300. Traduzione in italiano di [[Luigi Cagni]]}}]]
[[File:Particolare di un ''kudurru'' del re cassita Meli-Šipak II (XII sec. a.C.), raffigurante un drago, simbolo del dio Marduk.jpg|thumb|Particolare di un kudurru in calcare del re cassita Meli-Šipak II (XII sec. a.C.), raffigurante un serpente-drago con corna (Mušhuššu, lett. "Serpente terribile") e una vanga appuntita o una spada (''marru''), simboli del dio Marduk (conservata al Museo del Louvre di Parigi).]]
 
L<nowiki>'</nowiki>'''''Enûma Eliš''''' (in [[lingua italiana|italiano]] "Quando in alto"<ref>Dal nome delle prime parole di apertura del poema (cfr. Liverani, 2009, p. 416), che, come nelle altre opere della tradizione mesopotamica, ne caratterizzano il titolo.</ref>, in cuneiforme: [[File:Enuma Elish.jpg|80px]]) è un poema teogonico e cosmogonico, in lingua accadica, appartenente alla tradizione religiosa babilonese, che tratta in particolar modo del mito della creazione e le imprese del dio [[Marduk (divinità)|Marduk]]<ref>Dio attestato fin dalla metà del III millenno a.C.; cfr., ad esempio, [[Pietro Mander]], ''Il pantheon di Abu-Salabikh'', Istituto Universitario Orientale, Dipartimento di Studi Asiatici, Napoli, 1986. </ref>, divinità poliade della città di Babilonia (''Babylōnía'', greco antico; in accadico ''Bābilāni'', da ''Bāb-ili'' che rende l'antico nome sumerico KA.DIN.GIR.RA, col significato di "Porta del Dio"<ref>Perché da lì gli dèi scendevano sulla terra (cfr. Mircea Eliade, ''Il mito dell'eterno ritorno'', Roma, Borla, 1999, p. 23.</ref>, la città amorrea fondata nel XIX secolo a.C.).