Storia della letteratura italiana/Librettisti: differenze tra le versioni

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{{Storia della letteratura italiana}}
Nel Settecento si assiste allo sviluppo e alla diffusione di due generi letterari strettamente collegati con la musica: la ''canzonetta'', cioè un breve componimento cantabile adatto a essere musicato, e il ''melodramma''. Quest'ultimo, a opera di autori come Apostolo Zeno e Pietro Metastasio, fu liberato dagli orpelli tipici del Barocco e ridotto a una «schematicità razionale». I libretti scritti dagli autori di quest'epoca si caratterizzano per un'autonomia di valori e un'impronta di eroicità che puntavano a elevare il melodramma al rango di tragedia musicale, in grado di trasporre gli ideali e i valori del teatro francese dell'epoca di Luigi XIV.<ref name="Petronio450">G. Petronio, ''L'attività letteraria in Italia'', Palermo, Palumbo, 1969, pag. 450</ref> I particolare, nella produzione di libretti e canzonette dell'Arcadia «si espressero meglio certi atteggiamenti propri della società aristocratica del tempo e di quella borghese che le faceva da corona».<ref name="Petronio450"/>
Il '''libretto''' - o '''libretto d'opera''' - è il testo, quasi sempre in [[verso|versi]], utilizzato in un'[[w:opera lirica]] o comunque musicale, quale ad esempio - appunto - l'opera, l'[[w:operetta]], l'[[w:oratorio]] e il [[w:musical]]. <br/>
Oltre alle parole destinate ad essere cantate, include anche le didascalie e talvolta una prefazione e delle note.
[[Immagine:Toscaricordi.jpg|thumb|200px|right|Libretto della Tosca (1899)]]
Il termine "libretto" è utilizzato così com'è in quasi tutte le [[w:lingua (idioma)|lingue]].
 
La fortuna del melodramma fece sì che la lingua e la letteratura italiana fossero presenti in tutti i teatri d'Europa. Lo stesso genere del libretto si rivelò un modello tra i più resistenti nella storia della letteratura, tale da rimanere in auge fino all'Ottocento. I testi, riprendendo temi e narrazioni preesistenti e attingendo alla tradizione letteraria, dovevano adattarsi agli espedienti tecnici e teatrali dell'epoca, oltre a possedere caratteristiche ritmiche e foniche tali da rendere possibile la sovrapposizione di musica e canto. Anche il lessico, d'altronde, doveva essere facilmente comprensibile dal pubblico.<ref name="Ferroni474">Giulio Ferroni, ''Profilo storico della letteratura italiana'', Torino, Einaudi, pag. 474</ref>
La funzione del libretto nell'economia di un'opera musicale è molto vario. <br/>
Alcuni compositori, ad esempio [[w:Richard Wagner]], scrissero da soli i libretti per le proprie opere, ma la maggior parte si è affidata a letterati professionisti.
 
Per quanto riguarda il metro, la struttura del libretto è suddivisa tra ''recitativi'' e ''arie'': i primi sono composti in endecasillabi e settenari con rima libera o senza rima, e corrispondono alle parti di dialogo; le arie sono invece dedicate a situazioni liriche, e si compongono di strofe brevi e variamente rimate. La bravura e l'impegno di musicisti e cantanti era dedicata in particolare a queste ultime.<ref name="Ferroni474"/>
La gran parte dei libretti deriva da opere letterarie preesistenti, talvolta classici della letteratura. Più raramente il libretto è una creazione originale, talvolta concepita in stretta collaborazione con il compositore, come accade per i libretti che [[w:Hugo von Hofmannsthal]] scrisse per [[w:Richard Strauss]].
 
[[w:PietroTra Metastasio]]i (1698&ndash;principali 1782) ([[w:pseudonimo]]autori di Pietrolibretti Trapassi)si furicordano, unooltre deiai librettistigià maggiormentecitati apprezzatiZeno ine [[wMetastasio:Europa]]. ILorenzo suoiDa librettiPonte, furonoautore utilizzatidi inimportanti diverselibretti occasionimusicati da diversiMozart; compositori.Paolo UnRolli; altroRanieri librettistade' affermatoCalzabigi, delautore [[XVIIIdi secolo]]libretti fuper [[w:LorenzoGluck; daGiambattista Ponte]]Casti. Sempre nel Settecento si sviluppò il sottogenere dell'opera buffa che, giocosa sia nella musica che scrissenel iltesto, librettoebbe pergrande trefortuna dellenell'Ottocento maggiori(si operepensi al ''Barbiere di [[w:WolfgangSiviglia'' Amadeusdi Mozart|Mozart]]Rossini). [[w:EugèneIl Scribe]]più importante autore di opere buffe fu unoGiovanni deiBattista piùLorenzi prolifici(1719-1807), librettistiche delscrisse [[XIXIl secolo|secoloSocrate successivo]]immaginario.<ref>G. Petronio, fornendo''L'attività leletteraria parolein aItalia'', [[w:GiacomoPalermo, Meyerbeer|Meyerbeer]]Palumbo, (con1969, ilpag. quale456</ref> ebbeNel unasecolo successivo durevoleebbero collaborazione)grande fama Eugène Scribe, [[w:Danielche collaborò con Meyerbeer, Auber|Auber]], [[w:Vincenzo Bellini|Bellini]], [[w:Gaetano Donizetti|Donizetti]], [[w:Gioacchino Rossini|Rossini]] e [[w:Giuseppe Verdi|Verdi]]. IlI duofrancesi francese costituito dagli scrittori [[w:Henri Meilhac]] e [[w:Ludovic Halévy]] scrissescrissero un vasto numero divari libretti per [[w:Opera lirica|opera]] e operetta, apprezzati da [[w:Jacques Offenbach]], [[w:Jules Massenet]] e [[w:Georges Bizet]]. [[w:Arrigo Boito]], che scrisse libretti, tra gli altri, per Giuseppe Verdi e [[w:Amilcare Ponchielli]], e compose anche due opere per proprio conto. A cavallo tra Ottocento e Novecento è da ricordare la coppia composta da [[w:Luigi Illica]] e [[w:Giuseppe Giacosa]], che fornì a [[w:Giacomo Puccini|Puccini]] i libretti di alcune tra le sue opere più famose.
 
==OpereNote==
Oggi, in un'opera lirica, l'importanza del libretto è generalmente ritenuta minore rispetto a quella della musica, ma per un lungo tratto della storia dell'opera - fino a buona parte del XVIII secolo - il libretto era considerato almeno importante quanto la musica, ed era normalmente l'unico ad essere pubblicato.
<references/>
 
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In alcuni casi, l'adattamento per l'opera è divenuto più famoso del testo letterario su cui si basava, come ad esempio con ''[[w:Pelléas et Mélisande (opera)|Pelléas et Mélisande]]'' da un'opera di [[w:Maurice Maeterlinck]], musicata poi da [[w:Claude Debussy]].
[[Categoria:Storia della letteratura italiana| Librettisti]]
 
==Autori di Testi per musica==
==Paolo Rolli==
 
Nacque a [[w:Roma]] dall'architetto [[w:Borgogna|borgognone]] [[w:Filippo Rolli]] e da un'Arnaldi di Todi. Suoi fratelli erano il musicista Giovanni Rolli e il letterato Domenico Rolli.
 
Fu allievo di [[w:Giovanni Vincenzo Gravina]], come [[w:Pietro Metastasio]] e [[w:Carlo Innocenzo Frugoni]]; l'impronta del maestro è sensibile nell'imitazione diretta soprattutto di [[w:Orazio]] e [[w:Catullo]], ma anche di [[w:Tibullo]] e [[w:Properzio]], negli esperimenti di [[w:metrica barbara]], nelle traduzioni di [[w:Publio Virgilio Marone|Virgilio]] ed [[w:Anacreonte]], e nelle numerose edizioni di classici che appronterà durante il suo soggiorno inglese ([[w:Lucrezio]], di cui il Rolli farà stampare per la prima volta la versione, inedita in italia, di [[w:Alessandro Marchetti (matematico)|Alessandro Marchetti]], [[w:Senofonte Efesio]], [[w:Giovanni Boccaccio]], [[w:Ludovico Ariosto]], [[w:Battista Guarini]] ecc.). Il Fabroni, nelle ''Vitae Italorum doctrina excellentium qui saeculi XVII e XVIII floruerunt'' Pisa 1783) sostiene che il Rolli e [[w:Domenico Ottavio Petrosellini]] "quod emersissent e barbarie, quae superiori saeculo humaniores litteras offuscaverat, unice se Gravinae debere profitebantur" (pp. 15-16). Leggerà con profitto ''Della perfetta poesia'' di [[w:Ludovico Antonio Muratori]] nello studio dell'avvocato e poeta arcade [[w:Giovanni Battista Zappi]], e imita uno dei primissimi arcadi come [[w:Alessandro Guidi]] nelle canzoni ''Musa, che il giovenil mio cuore accendi'' (1711) e ''Del genio di cantar le lode altrui'' (1716); ma soprattutto, come ha dimostrato [[w:Carlo Calcaterra]], la sua vena aggraziata e festosa, particolarmente notevole nelle rime galanti e mondane, si rifà alla poesia melica del tardo [[w:XVII secolo]], in specie a quella di [[w:Francesco De Lemene]]; come il suo rivale [[Pietro Metastasio]] il Rolli impiega ancora la morbida lingua poetica del [[w:Giambattista Marino|Marino]].
 
==Il periodo romano. In Arcadia==
 
Fu [[w:Accademia dell'Arcadia|arcade]] col nome di ''Eulibio Discepolo''; con lo scisma del 1711, seguìto allo scontro tra [[w:Giovanni Vincenzo Gravina]] e [[w:Giovanni Mario Crescimbeni]], seguirà il maestro, affiliandosi (1714) all'Accademia dei Quirini. Essa prospera all'ombra del primo dittatore perpetuo, il fiorentino cardinale [[w:Lorenzo Corsini]], poi papa col nome di [[w:Clemente XII]], che ospita gli accademici (impegnati in quello che chiamano l' ''agonale'', cioè il luogo in cui convengono per recitare) d'inverno nel proprio palazzo cittadino, e d'estate nella propria villa.
 
==Il periodo londinese==
 
Trasferitosi a [[w:Londra]] tra la fine del 1715 e l'inizio del 1716 vi risiede per ventinove anni scrivendo libretti per i principali musicisti attivi nella capitale, stampando insegnante d'italiano e di canto (tra l'altro è precettore dei figli di [[w:Giorgio II]] e poeta ufficiale della [[w:Royal Academy of Music]], che fu inaugurata con la rappresentazione del suo ''Numitore'', con musica di G. Porta.<br>
A Londra scrisse una dozzina di libretti per [[w:Nicola Porpora]] (tra cui ''Davide e Bersabea'', e un oratorio), [[w:Giovanni Bononcini]] (''Astarto''; ''Crispo''; ''Griselda''; ''Erminia'') e almeno cinque per la musica di [[Georg Friedrich Händel|Handel]] (''Floridante'', 1721; ''Scipione'', [[1726]]; ''Alessandro''; ''Riccardo I re d'Inghilterra'', 1727; ''Deidamia'', 1741, quest'ultimo il più drammaticamente efficace; ad essi forse dev'essere aggiunto il ''Sosarme''; oltre ai melodrammi, il genio di [[w:Halle]] intonò almeno 3 cantate del Rolli). Si aggiungano anche una ''Penelope'' per [[w:Baldassarre Galuppi]], un ''Partenio'' e una ''Rosalinda'' (da ''Come vi piace'' di [[w:William Shakespeare]]) per [[w:Francesco Maria Veracini]], un ''Alfonso'' e un ''Alceste'' per [[w:Giovanni Battista Lampugnani]]. Comunque sia, nonostante il lavoro di librettista gli riuscisse odioso (ma era molto redditizio: nell'ultimo periodo percepiva 300 sterline per un libretto), avrebbe scritto altri libretti anche tornato in Italia, come quello di un ''Teti e Peleo'', del [[1749]], verosimilmente mai musicato e tra i suoi poeticamente più felici. Nella quasi totalità dei casi si tratta di opere rimaneggiate da altri autori, in maniera assai pesante ma non tale da segnare un miglioramento rispetto ai modelli (A. Salvi, N. Minato, M. Noris, G. Gigli, [[w:Francesco de Lemene]], [[w:Apostolo Zeno]], [[w:Pietro Metastasio]]), né in senso poetico né, men che meno, in senso drammatico: l'azione è fiacca e involuta, la ricerca di ritmi originali è spesso infelice, le immagini sono generalmente poco aggraziate. Tutti limiti che Haendel non mancò di rilevare piuttosto impietosamente.
 
Fu questa mancanza di stima da parte del compositore sassone, con ogni probabilità, che rese impossibile al Rolli intrattenere buoni rapporti con lui. Nel periodico «Craftsman» il 7 aprile 1733 comparve un articolo diretto e brutale contro Handel, la cui paternità, nonostante sia a firma del Rolli, è stata a lungo discussa; ma secondo alcuni è certamente attribuibile a lui in séguito al ritrovamento, presso la Biblioteca Comunale di [[w:Siena]], di una versione italiana dello stesso articolo tra le carte rolliane (evidentemente la minuta dell'articolo poi tradotto e pubblicato in inglese in forma anonima)
 
Durante il suo soggiorno londinese godette di una discreta fortuna: si narra infatti che le dame londinesi amassero portare scritti sul proprio ventaglio alcuni versi di questa canzonetta rielaborata dal Rolli su un'aria Metastasiana:
 
 
{{Quote|Il mistero in Amor, se lo credete, Ninfe belle, è follia.<br>
 
È follia se nascondete,<br>
Ninfe belle, il vostro affetto:<br>
A svelarlo, se 'l tacete,<br>
Un pallor viene improvviso,<br>
Un rossor basta, un sorriso:<br>
Parla un guardo ed un sospir<br>
Ninfe vaghe, quel che piace<br>
Quanto invan s'asconde o tace!<br>
Presto o tardi - vien a i guardi<br>
Quel che il labbro non può dir.|Paolo Rolli}}
 
==Il ritorno in Italia==
 
Nel 1744, in un clima assai mutato, dopo numerose polemiche con vari letterati inglesi e in un'atmosfera sempre meno conciliante con tutto quanto proviene dall'Italia (in specie il melodramma, contro cui Addison sullo ''Spectator'' e Arbuthnot conducono da anni pesanti campagne denigratorie), il Rolli torna in patria, stabilendosi definitivamente nella città materna, [[w:Todi]], dove, ricco e soddisfatto, attende alla correzione e alla stampa definitiva delle sue opere. Nel 1735 è stato ascritto dalla nobiltà tudertina alla prima classe del patriziato. Si spegne serenamente.
 
==Opere==
 
Pubblicò un volume di ''Rime'' (Londra, 1717), molto fortunato, e due libri di "''Canzonette e cantate'' (Londra, 1727). La parte più viva della sua opera è contenuta negli ''Endecasillabi'' (una sezione delle ''Rime'') e nelle ''Canzonette''. Tra queste ebbe fortuna sterminata ''La neve è alla montagna'', imitata in séguito da [[w:Giovanni Battista Casti]] e da molti altri. La canzonetta ebbe tanta fortuna da sfuggire immediatamente di mano all'autore, per quanto celebre; tantoché [[w:Carlo Innocenzo Frugoni]], incaricato di imitarla, seppe solo dopo averne fatto due plagi chi ne fosse l'autore (già per altri versi famoso); scriveva infatti da [[w:Parma]], il 23 dicembre 1728 al marchese Ubertino Landi a [[w:Piacenza]]: "È qui scappata fuori una canzonetta d'incerto autore, che comincia: ''La neve è alla montagna'', ed ella non è del tutto disavvenente. Ha certi tratti di bellezza pastorale, che puon piacere anche agl'intendenti. Qui le Dame la cantano e le han dato un'aria, che ben le siede. Io sulla misura di detta canzone due ne ho dovuto fare. Una è quella che con questo corrier vi mando. L'altra con l'altro spedirovvela".
La sua importanza nell' evoluzione del gusto arcadico verso il rococò è evidente negli aggraziati ''Endecasillabi''.
Pubblicò tutta la sua opera nei tre volumi dei suoi "''Poetici componimenti''" (1753).
Tradusse in italiano:<br>
[[w:Paradiso perduto (poema)|Il paradiso perduto]] di Milton (1729-1735) <br>
le ''Odi'' di [[w:Anacreonte]] (1739).
 
Paolo Rolli tentò inoltre di trasporre nella versificazione italiana l'[[w:endecasillabo]] falecio della [[w:metrica classica]], unendo un quinario sdrucciolo con un quinario doppio.
Questo tipo di endecasillabo infatti è detto ''endecasillabo rolliano''.
 
[[w:Carlo Calcaterra]] (1926) così ne rileva la più specifica cifra stilistica: "In altre parole il Rolli fu poeta. Senza dubbio ha anch'egli la sua zavorra: l'oda ''La Poesia'' è un'esercitazione accademica sermoneggiante e donoccolata; l'oda ''Al Conte di Galasso'' è priva di qualsiasi ispirazione; l'oda ''Ad Alessandro Polwarth'' vorrebbe essere un pezzo di bravura ed è plumbea fatica; nell'oda ''Al Passionei'' egli vorrebbe apparir vate magnifico con la zimarra di Febo, e fa sonante retorica; nella canzone ''Per la nascita dell'Arciduca d'Austria'' (1716), come i [[w:Gabriello Chiabrera|chiabreristi]] e i [[w:Alessandro Guidi|guidiani]], si atteggia a emulo di Pindaro e finge di parlar con gli Dei e con le Muse, e quanto più alza la voce, tanto più soffoca nella declamazione; altre sue odi vorrebbero essere oraziane nelle movenze e nelle forme e non ci toccano, perché prive di qualsiasi intimo fuoco. Così dicasi della maggior parte de' sonetti e delle ''Tudertine'' e de' suoi melodrammi: sentesi l'artefice laborioso, non l'animo che detta. Ma negli ''Endecasillabi'' ha alcuni tocchi vivi e delicatissimi". (P. R., ''Liriche'', con un saggio su ''La melica italiana dalla seconda metà del Cinquecento al Rolli e al Metastasio'' e note di Carlo Calcaterra. UTET, Torino 1926).
 
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