Peeragogia/Giocare e Apprendere: differenze tra le versioni

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<div align="justify"> Autori principali: Bryan Alexander, Anna Keune
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Autori principali: Bryan Alexander, Anna Keune
 
'''''Che cosa ha a che fare il gioco con l’apprendimento tra pari? '''''
 
È possibile rispondere a questa domanda riflettendo su diversi livelli
== L’individuo gioca e apprende ==
Esistono dei legami profondi tra il gioco e l’apprendimento nella singola persona. Consideriamo per esempio, il modo in cui impariamo le regole di un gioco semplicemente giocandoci. La prima volta che giochiamo a carte o a un gioco di simulazione sul pc o che pratichiamo uno sport mettiamo alla prova i limiti delle regole e anche la nostra capacità di capire. Gli attori imparano le loro parti attraverso il processo dinamico dell’esibizione. L’apprendimento che ne risulta viene assorbito tutto in una volta, ma accresce nel tempo tramite un processo emergente che reiterandosi si fa via via più manifesto. In altre parole più giochiamo a un gioco, più impariamo a farlo. Insieme alle regole del gioco impariamo qualcosa sull’argomento che il gioco rappresenta che sia un gioco di strategia (gli scacchi, per esempio) o la simulazione di un conflitto economico ([http://it.wikipedia.org/wiki/EVE_Online EVE ONLINE]). Prima di tutto questa è una funzione dell’arte. Un evento storico si impara guardando dei dipinti o dei film che lo riguardano, leggendo dei romanzi storici o dei saggi, oppure – se consideriamo i giochi come oggetti estetici – giocando a dei giochi su un determinato argomento. Questa funzione di rappresentazione è un aspetto significativo del gioco da [http://it.wikipedia.org/wiki/Kriegspiel Kriegspiel] in avanti; senza dubbio sin da quando esiste la concezione degli scacchi come pratica per il governo di uno stato. In secondo luogo, il processo del gioco rivela nuove dimensioni dell’argomento, così come approcci e combinazioni diverse mostrano più contenuti sullo stesso argomento. Pensiamo alla fine di una giocata a scacchi in confronto alle mosse iniziali, o come i bravi giocatori di videogiochi abbiano bisogno di imparare nuove capacità per affrontare sfide sempre più difficili. A un altro livello, oltre le regole e il tema di un gioco, giocare ci dice qualcosa su noi stessi, ci insegna quale sia la nostra natura; il gioco, infatti, può dare la spinta a una persona per cambiare ([http://it.wikipedia.org/wiki/Vygotsky Vygotsky], 1966). Quando si gioca con gli altri, sia a [http://it.wikipedia.org/wiki/Fantacalcio fantacalcio] sia a [http://it.wikipedia.org/wiki/World_of_Warcraft World of Warcraft], si imparano anche le regole sociali, dalla cultura generale alla personalità, ai meccanismi di squadra. Pensiamo al modo in cui i bambini si fanno strada nella conoscenza delle regole sociali e del mondo fisico. Inoltre i buoni giochi si riflettono in una buona pratica dell’insegnamento, in quanto strutturano l’esperienza di gioco del singolo perché si adatti al loro regime di competenza (cfr. la zona di apprendimento prossimale di Vygotsky, a la Gee (70)). Ciò significa che un gioco sfida i giocatori a un livello adatto alle loro abilità e conoscenze: adeguato quanto basta per rendere possibile il gioco, ma anche stimolante per evitare di annoiarsi e come spunto di crescita per il giocatore. Un videogame è un esempio di una struttura a livelli profonda, dove i giocatori avanzano a tappe di crescente difficoltà, e procedono solo se cresce anche la loro competenza. L’interpretazione dei ruoli a teatro permette agli attori di esplorare e provare i concetti (Boal 1979). In più, assumere un atteggiamento di gioco, aiuta l’individuo ad andare incontro alle sfide con curiosità insieme per mettere in moto le idee e la conoscenza pratica. L’energia attivata dal gioco può a tutti gli effetti portare una persona oltre i limiti formali di un evento, dato che i giocatori possono immaginare che il gioco possa continuare. (Bereiter & Scardamalia, 1993) "Tutti i sistemi di gioco sono, alla base, sistemi di apprendimento". (Thompson and Brown, 97)