Vocabolario del pensiero greco antico: differenze tra le versioni

Contenuto cancellato Contenuto aggiunto
Bolner (discussione | contributi)
Bolner (discussione | contributi)
Riga 18:
 
==Eros ({{polytonic|ἔρως}})==
L''''Eros''', che significa amore, è la forza vitale che muove il pensiero e la filosofia stessa, fungendo da tramite fra la dimensione terrena e quella sovrasensibile.<ref>Cfr. G. Reale, Eros demone mediatore, Milano, Rizzoli, 1997.</ref>
 
Il concetto antico di eros (tradotto in latino con Cupido, Amor) è spesso associato all'attrazione sessuale ma anche, inteso come forza che tiene uniti elementi diversi e talora contrastanti senza arrivare ad annullarli, all'amicizia e, con la finalità di unire in un unico corpo sociale una moltitudine di cittadini, alla politica. Nella cultura greca antica Eros compare nei testi orfici e nella ''Teogonia'' di Esiodo<ref>«Al contrario da Esiodo sappiamo che il primo a nascere fu il Caos; poi Gea/dal largo petto a sostenere il tutto sempre salda/ed Eros... Parmenide dal canto suo si esprime così a proposito della sua origine: Eros è la prima divinità che la Dea [Dike] inventò» (in Platone, ''Simposio'', Firenze, Giunti Editore, 2004, p. 29).</ref> come un'entità primigenia vivificatrice dell'universo.<ref>Aristotele, ''Met.'' I, 4, 984b 25 e sgg.</ref>
Riga 35:
 
{{Quote|Vive tra la sapienza e l'ignoranza, ed ecco come avviene: nessun dio si occupa di filosofia e nessuno tra di loro ambisce a diventare sapiente perché tutti lo sono già. Chiunque possegga veramente il sapere, infatti, non fa filosofia; ma anche chi è completamente ignorante non si occupa di filosofia, e non desidera affatto la sapienza. Proprio questo è sconveniente nell'essere ignoranti: [...] non si desidera qualcosa se non si avverte la sua mancanza.<ref>Platone, ''Simposio'', XXIII.</ref>}}
Secondo Platone infatti Eros era figlio di ''Pòros'' (Abbondanza) e ''Penìa'' (Povertà): la filosofia intesa come ''eros'' è dunque essenzialmente amore ascensivo, che aspira alla verità assoluta e disinteressata (ecco la sua abbondanza);<ref>Pòros significa propriamente «ingegno», «espediente», e quindi capacità di procurarsi arricchimento e abbondanza (cfr. Bianca Spadolini, ''Educazione e società. I processi storico-sociali in Occidente'', Roma, Armando Editore, 2004, p. 56 e Italo Gallo, ''Riflessioni e divagazioni sulla grecità'', Edizioni dell'Ateneo, 2004, p. 54).</ref> ma al contempo è costretta a vagare nelle tenebre dell'ignoranza (la sua povertà).<ref>«Poiché Eros è figlio di Poros e di Penìa, si trova nella tale condizione: innanzitutto è sempre povero, e tutt'altro che bello e delicato come dicono i più; al contrario è rude, sempre a piedi nudi, vagabondo, [...] perché ha la natura della madre ed è legato al bisogno. D'altro canto, come suo padre, cerca sempre ciò che è bello e buono, è virile, audace, risoluto, gran cacciatore [...]; è amico della sapienza ed è ricco di trucchi, e così si dedica alla filosofia nell'arco di tutta la sua vita» (''ibidem'').</ref> Concetti già presenti nel socratico «sapere di non sapere», come pure in altri miti di Platone, ad esempio quello della caverna dove gli uomini sono condannati a vedere solamente le ombre del vero.<ref>Platone, ''La Repubblica'', libro VII.</ref>
 
Il dualismo e la contrapposizione tra verità e ignoranza era così vissuta da Platone, ma anche già dal suo maestro Socrate, come una profonda lacerazione, fonte di continua irrequietezza e insoddisfazione. Questo dualismo sarà, a ben vedere, il tema ricorrente di tutta la filosofia occidentale, di cui ''eros'' è in un certo senso il simbolo.