Vocabolario del pensiero greco antico: differenze tra le versioni

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Ma le testimonianze principali sulla nozione di daimon investono soprattutto la figura di Socrate, il quale avrebbe riferito di un ''dàimon'' o spirito-guida che lo assisteva spesso in ogni sua decisione. Con questo termine egli sembra indicare l'autentica natura dell'anima umana, la sua ritrovata coscienza di sé.<ref>Cfr. Paolo De Bernardi, ''Socrate, il demone e il risveglio'', in «Sapienza», vol. 45, editrice Domenicana Italiana, Napoli 1992, pagg. 425-43.</ref> Si tratta anche probabilmente di una sorta di "coscienza morale" che si rivela come forma ispirazione e di delirio divino.<ref>Monique Canto-Sperber, ''Socrate'', ne ''Il sapere greco. Dizionario critico'', vol. II, Torino, Einaudi, 2007, p. 296.</ref>
Kant avrebbe successivamente paragonato questa voce socratica, o principio "divino", all'imperativo categorico, cioè alla coscienza morale dell'uomo. E' stato anche rilevato come il daimon fosse per Socrate espressione della sua fede nella verità e in un governo divino del mondo, la stessa fede che lo indusse a riconoscere e rispettare la sacralità delle leggi della polis, spingendolo ad accettare la condanna a morte.<ref>Emanuele Severino, ''La filosofia dai greci al nostro tempo'', I, BUR, Milano 2004, p. 116.</ref>
 
Secondo la testimonianza di Platone, in Socrate si tratta di una presenza che si fa avvertire non tanto per indurlo a compiere certe azioni, ma solo per distoglierlo: