Pittura lombarda dell'Ottocento: differenze tra le versioni

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La facciata del Duomo di Milano in primissimo piano è quasi del tutto esclusa dallo spazio visivo, mentre il fianco dell’edificio proietta un cono d’ombra sulla strada brulicante di folla. Nel cuore della città sono raffigurati tutti gli strati sociali - popolani, borghesi e aristocratici -, i banchi di vendita, le carrozze, con una intensa vena narrativa che si sofferma a descrivere i dettagli più minuti della vita quotidiana. L’aspetto umile e feriale della città, con il suo ritmo concitato, diviene protagonista della veduta che relega il Duomo nel ruolo di imponente quinta architettonica, ma ancora nume tutelare e simbolo cittadino.
Il dipinto rappresenta una prova di maturità per l’interpretazione vivace e personale del soggetto che si affranca, finalmente, dagli usuali modelli di riferimento di Giuseppe Canella, abbandonando la visione dilatata da cannocchiale ottico, per adottare un punto di fuga fortemente decentrato e un deciso contrasto di luci. Il gusto cronachistico nella rappresentazione delle scene di vita contemporanea accomuna l’opera alla produzione matura di Angelo Inganni, caratterizzata dalla fusione tra pittura di genere e veduta prospettica, la cui fortuna persistette ben oltre la metà del secolo. Si conosce una variante, erroneamente attribuita a Giuseppe Canella, già di proprietà del marchese Zanoletti, che differisce dall’opera in Collezione soltanto nei personaggi in primo piano, a riprova di una produzione quasi seriale del soggetto destinata al grande pubblico.
Dal novembre 2011 l’opera è visibile nell’allestimento delle Gallerie d’Italia a Milano.
 
 
[[File:Artgate Fondazione Cariplo - Canella Carlo - Veduta della chiesa di Santa Maria della Pace in Milano.jpg]]
 
L’artista impagina la veduta prospettica della chiesa quattrocentesca di S. Maria della Pace a Milano impiegando un punto di vista decentrato e un chiaroscuro dai decisi contrasti di ombra e luce, caratteristici della sua produzione pittorica matura. Il popolo minuto impegnato in varie attività si raccoglie nello spiazzo antistante la chiesa, descritta in tutti i dettagli dell’architettura con precisione documentaria. Un uomo a cavallo si addentra nella strada che corre lungo il fianco dell’edificio, mentre sul fondo due figurette in controluce procedono verso lo spazio luminoso, appena accennato in lontananza, con un abile artificio per conferire profondità prospettica alla scena.
Il dipinto è accostabile alla veduta della Chiesa di S. Fermo a Verona del 1838 (Milano, Galleria d’Arte Moderna), con il quale condivide il caldo cromatismo e l’impaginazione prospettica, ripetutamente adottati dall’artista nella rappresentazione di diversi edifici religiosi. L’opera rivela un’approfondita conoscenza del repertorio di Giovanni Migliara, ma aggiornato sulle opere del celebre fratello dell’artista, Giuseppe Canella. Da quest’ultimo derivano la resa naturalistica e atmosferica del cielo e dei passaggi chiaroscurali.
Domiciliato in Milano fin dal 1842, Carlo Canella fissò la propria abitazione non lontano dal luogo rappresentato, al n. 81 di Largo di Porta Tosa, come riferisce il cartellino sul retro dell’opera e come documentano dal 1850 i cataloghi delle Esposizioni di Belle Arti di Brera. Partecipò con continuità alle rassegne espositive milanesi presentando un ricco repertorio di vedute di città italiane, ritratti e interni, nel quale la cattedrale cittadina occupò un posto di rilievo, come documenta il Duomo di Milano e la Corsia dei Servi in Collezione.
Dal novembre 2011 l’opera è visibile nell’allestimento delle Gallerie d’Italia a Milano.