Pittura lombarda dell'Ottocento: differenze tra le versioni

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La sua formazione avviene nell’ambiente familiare, grazie all’insegnamento del padre, Giovanni, decoratore e scenografo. Dal 1829 è regolarmente presente alle esposizioni dell’Accademia di Belle Arti di Brera con un repertorio di vedute cittadine, ritratti e scene di genere di gusto neofiammingo. Si dedica sporadicamente alla pittura di paesaggio e dalla metà degli anni Trenta si specializza nell’esecuzione di vedute prospettiche di diverse città italiane, privilegiando Milano e Verona, sulle suggestioni delle coeve ricerche del fratello maggiore Giuseppe. Nel 1842 si trasferisce definitivamente a Milano, ma continua ad inviare le sue opere alle rassegne espositive veronesi. Nella produzione della maturità ripete stancamente i medesimi soggetti, spesso riproponendo i modelli di maggior successo del fratello, ed esegue vivaci scene di genere di gusto aneddotico che figurano all’Esposizione internazionale di Oporto del 1865 e all’Esposizione Nazionale di Napoli del 1877.
 
'''Canella Carlo - Il Duomo di Milano e la Corsia dei Servi'''
 
 
[[File:Artgate Fondazione Cariplo - Canella Carlo - Il Duomo di Milano e la Corsia dei Servi.jpg|Canella Carlo - Il Duomo di Milano e la Corsia dei Servi]]
 
In seguito al suo trasferimento a Milano nel 1842 e dietro consiglio del più celebre fratello Giuseppe, Carlo Canella si esercitò nell’esecuzione degli scorci cittadini più caratteristici e richiesti dal mercato. Il Duomo, ripreso da diversi punti di vista e in varie condizioni atmosferiche, divenne un soggetto ricorrente nella sua produzione, ripetutamente presentato alle rassegne espositive milanesi e veronesi tra il 1858 e il 1867.
La versione in Collezione raffigura l’imbocco della Corsia dei Servi sulla Piazza del Duomo, origine dell’antico asse viario che da Milano conduceva a Bergamo. Attualmente dedicato a Vittorio Emanuele, il corso deriva il nome dall’antica chiesa gotica di S. Maria dei Servi, riedificata in forme neoclassiche all’inizio dell’Ottocento e quindi intitolata a san Carlo.
La facciata del Duomo di Milano in primissimo piano è quasi del tutto esclusa dallo spazio visivo, mentre il fianco dell’edificio proietta un cono d’ombra sulla strada brulicante di folla. Nel cuore della città sono raffigurati tutti gli strati sociali - popolani, borghesi e aristocratici -, i banchi di vendita, le carrozze, con una intensa vena narrativa che si sofferma a descrivere i dettagli più minuti della vita quotidiana. L’aspetto umile e feriale della città, con il suo ritmo concitato, diviene protagonista della veduta che relega il Duomo nel ruolo di imponente quinta architettonica, ma ancora nume tutelare e simbolo cittadino.
Il dipinto rappresenta una prova di maturità per l’interpretazione vivace e personale del soggetto che si affranca, finalmente, dagli usuali modelli di riferimento di Giuseppe Canella, abbandonando la visione dilatata da cannocchiale ottico, per adottare un punto di fuga fortemente decentrato e un deciso contrasto di luci. Il gusto cronachistico nella rappresentazione delle scene di vita contemporanea accomuna l’opera alla produzione matura di Angelo Inganni, caratterizzata dalla fusione tra pittura di genere e veduta prospettica, la cui fortuna persistette ben oltre la metà del secolo. Si conosce una variante, erroneamente attribuita a Giuseppe Canella, già di proprietà del marchese Zanoletti, che differisce dall’opera in Collezione soltanto nei personaggi in primo piano, a riprova di una produzione quasi seriale del soggetto destinata al grande pubblico.
Dal novembre 2011 l’opera è visibile nell’allestimento delle Gallerie d’Italia a Milano.
 
==Filippo Carcano==