Gallerie di piazza Scala/III: differenze tra le versioni

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*Dimensioni Altezza: 44.5 cm. Larghezza: 59.2 cm.
*[[File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara_Giovanni,_Interno_di_una_chiesa_in_Lombardia.jpg|thumb|600px|32. Giovanni Migliara, ''Interno del Duomo di Pisa'', 1835]]
 
Il dipinto, erroneamente identificato con una veduta di una chiesa di Lombardia, ritrae invece una veduta dell’Interno del Duomo di Pisa, eseguita su commissione e presentata all’Esposizione di Belle Arti di Brera nel 1835. Il soggiorno toscano dell’autunno del 1825 aveva fornito all’artista un ricco repertorio di luoghi e monumenti riutilizzato in tempi successivi, anche a distanza di molti anni, come documentano le opere presentate alle esposizioni braidensi tra il 1828 e il 1835, dove figurano la Loggia dei Lanzi e il Camposanto pisano. A queste date nuovi soggetti si affiancavano alle vedute lombarde e milanesi che avevano contraddistinto la produzione dell’artista garantendogli un indiscusso successo di pubblico e critica.
Numerosi studi preparatori per l’opera in esame e una redazione ad olio del soggetto di dimensioni ridotte conservata a Alessandria (Musei Civici) documentano l’interesse di Migliara per il Duomo di Pisa e ci restituiscono il suo rigoroso metodo di studio dal vero, adottato durante i numerosi viaggi in Italia.
Per questa veduta prospettica, in particolare, l’artista si serve della pianta dell’edificio, di alcuni disegni d’insieme e di particolari architettonici e decorativi, attualmente conservati nella raccolta dei Civici Musei di Alessandria, tra i quali quello della antica acquasantiera attorno alla quale si raccoglie un piccolo gruppo di visitatori. La scena galante diventa il fulcro del dipinto, messo in evidenza dal fascio di luce che attraversa la scena diagonalmente, proveniente dalla porta d’ingresso appena socchiusa. Migliara la compone con diversi personaggi: una fanciulla, e un’elegante figura femminile ritratta di spalle, accompagnata da un giovane che, tolto il cappello, porta la mano all’acquasantiera.
Il dato reale registrato nei taccuini è un fondamentale aiuto mnemonico per ricostruire l’ambiente, ma l’artista se ne serve assemblando punti di vista diversi e congruenti tra loro realizzando, infine, un quadro ‘d’invenzione’ che pure mantiene ben riconoscibile il luogo rappresentato. Il risultato è una veduta prospettica che accorpa diversi ambienti, amplificata come in una visione grandangolare, dove si moltiplicano le prospettive e le scene attraverso le quali si svolge il racconto.
Per realizzare composizioni complesse come l’opera in Collezione, l’artista si serve anche di dipinti di piccole dimensioni come studi preparatori, che in seguito immette sul mercato, dove ricostruisce dettagliatamente la griglia spaziale e gli effetti di luce, ma senza inserire alcun personaggio. Lo dimostra un piccolo olio dei Civici Musei di Alessandria che riproduce esattamente la porzione destra del dipinto in Collezione, corrispondente alla navata laterale dell’edificio, e che verosimilmente è stato integrato nella redazione finale con la veduta del transetto - da dove prende avvio la solenne processione, completamente avvolta nell’ombra - e con l’aggiunta, al centro, di figure in abiti contemporanei.
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