Gallerie di piazza Scala/IX: differenze tra le versioni

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Nel 1880 Mosè Bianchi espone Il ritorno dalla sagra alla Promotrice di Genova e all’Esposizione di belle arti di Brera riscuotendo i favori della critica e del pubblico. Il dipinto entra successivamente nella collezione di Ferdinando Salterio per essere infine acquistato nel 1984. Il successo ottenuto al tempo dell’esposizione braidense rende il soggetto di quest’opera particolarmente richiesto dai collezionisti giustificandone le numerose repliche, fra le quali la più significativa è datata 1887, proveniente dalla raccolta di Francesco Ponti e oggi conservata alla Galleria d’Arte Moderna di Milano.
La vivace scena di genere vede protagonisti due chierichetti raffigurati lungo un sentiero della campagna brianzola di ritorno da una sagra; nel viottolo, percorso in lontananza dal gruppo più compatto degli altri chierichetti, si fa loro incontro sotto una pioggia che pare incessante un chiassoso gruppo di oche. Il soggetto non è nuovo nella pittura di genere dell’artista monzese ma si arricchisce qui dell’ambientazione all’aperto, resa con sapienti effetti di luce e suggestivi accostamenti cromatici, elementi pittorici che caratterizzano il naturalismo lombardo.
 
*[[File:Artgate Fondazione Cariplo - Segantini_Giovanni,_Il_coro_della_chiesa_di_Sant%27Antonio_in_Milano.jpg|thumb|499px|134. Giovanni Segantini, ''Il coro della chiesa di Sant'Antonio in Milano'', 1879
 
Raffigurante il coro della chiesa di Sant’Antonio abate di Milano, dove un chierichetto è intento a preparare gli spartiti per la prossima liturgia, il dipinto rappresenta il saggio di pittura col quale Segantini, ormai al termine dei suoi studi, partecipa all’annuale manifestazione dell’Accademia di Brera. Il successo di critica è tale che il dipinto viene acquistato dalla Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente ed assegnato per sorteggio al socio Paolo Guicciardini mentre una seconda versione di minori dimensioni sarà eseguita nel 1882 (ubicazione sconosciuta). L’abilità dimostrata nell’eseguire l’opera in Collezione attira nel 1879 anche l’attenzione del mercante Vittore Grubicy che inizia da allora a finanziare l’artista, spingendolo negli anni seguenti verso le più moderne ricerche divisioniste.
Segantini sceglie per il proprio debutto una veduta prospettica d’interni, proseguendo sulla linea tracciata nell’ambito del naturalismo lombardo da Mosè Bianchi e Filippo Carcano, ai quali egli guarda con particolare attenzione soprattutto per la resa pittorica degli effetti luministici. Ed è infatti la luce ad essere protagonista del dipinto: essa irrompe all’interno della chiesa dalla finestra in alto dove un tendaggio rosso la attutisce solo in parte, lasciando in penombra la grande tela raffigurante S. Antonio eremita, e si irradia verso il basso accendendo di bagliori gli stalli lignei del coro. I sapienti accostamenti delle diverse tonalità brune descrivono il degradare dell’ombra dall’alto verso il basso secondo una direzione che è accentuata dal taglio verticale della composizione. Ne risulta un’opera dove la non comune abilità pittorica del giovane è precoce indizio di un’eccezionale carriera artistica.
 
*135. Giovanni Segantini, ''La raccolta dei bozzoli'', 1882-1883]]
 
*[[File:Artgate Fondazione Cariplo - Segantini_Giovanni,_Il_lavoratore_della_terra_o_Lavoratore_dei_campi.jpg|thumb|499px|136. Giovanni Segantini, ''Il lavoratore della terra'', 1886]]
 
 
L’opera proviene dalla collezione di Alberto Grubicy, fratello del pittore e mercante d’arte Vittore, principale mecenate di Segantini. Nel 1899 Alberto la presenta assieme ad altre di sua proprietà e a quelle degli eredi del pittore alla mostra allestita alla Permanente di Milano a pochi mesi dalla sua prematura scomparsa. Il cartone giunse successivamente nella raccolta milanese di Giuseppe Benzoni, dispersa all’asta nel 1926, anno in cui l’opera apparve alla mostra dedicata al pittore in occasione della XV Esposizione internazionale d’arte della città di Venezia. Nella seconda metà del Novecento entra a far parte della collezione milanese di Nedda Grassi che la donerà alla Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde nel 1975.
Eseguito a carboncino e biacca, condivide il soggetto di un altro disegno, di minori dimensioni ma pittoricamente definito in ogni dettaglio, esposto nel 1888 ed oggi conservato in una raccolta privata svizzera. Il formato ingrandito dell’opera in Collezione, il segno secco e rapido quasi a suggerire un ricalco, e la stessa tecnica disegnativa, ne suggeriscono l’ipotesi di realizzazione o utilizzo da parte di Segantini quale cartone o disegno preparatorio per un’opera di grandi dimensioni, forse mai realizzata. Entrambi i disegni appartengono alla serie di studi compiuti sul lavoro agricolo a Savognino, paese del Cantone dei Grigioni dove Segantini, grazie al sostegno finanziario di Vittore Grubicy, si era trasferito con la famiglia nel 1886, e dove conduceva le prime sperimentazioni divisioniste che lo porteranno ad elaborare Le due madri (1889, Milano, Galleria d’Arte Moderna).
 
*[[File:Artgate Fondazione Cariplo - Carcano_Filippo,_Tipi_di_una_famiglia_di_contadini_nel_Veneto_o_Scena_di_vita_montana.jpg|thumb|499px|137. Filippo Carcano, ''Tipi di una famiglia di contadini nel Veneto'', 1885]]
 
 
Il dipinto, entrato in Collezione nel 1993 con il titolo Scena di vita montana, è identificabile con Tipi di una famiglia di contadini nel Veneto presentato nel 1885 all’esposizione annuale di Brera, come documenta un’illustrazione apparsa sulla stampa del tempo. Molte furono infatti le recensioni relative a questo dipinto riportate sui quotidiani nei mesi di apertura dell’esposizione braidense, spesso di segno contrastante: alcuni critici ne sottolinearono i limiti, ravvisati soprattutto nel disegno e nella stesura pittorica, altri invece ne elogiarono il naturalismo reso con efficaci gradazioni cromatiche.
L’opera può di certo essere considerata nell’ambito del naturalismo lombardo, corrente artistica di cui Carcano fu tra i principali ispiratori, ma va anche letta alla luce di quell’interesse al vero e ai suoi immediati risvolti sociali che è ben esemplificato nell’Ora del riposo ai lavori dell’Esposizione del 1881 (Milano, Galleria d’Arte Moderna).
Il pittore raffigura una scena di genere animata sullo sfondo da un gruppo di contadini intenti a svolgere i quotidiani lavori, come la filatura, mentre la figura in primo piano rivolge lo sguardo all’osservatore come se stesse posando davanti a un apparecchio fotografico. L’immediatezza della scena fa di questi Tipi un vivace esempio di pittura dal vero, particolarmente caratterizzato da un uso della luce che accentua il senso di profondità della composizione e da una pennellata a rapidi tocchi. Gli stessi esiti pittorici caratterizzano le ricerche condotte da Carcano in quegli anni nell’ambito della pittura di paesaggio in opere come Strada al bosco dei Gardanelli presentata alle Nazionali di Venezia (1887) e Bologna (1888) o Pianura lombarda accolta con successo all’Esposizione universale di Parigi nel 1889 (entrambe in collezione privata).
 
*[[File:Artgate Fondazione Cariplo - Sottocornola_Giovanni,_Muratore_(figura_al_vero).jpg|thumb|499px|138. Giovanni Sottocornola, ''Muratore'', 1891]]
*[[File:Artgate Fondazione Cariplo - Sottocornola_Giovanni,_Anch%27io_pittore_o_Dilettante_o_Lo_studio_del_pittore.jpg|thumb|499px|139. Giovanni Sottocornola, ''Anch'io pittore (Dilettante)'', 1885]]