Armi avanzate della Seconda Guerra Mondiale/Italia 5: differenze tra le versioni

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I lavori di progettazione continuarono con ben tre ipotesi costruttive: l'armaguerra Mod. 39 (prescelto per la produzione in serie) in cal. 6,5x52 o 7,35x51, i progetti Scotti Mod. X (1932) e Mod. IX (1931)in cal 6,5 (impiegati in operazione in Etiopia in alcune decine d'esemplari, del Mod. X furono prodotti circa 250 esemplari) e il Breda mod. 1935 PG in cal. 6,5 (esportato, 450 esemplari, in cal 7x57 Muaser al Costarica nella versione completamente automatica), vi furono poi due prototipi Beretta in cal 6,5 il F.A. (fucile automaticco) modello 31 e il F.A. modello 37.
 
L'arma migliore tra questa era probabilmente la prima, che entrò anche in produzione in poche centiania d'esemplari, senza giungere sul fronte prima dell'armistizio. Il prototipo Breda era decisamente pesante e complesso per un fucile automatico, e per questo venne scartato dal regio esercito, ma era un'arma molto moderna per vari versi, in particolare nella versione da esportazione (significamente migliore di quella richiesta dal Regio Esercito e proprosto in calibro 7x57 Mauser) che fu una delle prime armi a poter far fuoco sia in automatico che con raffiche controllate di 4 colpi. Il Mod. x Scotti era ottimo in poligono e in condizioni normali molto efficente, ma richiedeva continue lubrificazioni, anche se il lubrificante era semplice, spartano ed autarchico olio d'oliva gli Alpini si preoccuparano molto perchèperché in condizioni di grande freddo si rivelava estremamente suscettibile all'inceppamento o addirittura al congelamento dell'olio. Inoltre alcune parti dell'otturatore erano molto attratttive per il fango, come già nel Mondragon e nel francese RSC 17 cui si ispirava. Il vincitore del concorso del 1939 per l'adozione di un fucile automatico fu, come già anticipato, l'Armaguerra Mod. 39 della Società Anonime Revelli Manifatture Armaguerra di Genova, arma molto complessa meccanicamente (e costosa) ma relativamente affidabile, fu però un arma "vittima" della decisione di passare dal vecchio (e superato, poichè contemporaneamente molto usurante per la canna e la meccanica dell'arma e poco performante e letale) calibro 6,5x52 Carcano al 7,35x51, un calibro molto moderno ed efficiente. Però questa decisione, presa a ridosso dell'ingresso in guerra (1938-1939) comportò dei problemi porgettuali notevoli e sopratutto spaventò l'alto comando italiano per le problematiche legate alla logistica. Fu quindi stabilitò di rimanere al calibro 6,5, dopo però tutta una serie di tentennamenti e discussioni che paralizzarono il rinnovamento delle armi da fanteria italiane, dove dominavano ormai i pirincipi quantitativi. Furono prodotti circa 2.000 armaguerra mod. 39 in cal. 7,35 che rimasero in magazzino, mentre ne furono ordinati solamente 10.000 in cal. 6,5, di cui poche centinaia furono prodotti prima dell'8 settembre 1943 (non venendo distribuiti) e poi altri dopo tale data (che videro un utilizzo modesto da parte della R.S.I.). Era un'arma efficente, abbastanza precisa (sopratutto in cl. 7,35), di facile utilizzo, ma formata da numerosissimi pezzi, similmente al Pedersen (il concorrente battuto dall'M1 Garand nel concorso interno dell'US Army); questo fattore ne complicava sia la produzione, sia la manutenzione per le truppe, rendendo compelssa la pulizia e costituendo un elemento di fragilità intrinseca.
Va anche notato che l'Italia era dotata di troppi calibri differenti, addirittura due 9x19 diversi (il parabellum depotenziato per le pistole e quello potenziato per i MAB), e un calibro difforme per le mitragliatrici medie e i fucili, contrariamente alla norma vigente nelle altre potenze. Il problema della proliferazione dei calibri era reale e creava grossi problemi alla logistica.
 
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I fucili mitragliatori Breda 30 erano un'arma prodotta in gran quantità, ma si trattava di un prodotto notevolmente insoddisfacente per il fuoco di supporto alle squadre di fanteria, con un funzionamento molto difettoso e complesso. In verità la mitragliatrice Breda mod '30 era una delle peggiori mitragliatrici leggere in circolazione, inferiore persino a parecchi modelli della prima guerra mondiale, come le Lewis inglesi e i BAR (americani, ma molti diffusi, su varianti migliorate prodotte su licenza, in Europa: Belgio, Cecoslovacchia, Lituania, Svezia, Polonia ecc., praticamente, anche se di moderna concezione, si poneva nelle prestazioni come pari delle Madsen, ovvere delle più primitive mitragliatrici leggere al mondo, utilizzata nel 1940 ancora da Norvegia, Danimarca e Brasile (ma in tutti e tre i casi in via di radiazione e con compiti di seconda lina). Anzi il fucil-mitragliatore o mitragliatrice leggera Breda mod. 30 aveva battuto in un concorso ministeriale le FIAT (mod. 26 e mod. 28, quest'ultimo una versione modernizzata della prima), armi leggermente superiori e quasi all'altezza di quanto si produceva in quegli anni a livello internazionale. Questo concorso fu accusato, fuori dai denti, di corruzione e di appoggi politici tra la Breda ed alcuni settori politici del regime, contribuendo (assiema alla sconfitta contro il prototipo Breda, poi Breda-SAFAT, per l'Areonautica alla fine degli anni '20) a portare la FIAT fuori dalla progettazione di armi automatiche. Va anche aggiunto che il fucile automatico Breda Mod. 1935 PG era anche convertibile (come fu negli esemplari esportati in Costarica, circa 700) in un'arma dalle caratteristiche simili al BAR americano (ovvero completamente automatico) con l'interessante caratteristica di disporre di un selettore di fuoco a 3 opzioni: automatico, semi automatico o a raffica controllata di 4 colpi (primo esempio al mondo di raffica controllata), non fu però prodotto, anche per la complessità meccanica dell'arma e l'elevata quantità di pezzi (comunque paragonabile a quella della, complicatissima, Breda mod. 30). Non aveva però la possibilità di sostiuire la canna (a differenza della Breda mod. 30) caratteristica considerata fondamentale dallo stato maggiore, malgrado il BAR americano avesse il medesimo difetto e sia rimasto in servizio fino alla guerra del Vietnam (negli USA, guerriglie ed eserciti del terzo mondo l'utilizzarono fino agli anni '80-'90) con ottimi successi.
 
Molto più apprezzate le mitragliatrici Breda 37, che erano affidabili e sicure, sebbene condividessero con il mod. 30 il complesso sistema di lubrificazione e di ingresso dei proiettili. Il problema era anche quello di avere un peso di ben 40 kg, (ma solo 17 kg scariche e senza il trepiede speciale), decisamente troppo per seguire facilmente le truppe, ma erano armi potenti (in calibro 8x59 mm) e relativamente precise. Ancora peggio andava con le mitragliatrici FIAT 14/35, armi che (finalmente) eliminavano il sistema di lubrificazione, ma pesanti (17 kg scarica) e comunque ricavate dalla vecchia FIAT mod 1914 della prima guerra mondiale, dotata ora di raffreddamento ad aria e munizioni potenti (8x59 mm). Singolarmente la FIAT 14/35 fu destinata, pur pesando meno ed avedo una meccanica semplice, più spesso alle opere difensive e alla difesa costiera della Breda 37, preferita dalle truppe e dai comandi perchèperché, in fin dei conti, si più pesante e complicata, ma anche più prestante.
 
Rimanevano in uso, anche in prima linea sopratutto in colonia, molte mitragliatrici italiane (in cal. 6.5) ed austriache (in cal 8)della prima guerra mondiale, con raffreddamento ad acqua. Sempre in seconda linea rimanevano in servizio alcune SIA mod. 1918, una modesta mitragliatrice leggera, ottima e maneggevole se impiegata da posizione, ma scomoda (con un lunghissimo caricaatore a mezza luna) e molto individuabile sul campo. Inoltre il Regio esercito non concepiva ancora la squadra di fucilieri come al servizio della mitragliatrice d'assalto (cosa invece tipica dell'esercito tedesco) e faceva, concettualmente, grande affidamento sulle cariche alla baionetta e gli attacchi infiltranti a piccoli gruppi votati al corpo a corpo con le bombe a mano, dando poca importanza all'esigenza di disporre di mitragliatrici leggere affidabili, impiegandole, invece, come armi di supporto e difensive.
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Le mitragliere Breda da 20 mm erano armi diffuse ed apprezzate, usate anche dal nemico quando le poteva catturare; meno diffuse ed apprezzate, seppure più economiche, le Scotti paricalibro. La loro affidabilità meccanica era probabilmente inferiore, come accadeva con le armi d'impiego aeronautico. Queste mitragliere erano state pensate per l'impiego anti aereo, ma risultarono molto utili anche per l'impiego anti carro, specie a corto raggio, perché impiegavano il medesimo proiettile dei Soletta/Solothurn svizzeri, uno dei più pesanti pensati per armi 20 mm nella seconda guerra mondiale. Il difetto di questa scelta era un volume di fuoco limitato, anche se pochi colpi a segno potevano bastare per far precipitare un apparecchio nemico.
I cannoni da 47 mm controcarri, un progetto Bolher austriaco, rimasero i cannoni controcarri standard per la guerra intera, come anche l'armamento dei carri armati. Avevano un peso ridotto a 280 kg ed erano someggiabili, nonché una valida granata antipersonale. Ma la loro capacità perforante divenne col tempo del tutto inadeguata (43 mm a 500 m), anche se si tentò di fare qualcosa con munizioni migliorate, specie introducendo una HEAT scarsamente efficace. Uno dei difetti di quest'arma (una via di mezzo tra un vero cannone contro carro e un cannone da trincea della prima guerra mondiale) era che non poteva essere trainata da un automezzo, e quindi vi veniva caricata sopra. Un altro grave problema era la mancanza di scudatura a protezione dei serventi, difetto, quest'ultimo, molto grave perchèperché ben noto ai carristi nemici che in alcune occasioni (come a Bedda Fromm nel 1940) decimarono letteralmente i serventi con le mitragliatrici.
 
L'artiglieria nel 1940 comprendeva qualcosa come oltre 12.000 pezzi oltre il 47 mm di calibro. Era un parco enorme, ma i pezzi moderni erano solo alcuni cannoni contraerei da 75/46 o da 90/53 e obici da 75/18. Il resto era ancora residuato bellico della guerra precedente, per lo più austro-ungarico. Quest'ultimo materiale fu una iattura per l'artiglieria italiana, perché era molto valido e superiore a quanto disponibile a livello nazionale, ma questa disponibilità di artiglierie moderne inibì il rinnovamento, comunque necessario, per i decenni successivi e molti progetti non passarono in produzione se non con tempi lunghissimi e in piccole quantità. Il calibro divisionale era ancora il 75 mm, anziché il 105 mm oramai affermato in buona parte del mondo (ma anche l'artiglieria sovietica era rimasta legata al 76,2mm, solo che si trattava della migliore arma di questa categoria mai prodotta). L'artiglieria di corpo d'armata e d'armata era altrettanto obsoleta. Per rimpiazzare queste artiglierie si era pensato a diversi nuovi armamenti che offrivano prestazioni valide ma si perse troppo tempo nell'incertezza su cosa e come ordinare.
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Fatto strano, differentemente dalla maggior parte degli altri cannoni, questi vennero utilizzati in quantità, anche se in pratica solo dal '43. Vennero previsti questi obici dopo che la scelta venne fatta a metà anni '30 (dopo vari tentativi precedenti, quantomeno dal 1929) tra questo obice e un concorrente dell'Ansaldo da 149/20 mm. Aveva un peso di 6.600 kg in batteria (nella versione modernizzata Mod 42/50), dove veniva ricomposto dopo avere viaggiato scomposto in due carichi. La gittata era di circa 15 km con proiettile 'leggero' da 37 kg, 13,2 km con quello da 42,5 kg. La situazione del parco artiglierie da 149, essenzialmente pezzi Skoda più o meno modificati, era nel 1937 indicati in 192 da 149/12 mm, e 360 da 149/13 mm. Erano previsti 636 obici da 149/19 per rimediare a questa situazione di obsolescenza e scarsità numerica. In seguito le commesse vennero aumentate. In qualche modo, nel frattempo, la quantità di obici da 149 venne aumentata tanto che al giugno 1940 c'erano oltre 1.100 artiglierie di questo calibro. Si sperava di costituire 105 batterie per il 1943, ma a quanto pare i pezzi prodotti nell'autunno del '42 erano solo 147. Nel '43 sarebbero stati riequipaggiati almeno 24 (o 26) gruppi con quest'arma, ma non ebbero mai impiego fuori dell'Italia, quando cominciarono a combattere in Sicilia. In seguito molti vennero catturati dai Tedeschi: 121 esemplari, a cui seguirono altri 13 prodotti direttamente per i Tedeschi. In tutto ne vennero ordinati, con tutti i programmi in corso, quasi 1.400, di cui circa 300-350 costruiti in tutto entro il '43. Tra le munizioni usate c'erano, dal maggio del '43, anche quelle a carica cava EPS. Nel dopoguerra l'obice continuò ad operare e venne anche proposto di rialesarlo a 155 mm per adeguarlo all'obice da 155 M114 di fornitura americana. Il pezzo OTO era piuttosto pesante, molto preciso, di gittata leggermente maggiore del pezzo americano, anche se meno rapido nel mettersi in posizione. Fu radiato solo nel 1974<ref>Pignato N ''L'obice da 149/19 mod 37'' Storia militare n.150</ref>.
 
Altre armi impressionanti erano i cannoni da '''149/40''' o 149/42, che erano armi a lunga gittata (oltre 23,5 km), ma piuttosto pesanti. Pochi quelli prodotti, dell'ordine delle decine; ne fu usato un gruppo in Africa e ben 4 in Russia, dove andarono tutti perduti. Erano armi molto ricercate per il tiro di contro batteria; l'artiglieria italiana in generale, infatti, era molto manchevole in questo ruolo, sia perché la maggior parte delle armi italiane erano più vecchie di quelle straniere (e quindi con una gittata più ridotta), sia perchèperché in genere l'artiglieria pesante italiana veniva schierata più in retrovia rispetto a quella di nemici ed alleati. Il risultato era sovente che le batterie di artiglieria divisionale si trovavano sotto il tiro dell'artiglieria d'armata nemica senza poter far nulla perchèperché fuori tiro.
 
L'obice Ansaldo da '''210 mm''' era pure della metà degli anni '30; giudicato per lungo tempo troppo pesante, era infatti difficile da usare con i trattori dell'epoca come anche con i ponti del genio, pur smontato in due carichi. Esso aveva un peso di circa 16 t e una gittata, con la granata da 100 kg, di circa 15,5 km. Solo pochi pezzi vennero realizzati durante la guerra, di cui 8 sopravvissero e vennero riutilizzati assieme agli M115 da 203 mm americani, fino a che alcuni anni dopo vennero radiati. Esistono ancora tutti gli 8 sopravvissuti alla guerra, mentre altri erano stati persi in Russia. Erano anch'essi armi potenti e moderne, ma al solito, troppo pochi e troppo in ritardo.