Gallerie di piazza Scala/V: differenze tra le versioni

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[[File:Artgate Fondazione Cariplo - Ferrari_Arturo,_La_chiesa_di_Santo_Stefano_in_Borgogna_in_Milano.jpg|thumb|499px|69. Arturo Ferrari, ''La chiesa di Santo Stefano in Borgogna'', 1896]]
 
Nel 1893 Arturo Ferrari partecipa all’Esposizione Straordinaria Nazionale e Internazionale di acquarelli presso la Società per le Belle Arti ed Esposizione Permanente a Milano, dove riporta una medaglia d’argento per l’opera intitolata S. Stefano in Borgogna. Nella stessa occasione è premiato anche l’acquerello del pittore ticinese Luigi Rossi, Dolore e Curiosità, studio per il grande dipinto La Scuola del Dolore, in Collezione.
Forse proprio il successo riportato alla mostra favorì, nel 1896, la traduzione ad olio del soggetto in Collezione che propone la veduta prospettica della chiesa medievale di Santo Stefano, ricostruita in forme barocche al tempo di San Carlo Borromeo. Muovendo dallo studio dal vero del luogo, fermato in un delicato acquerello attualmente al Museo di Milano, il pittore ricostruisce l’aspetto dell’edificio prima che fosse sconsacrato e trasformato in un deposito di legname, attorno alla metà degli anni Sessanta. Non si tratta, quindi, di una veduta contemporanea ma di una ricostruzione storica del luogo, all’epoca durante la quale era ancora frequentato dai fedeli, come si evince dalla presenza della figura femminile in nero con il breviario tra le mani che sembra essere appena uscita dal portone aperto, e dall’altra, velata in procinto di varcarne la soglia, e che collocano l’episodio ad almeno trent’anni prima dell’esecuzione dell’opera. Sembrerebbe riconducibile al 1866 anche l’inserzione nel dipinto della bandiera tricolore, esposta al balcone del palazzo in primo piano, verosimilmente sull’onda dell’entusiasmo popolare per la vittoria dell’esercito d’Italia nella Terza guerra d’Indipendenza.
L’esecuzione dell’opera, datata 1896, si inserisce quindi nel clima politico dell’epoca, impegnato nella commemorazione dei trent’anni di quella data fondamentale nel compimento del processo di unificazione nazionale.
Oltre ai richiami patriottici, l’opera risponde alle richieste del pubblico borghese di una pittura facile e piacevole. Il pittore realizza così uno scorcio caratteristico della città di Milano, destinato a scomparire in seguito alle riqualificazioni urbanistiche realizzate nel corso degli anni Trenta del Novecento, adottando un taglio fotografico ma attenendosi alla vivace tecnica descrittiva che gli aveva garantito un indiscusso successo di pubblico. Questa capacità di restituire con rigore filologico e ricchezza di particolari luoghi e fatti del passato, spesso affiancati da scene di genere interpretate con vivo realismo, costituiva il tratto distintivo della pittura di Ferrari, artefice anche di ricostruzioni di gusto neosettecentesco, come Cortile quattrocentesco a Castiglione Olona, in Collezione; oltre che delle più caratteristiche vedute della “vecchia Milano” che scompariva lasciando il posto alla metropoli moderna, come nel suo riconosciuto capolavoro, Nella vecchia via, in Collezione.
 
*'''70. Arturo Ferrari, ''Piazza Vetra a Milano'', 1890-1900'''