Gallerie di piazza Scala/III: differenze tra le versioni

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*Dimensioni Altezza: 58 cm. Larghezza: 43.5 cm.
*[[File:Artgate Fondazione Cariplo - Migliara_Giovanni,_Interno_di_convento_(2).jpg|thumb|600px|29. Giovanni Migliara, ''Interno di convento'', 1832]]
 
 
Il dipinto è entrato in Collezione proveniente dal mercato antiquario nel 1986. Le iscrizioni in tedesco e l’etichetta con la dicitura “Marchegg” sul retro della cornice lasciano spazio all’ipotesi che l’opera provenga dal Castello di Marchegg nell’Austria meridionale, una delle residenze della nobile famiglia bulgara Palffy Erdod, che contava tra i suoi membri anche Alois von Palffy d’Erdord, governatore delle province venete alla metà dell’Ottocento. Del resto fin dagli anni Trenta Giovanni Migliara aveva riscosso il favore di una committenza internazionale di alto rango che contava, tra gli altri, anche S. M. Carlo Felice di Savoia, il console di Spagna e i ministri plenipotenziari austriaci Metternich e Kollowrat. E proprio a questi anni, che vedono l’artista all’apice del suo successo, potrebbe risalire l’opera in Collezione, dal momento che presso i Civici Musei di Alessandria esiste uno studio a matita per la figura della suora che dispone i fiori sulla sinistra della scena riferibile al 1832.
Una datazione supportata dai caratteri stilistici di questa magistrale veduta prospettica per la quale Migliara adotta un rigorosissimo impianto compositivo sorretto da raffinati effetti di luce che scandiscono ritmicamente lo spazio filtrando attraverso i vetri colorati della finestra e il vaso di cristallo con il pesciolino. Anche in questo caso l’artista realizza un’architettura ‘d’invenzione’ combinando con estrema libertà spunti diversi, perlopiù tratti dallo studio dal vero della Certosa di Pavia. L’atrio con la bella vetrata colorata è replicato con alcune varianti anche nell’Interno di monastero di proprietà dell’Accademia di Brera a Milano, mentre la stessa fuga prospettica delle campate del chiostro si ritrova in un piccolo olio dei Civici Musei di Alessandria, ricavato dallo studio dal vero del portico della Certosa di Pavia.
Moltiplicando i dettagli dell’ambiente, sull’esempio della coeva pittura di genere, l’artista restituisce la dimensione quotidiana della vita del monastero, con le suore intente alle varie attività. Una dispone i fiori che le vengono porti da un servitore, l’altra in primo piano è assorta nella preghiera, un’altra ancora, forse una giovane novizia, si sofferma esitante con un annaffiatoio in mano in prossimità della soglia che immette nel chiostro, accanto al vaso dove nuota un pesciolino rosso.
 
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