Fisica e filosofia: differenze tra le versioni

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5 - Il lavoro od “arbeit” strumentale, secondo la concezione schopenhaueriana (13) nacque ben prima dell' universo strutturale statuale ed, altresì, dell' universo strutturale stratificato. Questo dimostra come la stratificazione sociale propria della società statuale non sia connessa col lavoro né con l' arte e le scienze. I reperti pittorici rinvenuti in grotte, montagne e deserti indicano come l' arte sia nata ben prima dell' universo strutturale stratificato. Tuttavia gli universi strutturali stratificato e statuale hanno dato indubbiamente impulso allo sviluppo della produzione e della conoscenza, rispetto agli universi strutturali preesistenti. Il vantaggio principale dell' universo strutturale statuale è l' impulso dato alla capacità comunicativa dell' uomo, capacità a sua volta dipendente dal processo di individuazione il quale, a sua volta, determina lo sviluppo della socializzazione. Il superamento del lavoro, che ora si prospetta come possibile, toglierà una giustificazione della stratificazione sociale. Inoltre, se la realtà strutturale storica non verrà superata, il superamento dell' “arbeit” strumentale sarà negativo sulla morale umana, la quale ne trarrà sensazioni di inutilità e vacuità, non potendosi accedere all' attività dotata di “potere teleologico” (14), per l' ostacolo strutturale allo sviluppo ulteriore della comunicazione interpersonale.
 
Indici del Capitolo 12: Bisogni umani naturali e di origine strutturale.
§ 1: Bisogni naturali ed indotti negli individui
1.1.1 – Pulsioni fisiche, bisogni potenziali, mezzi di soddisfazione e relazione
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3.4 - La psicologia tende a classificare le disposizioni motivazionali o bisogni in bisogni viscerogeni e psicogeni. La classificazione di Murray comprende le aree dei bisogni economici (benessere e bisogni connessi) e dei bisogni politici o di potere. Tale classificazione corrisponde alla condizione umana nella realtà strutturale statuale e ne sottolinea le caratteristiche prevalenti nelle due fasi (14).
3.5 - L' essere umano, per sua natura, ha tre tipi di bisogni: individuali (od integrativi dell'io) e sociali ( dove l' espressione più autentica di tali bisogni è da ricercare in una socialità piena e non mediata dalle strutture storiche, che limitano e deformano l'essenza di tali bisogni) ed infine scientifico-conoscitivo (o bisogno di potere sulla natura). Partendo dalla scala dei bisogni di Maslow (15), si possono distinguere i bisogni in questo modo:
Bisogni di tipo fisico - individuale: mangiare,bere,dormire, auto-conservazione.
mangiare
Bisogni di tipo psichico - individuale: acquisizione della conoscenza e della coscienza, autostima, auto-realizzazione progressiva, trasmissione della conoscenza.
bisogni individuali: bere
Bisogni di tipo fisico - sociale: sessualità.
dormire
Bisogni di tipo psichico - sociale: stima di terzi, conservazione ed incremento del valore della propria manifestazione, sicurezza.
auto-conservazione
Bisogni fisici:
bisogni sociali: sesso
 
bisogni individuali: acquisizione della conoscenza
autostima
auto-realizzazione progressiva
trasmissione della conoscenza
Bisogni psichici: coscienza
bisogni sociali: stima di terzi
conservazione ed incremento del valore della
propria manifestazione
sicurezza
I bisogni degli individui variano anche in rapporto alle esigenze del gruppo biologico di base a cui l' individuo è legato, nei vari momenti della sua vita. Se è un bisogno primario del singolo, il legame biologico con un gruppo sociale di base (genitori e figli), i suoi bisogni variano nel tempo in rapporto alla conformazione che va assumendo tale gruppo. Il bisogno degli individui, in rapporto alla durata della vita, è di avere una vita lunga quanto serve a realizzare interamente il proprio programma vitale. Questo, indipendentemente dal bisogno di sopravvivenza, connesso ai meriti dell' individuo, allorché questi travalichino la durata della vita del soggetto. Il desiderio di accrescere la propria manifestazione determina il bisogno di esprimere sempre nuove capacità e di avere e soddisfare bisogni sempre nuovi. La vitalità di un individuo si esprime appunto nel formulare e perseguire bisogni e mete sempre nuovi, il cui esaurimento prepara il soggetto alla volontà, più o meno consapevole, di morte. Tale volontà non è, probabilmente, caratteristica umana naturale ma conseguenza dell' esaurirsi dei bisogni, frutto del limite della coscienza della propria volontà di accrescere la conoscenza.
4 - Lewin affermava esservi uno stretto rapporto tra attività e bisogni e che ogni attività può essere considerata come un “consumo” che trasforma il bisogno sottostante e quindi la valenza positiva dell' attività stessa in valenza negativa (16).
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12 - L' eterogeneità dei bisogni e dei fini, se è interna alla natura autentica dei singoli non contraddice la loro intrinseca universalità. Una società accettabile deve consentire la soddisfazione piena dell' eterogeneità dei bisogni autentici o della natura universale dei singoli.
 
Indici del Capitolo 13: Concetti di universalità e di desiderabilità
§ 1: Desiderabilità ed inevitabilità
1 – Ineluttabilità e desiderabilità, compito delle ideologie e loro influenza
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4 – Se la fede in un essere altro è quasi impossibile, la fede in se stessi è una dura e difficile conquista, particolarmente difficile in una situazione di irrazionalità generale. La fede razionale non consiste nella convinzione della divinità dell’ io ma nella convinzione della divinità dell’ essere, ossia nella sua potenzialità illimitata di manifestazione, di cui l’ io è l’ espressione contingente ma reale e concreta, mentre la potenzialità psichica e conoscitiva è la base del divenire dell’ io. La fede razionale crede nella possibilità dell’ auto-realizzazione del singolo, basata sui propri mezzi naturali, pur non escludendo, in termini di merito, il contributo di terzi, che comunque non implica particolari sudditanze, ma è alla base di una solidarietà mutua e paritaria tra tutti gli esseri umani. La fede razionale è tale sia per la razionalità del suo oggetto, sia per la razionalità e volontarietà della causa che la genera, quale la fede nel risultato dell’ azione. La fede razionale è definibile come fede, in quanto si tratta di conoscenza indiziaria e non corroborata da prove. La fede razionale è tale se il soggetto è disposto a porre la conoscenza ad essa connessa in un confronto critico con altre conoscenze o strumenti euristici. La fede razionale nella possibilità per l’individuo di accedere alla razionalità universale è non meno difficile della stessa fede irrazionale, sebbene si tratti di fede nella ragione e nella possibilità di realizzare, tramite quest’ ultima, la piena soddisfazione dei bisogni naturali. La fede razionale è coerente con la condizione umana di non completa conoscenza della realtà e delle condizioni del suo modificarsi, se non attraverso una prefigurazione labile o più o meno vaga. In tal modo ogni essere vivente si può dire che non viva se non in conseguenza di continui atti di fede: a partire dal primo respiro, che può essere inteso come un atto di fede nella possibilità di sopravvivere attraverso l’ apertura delle vie respiratorie e dei polmoni. La razionalità della fede nello sviluppo delle possibilità della ragione di mutare la condizione umana sta nella constatazione della necessarietà del raggiungimento dei fini umani. Tale constatazione deriva dall’evidenza dei bisogni prioritari degli esseri umani. La fede può avere un oggetto razionale, come ad esempio l’ autostima o la fiducia nella possibilità di sviluppo della scienza. In tal caso la fede, necessaria soprattutto in presenza della realtà strutturale storica, diviene fondamentale per l’ auto-realizzazione dell’ individuo e l’espressione della sua socialità. Il pensiero umano è la quintessenza della sua natura e della razionalità umana. La fede aiuta a vivere ed è positiva se non entra in conflittto con il pensiero, ossia se è razionale. Il credere nella vita, ossia nella possibile libertà dell’ essere umano o possibile trascendenza della realtà strutturale è, in presenza della realtà strutturale stessa, un vero e proprio atto di fede, senza il quale vi è rassegnazione o vita limitata alla pura esistenzialità o disperazione. E’ questa l’essenza della fede in un’ oggetto degno della natura dell’ essere umano, di cui la fede proposta dalle religioni non è che un surrogato od un oggetto deviato e deviante, espressione sostanziale della paura della morte più che fede nelle vere potenzialità umane. La fede nei dettami delle religioni costituisce un’ uso degradante delle facoltà psichiche. La fede nella scienza, sia in quella realizzata, sia nelle sue potenzialità di sviluppo, sia pure nella realtà strutturale storica in cui sono inseriti gli esseri umani, è strumento di progresso conoscitivo. Tuttavia non si tratta, in questo caso, di fede irrazionale, ma essenzialmente di speranza, ossia con una base di razionalità.
 
Indici del Capitolo 14: Natura della libertà e dell' eguaglianza
§ 1: Natura della libertà
1 – Potere irrazionale.
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5 - Il maggiore benessere si coniuga alla maggiore libertà e quest' ultima alla maggiore eguaglianza sociale ed economica. La miseria, invece si coniuga con l'assenza di libertà e con l' ineguaglianza. Eliminare la povertà senza rimuovere l'assenza di libertà è inefficace per il benessere dei cittadini, così come creare una forzata egualizzazione non porta né al benessere, né alla vera eguaglianza e crea ulteriore asservimento. L' intento di creare una maggiore libertà al fine di superare la miseria è corretto ed è altresì efficace se la popolazione ha una sufficiente preparazione culturale, tale da consentire la libertà necessaria a superare l'indigenza. Ostellino riconosceva come la quota di “Prodotto Interno Lordo” che ciascun sistema sociale destina ai consumi sia maggiore ove maggiore è la democrazia ed il liberismo, ossia la libera concorrenzialità dei fattori della produzione (5).
 
Indice del Capitolo 15: Etica e diritto
§ 1: Definizione dell' etica e suoi fondamenti
1.1 – Naturale moralità dell' uomo.
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4 – Ruolo del perdono nel contesto della giustizia razionale.
 
Cap. 15:
 
Etica e diritto
§ 1: Definizione dell' etica e suoi fondamenti
1.1 - Kant affermava che là ove non vi sia moralità e vi sia arbitrio non vi è “autonomia della volontà” (1). Egli riconosceva, quindi, come l' arbitrio o licenza sia antitetica all' autonomia della volontà dei singoli, e dunque antitetica alla libertà ed alla moralità. J. J. Rousseau affermava che se un individuo è artefice o complice di un crimine non ne prova orrore; orrore che prova invece se il crimine è a lui estraneo (2). Questa constatazione dimostra la naturale moralità dell' essere umano. L' identificazione spontanea con colui che soffre, espressione d' amore, prova ulteriormente come l'essere umano sia naturalmente morale (3). Morgan affermava che in ogni società esista una determinata moralità, essendo il principio di moralità sempre presente “nell' esperienza umana”. Si può, peraltro, affermare che ogni essere vivente abbia una propria moralità se ha un'embrione di relazione sociale e di coscienza individuale (4).
1.2 - Bentham, nella sua deontologia, affermava che l' uomo debba ricercare il massimo piacere ed in questo consista la morale (5). La morale razionale consiste nella ricerca della massima soddisfazione dei bisogni autentici degli individui, autonomamente individuati.
1.3 - Kant riconosceva la natura “autonoma” (ossia data da sé stessi a sé stessi) della legge morale. Il fondamento della legge morale sta nel capire le esigenze altrui. Kant riconosceva che in caso contrario si tratterebbe di legge di schiavitù e non di libertà. La legge morale è comune a tutti gli individui, essendo connessa alla natura umana. Calogero definiva tale legge morale “legge del dialogo”, intuendo come quello che possiamo definire egoismo oggettivo (e che altri definiscono “altruismo”) conduca alla massima comunicazione interpersonale. Knapp identificava nell' “interesse della specie” (6) il punto di partenza dell' etica. La soddisfazione massima dei bisogni equivale, in realtà, alla massima moralità.
1.4 - L' estetica è definibile come la soddisfazione piena dei bisogni autentici dei singoli, mentre l' etica è la condizione che rende possibile tale soddisfazione, essendo strumento dell' espressione della pienezza della socialità.
2 - William James distingueva tre questioni morali:
-       la questione psicologica (ricerca dell’ origine [se di natura strutturale o
naturale] dei principi morali),
-       la questione metafisica (definizione specifica del significato di: “bene”, “male”,
“dovere”),
-       la questione casistica (definizione della misura dei vari beni e mali ammessi)
(7).
3 - Smith teorizzava tre gradi di moralità: prudenza od interesse personale, giustizia o “convenzioni sociali” (che danno luogo al “diritto positivo” o diritto di origine strutturale), e benevolenza od armonia degli interessi (o costituzione degli interessi collettivi, e dunque anche di tipo conforme alla natura umana) (8).
4.1.1 - Le filosofie “neo-platoniche”, identificando la divinità (o l' essere assoluto) col principio e col fine, oltreché con la realtà in atto, identificano, in tal modo, bene e male morale, giustificando la realtà strutturale, considerata elemento della “trinità” dell' assoluto.
4.1.2 - Sigmund Freud evidenziava come lo stato abbia come finalità la “rapacità e la .... sete di potenza” che si differenziano dalle finalità degli individui e come lo stato si permetta comportamenti che censura e reprime negli individui (9). Le motivazioni dell' etica strutturale sono: l' “interesse generale” e la “ragion di stato” e la “necessità della convivenza civile”, ossia la logica della realtà strutturale in atto.
4.2 - William James evidenziava come, sebbene molti filosofi riconoscano la necessità di un principio morale derivante dalla natura, tuttavia non facciano che utilizzare tale principio per assolutizzare le proprie concezioni morali di derivazione strutturale (10). James evidenziava come la preferenza a ritenere immorali i singoli uomini (ignorando di postulare così l'assurdità della natura umana) piuttosto che ritenere immorale la realtà strutturale storica (o l' “assoluto”, come essi la definiscono) (11), sia determinata dal timore che ciò comporti una “corruzione sistematica della nostra salute morale”. Cartesio definiva la morale della realtà strutturale statuale come “morale provvisoria”. I diversi livelli conoscitivi implicano diversità di punti di vista morale. In campo sociale è inevitabile un diverso giudizio morale a seconda della prospettiva finalistica in cui ci si muove. Ad esempio non si può non considerare la realtà strutturale storica come una necessità, in un dato momento storico, ai fini del progresso conoscitivo e sociale. Conseguentemente, in tale contesto, le ideologie, come le altre componenti della realtà strutturale storica, devono essere considerate come manifestazioni della ricerca di un necessario adattamento alla realtà strutturale storica in atto, là ove vi sia assenza di valide prospettive di superamento della suddetta realtà strutturale. Al contrario, in presenza di una valida prospettiva di superamento della realtà strutturale statuale, non si può non considerare tutta la potenzialità mistificatrice delle ideologie e quindi condannarle moralmente, con l' insieme della realtà strutturale statuale e pre-statuale.
5 - Nella realtà strutturale statuale l' immoralità assume la forma di ribellione alla morale predicata dall' ideologia dominante. Tale immoralità, se attuata sotto la protezione legale o direttamente dalla casta dominante, consente generalmente a chi la pratica, di salire nella gerarchia sociale o conservare la posizione dominante assunta. La “giustizia”, attuata dallo stato, consiste essenzialmente nel tenere sotto controllo la lotta tra le varie fazioni in lotta per il predominio sociale e nel preservare il concetto della validità “universale”, o meglio generale, dell' ideologia dominante.
§ 2 : Responsabilità degli individui nella realtà strutturale storica
1 - J. J. Rousseau riteneva l' uomo vittima di passioni incontrollabili e deleterie (quali quelle sessuali) e le riteneva frutto delle strutture storiche (1). Fichte identificava la morale con il “trionfo della essenza...dell'uomo e del suo pensiero sugli influssi che riceve passivamente dalla realtà circostante” (2). Smith identificava l' etica con la morale sociale: egli parlava cioè di un' etica relativa (3) a ciascuna specifica società. Affermava che ogni uomo vivente in società possieda una propria moralità, derivante dall' etica in atto nella società in cui vive (4). Mackintosh definiva l' etica come criterio morale e la morale come carattere personale (5). Nelle società proprie dell'universo strutturale statuale si può distinguere: un' etica ufficiale, proclamata dallo stato, un' etica propria di singole collettività (partiti, organizzazioni varie, chiese e sette) e la morale effettiva praticata da ciascun individuo aderente a tali società. L' individuo, in quanto influenzato, in modo determinante, dalla realtà strutturale in cui si trova immerso, è pressoché irresponsabile del proprio comportamento, la sua morale essendo equiparata all' etica della realtà strutturale in atto. Così, persone immerse in realtà strutturali diverse, hanno moralità e comportamenti diversi e spesso contrapposti. L' etica sociale di una data società varia col variare della manifestazione media dell' essere degli aderenti a quella stessa società. La deviazione dei bisogni rispetto alla loro autentica ed autonoma natura e delle scelte della modalità della loro soddisfazione crea uno iato tra la morale auspicata dal soggetto, nella pratica delle persone con cui il soggetto interagisce, e la morale che egli stesso pratica. La moralità in presenza della realtà strutturale è irrazionale ma sicuramente poco o nulla responsabile. La moralità individuale, in presenza della realtà strutturale storica, si tramuta in giustificazione (in quanto accettazione) dell' immoralità strutturale. La realtà strutturale, pur avendo propri principi etici, è profondamente immorale, in quanto ingiusta, irrazionale ed estranea alla natura umana. Le istituzioni statuali e la realtà strutturale storica, in genere, sono assai più immorali della moralità del più immorale dei cittadini che vi soggiace. La condizione umana, nella realtà strutturale storica, è tale da non consentire responsabilità oggettive circa l' evoluzione e la condizione statica della realtà strutturale in atto. Vi è, tuttavia, una responsabilità soggettiva ed insieme oggettiva, imposta dalla logica delle sovrastrutture dell' universo strutturale statuale, circa il comportamento del soggetto nei confronti della morale propria della realtà strutturale in atto. Il bisogno di socialità, innato in ogni essere umano, tende a ricercare la giustificazione morale delle azioni compiute sotto la spinta dei propri interessi. La morale varia al variare del fondamento degli interessi degli individui e delle collettività. Così varia la morale e l' etica, al variare delle fasi statuali e delle strutture storiche in generale.
2 - Il mancato conseguimento del fine, dovuto alla realtà strutturale storica, di natura irrazionale, determina sensi di colpa ed, al contempo, il recepimento del fine come estraneo a sé, in un' anomia o nevrosi paralizzante. L'impostura e l' ipocrisia che caratterizzano la realtà strutturale storica determinano il considerare il perseguimento dei propri interessi e bisogni come riprovevole e volgare. Questo indipendentemente dal fatto che i bisogni od interessi manifestati dagli individui nella realtà sterutturale storica siano spesso deviati e quindi irrazionali e disumani ed ancor più disumana sia la modalità di soddisfazione di tali bisogni. La stessa impostura conduce ad ammantare i propri bisogni ed interessi di apparenti finalità sublimi o ritenute, ideologicamente, accettabili ed esaltanti. Così, ad esempio, gli interessi della casta dominante, in formazione nel XX secolo, venivano ideologicamente identificati con gli interessi della “classe opreaia”, il che consentiva di catalogare come “nemico della classe operaia” chi si opponeva agli “interessi” della suddetta casta in formazione.
3 - B. F. Skinner affermava che “il controllo etico possa sopravvivere solo in piccoli gruppi, ma il controllo di una grande popolazione debba essere delegato a specialisti” (6). Il crimine o l' azione immorale è coeffetto della realtà strutturale innaturale e squilibrata rispetto alla natura umana. Il crimine e l' azione illegale, come del resto le azioni legalmente accettate ma irrazionali, generano squilibri su un qualche piano della vita sociale. Contrariamente alle azioni concesse, i crimini e le azioni illegali sono represse in quanto non appartengono alla logica funzionale alla realtà strutturale in atto, pur essendo in gran parte effetto dell' azione squilibrante di tale realtà. I crimini sono altresì delegittimanti della realtà strutturale in atto e quindi la loro repressione ha lo scopo di rilegittimare le strutture stesse. Non essendovi effettiva libertà individuale, all' interno della realtà strutturale storica, e non essendovi piena responsabilità, si può affermare che le punizioni siano un' ingiustizia ulteriore che si somma all' ingiustizia strutturale. La sanzione punitiva, in quanto tale, è propria delle fasi feudali, mentre nelle fasi mercantili si parla di pena come remunerazione (simbolica) del delitto ed, essenzialmente, di pena come mezzo di riabilitazione del delinquente o reo.
4 - La responsabilità individuale, in presenza delle strutture storiche, è indiretta, ossia è estranea alla volontà libera del soggetto, la quale, per essere tale, deve poter saper discernere tra determinazione naturale di specie e determinazione interiore individuale. La conoscenza di tali realtà determina una coscienza di sé di livello più alto. Si avrà coscienza del valore naturale del soggetto, in rapporto alla specie a cui appartiene l' individuo ed in rapporto al contributo che dà allo sviluppo dell' ominità, ossia dell' umanità, che è anche intrinseca all' individuo stesso. Tale coscienza dà luogo ad una piena responsabilità del soggetto. Il contrasto tra bene e male apparentemente insito negli individui, così come il contrasto tra razionale ed irrazionale, è frutto del rapporto tra grado di socialità espressa dal soggetto e capacità del soggetto di rapportarsi con la realtà strutturale in atto, fonte dell'irrazionale. Il “senso del dovere” è presente in misura rilevante in ogni individuo che abbia rispetto di sé stesso. Ogni popolo ha una diversa concezione di ciò che sia dovere interiore e dunque naturale e necessario e ciò che è considerato esterno e quindi artificioso e falso. I popoli che paiono avere un minor senso del dovere, come il popolo italiano dei secoli XX e XXI, considerano in realtà artificioso ciò che altri popoli considerano naturale e connesso con il loro proprio essere. La legge positiva e la giurisdizione degli stati si basano sul principio della piena responsabilità dei singoli, quando in realtà la responsabilità dei soggetti è assai limitata, anche se in misura diversa, a seconda del sistema sociale in atto.
5 - La punibilità dei delitti e reati, in presenza della realtà strutturale storica, deriva dall' esigenza di mantenere un certo ordine e la punibilità è comunque un concetto proprio dell' idea giuridica delle fasi feudali. Il senso di colpa dei soggetti che compiono delitti deriva dalla coscienza individuale della contraddizione tra realtà strutturale storica e natura umana. Il pentimento è un sentimento moralmente valido in quanto implica un cambiamento di coscienza ed un riconoscimento della propria limitatezza ed irrazionalità. Il rimorso è un' angoscia derivante dalla sopravvalutazione della propria libertà di scelta e può essere deleteria per il soggetto e per la colletività. Nella realtà strutturale storica la spinta alla moralità individuale è costituita essenzialmente dal timore delle punizioni. Poiché la responsabilità è, in tale condizione, totalmente squilibrata rispetto all' effettiva libertà del soggetto, ne nasce la necessità del concetto del perdono, anche per attenuare il senso di colpa del singolo. Il comportamento immorale determina spesso, in chi se ne fa artefice, una sofferenza psichica, derivante dal suo inconscio. Tale sofferenza dimostra la natura non ontologica della malvagità del soggetto o la sua incapacità di sopportare la responsabilità morale delle proprie scelte immorali od inumane.
6 - La determinazione della realtà strutturale attenua fortemente la responsabilità morale del soggetto, la quale comunque non è del tutto annullata, ove non sia totalmente annullata l' umanità del soggetto, data la possibile immersione completa in istituzioni anti-democratiche. Per tale ragione, ad esempio, se Marx può ritenersi un grande impostore, causa prima di tutte le conseguenze disastrose della deviazione del “socialismo” dalla teoria di contrasto all' universo strutturale statuale, quale era prima di lui, a movimento filo-feudale, tuttavia la sua responsabilità morale è nulla poiché, come egli stesso riconosceva, affermando che l'uomo non è che il prodotto “delle condizioni materiali di esistenza”, egli evidentemente non era realmente libero delle sue proprie azioni ma era sostanzialmente un non uomo, soggetto al determinante condizionamento della realtà strutturale statuale in atto, avente in sé le premesse della transizione alla stessa fase feudale. Egli, pertanto, avrebbe dovuto essere posto in condizione di non nuocere piuttosto che punito per la sua impostura.
7 - La “bibbia” afferma che l' autodeterminazione da parte dei singoli individui di ciò che sia bene o male morale, ossia della legge morale, equivalga alla disobbedienza a dio. Questo dimostra la condizione di minorità degli esseri umani nei confronti della divinità, ossia delle strutture statuali. La conquista della pienezza della maggiorità da parte dei singoli individui si avrà quando gli individui stessi saranno in grado di far propri la morale ed il diritto razionale, riconosciutane la coerenza con i propri bisogni interiori.
§ 3 : Equità e rettitudine come moralità oggettiva e soggettiva
1 – Nella realtà strutturale storica l' innocenza può essere solo soggettiva, essendo determinata dall' inconoscenza delle conseguenze dei propri atti. Sul piano oggettivo, all' innocenza soggettiva corrispondono spesso crimini indicibili e comunque una responsabilità morale negativa.
2 - Se all' innocenza, derivante dall' inconoscenza, subentrerà la piena responsabilità morale di ogni individuo, la responsabilità oggettiva cesserà di essere negativa, poiché l' individuo acquisirà conoscenza e coscienza adeguata a realizzare la rettitudine, la quale sarà quindi sia soggettiva che oggettiva, sebbene sul piano oggettivo si possa meglio parlare di equità, riservando la rettitudine morale al piano soggettivo. La costruzione della scienza della socialità permetterà di individuare i mezzi necessari a realizzare l' equità e la rettitudine. La motivazione o spinta alla moralità è la stima in sé stessi, che sola può derivare da una socialità equilibrata, oltreché da una pienezza di individuazione.
§ 4 : Etica delle singole società strutturali storiche
1 - Nelle strutture organico-stratificate, come ad esempio l' universo strutturale statuale, la solidarietà è di tipo meccanico – organico, con prevalenza di un tipo o dell' altro a seconda della fase statuale in atto: meccanica per la fase mercantile ed organica per la fase feudale.
2 - Northrop parlava di “errore culturalistico” per il “tentativo di dedurre un criterio assoluto del bene dai dati di una qualsiasi cultura” (1). Egli era, quindi, convinto della relatività della morale delle varie società. La concezione “liberale” considera saggio “essere egoisti nel giusto senso” (2) (concetto espresso da Shaftesbury). Mandeville affermava che se i singoli sono viziosi, la collettività ne trarrebbe beneficio, mentre la virtù o moralità dei singoli (poiché della moralità o virtù egli aveva un concetto feudale) determinerebbe la miseria collettiva (3). Con D. Hume si ebbe il passaggio dalla concezione feudale (sacrifici e rinuncie) della virtù a quella mercantile (utilità sociale). Tale concezione tende ad esaltare i desideri e le passioni, al fine di cavarne il maggior benessere individuale e collettivo (4). Mandeville non credeva nell'“altruismo” ma affermava che anche le azioni apparentemente “altruistiche” siano in realtà “egoistiche” (5). In realtà solo in quella che definiamo le fasi mercantili non si abbia contraddizione permanente e totale tra interesse personale e collettivo. Comte affermava che in quel tipo di società che noi definiamo fasi feudali, la “politica” e la morale siano distinte e contrapposte, poiché la prima consiste unicamente nell' arbitrio e nell'intrigo, mentre la seconda consista nella giustificazione e mitigazione della realtà sociale, ottenebrata dalla religione. Egli affermava, al contrario, che vi sia un'unità tra politica e morale nelle società mercantili, in quanto entrambe sono “liberali” e consone alla natura della società in atto, che è accettata, generalmente, dalle persone (se la stessa fase mercantile non è in crisi od in transizione ad una nuova fase feudale) (6). Durkheim definiva morale l'insieme degli obiettivi reali proposti a sé stessa da una data società ed alla stessa società ed alla sua vita connetteva ogni morale. Definiva come elemento costante della morale l' autocoscienza (7). Egli affermava che solo in quelle che noi definiamo fasi mercantili si realizzi in misura rilevante tale autocoscienza, riconoscendo così, implicitamente, l' amoralità delle fasi feudali (8). Nella cultura delle fasi mercantili prevale infatti l' etica della produzione, del benessere inteso come abbondanza e del successo. Nelle società strutturali consolidate o stabili la morale prevalente ed il diritto positivo tendono a coincidere, mentre divergono nelle società in crisi od in transizione tra sistemi o fasi statuali diversi. L' etica feudale implica la considerazione della liceità di tutto ciò che è considerato crimine nella cultura mercantile. Esemplificando, è considerato pressoché lecito l'assassinio od il furto (specie se commessi a danno di appartenenti a caste inferiori), mentre è considerato illecito ogni affronto al potere costituito (si parla in tal caso di mancato "rispetto" all'"onore" della persona investita di potere). Nella fase mercantile l' adesione all'etica corrente è spontanea; al contrario nelle fasi feudali, tale adesione è coercitiva, poiché è realizzata attraverso l' ideologizzazione e la repressione da parte della gerarchia sociale. Nelle fasi feudali l' immoralità vera consiste unicamente nell'attentare al potere di coloro che lo detengono; le restanti norme legali sono una copertura o dissimulazione pura e semplice dell' immoralità principale e sostanziale: attentare in qualche modo al potere costituito e cristallizzato. La morale propria delle strutture statuali è sempre relativa, incerta e parziale, sebbene tenda a proporre precetti assolutistici, specie nelle fasi feudali o nei movimenti filo-feudali o religiosi in genere. La menzogna è considerata immorale solo nelle fasi mercantili, dove è utilizzata essenzialmente per massimizzare il proprio profitto personale. Nelle fasi feudali, l' alterazione della verità assume l'aspetto di mezzo di conquista di potere e quindi é considerata azione lecita. La “lotta di classe” utilizzata dai movimenti filo-feudali per superare la fase mercantile in atto, determina instabilità sociale ed il prevalere graduale, nella società, dell' ideologia secondo cui vi sarebbe, nel sistema della fase mercantile che si intende superare, solo la legge del più forte o “legge della giungla”. Questo porta a svalutare la “stato di diritto” ed a farlo superare nella mentalità del popolo prima ancora che nello stato di fatto della “legalità” feudale, che è peraltro consona in tutto e per tutto alla “legge della giungla”.
3 - Il conflitto tra valori contrastanti insiti in un' unica cultura o di diverse culture coesistenti nella stessa società (sub – culture) ingenera nevrosi ed anomia, che sono considerate cause della criminalità. Solo una corretta mediazione tra tali valori divergenti porta ad una integrazione nella realtà strutturale in atto (il che non esclude l' immoralità, ma solo l' illegalità (9). Godelier affermava che l' elemento caratterizzante del “capitalismo” sia la razionalità economica organizzata. Egli affermava che ogni società possieda una sua propria “razionalità”, in quanto crea mezzi adeguati ai propri fini: in tal modo la “razionalità” finisce per coincidere con una qualsiasi logica, per quanto assurda o disumana. La cultura delle fasi feudali tende ad identificare etica e diritto. Questo dipende dal fatto che nelle fasi feudali sia l' etica che il diritto sono totalmente disumanizzati e totalmente estranei alla natura umana. Nelle fasi mercantili si crea una certa distinzione tra etica e diritto. Questo perché, mentre l' etica tende ad umanizzarsi oltre la stessa logica delle società statuali, il diritto positivo rimane ancorato alla “volontà generale” ed alla logica dei sistemi sociali in atto. L' etica di un popolo attiene al piano organizzativo od istituzionale. L' etica configura un aspetto dell' oppressione di tipo organizzativo, allorché si realizzi una forzatura, attuata dalla sezione dominante della società, rispetto all' etica condivisa dalla generalità della popolazione.
4 - La morale dello stato (od “etica”) coincide con quella religiosa nelle fasi feudali, mentre diverge da quest' ultima, almeno parzialmente, nelle fasi mercantili (in particolare nei sistemi capitalisti concorrenziali), per il diverso modo di attribuire valore alla vita umana ed agli istituti quali: famiglia, proprietà ed organismi statali. La “morale laica”, pur divergendo da quella religiosa, è pur tuttavia ugualmente basata sullo spirito religioso, poiché si giustifica con motivazioni di natura aliena rispetto agli individui ed alla loro natura profonda od autentica.
§ 5 : Etica propria della realtà strutturale ed etica razionale
1 - Radcliffe-Brown parlava di sanzioni positive (approvazioni) e sanzioni negative (disapprovazioni), quali reazioni della società al comportamento degli individui. Distingueva poi tra sanzioni diffuse (prodotte dai singoli membri della società) e sanzioni organizzate (genrate dalle istituzioni). Distingueva, quindi, tra i modi di comportamento non obbligatori (usanze) da quelli obbligatori o norme di comportamento (obblighi sociali). La coscienza, egli affermava, è il riflesso delle sanzioni sociali. Gli obblighi morali sono le norme di condotta soggette a sanzioni sociali (1).
2 - Ogni mutamento del tipo di governo, sia esso un mutamento di tipo rivoluzionario o riformista, determina il prevalere di una data ideologia su un' altra, specie ove si tratti di tipi di governo anti-democratici o scarsamente democratici, ed un mutamento dell' etica prevalente (2). La società, contrariamente al mito demiurgico sempre presente nell' universo strutturale statuale, non può pretendere di migliorare l'individuo nè nella sua essenza nè nel suo comportamento effettivo: può solo peggiorarlo se si propone di migliorarlo. Infatti le fasi feudali, le quali pretendono di essere società morali, in quanto hanno un' etica intrinseca alla società stessa e pretendono di uniformarvi gli individui, riescono a peggiorare grandemente il comportamento umano e l' etica, considerati sul piano razionale, delle società stesse. L' etica propria dell' universo strutturale statuale è irrazionale ed il fatto che sia considerata accettabile e corrispondente alla morale umana, dimostra come la logica strutturale si fondi su un' oppressione di tipo mentale. La fase mercantile non sviluppa solo una razionalità economica o produttivistica ma una maggiore razionalità umana, che si esplica in ogni aspetto del vivere sociale e tende a sviluppare la naturale razionalità umana. In tal senso si può dire che la fase mercantile sia foriera di “sviluppo” o progresso umano (3). Il criterio di valutazione delle varie società, sul piano del progresso umano ossia in rapporto alla natura umana, è la convergenza dell' etica sociale con la stessa natura umana ossia i bisogni interiori o razionali dei singoli. Si può identificare l' etica di un popolo, in una data realtà strutturale, con l'identificazione di ciò che viene considerato aggressione e dalla gravità attribuita a ciascun tipo di aggressione. Il diritto consiste nel modo di rimediare od impedire determinate forme di aggressione individuate dall' etica di una data realtà strutturale, applicato ad un dato popolo. Ad ogni ideologia corrisponde una determinata morale: tali sistemi etici sono, in ogni caso, in contrasto con la reale essenza dei bisogni di ogni essere umano e sono quindi in contrasto con un sistema etico autenticamente umano. Tali sistemi morali costituiscono così una forzatura rispetto ai bisogni razionali di chi professa quella data ideologia. Il grado di moralità di una collettività è misurabile sulla base della possibilità o meno di alcuni individui o gruppi di decisione su chi abbia diritto di vivere e con quale grado di libertà. Ogni tipo di società compie, coscientemente o meno, tale scelta fondamentale. Le società che lasciano ad individui o gruppi, tale potere di decisione, magari contrastandolo debolmente, dimostrano di avere una moralità molto bassa. L' etica è, in se, l'espressione di manifestazione dell'essere. Il grado di eticità dei vari sistemi, e rispettivi tipi di governo, dell' universo strutturale statuale è variabile ed indica il grado di umanità presente in ciascuno di questi sistemi sociali e nell' insieme dell'universo strutturale statuale. Allorché l'individuo trasgredisca la morale propria di una data struttura storica, tende a colpevolizzarsi, anche quando l' azione compiuta rientri in una morale più alta, ma estranea alla realtà strutturale in atto. L' assenza di una colpevolizzazione si configura come alienazione, ossia scollamento tra raziocinio ed affettività dell'individuo. Il rapporto tra economia ed etica è dato dal fatto che la realizzazione di un certo tipo di equità od iniquità corrisponde ad un dato tipo di etica. Così è per i rapporti sociali: ad un dato tipo di equità od iniquità dei rapporti sociali corrisponde un dato livello di etica. L' etica costituisce un elemento del riflesso ideale dei rapporti materiali o base materiale, consistente nei rapporti economici.
3 - Guyan distingueva tra dovere strutturale coercitivo, estraneo alla natura umana, e dovere come sinonimo di necessità della natura umana (4). Distingueva, quindi, tra etica strutturale ed etica coerente con la natura umana. L' etica propria delle strutture storiche trae origine dalla stessa natura della realtà strutturale, ossia dalla natura specifica di questa. Al contrario, la morale razionale è tale se nasce dalla natura più autentica degli individui e su questa sia costruita la società. La moralità propria dell' universo strutturale statuale si articola in: moralità dell' apparenza od etica od atteggiamento morale ostentato pubblicamente e moralità effettiva o realtà scarsamente morale, che attiene alla realtà delle varie forme di oppressione e sfruttamento. La moralità è, nelle strutture statuali, mezzo di sopravvivenza delle strutture stesse, mentre in una società autenticamente umana sarebbe il fine della vita sociale.
§ 6: Morale ed etica razionali
1 - Aristotele affermava che la virtù consista nell' utilizzazione mediocre o mediana delle “passioni” (1). La morale può essere intesa come sinonimo di coscienza della vita. La morale, in sè, può essere definita caratteristica di ogni livello o manifestazione di vita, seppure in forme e misure diverse. La morale di ogni individuo, se è effettivamente razionale, ossia sorgente dai suoi desideri naturali, non determina doveri per il soggetto stesso, ma solo punti di riferimento come sostanza o fine della soddisfazione dei desideri stessi. Il soggetto anela all'espressione al massimo grado del proprio essere e questo si identifica con l'essenza della propria morale e contemporaneamente con la soddisfazione più piena dei suoi desideri naturali. I bisogni interiori o naturali dei singoli individui determinano doveri morali razionali, la cui origine è interna agli individui stessi e la cui mancata od incompleta soddisfazione crea infelicità. La gratuità della volontarietà, se accompagnata dalla ricerca della massima soddisfazione di tali bisogni intrinseci, si identificherà con la massima realizzazione della moralità razionale. L' imperativo morale assoluto nasce all' interno dell' individuo, il quale ha in sé la più alta motivazione al bene: il desiderio di felicità. La moralità razionale è identificabile unicamente nel fine, fine che non può esulare dalle potenzialità di chi quel fine concepisce e percepisce, essendo le potenzialità dell' individuo coerenti col grado di percezione del fine.
2.1 - La concezione della libertà di Kant come “dovere morale” aveva in sé una valenza anti-strutturale. Kant infatti considerava l'uomo come fine e non come mezzo, essendo tutti gli esseri umani uguali a noi stessi. Egli preconizzava un comportamento umano non “condizionale” (come è il comportamento nella realtà strutturale) (2), ma assoluto o tale da poter essere assunto come “legge universale per tutti gli esseri ragionevoli” (3). Kant poneva la ragione o razionalità a base del comportamento morale ed in tal modo evidenziava la naturalità di una morale autenticamente umana (4).
2.2 - Norberto Bobbio affermava che la democrazia (intesa come democrazia politica) non abbia una morale propria, essendo per natura tollerante e quindi, kantianamente, garante del raggiungimento della felicità, da parte di ciascuno, a modo proprio (5). Ma questo, se fosse effettivamente realizzato, sarebbe l'espressione della più alta morale: la possibilità di decidere autonomamente cosa sia la felicità e la salvezza, per ogni individuo. Questa è una nuova e più alta concezione della morale, che può inverarsi pienamente solo in una realtà sociale post-strutturale. Si può definire il male morale come assenza di libertà e quindi di razionalità. Si può quindi ritenere che quanto più la morale sia rispondente alla natura dell' essere umano, tanto più si avrà una società rispondente alla natura umana. L' etica della società post-strutturale o coerente con la natura umana si identificherà con la coscienza stessa degli individui e della collettività, in quanto vi aderiranno solo individui liberi di esprimere la loro razionalità. La moralità razionale non può avere due facce, ma deve essere univoca ed inderogabile.
3 - Smith distingueva tra “l' aspirazione ad essere degni di elogio” dal “desiderio di elogio” (6), in quanto la prima si identificherebbe con la moralità, la seconda con il bisogno di socialità, che si adatta alla socialità limitata, propria della realtà strutturale storica. Smith considerava il principio di utilità in rapporto alla realtà strutturale e dunque lo considerava connesso con l' egoismo intrinseco (7). In realtà il principio di utilità può essere connesso anche con la natura umana più autentica e quindi col bisogno di socialità od egoismo estrinseco. Considerando il desiderio di meritare lode come la base della moralità, Smith ammetteva, indirettamente, la naturalità della morale e l' essenza sostanzialmente egoistica della base del comportamento, poiché il parametro resta il merito di lode, ossia il merito della propria ed altrui approvazione (8). Comte, sebbene definisse “altruismo” l' istinto innato a base dell'etica, riconosceva il ruolo svolto dall' “egoismo” (9) in rapporto all'etica. Si può meglio distinguere, come già detto, tra un egoismo intrinseco volto alla propria individualità, ed un egoismo estrinseco, volto alla socialità ed alla moralità razionale.
4 - Shaftesbury riconosceva il valore della conoscenza per la formazione di una morale naturale (10). Sebbene le scienze e la conoscenza, non siano direttamente correlate con la morale, è tuttavia certo che una società sia tanto più morale quanto più favorisca lo sviluppo della conoscenza, essendo quest' ultimo mezzo efficace di emancipazione dell' uomo. Vi è un legame tra etica e sviluppo della conoscenza. La conoscenza, se consentirà di realizzare pienamente la socialità umana e, nel contempo, la piena individualità, realizzerà la piena moralità o la consonanza della società con la natura umana. La conoscenza è dunque mezzo della moralità e della virtù, le quali ultime, per essere realmente tali, presuppongono la adeguata conoscenza della socialità umana e delle condizioni sociali per esprimerla. Nella realtà post-strutturale, che sarà necessariamente consona con la natura umana vi sarà una moralità razionale. La morale di una società post-strutturale o razionale, in quanto coerente con la natura umana più profonda, si baserà sullo spirito scientifico, il quale implica l' immanenza o connaturalità ai singoli individui di interessi come: interesse di specie, benessere sociale e progresso nel processo di civilizzazione. Si avrà, quindi, una morale a fondamento scientifico, allorché si sia creata una conoscenza scientifica della natura della società e della natura umana. La società post-strutturale avrà, quindi, una nuova moralità, la cui premessa sarà l' assenza di pretesa di accettabilità generale, ben diversa dalla convinzione di validità universale, dove quest' ultima gli deriverà dalla sua base scientifica che gli conferirà auto-correggibilità e dunque spontaneo e cosciente progresso.
5 - Il diritto razionale consisterà nella definizione delle libertà concesse agli individui, al fine di consentire loro la piena soddisfazione dei desideri e bisogni autogeni.
§ 7: Volontà generale, volontà universale e volontà dei singoli
1 - Nella realtà strutturale statuale vi è l' “interesse generale”, il quale si manifesta negli individui, in quello che potremmo definire un senso generale, il cui contenuto e natura è inconsapevole per gli individui stessi, operando a livello inconscio o preconscio. Nell' universo strutturale statuale, dove vi sia democrazia politica effettiva, si può affermare vi siano fini della società identificabili con la volontà generale ed espressi più o meno inconsapevolmente dalla maggioranza della popolazione. Lo stato, anche qualora sia lo stato proprio delle fasi mercantili ed abbia il tipo di governo a democrazia politica effettiva, avrà sempre finalità proprie, intrinseche alla propria essenza istituzionale ed organico-stratificata. La democrazia politica effettiva implica la possibilità, garantita a tutti gli individui, di esprimere le proprie opinioni ed esigenze, garantendo tuttavia alla maggioranza politica di esprimere i governanti, i quali devono poter compiere le scelte espresse, in linea di massima, nei programmi elettorali. La libertà politica, presente nei tipi di governo democratici, specie ove vi sia democrazia politica effettiva, consentendo agli individui di farsi interpreti della “volontà generale” può definirsi libertà soggettiva, consistendo in una interpretazione personale e dunque variabile, entro certi limiti, della stessa “volontà generale”. La volontà generale è irrazionale in quanto deriva, oltreché dalla logica dell' universo strutturale statuale, nella manifestazione specifica dei vari sistemi sociali via via in atto, anche dallo spirito gregario, presente seppure inconsciamente, negli individui e di cui la realtà strutturale storica si avvale e con cui si giustifica. Nelle fasi feudali la “volontà generale” corrisponde agli interessi delle caste dominanti, pur rimanendo anche per loro a livello inconscio o semi-conscio, ed è interpretata da chi sta al vertice del potere.
2 - La “volontà generale” si distingue dagli interessi specifici dello stato, i quali sono definiti “ragion di stato”, sebbene i due elementi siano strettamente connessi. Allorché la “volontà generale” od interesse collettivo di ordine strutturale statuale, prevalente di una data società, e la “ragion di stato” di quella specifica unità statuale divergano, si verifica una graduale disgregazione di quella stessa unità statuale. La “ragion di stato” è intesa generalmente con un significato più limitato e ristretto rispetto alla “volontà generale”. Viene riferita, infatti, all' interesse di uno specifico tipo di governo o concreto potere e non all' interesse generale della società. In realtà il termine ragione di stato dovrebbe essere utilizzato per indicare la logica di una specifica forma di stato, di cui il tipo di governo od il concreto potere sono aspetti importanti ma più limitati.
3 – Se la volontà collettiva, espressa dai singoli, può avere elementi che oltrepassano la volontà generale e di adesione ad un diverso livello della volontà universale, la volontà collettiva espressa da gruppi organizzati è solo una “volontà generale” parziale o parcellizzata, a meno di una superiore capacità organizzativa, capace di trascendere la logica della volontà generale propria delle strutture organico-stratificate. I concreti poteri al vertice degli stati devono, per rendere stabile il proprio potere, saper interpretare tale “interesse generale”. In questo consiste essenzialmente l’ arte di governare. Accanto all’ “interesse generale” suddetto vi é poi l’ “interesse collettivo”,identificabile come l’ interesse della maggioranza degli individui che aderiscono alla società. E’ a quest’ ultimo interesse che deve fare riferimento, in una democrazia effettiva, chi voglia conquistare democraticamente il potere. Si può distinguere tra un interesse collettivo cosciente, controllato dalla volontà e coscienza degli individui che lo sostengono, i quali siano altresì consapevoli degli interessi immediati e della eventuale diversità con quelli a medio e lungo termine. Si può avere inoltre un interesse collettivo anomalo , espressione di una confusione nella percezione dei propri interessi da parte delle maggioranze o minoranze attive della popolazione, espressione del caos, alieno ad ogni possibile consenso duraturo. Esso è fonte della dittatura del caos ed è tipico di società scarsamente governabili.
4 - I politologi ed i sociologi distinguono tra “vita sociale”, termine con cui indicano la vita connessa alla logica della società statuale, sintetizzata nella “volontà generale”, dalla “vita civile”, termine con cui intendono la socialità, sintetizzabile nella volontà universale. Definiscono “vita privata” l' attenzione ai bisogni individuali. La volontà universale, espressa dai singoli individui, può essere definita come partecipazione ad un sistema aperto di valori soggettivi ed insieme solidali o socialitari (1).Vi è, dunque, l' interesse umano od interesse di specie, il quale nel singolo essere umano può diventare consapevole, allorché l' essere umano realizzi un sufficiente livello di conoscenza della realtà sociale e della propria natura. La libertà che consenta di accedere alla volontà universale, estranea alla logica delle strutture storiche, sarà una libertà oggettiva.
§ 8: Leggi di natura e “diritto naturale”
1 - Epicuro affermava che il diritto di natura consista nell' utilità reciproca derivante dal “non recar danno ne riceverne” (1). Tale principio costituisce a tutt' oggi la quintessenza dell' ideale di chi mira a superare la logica delle strutture storiche. Rousseau riferiva come già alcuni filosofi romani considerassero universali le leggi di natura e perciò valide per ogni specie vivente (2). Egli affermava che basilari leggi naturali siano l' istinto di conservazione e l' istinto di non aggressione dei simili (o socialità) (3). Rousseau, conoscendo il divario tra natura e realtà strutturale, evitava di identificare il diritto con la legge di natura (4). Locke partiva dal definire la “legge naturale” come intrinseca ad ogni essere vivente ed affermava che essa consista unicamente nel desiderio di conservazione e di procreazione (5). La legge naturale consisterebbe dunque nell' egoismo intrinseco o rivolto a sé stessi e nell'egoismo estrinseco, consistente nella socialità.
2 - Tommaso d' Aquino giustificava la monarchia assoluta propria del sistema borghese distinguendola dalla tirannia: diceva infatti che il “re” deve governare in funzione del “bene comune”, mentre il tiranno ricerca il “bonum proprium”, ma il bene comune è identificato genericamente col “diritto naturale” non potendosi stabilire dove stia il bene comune, ed il “diritto naturale” viene fatto discendere dal considerare “legge naturale” l' esistenza dell' autorità e del potere (6).
3 - Rawls affermava che la pienezza dei diritti politici non possa che conseguire alla pienezza dei diritti civili (7). Questi ultimi consentirebbero agli individui di acquisire responsabilità, in conseguenza di conoscenza e coscienza dei problemi politico-sociali e della loro possibilità di soluzione.
4 - La morale non si identifica con la giustizia, ma la prima è conseguenza del grado di giustizia realizzato.
§ 9: Diritto positivo e diritto razionale
1 - Il diritto positivo, nell' universo strutturale statuale, è inteso come il corpo di norme che delimitano il potere dei singoli o delle stesse istituzioni statuali. Il diritto positivo degli stati diverge non solo dall' etica razionale ma anche dall' etica prevalente in quella data società strutturale. L' amministrazione della giustizia è affidata ad istituzioni ed organismi più o meno autonomi rispetto alla collettività ed alle istituzioni ed organismi politici, autonomia che è proporzionale al grado di democrazia politica presente in ogni specifica società.
2 - Durkheim distingueva tra “diritto repressivo” e “diritto restitutivo” o “cooperativo”, indicando col primo le sanzioni dei reati, con il secondo la ricostituzione dell' equilibrio infranto. La difesa dall' aggressione si articola così in due momenti: resistenza e riequilibrio (1).
§ 10: Giustizia razionale
1 - Il reato è contravvenzione alle leggi vigenti, mentre il crimine o delitto è violazione della "legge naturale" o della morale insita nella natura umana ed è causato generalmente dalla stessa logica della realtà strutturale. La differenza tra vendetta e giustizia sta nel fatto che la prima tende a ripagare un torto con un' altro torto, perpetrato dalla vittima del torto stesso, la seconda tende a ripagare il torto compiuto dal singolo, o da un gruppo, alla collettività pur colpendo uno o più singoli aderenti alla collettività stessa. Se la collettività fosse solo l' espressione della socialità dei singoli, la giustizia consisterebbe nel ripagare il danno fatto alla socialità, ove il danno sia valutato correttamente da chi non sia stato coinvolto direttamente ed emotivamente.
2 - Allorché si sia creato un contrasto tra l' integrazione nella realtà strutturale ed il livello scientifico – conoscitivo raggiunto dal soggetto, in campo sociale ed umano, ogni individuo sarà posto di fronte alla scelta tra l' integrazione nella realtà strutturale storica (od adesione al male o scelta anti-etica ed antiestetica) ed adesione ad una nuova socialità (e scelta del bene, eticità, estetica), che supererà la realtà strutturale storica. Il “razionalismo moderno” implica una concezione contrattualistica, astratta ed aprioristica, delle istituzioni statuali (1). Le istituzioni di una società post-strutturale saranno basate su contratti effettivi stabiliti tra individui coscienti e pienamente informati.
3 - Il “liberalismo” propugna l' eguaglianza delle condizioni di partenza, il “socialismo” propugna l' eguaglianza delle condizioni di arrivo. Una società equilibrata, ossia basata sulla giustizia razionale, garantirà l' assenza di sopraffazione, sia sul piano economico che sul piano sociale, indipendentemente dall'eguaglianza od ineguaglianza naturale tra gli individui. La società basata sulla giustizia razionale eviterà il cumularsi delle ineguaglianze di origine non naturale e creerà spontaneamente una maggiore eguaglianza psicologica tra gli individui, la quale condurrà alla ricerca della possibilità di rimozione delle ineguaglianze psichiche naturali. Chi si oppone alla realtà strutturale in atto compie un' opera altamente morale, poiché dimostra l'autonomia della natura umana dalla realtà strutturale in genere e dalla realtà strutturale contingente, in particolare: tale opposizione deve essere però efficace e non velleitaria e non sfociare in una mera forzatura dell'evoluzione delle strutture in atto, ma deve essere tale da porre le basi del superamento delle strutture storiche, nella direzione di un progresso della socialità e dell' umanità degli individui.
4 - Il perdono, inteso come interiore assenza di odio, in seguito ad un' aggressione subita, al di là dei significati di ordine religioso o strutturale, è un' elemento del riequilibrio pieno della situazione preesistente all' aggressione stessa, poiché inibisce una contro-aggressione ugualmente irrazionale, al di là della difesa dall' aggressore.
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