Fisica e filosofia: differenze tra le versioni

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7 – Finalità cosmiche e finalità umane individuabili nella cosciente felicità
dei singoli individui.
 
PARTE II: Approfondimento dell' analisi della natura umana nel suo rapporto
con la realtà strutturale storica.
Cap. 9:
Evoluzione e sue finalità: bio-fisiche, psichiche e psicologiche.
§ 1 - Neo-evoluzionismo e sua interazione con l' evoluzione sociale ed interazione con l' ambiente
1.1 - I sedicenti “scienziati” e filosofi, pur riconoscendo che “gli organismi non si compongono a caso, ma hanno caratteristiche che risultano 'capaci di adattamento'”, e definendo tale concezione “la migliore idea di tutti i tempi”, come ha affermato il filosofo Daniel Dennet, continuano ad associare il suddetto concetto a quello della “selezione naturale”, il quale implica una lotta costante tra tutti i viventi, per determinare quanti siano più adatti alla sopravvivenza (1). Tale ultima concezione, in se contraddittoria con la prima, come causa dell' evoluzione stessa, è ritenuta imprescindibile dalla generalità dei sedicenti “scienziati” e filosofi, i quali, pur dicendo di deprecare il concetto di “darwinismo sociale”, riducono praticamente tutto il darwinismo ed il concetto stesso di evoluzione, alla cosiddetta “selezione naturale”, onde giustificare la realtà strutturale storica, come fatto naturale. E' ancora dibattuto se l' evoluzione avvenga per “impercettibili modifiche nella dinamica biologica individuale” ed avvenga “esclusivamente nelle prime fasi di vita di un organismo”, come affermava Lamark (2), oppure se un dato “processo di dinamica biologica” si possa trasmettere da una generazione all' altra, magari attraverso “un lento processo di impercettibili incrementi”. Al di là di queste teorie, le cause e l' essenza stessa dell'evoluzione, sembrano sfuggire del tutto agli “scienziati” contemporanei. Se il secondo principio della termodinamica (ossia l' entropia) è stato interpretato come tendenza generale all' omogeneità od alla diminuzione delle differenze, le teorie vitalistiche di Bergson tendono a spiegare, alla luce del predetto secondo principio della termodinamica, il sorgere della vita ed il nascere dell' uomo tramite l'evoluzione biologica. Recentemente le teorie fisiche di Prigogine sulla termodinamica generalizzata propongono una tendenza generale all' auto-organizzazione ed all' auto-ordinamento. Anche a livello inorganico il processo auto-organizzatore pare essere generalizzato, ma avvenire, seppure in base a leggi deterministiche, solo tramite micro-deviazioni che si verificano in un determinato momento per cause accidentali o secondarie, come ad esempio le fluttuazioni. In tal modo la vita organica e la sua evoluzione si spiegano in modo più compiuto (3).
1.2 - Il “casualismo”, insito (seppure in modo non escludente la causalità) nella concezione darwiniana dell' evoluzione, non è da intendersi come casualità assoluta, essendovi necessariamente un ordine causale che determina i fatti ritenuti casuali, ma determinati da cause dirette di tipo diverso. Si può ritenere vi sia un unico principio causale dell' universo cosmico, connesso alla sua propria finalità. Piergiorgio Odifreddi riconosceva che, in fondo, la meccanica quantistica, al di là delle misurazioni che avvengono su base probabilistica, è deterministica, come dimostra l'equazione di Schroedinger. Lo è pure l' evoluzione, sebbene avvenga su base probabilistica. Anche la cosiddetta “selezione naturale” è un fatto deterministico. Darwin parlava di mutazioni casuali. In realtà gli evoluzionisti successivi hanno individuato leggi di mutazione e dunque l' ambito della cosiddetta casualità si restringe essenzialmente al punto di vista umano (4). I darwinisti affermano che la finalità non è negata in assoluto dal darwinismo stesso, ma posta come “finalità seconda”. Dunque tale concezione non contrasterebbe con l' assunto di una finalità immanente (5).
2 - I comportamenti umani, allorché diventino usuali e generalizzati, possono essere trasmessi per via ereditaria. In tal modo anche la logica delle strutture storiche può viene trasmessa da una generazione all' altra. Questo non la rende meno inumana e meno innaturale, in quanto non conforme alla natura evolutiva e progressiva dell'essere umano e degli esseri viventi in genere (6). Le variazioni ambientali possono determinare, negli animali inferiori, variazioni irreversibili a livello biologico anche per quanto riguarda la psiche. Gli animali inferiori hanno capacità psichiche elementari, il cui accrescimento è, entro dati limiti, irreversibile sebbene possa esservi la perdita di una data facoltà psichica (magari per gravi modificazioni, in senso peggiorativo, dell'ambiente) (7). Kurt Lewin testimoniava come certe specie animali possano regredire biologicamente e fisiologicamente, in determinate condizioni ambientali. Questo, tuttavia, non implica che vi sia una correlazione diretta e stabile tra condizioni ambientali ed evoluzione biofisica. Lewin definiva questo tipo di regressione: “regressione istituzionale” (8), in contrasto con la regressione “situazionale” realizzantesi in seguito a situazioni contingenti ed interessanti pressoché esclusivamente il livello psichico dell'individuo e non coinvolgente la situazione genetica degli interessati, pur essendo regressioni che possono essere anche stabili. I boscimani, secondo alcuni ricercatori, paiono essere frutto di una mutazione di specie in regresso, seppure solo per alcuni elementi marginali. Tale regresso bio-fisico sarebbe dovuto, secondo loro, a condizioni ambientali estreme (9).
3.1 - Il “neo-darwinismo” riduce la “selezione naturale” all'adattamento attraverso l'eliminazione degli organismi inadatti e che ne indirizzi, in tal modo, l' evoluzione in una direzione adatta (10). Goldschmidt formulava l' ipotesi, secondo cui l'evoluzione, anziché avvenire in modo graduale e costante, avvenga per stadi o scatti distanziati nel tempo, dove la novità biologica assume la forma di “mostri che possono avere successo” (11), dove il successo è sotteso all' adattabilità e funzionalità ecologica, che fungono da controllo indiretto sull' evoluzione biologica (12). La scoperta del Dna, attraverso la scoperta dei geni, detti omeotici, che presiedono al “montaggio” dell'embrione, così della drosofila come di ogni altra specie animale, ha confermato come la teoria di Etienne Geoffroy Saint-Hilaire secondo cui esiste un piano comune agli animali, sia valida e venga ora presa seriamente in considerazione dagli evoluzionisti (13). Il biologo Stuart Kauffmann ha recentemente teorizzato l'esistenza di un' “innata creatività naturale” dell' universo cosmico o, per meglio dire, della natura, basato però sul concetto di pre-adattamento od “exaptation” (14). Tale teorizzazione, che si riaggancia a Darwin, vuole controbattere le obiezioni e delegittimazioni che si avrebbero se si abbandonasse del tutto la concezione darwiniana dell' adattamento, che costituisce tuttora un tabù insuperabile per i cosiddetti “scienziati”. La scoperta dei fossili di Burgess (in Canada), risalenti a 505 milioni di anni fa, e la sua recente interpretazione, anche alla luce di altre scoperte archeobiologiche nell' Atlante marocchino, geologicamente successive, confermano come l' evoluzione avvenga non solo dal semplice al complesso, ma secondo un filo logico di funzionalità e di sviluppo fisio-psichico (15).
3.2 - Alcune ricerche hanno dimostrato come anche in alcuni animali superiori sia riscontrabile la presenza di individui poliploidi, ossia con maggiore quantità di geni rispetto agli individui dotati di coppie di geni in coppie di cromosomi omologhi, dove i primi hanno una maggiore adattabilità fisica all' ambiente. Si dimostra in tal modo come avvenga l' adattabilità genetica all' ambiente e come avvenga la speciazione. La speciazione esiste, come potenzialità, per ogni specie vivente, in misura maggiore o minore (16). Il manifestarsi di questa potenzialità è favorito da ambienti più o meno stimolanti per la variazione di specie. Gli etno-antropologi hanno affermato che l'evoluzione dei primi ominidi sia stata determinata da grandi evoluzioni climatiche, determinate a loro volta da un colossale movimento della crosta terrestre, specie tra l'Africa Orientale ed il continente asiatico (17). Marcello Buiatti riconosceva che l'ambiente sia un aspetto “co-evolutivo” e che le mutazioni del DNA non siano affatto casuali. L' ambiguità del gene, scoperta di recente, come incapacità del genoma di determinare tutti gli aspetti della personalità di un individuo corrobora la teoria della plasticità del Dna sotto la pressione dell' habitat, ed al contempo “smonta l' idea che la vita di un individuo sia completamente determinata dall' ereditarietà. Perché, se un gene solo può produrre non una, ma migliaia di proteine, allora non ha senso parlare di 'gene dell' intelligenza' o 'gene dell' alcolismo'. La storia di una persona può modulare quanto è stato scritto alla nascita nel Dna” (18). Nello spiegare l' evoluzione biologica non gioca solo l'adattamento alle condizioni ambientali, ma altresì la potenzialità, ossia una capacità predeterminata e pre-ordinata che consente alle varie specie viventi di evolvere, in rapporto alle condizioni ambientali, secondo molteplici possibilità di diramazione o cumulazione di differenziazioni. Tali potenzialità sono insite nella natura stessa della vita. Tutte le potenzialità evolutive sono presenti negli organismi primordiali, che si evolvono in rapporto alle condizioni di adattamento, secondo linee differenziate, tutte contenute nelle potenzialità originali, secondo successioni graduali dettate, in parte, dai condizionamenti ambientali di adattamento quanto a successione di stadi e direzione evolutiva. Le varie diramazioni non costituiscono che vie diverse per giungere ad una meta univoca, tale da consentire alla vita la massima espressione. L'esigenza di adattamento non spiega l' evoluzione biologica, sebbene le difficoltà ambientali favoriscano le mutazioni biologiche. Occorre quindi supporre una determinazione o causalità di origine diversa dall'ambiente. Poiché le mutazioni climatiche hanno un'andamento ciclico e comunque, nell' attuale momento evolutivo geologico, l'ambiente, almeno apparentemente, favorisce sempre più la vita sulla terra, l'evoluzione biologica necessita di spiegazioni diverse dalle difficoltà ambientali. Occorre supporre causalità diverse ed una direzione evolutiva dettata dalla natura intrinseca dei viventi. La stessa evoluzione geologica appare tutt' altro che casuale ma rispondente a causalità intrinseche alla natura stessa del globo terrestre ed, in generale, della natura cosmica.
4 - Ferembach affermava che l' evoluzione biologica non si sia prodotta nel senso dell'ortogenesi, ossia della progressione da forme più rozze ad altre più evolute, poiché vi sono casi in cui forme più evolute precedono forme meno evolute (19). L'evoluzione biologica che ha condotto alla specie umana, in particolare, non è stata univoca e parallela ma diversificata, in modo da far coesistere forme antropomorficamente più evolute a forme meno evolute: vedasi la coesistenza dell'uomo di Neanderthal con la specie sapiens. Egli affermava la coesistenza di diversi livelli bio-antropologici entro certi margini di tempo, ossia tra la scomparsa del livello precedente ed il diffondersi di quello successivo (20). Questo dimostra come l' evoluzione avvenga per stadi ed in modo parzialmente sconnesso dalle condizioni ambientali, sebbene la “selezione naturale”, dovuta in parte alla lotta per la sopravvivenza, agisca nel senso di far superare il livello inferiore, determinandone la scomparsa fisica, mentre autonomamente tenderebbe a perpetuarsi, rendendo permanente la ramificazione dei risultati evolutivi. Egli affermava che l' evoluzione, agendo attraverso la selezione, delinei una linearità progressiva (21). La presenza di “antrofini” (22) in isole come Giava, avvalora la tesi di una evoluzione parallela, da stadi pre-umani all' uomo, compiutasi contemporaneamente o quasi, in più regioni del globo (23). Altre emergenze fanno propendere per l' ipotesi di un' evoluzione da un unico ceppo austro-africano, detta ipotesi monofiletica (24). Ferembach avanzava l'ipotesi del dominio di “antrofini” di un certo livello evolutivo, su altri “antrofini” meno evoluti: dominio realizzatosi soprattutto sotto forma di cannibalismo (25). Predominio che sarebbe configurabile come potere naturale, trattandosi di esseri di diverso livello evolutivo biologico (26). Alimen e Steve affermarono che le ricerche antropologiche escludano una filiazione tra le scimmie antropomorfe e l' uomo. Le prime rappresentano, infatti, il frutto di un' evoluzione parallela a quella umana e di incerta direzione evolutiva (27). Il fatto che l' homo habilis sia vissuto per circa 1.200.000 anni prova come l' evoluzione, oltre a procedere per piccoli stadi, proceda anche per grandi stadi seguiti da relativa stabilità. Per l' evoluzione umana si conosce infatti il lungo periodo stabile dell' homo habilis, seguito dall' evoluzione progressiva o per piccoli stadi, durata circa 600.000 anni e seguita dalla relativa stabilità dell'homo sapiens per gli ultimi 100.000 - 40.000 anni. L' attuale situazione biologica non è certamente stabile, ma costituisce un piccolo stadio di un grande stadio compiutosi in 650.000 anni circa. E' da considerare l' ipotesi per cui l' evoluzione strutturale compia un balzo solo dopo il raggiungimento del livello biologico homo neandertaliensis. Pare, infatti, che l' emancipazione definitiva dall' universo strutturale delle orde avvenga col raggiungimento dello stadio dell' homo pre-sapiens. Gli etno-antropologi dimostrano come vi sia stata una coesistenza di diverse specie di ominidi e tra queste e la specie umana e di come il progresso tecnico, come la lavorazione della pietra o dell' amidale possa essere appannaggio di specie diverse di ominidi, oltre alla specie umana (28). Alcuni scienziati hanno notato come gli attuali lemuri siano molto simili ad un' antico primate, vissuto tra i 20 ed i 50 milioni di anni fa e che pare possedesse la struttura di base di tutti i primati, compreso l'uomo (29). Niles Eldredge affermava che Darwin stesso, all' origine delle sue riflessioni si accorse dei lunghi momenti di “stasi” nel processo evolutivo. Successivamente non parlò più di quello che Eldredge e Stephen Jay Gould, nel 1972, chiamarono gli “equilibri punteggiati”, ossia i lunghi periodi di “stasi” alternati ai brevi scatti in cui una specie giovane si separa dalla specie “parentale” (30). La teoria evolutiva più accreditata è definita “saltazionista”, e consiste appunto nella teorizzazione di un equilibrio discontinuo o “punteggiato”, che si integra con la teoria evoluzionista gradualista, in modo complementare (31). Si hanno, tuttavia, riscontri della teoria “selettiva” della mortalità o selezione naturale, come concausa secondaria dell'evoluzione (232. Vi sono varie prove a conferma della teoria “saltazionista”, e prove della rapidità delle mutazioni genetiche in particolari ambienti stressanti dove, casuali mutazioni inducono mutazioni generali nella specie (33).
5.1 - Tra evoluzione biologica ed evoluzione strutturale esiste un nesso molto stretto, non ancora compiutamente indagato. Può essere considerata anche l' ipotesi per cui l'evoluzione ed il progresso sociale favoriscano l' evoluzione biologica (34). Lo zoologo Pierre Grassé affermava che la teoria darwiniana dell' evoluzione sia insufficiente in quanto propone come motore dell' evoluzione stessa, mutazioni casuali cumulantesi in conseguenza dell' effetto della “selezione naturale”, la quale agisce in rapporto all' adattamento. Egli affermava che l' evoluzione proceda per stadi. A prova di tale concezione adduceva le tappe di comparsa dei serpenti e dei mammiferi succedutesi contemporaneamente nei vari continenti. Egli affermava che l'evoluzione implichi un “finalismo immanente”. La presenza di una finalità insita nella materia vivente o nella materia in generale non implica idee teistiche, ma solo una teleologia insita nella materia (35). L' evoluzione naturale dipende dalle condizioni ambientali solo in rapporto alla “selezione naturale”, come affermava Darwin contro Lamarck. Tuttavia la “selezione naturale”, oltre ad agire a posteriori, estinguendo specie meno adatte alla sopravvivenza, può agire anche a priori, indirizzando il sorgere di certe specie invece di altre, poiché il bisogno sorge prima del mezzo per attuarlo, come affermava Lamarck. Questo assunto è confermato dalla constatazione che le predisposizioni caratteriali o psicologiche determinano una certa conformazione fisica a loro adatta. Dalla teoria darwiniana, che riconosceva un certo finalismo dell' evoluzione, sia pure con una certa prudenza nell' indicare tale fine, limitandolo al progresso od almeno alla speranza di esso, emergeva come le varie specie animali, inferiori all' essere umano non siano intermedie tra l' uomo e l'organismo originario ma diramazioni diverse rispetto all' uomo, sebbene egli poi finisca per considerarle di fatto intermedie rispetto all' uomo. Quindi, se l' uomo ha una certa meta evolutiva, o l' aveva, avendola biologicamente raggiunta, la stessa meta hanno queste altre diramazioni, sebbene si trovino verosimilmente ad uno stadio inferiore di perfezionamento biologico. Gli evoluzionisti parlano di specializzazioni allorché nel processo evolutivo, da un unico ceppo, nascono specie diverse via via differenziantesi. Tale processo, che indica come sia verosimile l'assunto che le specie perseguano tutte un unico fine od un fine analogo, attraverso vie diverse. Nell'insieme delle specie animali esistenti si possono individuare molteplici distanziamenti rispetto ad uno scopo finale dell' evoluzione. Se certi primati paiono incamminati a seguire il processo evolutivo proprio dell' uomo ed altri mammiferi paiono rappresentare stadi precedenti l' essere umano, altre specie viventi, come gli insetti, rappresentano processi evolutivi totalmente autonomi, seppure finalisticamente possano non essere divergenti da quello umano. La attuali conoscenze sull' evoluzione biologica confermano come l' evoluzione stessa avvenga in base a leggi evolutive ben precise e precostituite, mentre i tempi dell' evoluzione stessa sono in rapporto all' ambiente in cui si svolge la vita e dall' evolversi di questo ambiente, sotto la spinta della vita esistente nell' ambiente medesimo.
5.2 - L' evoluzione biologica che ha portato alla specie “homo sapiens” è passata attraverso gli ominidi. La stessa evoluzione che ha determinato l' esistenza delle varie specie di scimmie è passata attraverso le pro-scimmie (ossia le tupaie e simili), le quali sono una via di mezzo tra le scimmie e gli scoiattoli. Tali sviluppi portano a considerare come la catena evolutiva abbia differenziazioni di velocità evolutiva ma non di finalità, le quali ultime possono dunque essere univoche. Il fatto che l'elefante ed il gorilla abbiano un peso cervicale proporzionalmente (in rapporto al peso corporeo) inferiore al delfino (0,1 e 0,3 % in rapporto all' 1,3 % del delfino) pare dimostrare come animali apparentemente più simili all' uomo siano in realtà maggiormente primitivi. Questo può indicare altresì come vi sia una pluralità di percorsi evolutivi finalizzati ad un' unica meta progressiva. La tesi dei tre stadi nella formazione evolutiva del cervello fa ritenere che alcuni animali, apparentemente più simili all' uomo (se è corretto un rapporto tra peso proporzionale del cervello e stadio di sviluppo cervicale, come la teoria dei tre stadi indurrebbe a ritenere), siano in realtà ancora in stadi evolutivi maggiormente primitivi rispetto all' uomo, essendo incamminati in direzioni evolutive diverse, oltreché trovarsi in stadi evolutivi diversi, pur con finalità progressiva unica od unica meta. Le piante, in quanto esseri viventi, possiedono sensibilità rispetto agli agenti atmosferici e fisici e quindi possiedono i primi elementi dell' emotività. Non possiedono, tuttavia, un sistema nervoso. Alcuni ipotizzano una sensibilità delle piante a situazioni di dolore o stress fisico-psichico che si produca, per altri viventi, nell' ambiente in cui esse si trovano. Questo implicherebbe una moralità comune a tutta la natura vivente. Non è da escludere un'evoluzione del regno vegetale nel senso di un' embrionale formazione del sistema nervoso, il che ne farebbe un soggetto finalistico, anziché condizionale o strumentale (36). Il “neo-evoluzionismo” afferma che l' evoluzione avvenga in modo naturale od automatico e la selezione o le condizioni ambientali influiscono sull'evoluzione stessa in modo indiretto, ossia determinano caratteristiche secondarie od adattative dell'evoluzione stessa. L' evoluzione delle specie avviene per cause puramente naturali, ossia vi è un filone centrale dell' evoluzione che prescinde dal condizionamento ambientale, limitandosi quest'ultimo a valorizzare gli aspetti secondari delle specie, rendendole capaci di adattarsi alle mutevoli condizioni ambientali. Questo esclude anche l'ipotesi di un'influenza delle strutture storiche e della loro evoluzione sulle capacità psichiche potenziali della specie umana e delle specie viventi in generale. L' evoluzione naturale avviene in modo da favorire le caratteristiche più innovative e progressive delle varie specie. Questo in netto contrasto con la realtà strutturale storica in genere e di quella statuale in particolare, dove viene favorito chi è più violento o più astuto o maggiormente sopraffattore e dunque chi è moralmente il peggiore ed il meno evoluto. Nella vita di ciascun essere stà il fine universale dei viventi. Nel contrasto tra i viventi non si esprime il fine della vita, sebbene possa costituire uno strumento contingente dell' evoluzione biologica: la cosiddetta “selezione naturale”.
5.3 - Motoo Kimura teorizzava il persistere, nel tempo, di mutazioni genetiche per ogni specie vivente. Egli rilevava come l' adattamento all' ambiente determini mutazioni minimali, anche se cumulabili nel tempo. Tali mutazioni sono connesse a difetti di riproduzione del DNA ed avvengono casualmente o per cause minori o contingenti. L' evoluzione non è, dunque, connessa unicamente al puro adattamento ambientale, poiché se fosse limitata e questo sarebbe molto più limitata, come fenomeno e si sarebbe interrotta da moltissimo tempo. Il “principio antropico” sostiene, poi, una finalità evolutiva ben diversa dal semplice adattamento ambientale. I sostenitori di tale principio affermano esservi un fenomeno di antropizzazione in tutto il processo evolutivo, essendovi una finalità ben precisa nelle micro-mutazioni genetiche.
5.4.1 - Vi è una disputa tra deterministi o finalisti ed antifinalisti. Tale disputa nasce dal desiderio di pre-determinare il fine o direzione del progresso scientifico. Le ipotesi conoscitive della direzione del progresso scientifico acquisiscono valore scientifico se sono formulate in modo falsificabile o corroborabile. Analogamente avviene per il fine della storia o fine della specie umana. Karl R. Popper affermava che il darwinismo appaia chiaramente come la causa prima del diffondersi della concezione secondo cui scopo principale dell' uomo e delle altre specie sia la sopravvivenza (37). Questo in quanto sostituisce alla teleologia la “selezione naturale”, e quindi la sopravvivenza della specie, come valore supremo, se non unico. Si ignora, in tal modo, come l' evoluzione possa essere strumento di altri fini. Si riconosce, peraltro, come l' evoluzione biologica sia modello o “similazione” di altre evoluzioni (38), attraverso l' “istruzione”, come teorizzato da Lamark per gli organi, per il loro uso e disuso.
5.4.2 - Gli evoluzionisti, darwiniani e post-darwiniani, con il loro casualismo ad oltranza, finiscono per ritenere le mutazioni ambientali causa dell'evoluzione biologica delle specie e dunque per riconoscere, in ultima istanza, un finalismo cosmico. Il riconoscere, invece, una teleologia insita nella materia fà di ogni singolo atomo od elemento basilare della materia un elemento pienamente partecipe della finalità universale, mentre il casualismo degli “scienziati” contemporanei fà del cosmo e delle sue leggi evolutive, volgarizzato nel più antropomorfico “ambiente”, il vero artefice delle finalità biologiche ed umane. Ancora una volta, dunque, si tratta di far ritenere naturale il contrasto tra l' individuale ed il collettivo, analizzati su un'altro piano, ma senza vedere la loro necessaria armonia ed univocità di fondo. E' stato teorizzato che scopo della vita sia far evolvere la natura. Tale concezione pone lo scopo della vita non fuori della natura, ma fuori di una natura intesa come realtà statica, e dunque di una concezione della natura totalmente anti-scientifica ed assurda, a cui rimedierebbe il volontarismo umano. La natura evolve in continuazione e l' evoluzione psichica e psicologica dell'uomo può essere coerente con tale evoluzione e dargli una finalità concreta, attuando tale finalità finalmente estrinsecata.
6.1 - Gli ornitologi, come Nottebolin e Kraodsma, hanno accertato come gli uccelli acquisiscano, con l' età, un repertorio di canto che si trasmettono attraverso l'esperienza. Essi dunque si trasmettono una cultura vera e propria. Questo può essere considerato come indizio rafforzativo dell' ipotesi di embrioni di strutture sociali nelle società animali, oltreché rafforzare la teoria dell' universalità della realtà strutturale storica e sul finalismo sociale, oltreché biologico (39).
6.2.1 - Kant riteneva che i fini umani della felicità e dell' utilità non siano coerenti con la morale. Non sono infatti coerenti con la morale strutturale, mentre sono perfettamente coerenti con una morale autenticamente umana. Kant affermava che fine della morale sia la libertà (40): egli dunque intendeva, in questo caso, la morale autenticamente umana. La felicità, l' utilità e la libertà sono fini dell' individuo e della specie, coerenti tra di loro.
6.2.2 - Déttore riconosceva l' esistenza di un finalismo unico nella natura, insito nella materia stessa, la quale in quanto forma di energia avrebbe lo stesso fine della psiche e del pensiero. Questo implica la progressività del pensiero come fine dello spirito, il quale è la forma dinamica della natura, mentre la materia ne è la forma statica. Egli si poneva il problema del superamento del dualismo tra natura e realtà storica in un monismo basato unicamente sulla natura umana (41).
6.3.1 - Il concetto teologico della “vita eterna” e della necessità di accedere ad un “nuovo mondo e nuova vita” costituisce una teleologia prefigurante il superamento della realtà strutturale storica, seppure in una teorizzazione astratta ed intrisa di mitologie pre-scientifiche. La concezione teleologica di “nuova vita” è basata sua una concezione di vita non fisica, in connessione col mito del rifiuto del “mondo”, concetto in cui viene confusa la natura fisico-biologica con la realtà strutturale storica. Tale teleologia non contrasta con la tensione verso il superamento della realtà strutturale storica e nella realizzazione della piena armonia tra realtà individuale e collettiva. La divinità è un' entità ontologica: una tra le tante attribuibili all' essere, di cui ogni individuo non è che una manifestazione. Allo stesso modo il fine è un' altra entità ontologica del soggetto singolo. Il concetto di divinità come alterità ha il solo scopo di giustificare l' alterità della realtà strutturale. Il fine dell'umanità è il fine che i singoli individui percepiscono come tale e dunque varia in base alla razionalità dei singoli individui e dal grado di manifestazione dell' essere che ciascuno di essi esprime.
6.3.2.1 - L' affermazione biblica secondo cui l' uomo sia “immagine di dio” propone una visione dell' uomo come immagine ed espressione tangibile della finalità dell'umanità: la realizzazione della pienezza della razionalità, della conoscenza e coscienza, ossia la realizzazione della pienezza dell' essere. Fine dell' uomo, sia come individuo che come specie, è la realizzazione piena dell' essenza umana. La specie sussiste in quanto sussistono gli individui, essendo l' individuo espressione concreta della specie. Gli individui sono fondamento ed espressione reale della specie. La specie stà all' individuo come un bisogno di quest' ultimo, a cui l' individuo concede uno spazio ed una soddisfazione limitata dall' esigenza stessa di non essere schiavo dei propri bisogni. La verità ed i fini umani in genere manifestano la loro superiorità sui singoli individui, quanto più tali individui sono lontani dalla meta, ossia dalla realizzazione dei fini umani stessi. Allorché la suddetta meta sia raggiunta si avrà identificazione tra individui e fini individuali e di specie, venendo quindi a mancare il contrasto, o la semplice distinzione, tra volontà e bisogni: intrinseci ed estrinseci. La finalità dell' uomo è autentica se a lui connaturata e da lui liberamente accettata e se non se ne fà dominare ma liberamente la segue, come una preziosa indicazione. In ogni essere umano vi è, intera, l' umanità, poiché in lui vi è il bisogno della perpetuazione della specie e di sé, bisogno che soddisfa con la procreazione, oltreché con la creazione di oggetti, pensieri e parole. La prole è la sostanza della perpetuazione della specie. I concetti di: umanità, specie umana e collettività dei viventi devono essere ben distinti ed enucleati. Il concetto di umanità, coincide con l'essenza di ogni singolo essere umano, essendo proprio della natura di ciascun individuo. Il concetto di specie, coinvolgendo tutti gli umani: passati, presenti e futuri. E' al contempo presente in ogni individuo ed a lui esterno. Si può affermare che l' individuo sia il fine della specie, ove quest' ultima è la categoria base che consente il realizzarsi dei singoli individui, nella pienezza dell' individualità. La collettività dei viventi, od insieme dei contemporanei di ciascun singolo, ha nei suoi confronti diritti, in relazione ai rapporti interpersonali che questi intraprende od intrattiene. In una società coerente con la natura umana, poiché i rapporti interpersonali del singolo nascono dal suo bisogno interiore di socialità, i diritti della collettività sul singolo saranno necessariamente coerenti coi bisogni naturali del singolo stesso. Il fine dell' umanità è il fine stesso di ogni singolo individuo. Detto fine è categoria propria dell' umanità di ogni individuo, sebbene diversamente percepito da ogni soggetto, ma comune alla natura di ciascuno. La storia umana può essere intesa come il percorso dell' essere umano nella realizzazione del proprio fine. Il fine non può essere considerato superiore al singolo individuo, poiché consiste nella realizzazione della felicità dell' individuo stesso. L'individuo è portatore dell'essenza della specie e dei suoi fini, poiché i fini della specie coincidono con i fini dell' individuo, essendo il singolo la sostanza o manifestazione concreta della specie. Il singolo ha, di per sé, una grande responsabilità, poiché ogni suo gesto esprime il grado di manifestazione dell' essere della specie. La coscienza di tale responsabilità contribuirà a rendere il comportamento degli individui, razionale.
6.3.2.2 - Varie filosofie e religioni propongono la possibilità, per l' individuo, di trascendere la soddisfazione dei propri bisogni non primari come mezzo per raggiungere le finalità individuali ed umane in genere, raggiungendo una più completa realizzazione di sé. Le finalità umane, siano esse connesse alla specie od individuali, se coerenti con la natura umana e non provenienti dall' esterno, non possono prescindere da una soddisfazione equilibrata ma piena dei bisogni individuali, essendo coerenti ed impliciti a quegli stessi bisogni, la cui piena soddisfazione determina il raggiungimento delle finalità individuali e di specie, realizzando la felicità del soggetto.
6.3.2.3 - L' umanesimo e l' umanitarismo di religioni, filosofie ed ideologie varie hanno il loro limite nel proporre fini da perseguire al di sopra dell' essere singolo e della manifestazione effettiva della specie di cui il singolo è espressione. Al contrario, una visione scientifica dell' umanità implica di non porre alcun fine al di fuori dell' essere e del suo manifestarsi, essendo la felicità il più alto fine dell' essere umano. Così è per il fine dell' umanità: la realizzazione della pienezza della felicità per tutti gli esseri umani che vogliano perseguire questo obiettivo. Tale fine non è esterno ai singoli individui ma coincide col fine stesso degli individui. I fini cosmici, ed umani in particolare, non possono divergere dalla natura dei soggetti interessati. I soggetti non possono essere considerati mezzi al raggiungimento del fine, poiché sono in realtà soggetti interessati al fine. Poiché i fini di specie sono coerenti con la natura dei fenomeni – soggetti (od individui), detti fini non possono divergere dai bisogni od espressioni vitali di quei fenomeni – soggetti. I fini sono, dunque, la meta ultima della soddisfazione dei bisogni o tendenze vitali. Non aprioristicamente, ma solo col conoscere scientificamente e compiutamente l' autentica natura umana si potranno conoscere i fini umani ed, indirettamente, i fini cosmici. La natura di un qualsiasi soggetto individuale è evidenziata dalle finalità di quello stesso soggetto. Così la natura inanimata, avendo date finalità e determinate logiche, possiede un proprio livello di natura od essenza. La natura biologica ha altre finalità e proprie logiche e perciò stesso una diversa natura. La realtà strutturale ha finalità e logiche proprie, ossia autonome rispetto agli esseri umani. Comte, pur non riuscendo a comprendere appieno l' anormalità rispetto all' uomo delle strutture statuali, avvertiva però chiaramente come esse esistano e si evolvano in modo indipendente dalla volontà umana ed abbiano “fine naturale, preliminarmente determinato”, ossia abbiano un fine ed una logica propria, intrinseca alla loro natura. La finalità della natura cosmica nonché della natura umana è la realizzazione della pienezza della conoscenza e della coscienza. Questo concetto è la quintessenza dello spirito scientifico, mentre quintessenza dello spirito religioso, incarnato essenzialmente nel misticismo religioso, è la concezione della necessità del totale annientamento dell'essere umano, a favore della divinità. Se il concetto di divinità estranee agli esseri umani è un concetto irrazionale, frutto dello spirito religioso ed antitetico allo spirito scientifico, il concetto di essere pienamente manifesto, è razionale. La piena capacità di manifestazione dell' essere corrisponde al fine dell' evoluzione cosmica ed al contempo biologica, psichica e psicologica dell' essere umano. La vita veramente vissuta è quella spesa nel perseguimento dei fini individualmente progettati. Nel perseguimento di tali finalità stà l' essenza della vita stessa. Le finalità individuali o scopi vitali saranno veramente soddisfacenti per l' individuo se coincideranno con gli scopi universali, poichè gli individui sono naturalmente portatori, se scevri da condizionamenti delle strutture storiche, della volontà universale. Il perseguimento del bene dell' individuo, in una società su base volontaria o di elezione, si identifica col perseguimento del bene della collettività ed insieme della specie umana. Occorre, quindi realizzare una compensazione dei danni eventualmente provocati da ciascuna collettività alle comuni risorse naturali. L'impossibilità, come concetto teorico e come realtà, nel raggiungimento di un obiettivo, non può essere relativo ai fini ma solo ai mezzi prescelti per arrivare ai fini, a condizione che i fini prescelti corrispondano ai fini effettivi della specie umana.
§ 2 - Nessi tra evoluzione biologica ed evoluzione psichica e psicologica
1.1 - Alcune scoperte e teorie in campo biologico e micro-biologico indicano nell'integrazione tra micro-organismi o batteri o cellule semplici di diversa natura o specie, la fonte dell' evoluzione che ha determinato il sorgere delle cellule complesse, da cui è derivato il sorgere di organismi pluri-cellulari. Questo dimostra come sia in campo biologico, come in campo umano la socialità sia fondamentale.
1.2.1 - Darwin considerava la vita in società, oltreché come mezzo per meglio adattarsi alle condizioni naturali (rispetto all' isolamento dei singoli), un mezzo per lo “sviluppo delle facoltà intellettive” (1). La realtà trutturale storica è dunque uno strumento inevitabile per rendere possibile un certo grado di socialità in presenza di comunicatività limitata. Tale realtà consente un certo sviluppo delle facoltà intellettive e soprattutto della conoscenza, strumento indispensabile per creare una comunicazione interpersonale capace di determinare una certa socialità. La realtà dell' organizzazione strutturale in genere e di quella statuale in particolare, presenta analogie e conformità alla natura umana. Questo dimostra come le strutture storiche abbiano in sé qualcosa di naturale, ma in contrasto con l' evoluzione progressiva della natura umana e dunque non naturali per l' uomo. Le strutture storiche, in particolare l' universo strutturale statuale, sono infatti meccanismi che impongono situazioni statiche od al massimo con evoluzioni cicliche, che si ripetono nel tempo, sia pure con ritmi e tempi variabili, mentre gli esseri umani tendono ad evolvere in modo progressivo. Se è vero che l' ominizzazione dell'uomo è avvenuta attraverso il prodursi delle strutture storicamente, queste sono solo il mezzo di tale ominizzazione ed il prodotto di una specifica fase di crescita psichica che, tramite loro, giunge a pieno compimento o maturazione.
1.2.2.1 - Morgan affermava che l' uomo possedesse, fin dalla sua origine come specie, potenzialmente, le stesse facoltà intellettive e psichiche che possiede oggi e che utilizza in modo limitato. Con l' evoluzione scientifica l' utilizzo delle potenzialità psichiche si accresce e cresce l' intelligenza, mentre la logica delle strutture storiche rimane la stessa e dunque contrasta sempre più con la natura umana, così come questa ha modo di manifestarsi. Morgan ipotizzava che le prime scoperte scientifiche, così come la creazione delle prime strutture storiche siano state fatte con grande sforzo psichico. Questo implica una progettazione delle strutture. In realtà le strutture sociali in cui ha vissuto l' essere umano sono un retaggio di specie pre-umane e se l' uomo ha raggiunto strutture sociali ignote a specie pre-umane, (le strutture statuali) questo può essere merito della maggiore capacità di comunicazione realizzata dalla specie umana, con la conquista di un linguaggio più evoluto e complesso. Tuttavia l' uomo non ha progettato le strutture statuali, almeno non in modo cosciente, né ne conosce a fondo la natura e la logica di evoluzione. Esse dunque non corrispondono alla sua natura, anche perché ne ostacolano il pieno soddisfacimento dei bisogni primari, tra cui soprattutto una comunicazione e socialità soddisfacenti (2).
1.2.2.2 - L' evoluzione biologica e l' evoluzione culturale avvengono in tempi molto elastici ed in conseguenza di cause molto diverse (che assumono, spesso, l' aspetto di casualità). Un percorso evolutivo compiuto da una specie o da un gruppo di individui in un breve arco di tempo altri lo percorrono in tempi molto lunghi. Così, mentre si conoscono uomini, fino a tempi recenti o contemporanei, viventi nella condizione pre-strutturale, gli ominidi più primordiali, come anche certe specie di animali più evoluti, paiono vivere nella realtà strutturale storica. Vi è, dunque, un grande divario tra evoluzione biologico - psichica ed evoluzione psicologica e sociale. Per le specie animali precedenti la specie umana l' evoluzione psichica è rimasta disgiunta dall'evoluzione psicologica, la quale ultima è avvenuta in modo assai limitato o comunque in spazi temporali molto ampi. Per la specie umana l' evoluzione psicologica è avvenuta grazie all' evoluzione e progresso strutturale ed è avvenuta nell' incoscienza dell' effettivo valore dei contributi individuali, i quali sono in alcuni momenti enfatizzati e mitizzati ed in altri momenti trascurati e negletti ed in ogni caso sono conseguenza delle determinazioni delle strutture storiche e della loro autonoma ed involontaria evoluzione.
2 - Le forme primitive di vita, di cui si rinvengono fossili, presentano elementi di ermafroditismo fisologico (3). Gli scienziati connettono il raggiungimento della postura eretta con lo sviluppo del cervello umano che ha consentito l' acquisizione piena del linguaggio (4).
3 - Lo stress, o comunque l' esercizio psico-fisico dettato da specifici bisogni, creati dall' ambiente, ha avuto un ruolo di stimolo nell' accelerare l' evoluzione strutturale, così come quella bio-fisica. Un biologo russo, Dmitri Beljaev, affermava che la stessa evoluzione biologica sia attivata od accelerata dallo stress, provocato da condizioni ambientali, quale ad esempio le glaciazioni. Gli scienziati hanno trovato diverse prove di come l' attivismo e lo stress abbiano effetti progressivi sui piani psico-fisico e biologico (5). La suddetta concezione giustifica le dicotomie nelle velocità di evoluzione biologica e fa parte della cosiddetta “selezione naturale”. Lo stesso biologo riconosceva come l' evoluzione avvenga per salti ed è quindi logico che tali salti avvengano dietro precise stimolazioni che, al di là della base naturale della mutazione, sono soggette alla situazione ambientale per l' attivazione della “carica mutativa” (6). La “creatività biochimica” è definita la caratteristica della materia in una data fase evolutiva. Alcuni biologi affermano che l' evoluzione, basandosi su pochi tipi molecolari, avvenga in forme non ottimali, con tentativi vari e rabberci. In realtà la vita, potendo assumere infinite forme e variando senza posa, finisce per assumere forme scarsamente adatte all' ambiente e quindi destinate ad estinguersi, lasciando spazio ad altre forme più adatte (7). I biologi riconoscono come la condizione biologica e psichica di livello umano avrebbe potuto realizzarsi anche attraverso altre linee evolutive, interrottesi casualmente per qualche ragione ignota (8). Pare infatti che esistano prove paleologiche di come un' essere evoluto come l'uomo avrebbe potuto svilupparsi dai dinosauri (da una data specie di questi), se non si fossero estinti. L' encefalizzazione pare infatti progredire con l' evoluzione, seppure entro certi limiti, oltre i quali pare invece decrescere (9).
§ 3: concezioni varie del rapporto tra evoluzione biologica ed evoluzione psichica, psicologica e sociale e realtà del rapporto tra evoluzione biologica e progresso strutturale
1 – Le più recenti scoperte producono prove sufficienti ad affermare vi sia un rapporto inscindibile tra cervello, mente e psicologia, poiché “il processo mentale si svolge sempre nella biologia del cervello di un individuo, dal quale viene condizionato, anche quando le sue cause sono ambientali... [non vi è, insomma] altra matrice della mente che il cervello” (1), anche se non in misura strettamente proporzionale alla dimensione di quest' ultimo. Vi sono molti indizi sul grado di evoluzione sociale degli elefanti, considerati microcefali, così come sulla vitalità psichica di esseri umani idrocefali. Questo dimostra l' assenza di un rapporto bi-univoco tra volume del cervello e grado di evoluzione psichica e psicologica.
2 - Gli scienziati non esitano a porre in rapporto l' evoluzione biologica con l'evoluzione culturale e giuridica (2). A bassi livelli di organizzazione biologica, le varie specie si generano ed evolvono in rapporto quasi diretto con le condizioni ambientali, poiché determinate necessità ambientali favoriscono il formarsi di organismi specializzati in un certo modo ben preciso. A quei livelli biologici le società sono di tipo naturale – biologico, essendo l' organizzazione psichica limitata, al punto da determinare un comportamento puramente istintuale o di tipo biologico. Ove invece l' organismo sia più evoluto si creano le condizioni biologiche per la creazione delle società strutturali, le quali poi si realizzeranno concretamente in rapporto alle condizioni di sopravvivenza e soprattutto al grado di socialità che si verificano nella contingenza specifica. Gli animali inferiori all' essere umano, come i primati, hanno capacità comunicative, che utilizzano più o meno a pieno, di tipo non fonetico, ad eccezione dei delfini, essendo la vocalità connessa alla stazione eretta, che è propria dell' uomo (3). Le scimmie antropomorfe, quali i gorilla, gli oranghi e gli scimpanzé paiono in grado di trasmettere da una generazione all' altra le conoscenze acquisite e quindi paiono essere biologicamente in grado di arrivare all'universo strutturale statuale. In realtà pare che l' universo strutturale tribale non sia ancora pienamente acquisito da parte di questi animali. Per creare le premesse biologiche della metamorfosi all' universo strutturale statuale occorre che si siano create le condizioni intellettive atte a permettere il formarsi di un linguaggio parlato sufficientemente ampio. Questo, per le scimmie, pare essere prossimo ad essere acquisito (4). I genetisti riconoscono come la variabilità genetica non sia “che una delle molte componenti di variabilità” (5). Alcuni psicologi contemporanei, come Amanda Seed, riconoscono come: “Primo: gli studi sugli umani si basano su paradgmi linguistici con bambini esposti a insegnamenti e cultura. Secondo: il confronto con i primati non umani si basa su risultati negativi provenienti da un numero ristretto di paradigmi e la maggior parte oscura la questione del come gli animali pensano al problema in se”. Sosteneva cioè che gli animali “astraggano concetti significativi dagli 'imput' che ricavano dalla percezione”. Concluse, dai suoi esperimenti, come gli animali dal grande cervello (primati e corvi neri) siano “in grado di usare una conoscenza astratta” e dunque possano accedere a tipologie di strutture sociali realizzate anche dagli umani. Infatti, secondo lei, gli animali sono in grado di “ragionare e risolvere problemi. Abbiamo scoperto che i bambini sono in grado di farlo solo dai 2 – 3 anni”. Valeria Anna Sovrano affermava che “Tutti gli studi di cognizione animale, da quelli sulla percezione a quelli sull' apprendimento, la memoria e l' intelligenza, indicano come molti dei processi tradizionalmente ritenuti di elevato profilo cognitivo possano, in realtà, essere realizzati mediante strategie pre-linguistiche e come anche gli animali 'più semplici' siano, in realtà, capaci di fornire risposte adeguati a eventi e situazioni che in genere gli esseri umani sono soliti gestire attraverso l' uso di competenze linguistiche e meta-rappresentative” (6).
3 - Vi è un divario tra evoluzione psichica, ossia grado di capacità psichica totale ed evoluzione psicologico-sociale. Vi è inoltre un divario tra capacità psichica e volume del cervello. Questo dimostra come l' eguaglianza psichica tra gli individui di una data specie ed anche di specie diverse, sia basata su elementi naturali che la consentono, sia pure solo a livello potenziale, in attesa di essere esplicitata o resa reale, attraverso l' evoluzione ed il progresso sociale. L' eguaglianza psichica sostanziale tra individui dotati di cervelli di dimensioni diverse dimostra come l'intelligenza non sia connessa al volume del cervello, ma unicamente al suo modo di funzionamento. Esperimenti condotti su alcune specie di scimmie, ossia scimpanzé e gorilla, hanno provato come la loro intelligenza non sia molto inferiore a quella umana e come sia possibile la comunicazione tra uomo e scimmia, attraverso il linguaggio dei sordomuti, oltreché essere normale la comunicazione tra le scimmie della stessa specie. Questo dimostra come le società strutturali pre-statuali, come l'universo strutturale dell' orda e quello tribale, non siano esclusivo appannaggio dell' uomo e come sia del tutto plausibile un finalismo univoco della natura biologica.
4 - Si distingue, generalmente, tra razze (caratteristiche fisiche simili come derivazione da un presunto unico capostipite) e popoli, come insieme di popoli con “cultura” omogenea (7). La delimitazione in razze può avvenire per raggruppamenti di caratteristiche fisiche più o meno ampi: da cinque fondamentali ad altri più particolari. Il popolo indo-europeo od ariano od ario-europeo costituisce una famiglia linguistica o popolo, composto di più razze (8), sebbene originariamente sia presumibilmente derivato da un' unica razza (9) o comunque avesse sede in un' unico luogo da cui si è esteso a tutta l' Europa e l' India. Se essi diedero origine a “civiltà” diverse, poiché formavano in origine un unico popolo, diffusero caratteristiche di costume, lingua e religione comuni, considerati elementi di una “cultura”.
5 - La volontà umana, in quanto espressione più autentica della natura umana, non si deve intendere come il complesso di mozioni che determinano l' insieme delle azioni concrete, ma l' essenza della spiritualità umana, ossia le basi fondamentali delle pulsioni umane. Vi è cioè un determinismo naturale, che stà alla base di ogni essere vivente, ed è più evoluto degli stessi esseri umani, nelle loro manifestazioni concrete, e soprattutto è in continua evoluzione.
6 - La vita cosciente (o semi-cosciente) degli umani, la quale si svolge nella realtà strutturale storica, pone in contrasto i vari strati sociali e si svolge su un piano distinto dalla vita biologica. Tuttavia essa costituisce, come la “selezione naturale”, uno strumento dell' evoluzione psichica e psicologica umana. La base dell' etica razionale consiste nella possibilità di realizzare una modalità organizzativa capace di evitare i contrasti tra gli individui e tra questi e la società ed evitare la stratificazione sociale.
7 - Le finalità cosmiche ed umane possono essere ipotizzate e la loro corroborazione lasciata alla prospettiva storica, la quale si incaricherà di verificare se vi sia un movimento percettibile di avvicinamento ai fini individuati. Si può presumere che la storia umana consista in una evoluzione multiforme e progressiva attraverso stadi evolutivi od universi strutturali verso un fine genericamente individuabile in una cosciente felicità comune.
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