Utente:LoStrangolatore/sandboxes/1: differenze tra le versioni

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Spinoza imparò ad esercitare sui libri e sui discorsi altrui le proprie spiccate doti critiche, distinguendosi da subito per piglio critico e per capacità dialettiche fuori dal comune:
 
{{quote/Sandbox.|Dal momento che non leggeva che la Bibbia, fu ben presto in grado di far a meno dell'interprete: e vi faceva delle riflessioni così appropriate che i rabbini rispondevano ad esse al modo degli ignoranti i quali, avendo esaurito i loro argomenti, accusano quelli che li incalzano di avere opinioni poco conformi alla religione. [...] Morteira però, uomo celebre tra i giudei e che era il meno ignorante fra i rabbini del suo tempo, ammirava la condotta e il genio del suo discepolo.<ref>''Lucas'', p. 23.</ref>|argomento2|argomento3|lingua=la}}
 
Tuttavia, col passare degli anni, fu Morteira<ref>Sono stati sollevati dei dubbi sul fatto che Morteira sia stato effettivamente maestro di Spinoza, ma egli fu certamente tra i rabbini che ne promossero la scomunica (Cfr. le note di Silvia Berti a: J.M. Lucas, ''La vita del signor Benedetto de Spinoza'', in ''Trattato dei tre impostori'', Einaudi, Torino 1994, p. 146).</ref> stesso ad accusare il discepolo — ormai ventenne — di "avere opinioni poco conformi alla religione". L'anziano rabbino, infatti, era celebre anche per le sue vedute alquanto intransigenti, che già lo avevano messo in disputa con un altro rabbino più giovane di nome Aboab, il quale aveva osato sperare senza riserve nella misericordia infinita di Dio, finendo, di conseguenza, per dubitare dell'eternità dell'inferno.<ref>Cfr. ''Baruch Spinoza e l'Olanda del Seicento'', pp. 60-62.</ref> Questo a Morteira non poteva andar giù, perché, per lui, il fatto che altri uomini fossero destinati a patire pene eterne dopo la morte era una piacevole certezza da non mettere in discussione; difatti durante i suoi sermoni amava ripetere frasi come:
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Spinoza aveva notato che, in alcuni passaggi della Torah, Dio viene descritto con le caratteristiche di un essere umano, oppure si parla di miracoli o eventi eccezionali che sono in realtà riconducibili alle leggi della fisica, o ancora di teorie politiche alquanto discutibili, quindi il presunto autore della Torah (Mosè) non era esente da carenze culturali, tanto più che, secondo Spinoza, la Torah era troppo disomogenea per ritenere che essa fosse stata davvero scritta da un'unica persona. Ma soprattutto, i "falsi amici" riferirono che, per Spinoza, nella Torah non si fa alcun chiaro accenno in sostegno della credenza rabbinica nell'immortalità dell'anima. Le parole di Spinoza sarebbero state:
 
{{quote/Sandbox.|Riguardo all'anima, ovunque la Scrittura ne discorra, usa questa parola solo per esprimere la vita o tutto ciò che è vivente: sarebbe inutile cercare argomenti sui quali fondare la sua immortalità. Si possono invece facilmente trovare in centinaia di luoghi prove contrarie ad essa.<ref>''Lucas'', p. 26.</ref>|argomento2|argomento3|lingua=la}}
 
Nelle Scritture il termine ''nefesh'' viene infatti utilizzato per indicare indifferentemente sia l'anima che la vita corporea, mostrando come il dualismo metafisico tra mente e corpo — affermatosi nell'ebraismo successivo e contestato da Spinoza — non fosse presente nella Torah.<ref>Cfr. ''L'eresia di Spinoza'', p. 59.</ref> Eppure l'immortalità dell'anima era fatto passare dai rabbini come un dogma centrale, perché legato a una concezione di Dio quale demiurgo di un mondo ultraterreno, nel quale avrebbero scontato pene terribili tutti coloro che in vita fossero stati indisciplinati. La teoria dell'immortalità dell'anima — a cui si legava quella dell'inferno — era utilissima, per i rabbini, onde tenere a bada i credenti, instillando in loro la paura verso pene ultraterrene, e, di conseguenza, suscitare il rispetto nei confronti delle autorità politiche e religiose, anche perché, se si fa passare Dio come una sorta di tiranno delle anime, dal carattere crudele e vendicativo, il popolo penserà che è legittimo se pure i governanti di questa terra si arrogano il diritto di esercitare soprusi e vessazioni. Ma Spinoza, leggendo il testo ebraico delle Scritture con la mente sgombra dalle interpretazioni tradizionali, doveva essersi reso conto dell'enorme distanza intercorrente fra la profonda morale di libertà contenuta in quelle pagine e le interpretazioni che finivano col ridurre la Torah a un idolo d'oro, strumento dei potenti.<br />A sostenere Spinoza nel suo sforzo critico furono in primo luogo le conoscenze da lui acquisite intorno al pensiero dei filosofi ebrei Maimonide e Gersonide (di cui parleremo nel secondo capitolo) e in secondo luogo le conoscenze da lui acquisite attorno alla filosofia di Cartesio: