Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Italia: esercito 1: differenze tra le versioni

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L'M48 apparve per merito della Chrysler, nello stabilimento del Delaware Tank Corporation che gestiva all'epoca, quando nel luglio 1952 (ancora prima della fine della guerra in Corea) venne ufficialmente presentato con una cerimonia in cui partecipò anche la vedova di George Patton. Nemmeno questo carro armato era del tutto avulso da problemi, anche se aveva una corazzatura migliore, senza i difetti e punti deboli precedenti, ma con una spiacevole risonanza interna nella torretta durante i movimenti (essendo un rozzo esempio di mezzo prodotto per fusione in un sol pezzo), e ancora un'autonomia limitata dal motore a benzina, ad appena 112 km. Solo in seguito sarebbe stato migliorato in maniera adeguata, con un motore a benzina ad iniezione (A2) che aumentò molto l'autonomia, uno diesel (A3), mentre solo negli anni '70 apparve l'A5 (preceduto da altre versioni analoghe) con cannone da 105/51 mm L7/M68. In ogni caso, ne vennero realizzati 11.700, seguiti da 13.000 ben più costosi M60, ma ancora nella stessa linea evolutiva. La differenza era una corazza più pesante, e una torretta pensata per il cannone da 105 mm. Tutto questo rese rapidamente eccedenti gli M47, che proprio per questo diventarono un mezzo destinato all'export: in pochi anni vennero tolti dal servizio dall'US Army e spediti ai 4 punti cardinali per una moltitudine di utenti esteri, che erano ben lieti di avere carri di 'seconda scelta' ma nondimeno nuovi e assai avanzati per l'epoca, mentre gli M48 restavano appannaggio degli americani.
 
Quanto all'M47, l'E.I. ne ha ricevuti moltissimi, circa 800 esemplari (forse non includendo le riserve). La corazzatura del veicolo era relativamente spessa, ma senza esagerare: la parte frontale dello scafo arrivava a 102 mm (4 pollici) a 60 gradi (per uno spessore virtuale di 203 mm, ovvero il doppio); la parte frontale della torretta raggiungeva lo stesso spessore ma con una inclinazione media di circa 40 gradi; i fianchi dello scafo erano verticali da 76 mm (3 pollici), quelli della torretta, leggermente inclinati e arrotondati, di 63 mm (2,5 in.); fondo e tetto erano di circa 12,5-25 mm (0,8-1 in), retro scafo 51 mm e torretta 76 mm (ovvero, per quanto possa sembrare strano, più spessore che per i fianchi del mezzo, pure più esposti, anche se muniti di corazze inclinate). Il veicolo aveva un telemetro stereoscopico per le distanze di 450-4500 m nella torretta, molto preciso rispetto ad uno stereoscopico ma meno rapido e facile nell'uso, abbinato ad un cannone da 90 mm munito di freno di bocca a 'T', ed estrattore di fumi. V'erano ben 70 proiettili da 90 mm, ma la varietà era ancora più impressionante dato che potevano essere di ben 11 tipi (per non parlare dei sottomodelli): tra questi c'erano quelli d'addestramento (più leggero di quelli 'da guerra', simulava la traiettoria delle munizioni HVAP e HE a seconda dei sottomodelli, aveva una testata sempre inerte e sopratutto produceva rimbalzi e traiettorie ridotte per non uscire dai poligoni dopo avere colpito le sagome di tela), a salve (con polvere nera, che poi andava tolta tassativamente con uno scovolone dalla canna, altrimenti l'avrebbe erosa con i successivi colpi sparati), perforante, perforante iperveloce, HE, HEAT, HESH e fumogeno. Una mitragliatrice da 12,7 mm sulla cupola del capocarro, una coassiale accanto al cannone, una nella parte anteriore dello scafo (l'ultima volta che un carro americano previde tale dotazione) completavano l'armamento. L'equipaggio era di 5 uomini, essenzialmente per via della presenza del mitragliere nello scafo. Nell'E.I come in'altri altre F.Aeserciti che usarono questo carro armato, questo posto era utile per accogliere personale extra, nonché per ospitare per i corsi d'aggiornamento degli ufficiali di complemento. Se 3 uomini sono un po' pochi in un carro armato, 5 sono fin troppi (lo stesso vale per il numero di carri in un plotone); per cui non vi furono drammi quando arrivarono carri armati con 4 uomini d'equipaggio. Sommando la riduzione da 5 a 4 carri per plotone (fatta però solo nei tardi anni '80) questo ha significato ridurre da 25 a 16 i carristi per ciascun plotone.
 
Quanto all'armamento, tanto per precisare ulteriormente, v'era il pezzo T-119E1, poi sostituito dall'M36 come arma principale; una mitragliatrice M1919A4 nello scafo, impiegata dal 2° pilota, un'altra analoga coassiale (ma originariamente si trattava addirittura di una 12,7 mm); una M2 HB nella cupola; ma non mancavano per gli equipaggi anche altre armi, quelle leggere: nel caso dell'E.I. 5 Beretta Mod.34 da 9 mm (rimaste in servizio, nonostante l'avvento della Mod.92, fino agli anni '90), 2 'moschetti automatici' (mitra) Beretta MAB (altre armi prestigiose ma oramai obsolete), poi rimpiazzati dai FAL TA, e 12 bombe a mano SRCM. Quanto alla dotazione di colpi, una tipica era di 32 He, 21 APC-T (perforante con carica di scoppio per esplodere dentro il bersaglio, naturalmente ridotta rispetto a quella del proiettile HE) o HEAT (a carica cava), 10 HVAP (che con la loro leggerezza potevano raggiungere i 1250 ms anziché i 929 come le AP-T a pieno calibro, di tipo convenzionale), 7 WP (White Posphorous, per effetti incendiari ma sopratutto fumogeni, creando cortine fumogene di circostanza senza aspettare l'artiglieria). La telemetria era precisa, ma richiedeva fino a 5 secondi con un errore a 1500 yds (1.370 m) di 42 yds(38 m). Questo risultato, a dire il vero più che apprezzabile, era beninteso ottenibile solo con un addestramento molto accurato. La misurazione delle distanze avveniva con una marca stereoscopica con 5 lineette verticali a V. Facendo coincidere con una pedaliera o un bottone apposito il vertice della V con l'obiettivo appariva la distanza leggibile nell'oculare, mentre per effetto della regolazione in distanza che veniva fatta, un 'autocollimatore' funzionante a pantografo, alzava il cannone alla giusta angolazione per colpire l'obiettivo sulla distanza stabilita, rendendo più rapida l'operazione di ingaggio. I proiettili erano disposti sul fondo della torretta, a parte 11 stivati in torretta pronti al tiro.
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Era necessario aggiornarli. Come era accaduto con i non molto dissimili M48 e i molto diversi Centurion, le vie erano essenzialmente due: l'uso di un motore diesel e un cannone da 105 mm. In Italia venne provata la seconda soluzione, ma loro costo non era trascurabile e sopratutto piuttosto immotivato dagli sviluppi successivi. Dal 1970 (se non prima) apparve il carro armato M60, di cui vennero comprati 300 esemplari esatti per riequipaggiare la divisione 'Ariete'. 200 vennero prodotti dalla OTO Melara, l'unica produzione extra-americana di questo carro armato. L'M60 era armato di un cannone da 105 e un motore diesel AV-1790-2A. Era anche più grosso e più goffo dell'M-47, ma era più avanzato. Nel frattempo la 'Pozzuolo del Friuli'ebbe i primi 200 Leopard 1, arrivati direttamente dalla Germania. Poi giunsero altri 720 carri Leopard e per gli M-47 fu praticamente la decadenza definitiva. L'ultima parte della loro carriera fu nelle brigate meno equipaggiate dell'E.I,come l'AOSTA, ACQUI, FRIULI, CREMONA, motorizzate, i 2 gruppi squadroni (dei 12 presenti): quelli di NIZZA CAVALLERIA (compreso nella brigata CREMONA) e il SAVOIA CAVALLERIA (per il 4 °C.d'A alpino). Poi c'erano i carri nei magazzini e presso le due scuole carri di Lecce e Caserta.
 
L'organico era, per le unità di cavalleria, 2 squadroni carri per un totale di 32 mezzi ripartiti in 6 plotoni, e uno squadrone meccanizzato con 3 plotoni fucilieri su M113 e un plotone mortai da 81 mm (3 montati su scafi M113). La loro fine, verso la fine degli anni '80, venne determinata dallo scioglimento di vari gruppi squadroni e battaglioni, e della riduzione dei plotoni da 5 a 4 mezzi( per cui l'organico del battaglione calò da 49-51 mezzi a 40), il che liberò numerosi Leopard 1 dalle loro unità originarie. Ma non fu proprio la fine degli M47. Delle centinaia disponibili, alcuni finirono come monumenti nelle caserme, ma il destino degli altri non fu necessariamente la demolizione. Ancora attorno al 1983-84 erano segnalati circa 550 carri M47 in carico all'E.I, mentre attorno al 1989-1990 ve n'erano ancora 200 in riserva, ma praticamente del tutto dismessi (il NIZZA li dismise nel 1989, conservandone uno fino al maggio 1990). Ma parecchi finirono all'estero. Alcuni vennero mandati in Spagna, altri trovarono la fine del percorso in Somalia, il cui dittatore Siad Barre era un 'amico' dell'Italia (uno dei tanti leader non propriamente democratici clienti dell'industria bellica italiana che allora come ora non si pone grandi problemi di tipo etico), finendo la loro carriera nel caos somalo. Quelli spagnoli furono forse tra quelli modificati per diventare una sorta di carro ibrido M-47/60: erano gli M-47A1 con motore AV-1790B2 diesel, con tanto di scarichi simili a quelli dell'M-60 (e quindi con le griglie posteriori a 'V' rovesciata), ma gli M-47A2 ebbero anche il cannone da 105 mm, diventando carri piuttosto moderni. Infine, per quanto possa sembrare strano, vi è stato un altro utente. Spesso nelle foto di test americani di armi controcarri si vedono missili AGM-65 e altri ordigni che colpiscono carri armati M-47: bene, nonostante ciò possa sembrare strano, spesso sono M-47 che hanno prestato servizio in Italia. A quanto pare, nonostante i carri armati M-48 in surplus, gli USA avevano carenza di carri armati bersaglio, e si sobbarcavano i costi del trasporto su mare per questi bestioni.
 
===[[w:M60|M60]]<ref>Dossier JP4: 'Speciale MBT', giugno 1990</ref>===