Geometrie non euclidee/Introduzione: differenze tra le versioni

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Fino alla seconda metà del XIX secolo, la geometria aveva sempre conservato all’interno del pensiero occidentale uno statuto speciale tra tutte le scienze. Essa appariva, come la logica, perfettamente conclusa in sé stessa, ma, al contrario di quest’ultima, pur prescindendo dall’esperienza sensibile, era in grado di imporre le proprie leggi al mondo oggettivo.
 
Tale posizione, nata con la fisica razionalistica cartesiana e impostasi con i successi pratici della scienza newtoniana, aveva ottenuta definitiva consacrazione nel sistema filosofico kantiano, che la vedeva come il più tipico esempio di una scienza sintetica ''a priori''. Kant sosteneva infatti che lo spazio venisse intuito mediante la forma ''a priori'' (ovvero innata) del senso esterno, secondo i principi della geometria euclidea, e che quindi non fosse possibile per esseri con un intelletto come il nostro avere una visione del mondo fenomenico che non fosse euclidea. La posizione kantiana garantiva un fondamento solidissimo alla geometria, e quindi alla matematica, insito nella stessa modalità di percezione della realtà da parte dell’uomo.
 
Nel corso dell’Ottocento, all’interno di quello sforzo di riordinamento e ricerca dei primi principi delle matematiche che si concluse solo con il teorema di Gödel (che sanciva l’impossibilità di una simile operazione), apparve chiaro a molti pensatori che erano possibili altre geometrie oltre a quella euclidea, in quanto essa si basava su alcune affermazioni che non erano né dimostrabili né evidenti. Tali geometrie, pur avendo sancito una crisi profonda della geometria, saranno fondamentali per gli sviluppi della filosofia e soprattutto della fisica (si pensi al concetto di curvatura dello spazio) del XX secolo.