Forze armate mondiali dal secondo dopoguerra al XXI secolo/Falklands-2: differenze tra le versioni

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Il 3 maggio un MB.339A dell'aviazione navale si schianta al suolo per cattive condizioni meteo, con la morte del pilota Benitez; uno Skyhawk viene danneggiato (aviazione navale) in maniera irreparabile dal fuoco delle navi inglesi.
 
Il 4 maggio c'éè un'altra missione 'Black Buck', ma senza danni apprezzabili. Si tratta di missioni sempre molto costose: in tutto servono 16 aerocisterne Victor per portare un singolo Vulcan in zona di attacco, aerocisterne che devono anche rifornirsi tra di loro (e molte decollano solo per questo, con un iter della missione che somiglia ad un torneo sportivo, da ogni coppia di aerocisterne ne esce soltanto una che continua la missione). Molto peggio accade con la messa fuori uso dello Sheffield a causa di un Super Etendard dell'aviazione navale che lo sorprende con un Exocet, mentre un secondo missile manca una fregata (è l'unico Exocet ingannato totalmente dalle ECM durante il conflitto). Infine, la FAA perde il primo Sea Harrier (800 Sqn) su Goose Green centrato dalle armi a.a. (cannoni da 35 mm e forse missili Roland), uccidendo il pilota Taylor.
 
Il 6 maggio partono in missione di pattugliamento due Sea Harrier del No.801 Sqn (Eyton-Jones e Curtiss), ma non rientrano alla base. Nessuno ne saprà più niente e si pensa che sian entrati in collisione tra loro, forse in un banco di nubi (la giornata, al solito, non era serena).
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Il 20 maggio cade un ennesimo Sea King (Mk.4), ma non nelle Falklands, ma a Punta Arenas, vicino ad una spiaggia. L'equipaggio incendia l'elicottero, ma è rimasto un mistero cosa ci facesse un elicottero britannico in Cile. Forse si allenavano a qualche missione speciale, di sicuro è un'altra prova del coinvolgimento cileno (malgrado Pinochet) nella strategia britannica. Nel dopoguerra il Cile riceverà abbondanti forniture di armi britanniche, per lo più usate alle Falklands. Si è anche parlato della possibilità di usare aeroporti cileni per bombardare obiettivi argentini, ma si tratta di una ipotesi rimasta senza applicazioni pratiche.
 
Il 21 c'éè lo sbarco aeronavale a S.Carlos, 80 km da P. Stanley e quindi una zona in cui non si sospettava i britannici volessero sbarcare. Due Gazelle vengono abbattuti dalle armi leggere argentine, malgrado le corazze applicate alle macchine appena prima della guerra. Ma sono i Sea Harrier che fanno la differenza, con 4 aerei sempre in azione per tutta la giornata nella zona degli sbarchi, e altri in protezione sulle navi della flotta di portaerei. Un primo aereo argentino viene abbattuto da due Sea Harrier guidati dalla HMS Brilliant, è un Pucarà del Grupo 3, un altro si salva scappando. Il pilota dell'aereo, tale Maresciallo Tomba, si salva col paracadute, l'abbattitore è il Cdr Ward.
 
Poco dopo si fanno sotto ben 8 Dagger e 4 Skyhawk, affrontati tuttavia da due Sea Harrier che da soli li mettono in rotta e gli fanno sganciare le bombe prematuramente. 2 A-4C del Grupo 4, vengono persi con i loro piloti per via dei missili sparati dal No.800 Sqn da Bisset e Thomas, così come un Dagger A del Grupo 6, il pilota però si salva.
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Durante la Guerra delle Falklands non vennero impiegati solo i Sea Harrier, ma, sebbene molto più in sordina, è stato anche il debutto operativo dell'Harrier della RAF. Data la scarsità dei Sea Harrier, era assolutamente necessario disporre anche di un contingente di macchine d'attacco, così che potessero essere conservati per le vitali missioni di difesa aerea. Non era facile adattare un jet terrestre all'ambiente navale, ma grazie alle capacità dell'Harrier (nessun altro caccia avrebbe potuto operare sui ponti delle portaerei inglesi) quest'operazione fu un successo pieno. Gli Harrier dimostrarono una disponibilità operavita del 95% e solo l'1% delle missioni dovette essere annullato per ragioni tecniche.
 
10 GR.Mk 3 del No.1 Sqn, imbarcati sulla HMS Hermes, vennero modificati per la guerra: tra l'altro i razzi SNEB (scarsamente stabili in un ambiente navale) vennero sostituiti con quelli da 51 mm di tipo navale, un pod ECM Blue Eric che non era altro che il potente Sky Shadow dei Tornado adattato in un pod per cannone, predisposizione per missili Sidewinder, lanciatori AN/ALE-40 e altro ancora. Uno venne anche modificato per lanciare missili Shrike, ma le ostilità vennero terminate prima che potesse essere usato. Il sistema FE541 venne aggiornato con elementi del FIN 1064, che era stato proposto per aggiornare il Jaguar. Il problema dell'INS dell'Harrier era il corretto allineamento in presenza dei movimenti di rollio e beccheggio della nave. Strano che non si siano usati piuttosto i sistemi dei cugini Sea Harrier. Questi sistemi non erano all'interno dell'aereo, ma vi venivano collegati per l'allineamento con un apposito carrello prima del decollo. Tuttavia questo accorgimento non si rivelerà particolarmente efficace. Nell'insieme si trattò di una serie di modifiche che rappresentavano salti nel buio, ma gli inglesi improvvisarono queste e tante altre modifiche (come nel caso dei Lynx, per esempio) e dovettero farlo in pochissimi giorni, per cui fecero davvero un eccellente lavoro. Con le procedure standard del tempo di pace, sarebbero occorsi anni per ottenere questi aggiornamenti. Invece, con una grande capacità tecnica e di improvvisazione, tutte le oltre 30 modifiche approvate vennero realizzate in circa 10 giorni (una ogni 8 ore), un qualcosa che forse non ha eguali nella storia dei jet da combattimento. Inoltre, i piloti vennero addestrati al volo da sky-jump in una settimana: un vero programma 'crash', e sebbene non tutte le modifiche ebbero successo o applicazione pratica, non c'éè dubbio che portarono al successo. Un salto nel buio, in verità, visto che gli stessi Sea Harrier erano malvisti e considerati più velivoli sperimentali che una realtà operativa capace di sconfiggere 'in casa' avversari di capacità elevate, come le forze aeree argentine.
 
Il debutto fu il 20 maggio 1982. Un deposito di carburante argentino, con numerosi fusti di benzina, era in quel momento in fase d'interramento da parte dei soldati argentini a Fox Bay. Si sapeva dei Sea Harrier, ma le nuvole erano basse e vi era una certa sicurezza di non essere visti in quella fredda mattina. Invece arrivarono all'improvviso tre piccoli aerei che sibilando a bassa quota si portarono sull'obiettivo: fu un momento, e nessuno ebbe modo di fare nulla. Ognuno di loro sganciò due contenitori, questi si aprirono e liberarono una quantità di piccoli oggetti. Come in una scena al rallentatore, questi cilindri estesero una sorta di piccolo paracadute e poi caddero a terra esplodendo, devastando tutto. Nel mentre, gli Harrier si allontanarono sparendo all'orizzonte, tra le fiamme e il fumo. Nessun cannone fece tempo ad aprire il fuoco. Quest'attacco, presumibilmente su un obiettivo già noto (forse segnalato dal SAS), fu il biglietto da visita dell'Harrier GR.Mk 3.
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Nella notte tra il 30 aprile e il 1 maggio arrivò su P. Stanley un Vulcan dell'aviazione, che non fece gran danno, ma allertò la difesa argentina. Questo rese tutt'altro che entusiasti i piloti degli Harrier, così costretti ad operare dopo il suo attacco (in un 'nido di vespe'), quella stessa mattina. La minaccia maggiore era costituita dai missili Roland, ma i suoi parametri di tiro non sembravano un pericolo qualora i caccia non fossero rimasti a bassa quota. In tal caso, invece, i missili non avrebbero costituito un grosso fastidio, mentre il tiro della contraerea restava decisamente un pericolo.
 
Una volta decollati, era previsto che il reparto si dividesse in due pattuglie, la prima con 4 aerei per attaccare dal Nord-Est con bombe da 450 kg a scoppio ritardato e CBU BL-755. Un quinto, sempre a bassa quota, attaccava con bombe a grappolo. L'altra formazione, con 4 aerei, dopo avere fatto una virata completa per separarsi dagli altri aerei, si doveva presentare in due sezioni, da due direzioni diverse, una con CBU e l'altra con bombe da 454 kg a scoppio ritardato. L'avvisatore radar ARI.18223 era aiutato da un semplice pacco di chaff sistemato sull'aerofreno, utilizzabile aprendo il dispositivo. Il decollo con gli aerei a pieno carico è agevolato dalla rampa di 6,5 gradi della Hermes, ma per andare all'attacco con sicurezza c'éè bisogno dei due serbatoi alari da 455 litri.
 
Partirono a 180 km dall'obiettivo e si tennero bassissimi sul livello del mare, volando con le prime luci dell'alba e usando, per evitare guai, le luci di segnalazione, poi spente quando si fece più chiaro e i Sea Harrier scesero a 15 metri sul mare. La pattuglia di aerei (4 o 5, non è chiaro) d'alta quota andò in cabrata e scaricò -con la soluzione balistica calcolata dal computer- le bombe da qualche km di distanza, prima di rituffarsi a bassa quota. Queste bombe esplosero in aria (spoletta di quota) costringendo i difensori a ripararsi. Un trucco non di poco conto, dato che le bombe da 454 kg sono decisamente potenti (in genere ogni aereo ne ha due, o al massimo tre, se vengono anche usati i punti d'aggancio centrali) e le schegge sono pericolose anche a chilometri.