Caccia tattici in azione/Monoplani della Regia: differenze tra le versioni

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La 12,7 Breda era un'arma affidabile ed efficiente, precisa e assai potente. Ma non eccezionale, così come il munizionamento, pur se assortito, non era così efficace. Il fatto è che il munizionamento Vickers era molto meno potente di quello Browning, così non ci si stupisce che le armi fossero precise e affidabili, data la differenza massa-potenza di fuoco.
 
Differentemente dalle successive Ho-103 giapponesi, che erano anch'esse di disegno Browning (ma più direttamente ispirate) con proiettili tipo Vickers, le Breda erano pesanti e lente. Le Ho-103 erano pesanti appena 24 kg e con 900 cp./min di cadenza. Le Breda avevano proiettili molto meno potenti delle Browning, eppure pesavano più o meno lo stesso: 28,9 o 30 kg (non è chiaro), per cui erano già al limite di quello che i velivoli italiani potessero permettersi (quindi figurarsi, se già una coppia di armi pesava 60 kg, con i tipi Fiat si sarebbe arrivati a 70). Le dimensioni erano importanti: ben 138,5 cm di lunghezza. Eppure la cadenza di tiro era di 700 o forse 750 c.min, la velocità iniziale di 760 m.sec per proiettili pesanti circa 35-36 gr, e oltretutto, molto più tozzi dei tipi americani, tant'éè che avevano anche una punta piatta. Tutto questo non aiutava a conservare efficacemente l'energia cinetica di un corpo già leggero e tozzo per il suo calibro, con conseguente scadimento delle prestazioni a distanza. Non casualmente, le Vickers in versione contraerei avevano un raggio di tiro utile di circa 800 m contro i 1.500 delle Browning. In ambito aereo, si dava ottimisticamente un raggio di tiro efficace di 600-700 m alle Breda, ma era decisamente un valore teorico, le distanze pratiche si riducevano a molto meno.
 
Naturalmente, con così poca energia cinetica, e un proiettile corto e dal naso 'piatto' (che alle volte può anche essere una buona idea, ma in genere non è raccomandato), le capacità perforanti erano modeste (la densità di energia per superficie è appena migliore di una normale 7,7 mm), la perdita di velocità era rilevante (e quindi con la distanza, aumentava la differenza rispetto alle Browning). I proiettili HE erano molto pubblicizzati, ma anche costosi: la carica interna, di ben 0,8 grammi (sia pure di pentrite), era poco più che simbolica e pari ad un decimo di quella di un colpo calibro 20. Ai piloti italiani era concesso di usare i proiettili che volevano, ma i preferiti erano quelli incendiari, perché potevano spesso causare l'esplosione dei serbatoi, e anche se questi erano protetti, potevano 'trovare' nel loro percorso delle sacche di vapori di benzina formatisi per qualche perdita dentro la struttura dell'aereo. Incidentalmente, i britannici, che erano fissati con le Browning di piccolo calibro, trovarono 'ridicolous' i colpi proposti da 7,7 esplosivi e arrivarono alla conclusione che il calibro minimo per tale scopo era il 20 mm<ref>Trevisan, il cannone HS-404, RID 1995</ref>. Gli americani avevano provato i proiettili HE, ma nonostante che il loro 12,7 mm pesasse 46-48 gr e potesse contenere oltre 2 gr di esplosivo, ne produssero poche, preferendo i colpi API (perforante-incendiario), sopratutto dopo la metà della guerra. Con risultati, contro gli aerei giapponesi (pieni di carburante e senza protezione) tragicamente spettacolari. I Sovietici, Tedeschi e Giapponesi decisero invece che le mitragliatrici con colpi HE andavano bene, anche se gli ultimi due avevano armi per lo più con munizioni simili a quelle delle Breda, quindi leggere. Ma in quasi tutti i casi, le abbinavano ai cannoni da 20 mm. Le MG131 devono essere state un bello shock per gli italiani: più potenti (sia pure con proiettili marginalmente inferiori, malgrado il calibro superiore) delle Breda (900 c.min, 730 m.sec), pesavano appena 19 kg e avevano dimensioni eccezionalmente compatte. Con queste o con le Ho-103 si sarebbe potuto magari armare con tre armi anziché due i caccia italiani, o dotarli di mitragliatrici pesanti alari. Le Breda, invece, pesavano quanto le Browning ed erano persino più grosse, ma erogavano un output energetico (proiettili e cadenza di tiro) pari a poco più della metà. Considerando tutto, fino al '42 erano passabili, ma quando si cominciò a giocare 'duro', le due Breda non bastarono più.
 
Le armi potevano essere settate per incrociarsi a una certa distanza, o per altre configurazioni di dispersione, ma con due sole armi non c'era certo da scegliere molto, e tanto meno da sperare in tiri 'al volo' contro bersagli che venissero ingaggiati mentre volavano al traverso della rotta: anche per questo era richiesta tanta acrobazia ai piloti italiani, oltre che per un certo modo di intendere il volo (rimasto persino nell'era dell'F-104, che acrobatico non era proprio), c'era da mettersi in coda ad un avversario per riuscire a colpirlo con abbastanza proiettili. Le Breda da 12,7 mm, sincronizzate con l'elica, arrivavano a circa 600 c.min quando c'era la bipala, a poco più di 500 con la tripala, così il Macchi 202 aveva un volume di fuoco inferiore a quello del CR.32. La cadenza di tiro non era costante: variava tra 380 e 750 c.min, con una media di circa 540-550. Questo significava non 12- 12,5, ma appena 9 colpi al secondo per arma. Non c'éè da stupirsi che i piloti che videro il Macchi 202 mossero come rilievo fondamentale, che le mitragliatrici 'erano rimaste sempre due' mentre loro se ne sarebbero aspettate sei. Ma era troppo per la potenza installata (o forse no, se si accettava una sorta di P-40E).
 
Le acrobazie aeree continuavano ad entusiasmare piloti e pubblico, ma ufficialmente manovre come il looping erano sconsigliate: meglio una virata in cabrata per sfuggire ad un caccia. Di fatto, gli italiani continuarono ad allenarsi così per anni, e combatterono così per anni, lasciando spesso sprotetti i bombardieri perché manovrando acrobaticamente, restavano anche indietro (solo i C.202 e successivi potevano ricomporre le distanze, sempre che riuscissero ancora a vedere i bombardieri).In ogni caso, i caccia italiani ebbero solo queste armi per molto tempo: malgrado la raccomandazione di prendere in considerazione un cannone da 20 o più mm, non si fece nulla e il meglio che si seppe ottenere fu la coppia i SAFAT da 7,7 aggiuntive, ovvero si ritornò con il RE.2001/2 e il Macchi 202 Sr VII, all'armamento del CR.32bis del '36 (ovvero di sei anni prima).
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Molto cambierà con l'adozione dei cannoni da 20 mm, il cui primo esemplare fu il HS-404 di preda bellica, sugli MS.406 e D.520 ex-francesi, arrivati nel '43. Poi sarà la volta dei tanti MG-151 installati sui Bf-109, MC.205, G.55 e RE.2005 (e anche altri tipi, come i RE.2001CN). I cannoni da 20 mm, però, non furono mai sufficienti per rimpiazzarle totalmente. I caccia Serie 5 avevano inizialmente 4 Breda e un cannone da 20, poi cambiarono due armi alari con altri cannoni, e infine, al termine dell'evoluzione, il G.56 ebbe solo tre cannoni da 20 e il C.206-207 avrebbero avuto 4 cannoni da 20 tutti alari. Ovvero, nel '45 si sarebbe realizzato quello che i britannici avevano fatto già nel '41.
 
Anche la Breda ebbe una rivale, la Scotti-I.F., le cui armi ad 12,7 e 7,7 erano più leggere e più veloci. Tuttavia, erano anche tragicamente infaffidabili per via delle numerose parti in movimento. Magari sulla carta potevano competere quasi con le equivalenti giapponesi, ma non era così in pratica. Tant'éè che, nonostante il disperato bisogno di aumentare il carico utile degli aerei italiani, non vennero mai sistemate nei caccia, ma solo sui bombardieri CANT e S.84, più altri tipi minori, ma sempre in posizioni accessibili in volo, data la loro seccante attitudine ad incepparsi dopo poche raffiche.
 
===Tutti gli 'zeri' del concorso===
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Quest'aereo è il vero 'best-seller' dei monoplani italiani di prima generazione. Asciutto, tanto da avere la cappottatura del motore caratterizzata da tipiche 'bugnature' per le teste dei cilindri del motore, era inizialmente un valido caccia; ma presto divenne anche obsoleto, dato che con 840 hp non era materialmente possibile avere un velivolo competitivo nel lungo periodo. Il suo vero merito fu l'iniziare una tradizione di caccia che è durata fino al Macchi 205-7, o se si preferisce, fino ad oggi, con la rinascita postbellica (ma senza più un diretto legame) con gli MB.326.
 
Andato in volo per la prima volta nel '37, il Macchi 200 entrò in servizio nel '39, e all'inizio del '40 serviva in 3 gruppi da caccia. Ma il primo stormo che l'ebbe, il 4°, ad un certo lo dismise e nel '40 andò a combattere in Africa con i C.R.42. Il Macchi ebbe dei problemi iniziali, ma nondimeno si concretizzò come il migliore dei Serie 0, almeno stando alle classificazioni redatte all'epoca. Il Macchi vinse a man basse il confronto con il G.50, sia come valutazioni, che come servizio operativo. La sua carriera non fu però libera da parecchi problemi. All'inizio del '40, la R.A. aveva avuto grosse grane alla propria linea di volo. Si è già detto dei 3 BR.20 persi per avere raggiunto una quota troppo alta causa un temporale, qualche tempo prima. Ma quando fu l'aprile del '40, accadde che due S.79, in circostanze diverse, prendessero fuoco e precipitassero. Si trovarono difetti ai tubi di benzina, ma per 20 giorni, ricorderà Pricolo, si trattenne il fiato: l'S.79 era pur sempre -nonostante i suoi difetti- il pilastro del bombardamento nella R.A. (tant'éè che all'inizio della guerra vi sono valutazioni che comportano un massimo di ben 612 aerei di questo tipo in servizio, in 14 dei 25 stormi di bombardieri, mentre altre parlano di 612 aerei consegnati, che ovviamente non è la stessa cosa, dato che poi 99 vennero mandati in Spagna e lì restarono). Nel contempo, l'altra specialità, la caccia, aveva come aereo di punta, o almeno destinato ad esserlo, il C.200.
 
Ma in marzo uno degli aerei del 1° Stormo, pilotato da un valido pilota, tale ten. Tinti, precipitò in vite da 2.000 m di quota e si schiantò al suolo. L'11 aprile toccò ad un altro esperto pilota del 1° Stormo, De Bernardinis. Il Gen. Pricolo ordinò la messa a terra di questi velivoli, in attesa di chiarire quel che stava succedendo. Poco dopo un pilota -ironicamente un 'pivello' in addestramento- di un reparto scuola subì lo stesso violento avvitamento, tanto che batté la testa e perse i sensi (all'epoca non c'erano i caschetti anti-urto come quelli usati dagli anni '50 in poi); ma a differenza degli altri, rinvenne abbastanza presto da riprendere i comandi. Così, grazie alla sua testimonianza si capì cosa stava succedendo: l'ala, con un profilo troppo semplice, entrava in autorotazione<ref>Gianni Rocca, 'I Disperati'</ref>. Grazie agli studi di Stefanutti, tale problema verrà risolto (o almeno, fortemente mitigato) studiando dei nuovi profili alari, ma il 1° Stormo non riebbe i suoi Macchi fino all'ottobre del '40. Comunque sia, la storia dei Macchi è davvero strana e non-lineare. A parte il 'gran rifiuto' del 4° Stormo, e i problemi del 1°, i Macchi davvero entrarono in azione fin da giugno, ma non contro la Francia, ma contro Malta, dove uno di essi venne abbattuto da un Gloster Gladiator durante un combattimento aereo. Che il monoplano fosse una novità rivoluzionaria per la mentalità del pilota della R.A. esulava forse anche dalle sue stesse caratteristiche. Ruspoli, per esempio, al suo primo volo di prova di un Macchi 200 non fece di meglio che atterrare così veloce, da infilarsi direttamente in un hangar (evidentemente in legno), distruggendo totalmente il Saetta, anche se poi ne uscì indenne<ref>Piloti Italiani, op cit.</ref>.
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Ed ecco i risultati di queste 8 battaglie aeree, tutte quelle di cui ho notizie dettagliate. Macchi 200 persi 11, vittorie dichiarate 37-38, perdite verificabili 4 (ovvero appena l'11% del totale dichiarato), rapporto abbattimenti/perdite dichiarato 3,4 a 1; rapporto reale 1 a 2,7 (ma per la RAF). Ovvero, si passava da un valore dichiarato di oltre tre a uno a vantaggio della Regia, ad uno reale di quasi 3:1 a vantaggio della RAF, una differenza di 9:1, quasi un ordine di grandezza. Va considerato che la RAF a sua volta 'overclaimò', ma dei combattimenti noti, si trattò tutto sommato di un valore accettabile, su 5 battaglie dichiararono complessivamente 19 vittorie vs le 8 ottenute davvero (53%), ma danneggiarono parecchi altri Macchi grazie al volume di fuoco dei loro aerei, sia pure armati con mitragliatrici leggere. Forse per questo dichiararono diverse vittorie in più dei dati reali, sovrastimando gli effetti delle loro pallottole.
 
Questo dà l'idea di come le cose prendano una forma diversa quando c'éè da verificare le affermazioni con i controlli incrociati, sebbene qualche margine di incertezza resti sempre.
 
È un dato di fatto che i Macchi 200 non intaccarono la potenza aerea britannica e che gli Hurricane, e poi i P-40, risultarono in grado di dominare le proprie zone operative. Naturalmente non sempre le cose andavano così, e in altri teatri (per esempio in URSS) vennero ottenuti risultati migliori di questi; tuttavia il Macchi non fu mai un grosso problema per i monoplani anglo-americani, anche se si può osservare che il demerito fosse forse, più ancora dell'aereo, dei piloti o meglio ancora, delle loro tattiche di combattimento, come osservava l'asso Pickering, uno dei difensori di Malta. In ogni caso, la tipica formula assolutoria, per la quale le macchine erano tra lo scarso e l'eccellente, ma i piloti tra l'ottimo e l'eccezionale, va quasi ribaltata. A prescindere dal coraggio e dalle acrobazie aeree, i risultati non furono eccezionali. E dato quanto visto sopra, no vi è un supporto concreto a certe affermazioni recentemente scritte da alcuni autori. Marcon, in un articolo sull’Hurricane (Storia Militare mag. 2000) affermò che il Macchi era ‘leggermente inferiore in prestazioni, ma superiore in maneggevolezza, e quindi pericoloso se in mani esperte’. Vero, è inutile affidare ad un pilota incompetente un qualsivoglia tipo di caccia, se dall’altra parte vi sono avversari che sanno il fatto loro. In seguito Marcon parla dei P-40 (sempre su Storia Militare, ma del gennaio 2001) e ci dice che questi caccia americani erano capaci di affrontare ad armi pari il C.200 e di superate tanto l’Hurricane quanto i CR.42 e G.50. Il che, per sillogismo aristotelico, significa che il Saetta era (secondo Marcon) migliore dell’Hurricane, promosso quindi da ‘pericoloso’ a ‘superiore’.
 
Poi vi sono anche più recenti affermazioni come quelle di D.Lembo ''una volta superati i problemi di dentizione, il Macchi 200 si dimostrò il miglior caccia della sua epoca, come dimostrato dai numerosi successi su di uno dei suoi avversari: l'Hurricane''<ref>Supplemento ad Aerei nella Storia, n.27, 2003</ref>. Che il Macchi 200 fosse 'il migliore' in un'epoca che vedeva già in servizio Bf-109E, Spitfire e Zero è altamente opinabile (a meno che non si riferisse solo all’Italia), ma di sicuro non è supportata dall'invocazione dei 'numerosi successi' contro l'Hurricane, specialmente quando si consideri che Malta fu davvero l'apice della qualità per i cacciatori ('a Malta non c'éè posto per piloti mediocri' sbottò un ufficiale inglese), con gli aerei sfruttati al meglio (mentre il gran numero di cacciatori del Commonwealth non era necessariamente di gran valore ed esperienza, si pensi invece alla concentrazione di ‘assi’ che volarono con i pochi Macchi 205). Quello che succedeva su Malta rappresentava l’apice della qualità di entrambe le parti in lotta. E, dati alla mano, i risultati non supportano tali giudizi, a meno di non implicare che i piloti italiani fossero delle scamorze totali e che i Macchi contennero almeno i danni (in effetti, fecero certo meglio dei G.50 e CR.42). Quanto alle dichiarazioni delle perdite, esse prese da sole sono inaffidabili. Lo stesso Marcon (S.M. ago. 1997) ricorda come per il gen. Santoro la RAF perse 844 aerei da caccia (di cui 300 al suolo) con 518 piloti, contro 897 aerei tedeschi (di cui 403 caccia) e 570 italiani (237 caccia). Ma queste cifre non sono confermate dalle ricerche dei decenni successivi: nel 1940, a Malta, c’erano solo sei caccia, rinforzati da altri 21 per la fine dell’anno, 211 nel ’41 e 382 nel ’42, per un totale di 620 aerei. Le perdite di caccia (eccetto quindi altri tipi) sarebbero state solo di 465, di cui 6 nel ’40, 120 nel ’41 e 339 nel ’42. Per gli italiani e i tedeschi, le cose sono anche meno semplici da rilevare: Santoro ha dato 199 aerei italiani persi più 349 tedeschi: 35 nel ’40, 146 (68 italiani) nel ’41, 367 (96 italiani) nel ’42. Quindi l’unico modo per raccapezzarsi e avvicinarsi alla realtà è quello di indagare negli archivi esistenti e portare fuori tutto quello che è ancora disponibile,o altrimenti prendere per buone le rivendicazioni e le valutazioni di parte, che in pratica superano il totale degli aerei messi in campo e quindi sono certamente esagerate. In ogni caso, che gli italiani non siano riusciti con le loro forze a battere i britannici è vero, anzi non riuscirono nemmeno a togliergli l’iniziativa strategica. E per la fine del 1940 stavano perdendo pesantemente in tutti i teatri d’operazioni: Manica, Malta, Africa, Grecia, Mediterraneo in generale. Non riuscivano nemmeno a difendersi dalle poche incursioni aeree e navali avversarie. Alla fine, se l’Italia non uscì battuta in pochi mesi di guerra e contro un nemico tutt’altro che superiore in termini quantitativi, fu solo per il precipitoso intervento tedesco.
 
Molto spesso l'unico modo di uscire da questo dubbio (a chi addebitare la sconfitta) è di invocare la schiacciante superiorità numerica del nemico, capace di sopraffare da sola ogni velleità, ogni prodotto del genio italico e ogni episodio di sovrumano valore; insomma, il peso delle ‘orde’ avrebbe vinto l’eroica resistenza dell’Asse. Ma questo manca di prospettiva storica: in Mediterraneo fu vero solo dalla fine del ’42. Prima erano i britannici che -specie a Malta- combattevano in inferiorità numerica. E non per questo cedettero (al contrario, la caduta di Pantelleria -la ‘Malta’ italiana- dopo un mese di bombardamenti diede adito a critiche ferocissime, proprio per comparazione con la piazzaforte britannica).
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Il Macchi, come si è visto, era pericoloso, ma non superiore all'Hurricane I (specie se questo era ad alta quota e-o senza filtro antisabbia), per non dire dell'Mk.II; come intercettore, era più rapido in salita, ma saliva meno in alto, il pilota non aveva ausili decenti, inizialmente nemmeno la radio ricetrasmittente (o anche la sola ricevente), né corazze protettive (applicate successivamente, ma non di elevato livello); l'Hurricane poteva accumulare un certo ritardo durante la salita, ma poi in orizzontale recuperava la distanza, e quando era a contatto del nemico, poteva 'spennarlo' a 10.000 colpi al minuto. Inoltre aveva una maggiore autonomia, specie con serbatoi ausiliari, per cui poteva anche semplicemente aspettare già in quota (ai tempi della B.o.B. ci si andava anche 4 volte al giorno, parlo di oltre 9.000 metri), senza bisogno di partire ogni volta da 'zero' per carenza di benzina.
 
Come intercettore, l'Hurricane Mk.I poteva contare su di un output di circa 1,7 kg/s, contro circa 0,65 kg/s di un Macchi. Anche se le mitragliatrici di grosso calibro avevano una portata pratica maggiore e una superiore distruttività contro strutture robuste, era una differenza troppo grande. I successivi Hurricane Mk.II ebbero 12 (spesso ridotte a 10 per velocizzare il riarmo) Browning, e poi 4 cannoni da 20 mm (6 kg/s). L'autonomia di fuoco del Macchi era maggiore (circa 40 secondi), ma come sempre c'éè un compromesso ideale. L'Hurricane, sia pure con un'autonomia di fuoco di meno di 20 secondi, era meglio armato. Del resto il Bf-109E aveva un output di 2,5 kg ma solo per sette secondi (così come lo Zero) dopo di che perdeva i 20 mm e doveva arrangiarsi con le sole due mitragliatrici, che avevano sì un'autonomia di 60 secondi, ma un output di appena 0,4 kg/s a far tanto: i loro 2.000 colpi, sparabili in non meno di 60 secondi, erano tirabili dall'Hurricane in appena 12-13 secondi, e questo faceva la differenze, sopratutto ora che i combattimenti erano sempre più rapidi e il tempo utile per sparare sempre minore. Così anche il Bf-109 o lo Zero, nonostante la ridotta autonomia di fuoco, erano pur sempre ben rispettati quanto ad armamento cannoniero, anche se era un 'jolly' da giocare con attenzione e prudenza. L'ideale fu poi il cannone da 20 mm con alimentazione a nastro anziché a tamburo, con 120-250 cp per arma. Benché il Macchi 200 e gli altri caccia analoghi avessero una buona dotazione di proiettili (e un contacolpi elettrico), armi affidabili e capaci di erogare costantemente un certo volume di fuoco, e con proiettili tutti dotati della stessa balistica, il loro armamento era insufficiente. Spesso bombardieri leggeri come i Blenheim riuscivano a sfuggirgli anche se ripetutamente colpiti, mentre gli Hurricane potevano inchiodare i bombardieri medi come gli S.79 e BR.20 con un singolo passaggio. Non c'era partita, insomma.
 
C’è poi un altro discorso, quello della flessibilità d’impiego delle armi. L’Hurricane aveva una forte capacità di eseguire un ‘tiro al traverso’, in altre parole di sparare contro avversari che si presentavano con ogni angolazione. Se per esempio capitava un bersaglio in movimento trasversale, l’Hurricane poteva impallinarlo al volo. Aveva un volume di fuoco di 9.000 o 12-13.000 c.min, il che significa circa 150 o 220 c.sec. Erano proiettili leggeri, ma qualcosa colpivano, e non senza effetto. Contro un bersaglio lungo 8 metri, in movimento tra 100 e 200 m.sec, già l’Hurricane Mk.I poteva sperare di mettere statisticamente a segno tra 9 e 18 colpi (colpi al secondo divisi per la velocità del bersaglio fratto la lunghezza dello stesso, per esempio 150 diviso 12, che sono le lunghezze del caccia che si trovano in 100 metri di percorso, nel secondo in cui vengono sparati i 150 colpi). Nel caso dei caccia italiani, la cadenza di tiro delle due Breda era di circa 18 c.sec: a 100 m.sec un bersaglio di 8 metri era teoricamente colpito da 1,5 proiettili. Se il bersaglio superava i 150 m.sec (oltre 18 lunghezze) diventava aleatoria la speranza di colpirlo anche con un solo proiettile. Benché provviste anche di proiettili esplosivi, le 12,7 erano armi troppo piccole per farne buon uso (carica delle Breda, appena 0,8 gr di pentrite) e spesso erano preferiti i proiettili incendiari (l’esplosione eventualmente la procuravano incontrando i vapori di benzina, spesso presenti anche fuori dei serbatoi degli aerei, per qualche piccola perdita). Uno o due colpi erano poco significativi. Ma una dozzina, sparsi per l’asse dell’aereo, significavano circa uno ogni 70 cm, e questo rendeva probabile colpire qualcosa di importante, per esempio il pilota. Alle velocità più alte quest’armamento ad alta cadenza di tiro era l’unico che consentiva di colpire qualcosa in maniera affidabile. Con i 4 cannoni da 20 mm il volume di fuoco calava in termini numerici (e infatti i piloti della Marina americana spesso silamentavano della riduzione di cadenza rispetto alle sei M2 dei primi caccia navali), ma ogni colpo pesava 120 gr (circa), di cui una decina erano di HE, sufficiente per danneggiare gravemente anche parti robuste come il motore e i longheroni: due colpi da 12,7 o una decina da 7,7 non erano una minaccia comparabile a un paio da 20 mm (peso rispettivamente di 70, 120 e 240 gr) e ai danni che potevano causare ad ogni struttura aeronautica, anche blindata. Una volta che il caccia fosse stato colpito e danneggiato, sarebbe stato facile convincerlo a disimpegnarsi, oppure inseguirlo per dargli il colpo di grazia. Con poche armi era tutto più difficile, e ai piloti italiani veniva insegnato proprio per questo a manovrare al meglio, per mettersi alle spalle dell’avversario e impallinarlo da breve distanza, standogli in coda e con il minimo di deflessione. Non era una scelta obbligata, del resto quando apparve il Macchi 202 i piloti rimasero piuttosto delusi dal vedere che aveva ancora solo due Breda, quando ne avrebbero volute possibilmente sei. Per colmo di beffa, in seguito i ‘202 ne avranno un altro paio, ma da 7,7 mm, solo nel ’42 (quando oramai erano armi superate) e capaci nondimeno di appesantire con 100 kg in più il Folgore, tanto che spesso non venivano installate. Lo furono invece con i C.205, ma questi non avevano problemi di potenza. Quando però le cambiarono con i cannoni Mauser da 20 mm, malgrado una leggera perdita di velocità, nessuno ne ebbe nostalgia.
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Tra le missioni si può ben ricordare anche quelle che i C.200 eseguirono come aerei di seconda linea e di scorta. Tra le altre cose, vi fu persino lo sporadico uso pure dei C.200 nel compito di caccia notturni, ma evidentemente, con risultati del tutto insoddisfacenti, sebbene in mancanza di meglio anche aerei ben poco adatti, persino i Me.262, vennero impiegati occasionalmente per lo scopo. Del resto, quando il 12 giugno giunsero su Torino i bombardieri della RAF, dei tre stormi disseminati in Piemonte non un solo aereo era abilitato a tale impiego. La mancanza di aerei adatti e di piloti addestrati per tali missioni, nonché delle apparecchiature idonee, sarà uno dei più gravi punti deboli della difesa aerea italiana, nonostante l'abbondanza di cannoni (anche se inizialmente per lo più obsoleti) basati a terra e su navi, tanto che le vittorie della C.N. sono stimate in tutto circa una decina nell'arco di tre e passa anni di guerra (e nessuna da parte dei pochissimi C.200 saltuariamente usati in tale modalità).
 
L'aereo venne sempre di più usato per l'attacco al suolo, per non lasciare 'solo' il CR.42, lo Ju-87 e i pochi Reggiane 2001 attrezzati per l'attacco. Lo stesso 150imo Gruppo si impegnò allo spasimo, anche con buoni risultati, come il 28 febbraio su El Adem, dove avrebbero distrutto molto materiale, rivendicando anche una decina di aerei nemici. Le bombe erano pure sganciate con facilità, vista la visuale del pilota al di sopra del motore (per via della 'gobba' e delle piccole dimensioni del motore, al contrario di quel che succedeva con il Re.2000), massimizzandone l'efficacia, così come del ridotto armamento. Eppure, nei primi tre mesi il gruppo perse 15 piloti, di cui due soli caduti prigionieri. Lo stesso Vizzotto viene abbattuto con l'aereo il 4 aprile, e viene dato per disperso, salvo poi ritornare a piedi. Era normale tornare con gli aerei sforacchiati, ma raramente con esiti fatali dato il piccolo calibro delle armi campali, anche perché queste non hanno proiettili esplosivi: c'éè una bella differenza tra raffiche calibro 0.30 e quelle calibro 20 (mm). A settembre del '42, i C.200 si accaniranno anche contro i caccia che tentarono l'audace e sfortunata incursione su Tobruk occupata, il settembre 1942. Sikh e Zulu, nell'occasione, vennero affondati dal tiro delle artiglierie costiere e poi dagli attacchi aerei. I reparti speciali inglesi distrussero tra l'altro sette Z.1007 su Barce (14 settembre), e così furono sopratutto i C.200, almeno da parte italiana, che intervennero. Anche se solo con bombe da 50 o 100 kg (al massimo, erano possibili quelle da 160 kg antinave), gli effetti contro un cacciatorpediniere non molto armato come armi a.a., e ancora relativamente lento e immobile, furono micidiali (anche perché il vero peso delle bombe italiane era di circa 69 e 129 kg). Contro una nave senza protezione, anche queste armi erano sufficienti e l'azione britannica, fallita la sorpresa, si ritrovò davvero nel classico 'nido di vespe'.
 
Le missioni dei Macchi 200 continuarono con i gruppi incaricati della difesa nazionale e dei convogli navali, e non meno importante, dei famosi aeroconvogli tunisini (primavera 1943). Un pilota racconta di come all'improvviso, guardando alle sue spalle, notasse una formazione immensa di caccia bimotori P-38, che si era avvicinata in sezioni di quattro. Il suo compagno venne sorpreso e abbattuto, lui combatté con la massima rapidità possibile. Alla fine della battaglia, quasi tutti gli S.82 erano stati abbattuti in fiamme o costretti ad ammarare, i piloti dei C.200 ritennero di avere abbattuto tre P-38 (cosa non confermabile), ma sopratutto, 'in alto, velocissimi, dei Bf-109 stavano correndo nella direzione dove erano spariti i P-38'<ref>'Aviatori italiani', supplemento ad Aerei gen 2009</ref>. Quasi a dire che quella era una battaglia tra 'Titani', in cui i piccoli C.200 non avevano parte in capitolo, restando poco più che spettatori. Non stupì certo che quando i gruppi di Saetta passarono a macchine più moderne, non rimpiansero i C.200. Per esempio, il 150° Gruppo andò sui Bf-109F e poi G. Il caccia tedesco venne trovato meno docile nell'acrobazia, ma grandemente superiore come macchina bellica in generale, armamento e stabilità di tiro inclusi.
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La cosa bizzarra è che l'unica ragione per la quale il C.202 di serie poteva superare in velocità il prototipo, era la potenza maggiore del motore (certo non per l'aerodinamica, di fatto peggiorata dal ruotino fisso, così come il peso era aumentato); Ma il prototipo aveva un DB-601 originale, e così anche molti C.202 prodotti fino al '42: questo motore era più potente di quelli dei Monsone italiani, che pesavano anche qualche decina di kg in più. Forse per i Macchi di serie vennero adottati dei motori potenziati (almeno nel caso dei DB-601 'originali') sì da passare da 1.075 hp a, per il C.202 sr. IV uno da 1.175 hp, il che spiegherebbe la leggera superiorità registrata in pratica. Ma cosa succedeva con i motori di tipo italiano, che appesantivano e depotenziavano il Folgore? Tutto quello che si sa è che era meno potente, ma quanto ciò incidesse sulle prestazioni non è chiaro. In teoria, però, combinando sia la minore potenza che il maggiore peso, si può ipotizzare un calo di velocità di circa 4-5 kmh e un inferiore rateo di salita, diciamo di circa 1 m.sec. Anche questo aiuta a spiegare come mai i C.202 delle serie avanzate, anche quando ne ebbero le predisposizioni, preferissero non installare le mitragliatrici da 7,7. Indubbiamente, un armamento poderoso nel 1935 (con i CR.32bis) non era altrettanto rispettabile nel 1942, ma sopratutto, nel frattempo si era passati ai più pesanti e meno potenti motori italiani.
 
La differenza di velocità a bassa quota con il Macchi 205V, così come la salita (in pratica solo sopra i 5.000 m c'éè una superiorità) sono piuttosto bizzarre, visto che sono pressoché uguali, tanto che a 1.000 il Macchi 202 è più lento di appena 9 kmh, e di 6 a 2.000 m. Da notare che è anche più veloce del Reggiane Re.2001, che slm arrivava solo a 440 kmh (410 il Re.2000). Il P-40N, nelle sue prime 'edizioni' era invece capace di fare la barba a tutti, con una punta di 608 kmh a 3.050 m, 8 più del Bf-109G-6 e ben 42 più del C.202.
 
====In azione====
Detto dei confronti e delle incongruenze dei dati tecnici a nostra disposizione, diciamo che il Macchi C.202 è stato senz'altro il più importante caccia italiano della II GM. Forse non il più prodotto, o forse sì, dipende dalle valutazioni. Discendeva dal C.200, al quale era simile ma non uguale, solo che il C.200 venne prodotto in circa 1.300 esemplari, dei quali apparentemente almeno 156 (e più, considerando quelli persi nel periodo prebellico) prima del 10 giugno 1940. Invece il Macchi 202 volò dal 10 agosto del '40, e venne prodotto solo nel periodo bellico, e quasi esclusivamente per la R.A. Il C.205 se ne poteva considerare non solo la diretta evoluzione, ma una sua versione evoluta (in attesa del 'vero C.205', l'Orione), che stava al C.202 come lo Spit Mk IX all'Mk V (e l'Mk VIII al C.205N). Insomma, non stupisce che in origine si parlasse di Macchi C.202bis (bis sta per cambio del motore, anche se alle volte non era così inteso, vedi CR.32).
 
Non c'éè molta coerenza sui numeri prodotti, si è parlato di 1.220, o di poco oltre 1.000 come appare dagli ultimi documenti. Nel 1943, per esempio, ne vennero prodotti 370 al 31 luglio 1943, o almeno questi sono (articolo di T.Marcon su Storia Militare Ago. 1998) quelli collaudati all'epoca, segno che erano stati sicuramente costruiti. Per la cronaca, in quei 7 mesi vennero realizzati quasi 1.800 aerei, tra cui 792 caccia, 81 bombardieri, 76 siluranti, 278 'assalto', 74 ricognizione, 234 trasporto, 208 scuola, 3 soccorso. Gli 'assaltatori' comprendevano 159 Ca.314C e per quel che ci riguarda, 113 Re.2002 cacciabombardieri; i caccia invece erano 125 CR.42, 10 G.55, 33 Ro.57, 5 C.200, 370 C.202, 128 C.205V, 89 Re.2001, 21 Re.2005, 11 SAI 207.
 
In tutto, a parte questo, si sa che i C.202 vennero collaudati con ben poche modifiche rispetto al tipo originale, uno sviluppo che si avvaleva delle esperienze già fatte con il C.200, anche se la sezione di fusoliera era più snella e l'ala leggermente diversa, e che riservò ben poche sorprese, al contrario del più avanzato ma delicato Re.2001, che pure volò prima del Macchi. Tra le poche modifiche rispetto al prototipo, la chiusura dei vetri 'posteriori' all'abitacolo, il ruotino di coda fisso, la struttura di sostegno al motore di lega leggera anziché in acciaio e l'antenna radio. La distribuzione iniziò presto, attorno al tardo giugno 1941 e quindi dopo appena un anno scarso dal primo volo. Si iniziò con i migliori gruppi e stormi da caccia: in particolare il 1° Stormo, ma già alla fine dell'anno anche il 4° fece il passaggio sui Folgore. Il 27 settembre 1941 il 9° Gruppo lasciò Gorizia e raggiunse Ciampino, poi con le congratulazioni del Duce, andò a Comiso con il nuovo caccia per combattere i temibili maltesi. I primi combattimenti aerei Al 27 settembre già il 9° Gruppo era totalmente riequipaggiato e così lasciò Gorizia per Roma, e poi, con tanto di coplimenti del Duce, Comiso.
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Il 22 novembre, nonostante la presenza di 61 C.200 e 202 in scorta a 10 Ju-87, i 21 Hurricane difensori riuscirono ad abbattere un altro Macchi 202. In tutto, nei soli combattimenti dei giorni 1/10, 14/10, 22/10 (addirittura 6+2 probabili), 25/10, 8/11, 12/11, 21/11 (due battaglie) e 22/11, gli italiani dichiararono oltre 24 vittorie e una decina probabili, ma in tutto i britannici nell'insieme ne ebbero solo otto (due almeno in azioni d'attacco sulla Sicilia), contro 4 Macchi e uno atterrato fuori campo e probabilmente radiato. Tra le perdite, l'asso Mould per la RAF; ma anche il capo stormo e due capi-squadriglia per la Regia. Malgrado tutto il vantaggio della loro velocità, i Macchi 202 avevano trovato pane per i loro denti nei determinati piloti britannici, che complessivamente ottennero maggiore fortuna contro i '202 di quanta ne ebbero gli Hurricane (circa 4:11).
 
Poi il 1° Stormo sbarcò in Africa, e lì le cose cambiarono. I piloti italiani erano tra i migliori disponibili nella R.A., mentre il grosso delle forze del Commonwealth non era così abile, e certo non lo erano quanto gli esperti di Malta dove 'non c'éè spazio per i piloti mediocri'. L'esordio della caccia in questo settore fu molto affrettato, perché i britannici avevano fattos cattare l'offensiva Crusader. Stavolta, se non altro, non c'erano problemi nei filtri antisabbia, prontamente installati. I 18 aerei delle due squadriglie del 10° decollarono da Comiso già il 23 novembre, appena il giorno dopo la loro ultima battaglia su Malta! Dopo un volo di trasferimento con varie tappe (tra cui Pantelleria e Bienina, dove un Macchi venne danneggiato da bombe inglesi), entro la sera del 25 i caccia giunsero a Martuba dopo ben 2.000 km di volo. E poche ore dopo, i cacciatori italiani ebbero già il primo scontro. Era il 26 novembre 1941, un vero 'mezzogiorno di fuoco' allorché 10 aerei del 9° Gruppo attaccarono una ventina di Hurricane: 11 dello Sqn 238 e 12 del 229. In dieci minuti di combattimento dichiararono ben 8 vittorie contro gli Hurricane, quante ne ottennero (realmente) nei mesi precedenti. In realtà le cose andarono diversamente, e 'solo' quattro aerei vennero persi, con un pilota. Uno diquesti si fracassò al suolo a Tobruk. Pare che il grosso delle perdite, se non tutte, venne subito dal solo No.238, forse perché volava a quota più bassa rispetto all'altra. Forse altri Hurricane vennero danneggiati, ma non abbattuti. Anche i britannici reclamarono due vittorie, e in effetti due Folgore ebbero danni a bordo (il capitano Larsimont e Viglione). Quest'esordio così positivo rese finalmente gli italiani capaci di imporsi ai cacciatori nemici, ma 'Crusader' non poté essere arrestata e si concluse in una vittoria britannica.
 
Dei cacciatori vittoriosi quella giornata, non tutti riuscirono a raccontarla ai nipotini. Già 10 giorni dopo Novelli venne ucciso in un incidente di volo, una collisione con un altro Macchi 202 durante la scorta a degli Stuka. Entrambi caddero, ma l'altro pilota si salvò con il paracadute. Degli altri cacciatori, quattro ebbero poi lo status di 'asso', tra cui Barcaro (9 vittorie), Annoni (9), Salvatore (7) ma spratutto Malvezzi (10). Larsimont rimase ucciso in un bombardamento il 26 giugno 1942.