Caccia tattici in azione/Lo Zero: differenze tra le versioni

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Nel prosieguo delle fasi iniziali del conflitto, lo Zero falciò chiunque gli si mettesse contro. Sakai, che già abbatté un caccia P-40 durante la prima giornata di guerra, fu presto in grado di accreditarsi decine di vittorie, doppiette su di un P-39 e anche l'abbattimento di un B-17, sfruttando la potenza dei cannoni da 20 mm. In tutto ottenne così circa 60 vittorie (finirà la carriera con 64 successi accreditati), non male per uno che alla prima missione, pur abbattendo un aereo nemico, fu pesantemente redarguito per il modo 'stupido' di combattere rischiando troppo. Ma imparò la lezione e non sbagliò più.
 
Fino a quando non capitò su Guadalcanal. ''Guadalcanal! Noi non sapevamo nemmeno che cosa fosse prima di quella mattina''. Divenne invece il fulcro del confronto tra USA e Giappone, un posto maledetto per uomini e macchine. Era il primo pomeriggio quando il Tainan Kokutai venne mandato a bombardare le navi americane in mare: 18 caccia in scorta a 27 bombardieri. Sakai vide che non c'erano caccia, e mentre i bombardieri picchiavano sulle unità americane, si guardava attorno. Avvistò improvvisamente 8 aerei. Si lanciò subito all'attacco, pensando di sorprenderli. Ma c'era qualcosa che non andava: ''Se vogliono combattere, dovranno allargare la formazione!'' E invece la stavano stringendo. Sakai non capiva cosa stesse succedendo. Poi giunto a 300 metri, si accorse che era caduto in una trappola. ''Avevo pensato che fossero caccia, ma no! Erano bombardieri TBF e non c'éè da stupirsi se stessero stringendo la formazione''. I tozzi bombardieri Grumman TBF non sembravano, da distanza, molto diversi rispetto ai Wildcat. Sakai gli andò addosso a tutto gas e per quando si accorse della differenza era troppo tardi. Non solo l'avevano visto, ma in quel momento sedici mitragliatrici lo stavano puntando, e la metà erano di grosso calibro. Sakai sparò aggrappandosi selvaggiamente al pulsante, a quel punto non c'era nient'altro da fare perché anche manovrare per scappare avrebbe significato esporsi al fuoco nemico. Fu centrato in pieno da numerosi proiettili e lo Zero andò giù. Sakai si riprese, si accorse di avere una profonda ferita alla testa, del sangue. Pensò: se devo morire, voglio trascinare con me una nave americana. Ma non vedeva nessuna nave: non vedeva niente. Era ferito anche agli occhi e uno in particolare. Tentò stropicciandoseli di guadagnare una minima visuale, e alla fine riuscì a vedere qualcosa da uno di essi. Era lì, ferito, con lo Zero crivellato di proiettili, nella missione 'più lunga' a cui era stato assegnato, e quasi non vedeva nulla. All'epoca non c'era il GPS, INS, pilota automatico e così via, nemmeno le radio giapponesi erano affidabili. Ma lui riuscì a tornare alla base praticamente da solo, dandosi pugni in testa per non perdere i sensi. Quando scese dall'aereo sentì i suoi avieri e compagni assiemarsi attorno a lui e dargli pacche sulle spalle. Uno gli gridò: 'Sakai! Non dire mai la parola muoio!'. Saburo rimase per mesi in ospedale, ma non recuperò più l'occhio ferito, anche se salvò fortunosamente l'altro. In seguito tornò a combattere, ma le cose erano diventate più difficili<ref>Take-Off: 'Zero, il Samurai superiore'</ref>.
 
 
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Quanto ai Ki-61, nel loro piccolo, essi erano diventati piuttosto superati nel 1944. Quest'aereo era apparso circa un anno dopo il Macchi 202 e circa 2 anni dopo il Me-109E, così la sua validità era marginalizzata. Nel '42 ne vennero prodotti poche decine, pertanto si può considerare coevo dell'Hellcat e anche del Corsair; nel 1943 ne vennero prodotti oltre 700, ma oramai il disegno base cominciava ad essere superato anche in Estremo Oriente, così come del resto in Europa (dove i caccia, essendo macchine terrestri, erano in genere di prestazioni migliori) non erano più competiviti all'epoca i vari Bf-109E, F e MC.202. In tutto vennero prodotti oltre 3.000 aerei. Ben presto vennero equipaggiati di cannoni: oltre 700 MG151/20 giunsero dalla Germania con un grosso sottomarino, poi divennero finalmente disponibili i locali Ho-3, derivazione della mitragliatrice pesante Ho-103. Da notare che quest'ultima era praticamente una Browning adattata al meno potente munizionamento da 12,7x81 mm Vickers. Anche le Breda erano abbastanza simili in tal riguardo, anche se maggiormenet originali rispetto alle M2. Ma non riuscivano a ridurre in maniera apprezzabile i pesi e per giunta, erano dimensionalmente ancora più grosse. La cadenza di tiro delle armi italiane era piuttosto bassa: circa 700 c.min, 750 max, ma con la sincronizzazione calava del 25% in media. Questo era necessario per garantire un'elevata affidabilità. I Giapponesi invece, riuscirono ad ottenere delle armi affidabili pur se pesanti solo 25 kg anziché 29-30, e con una cadenza di tiro di circa 900 c.min. I problemi di meccanica incontrati dalle industrie italiane, al riguardo, si esemplificano bene con le rivali delle Breda, le Scotti, che erano più leggere e di qualcosa più rapide in termini di cadenza di tiro: sulla carta, un equivalente delle Ho-103, in pratica dei sistemi inaffidabili con troppe parti meccaniche in movimento e una gittata pratica insufficiente: sebbene spesso usate come armi difensive dei bombardieri, non ebbero mai impiego per i caccia, essendo il muso e le ali irraggiungibili dal pilota per riparare le armi inceppate o danneggiate. Questo fu un peccato per gli Italiani, i cui caccia, fino alla Serie 5, erano in genere limitati a due sole 12,7 mm, troppo poco specie contro i bombardieri. Avessero avuto le Ho-103, forse i progettisti avrebbero tentato anche l'impiego di altre due armi nelle ali. Sta di fatto che con 3.600 c.min di cadenza di tiro teorica, vs 1.400, il Ki-61 era nettamente più potente dei Macchi e anche dei Bf-109E, la cui leggera superiorità di fuoco si esauriva dopo i primi 7 secondi di tiro, quelli necessari per svuotare i caricatori da 60 colpi degli MG FF. Dopo di ché restavano con due sole MG 17.
 
In ogni caso anche i Ki-61 ebbero bisogno di miglioramenti nell'armamento di base: se il prototipo era armato come i Macchi 202 ultime serie (2 x 12,7 e 2,x77), e se le prime serie in produzione avevano sia questo che l'armamento di 4x12,7 mm, l'esigenza di cannoni da 20 mm si palesava tutta, e così vennero sia comprati gli MG151, che poi dato il via ai locali Ho-3. Se la Mitsubishi e la Marina non ebbero così alcune cose della Nakajima e dell'Esercito, come le corazzature e i tettucci semplificati, con poche montature, i caccia dell'Esercito stranamente non adottarono subito i superati ma leggeri Tipo 99 (Oerlikon) degli Zero. La crescita delle Ho-103 come armi da 20 risultò molto positiva, si trattava di cannoni da 800 c.min e gittata utile da 900 m circa; tant'éè che -sempre con il meccanismo base delle M2, si arriverà addirittura a costruire un certo numero di cannoni da 30 mm, gli Ho-5.
 
I Ki-61 erano dei validi aerei, ma perseguitati da problemi di motore e di affidabilità meccanica in generale, tranne in teatri come la Cina e il Giappone, dove la manutenzione era adeguata e carbulubrificanti disponibili nelle qualità previste, e non roba di scarso livello che causava problemi meccanici notevoli. La difesa del Giappone vide spesso i Ki-61 in azione contro i B-29 ad alta quota, un compito non facile date le prestazioni dei nuovi aerei americani. Alle votle vennero anche usati per azioni semi-suicide, con collisioni in volo dirette. Non erano ufficialmente missioni kamikaze, ma comunque era pericoloso: nel migliore dei casi ci si doveva lanciare, magari da un aereo in avvitamento dopo che aveva perso un'ala nell'impatto. Ma vi furono persino dei piloti che riuscirono a ritornare alla base con gli aerei che portavano i segni dell'incontro con il B-29, magari con quest'ultimo abbattuto nell'azione diretta. Era senz'altro un merito per un aereo rientrare così gravemente danneggiato, anche se spesso si fracassavano all'atterraggio. I piloti, per quanto in grave pericolo, a loro volta non erano condannati senza appello come i kamikaze. Da notare che l'Esercito giapponese, a differenza della Marina, non era tanto disperato nemmeno nel 1944, da concepire le missioni suicide su vasta scala, per cui fu molto difficile convincere i piloti a sacrificarsi. Parte del merito era nel fatto che fin'allora i giapponesi non avevano incontrato nemici tali da esserne totalmente travolti, sul continente asiatico dove per lo più operava l'Esercito. Uno dei meriti era senz'altro la presenza dei Ki-61, che fecero sentire più volte i reparti su P-40 surclassati, e diedero filo da torcere anche ai P-38.