La terra per nutrire il pianeta/Parte quinta: differenze tra le versioni

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[[File:Dal Re, Marc'Antonio (1697-1766) - Pianta di Milano - 1734.jpg|thumb|left|240px Pianta di Milano nel settecento]].
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[[File:Martesana a Gorla nel 1925 01.jpg|thumb|right|240px|La Martesana a Gorla nel 1925. Dietro le modeste case di un borgo rurale, si vedono i primi alti palazzi]]
 
==Un tempo campi e canali==
 
Per completare la nostra ricerca siamo tornati nella zona 9 dove c’è la nostra scuola.
Ormai è solo palazzi e asfalto ma fino a non molto tempo fa vi erano ancora tanti campi.
 
Addirittura i campi si estendevano persino dentro la cinta delle mura spagnole. I canali non solo la circondavano, ma entravano dentro il perimetro della città. E' rimasto il nome di via Laghetto a due passi del Duomo per scaricare i marmi di Candoglia (nella valle del Toce) che via lago, poi fiume, naviglio, giungeva fino a Milano.
[[File:800px-Navigli interni.jpg|thumb|200px|left|Un barcone che si sta avvicinando a San Marco, nell'immediata vicinanza con le tipografie del Corriere della Sera in Via Solferino]]
Per la zona della nostra scuola vi era il naviglio della Martesana, che proveniva dall'Adda
 
Prima di giungere in città, attraversava piccoli borghi rurali, come Gorla
[[File:Naviglio della Martesana La conca dell'Incoronata.jpg|thumb|200px| La Martesana alla Conca dell'Incoronata]]
 
 
Il legname per i camini proveniva in buona parte dalla Valtellina e veniva trasportato da barconi che percorrevano il lago di Como fino a Lecco, poi il fiume e poi il naviglio.
 
Ma anche al sorgere della nuova fase industriale della città, molti trasporti avvenivano via acqua. I grandi rotoli di carta per stampare il Corriere della Sera venivano appunto portati dai barconi.
 
Nelle vicinanze Il celebre ''Tombon di San Marc'' segnava la fine della Martesana e uno degli approdi più frequentati. Le acque, poi confluivano nella fossa interna di cui ora resta solo il nome ''La cerchia dei Navigli''
 
La Martesana contrassegnava quello che era, a quel tempo a buon diritto, chiamato ''Isola Garibaldi, perchè tutto circondato da canali E rogge ed isolato anche dalle linee ferroviarie della ''Vecchia'' Stazione Centrale, a quei tempi ''passante'' e non ''di testa come ora.
 
'''Un acqua taumaturgica'''
 
Nella nostra zona c'è anche attualmente il santuario di Santa Maria alla fontana, ormai inglobato nella città, ma quando fu eretta, considerata ''fuori le mura''
 
Da una fonte sotterranea alla base del santuario e motivo stesso della fondazione di quest'ultimo, sgorgava un'acqua dalle proprietà taumaturgiche, indicata soprattutto per disturbi dell'apparato osteo-articolare (artrosi, artriti). Famosa è la guarigione di Carlo II d'Amboise, governatore di Luigi XII di Francia, che venne a bagnarsi nella già famosa fonte e fece in seguito costruire il santuario odierno.
[[File:Fotoabbadesse.jpg|thumb|180px|left|La cascina Abbadesse nel 1958. La bambina al centro della foto è la futura professoressa Tenore che ci ha aiutato nella ricerca]]
Nell’Ottocento, a seguito dell’incendio di un'attigua fabbrica di bitume, la falda acquifera originaria si inquinò e venne chiusa, cosicché dagli 11 ugelli presso la chiesa oggigiorno fuoriesce comune acqua di rubinetto dell'acquedotto cittadino.
 
'''Le Cascine Abadesse'''
 
Sempre nella nostra zona sopravvive il fabbricato delle cascine Abbadesse che era appartenuto alle monache Agostiniane. Il primo disegno che ci è rimasto testimonia la sua presenza dal 1369. L'edificio ha il tipico aspetto del cascinale lombardo che si può ancora trovare nelle campagne.
Oltre alle abitazioni civili vi erano tutta una serie di spazi per le attività produttive connesse all'agricoltura: stalle, fienili, il forno e il pozzo.
 
I campi erano coltivati ad orto, a vigna e c'era anche il prato per i bestiame. Nella carta della Guida del Touring del 1915 si vedono ancora chiaramente due ''fossi'' Il primo derivato dalla roggia del Fontanile vivo dei Pozzobonelli, mentre l'altro traeva l'acqua dalla Martesana
 
Ma ancora negli anni '50 la cascina conservava il suo aspetto rurale: ci hanno dato una foto, appunto di quell'epoca. Sono passati gli anni e la bambina al centro della fotografia è ora professoressa e ci ha seguito nella nostra ricerca.
[[File:Immagine100.jpg|right|thumb|240px|targa in via Garigliano al quartiere Isola, allora confinante con le campagne]]
[[File:Immagine101.jpg|thumb|left|180px|Un tipico edificio del quartiere Isola ai nostri giorni]]
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Ora, invece si vedono solo case
 
Girando per il nostro quartiere, in una zona ormai lontanissima dal primo campo coltivato, abbiamo trovato in via Garigliano (dove, all'epoca passava una roggia proveniente dalle Cascine Abbadesse) una targa che ci ricorda la situazione di un tempo. E' dedicata a Emilio Beretta, un poeta dialettale milanese che è diventato noto anche come paroliere di canzoni di grande successo, tra le quali, appunto ''Il ragazzo della via Gluck'', la non lontana via dove è nato Adriano Celentano e che allora veniva considerata fuori della città:
<poem>
Ma come fai a non capire,
è una fortuna, per voi che restate
a piedi nudi a giocare nei prati,
mentre là in centro respiro il cemento.
</poem>
[[File:Immagine200tagliata.jpg|thumb|right|180px|Un edificio degli anni 20 in Viale Fulvio Testi]]
E poi dopo:
<poem>
Là dove c'era l'erba ora c'è
una città,
e quella casa in mezzo al verde ormai
dove sarà.
</poem>
[[File:Immagine201tagliata.jpg|thumb|right|180px|Altro edificio degli anni 20 in Viale Fulvio Testi]]
 
 
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==La cementificazione selvaggia==
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Il fenomeno della perdita dei campi coltivati per una ''cementificazione selvaggia'' non è solo milanese. Ecco quello che Antonio Saltini dice di una delle zone più fertili della Pianura Padana.
 
''La progressione del cemento è stata, dal termine della seconda Guerra mondiale, incalzante, ha assunto, procedendo incontrollata, una violenza travolgente. Se le superfici abitative, l’insieme, cioè, delle aree delimitate dalle mura che anticamente circondavano città e borghi minori, sommavano, nel 1945, 6.048 ettari, si dilatavano di dieci volte nel corso del “miracolo economico”, toccando, nel 1976, 61.764 ettari, che salivano a 105.344 nel 1994. In cinque decenni la realizzazione di aree residenziali, industriali, di strade e parcheggi aveva moltiplicato le superfici “edificate” di circa venti volte. Al fenomeno si dovevano riconoscere ragioni profonde: una società contadina si era convertita in società industriale, centinaia di migliaia di famiglie si erano spostate dalla campagna alle città, in città avevano procreato figli, per i quali era stato necessario costruire asili, scuole, palestre, milioni di uomini e donne avevano abbandonato il lavoro dei campi per un’attività industriale, erano stati realizzati migliaia di edifici industriali, alcuni di dimensioni imponenti. La conversione dei suoli agricoli era stata esigenza ineludibile''.
 
==Il rimpianto del passato==
La stessa sensazione di rimpianto per l’abbattimento dei
vecchi alberi la avvertiamo in una pagina di
Hermann Hesse
[[File:Hermann Hesse 1927 Photo Gret Widmann.jpg||thumb|200px|Una foto di Hermann Hesse]]
 
'''Gli alberi spezzati'''
''vidi il luogo dei miei più cari ricordi devastato, ridotto alla distruzione più completa. I vecchi castagni, all’ombra dei quali avevamo trascorso i nostri giorni più lieti e i cui tronchi , da ragazzini riuscivamo a malapena ad abbracciare unendoci in tre, in quattro, giacevano spezzati, spaccati, con le radici strappate e rivoltate, tanto da lasciare nel terreno buchi giganteschi. Neanche uno era più al suo posto, era uno spaventoso campo di battaglia, e anche i tigli e gli aceri erano caduti, un albero accanto all’altro. L’ampio spazio era un gigantesco ammasso di rami, tronchi spaccati,radici e zolle di terra , tronchi possenti stavano ancora nel terreno, ma curvi e attorcigliati, con migliaia di schegge bianche.''
 
E più sotto
 
''Per giorni vagai qua e là e non trovai più alcun sentiero per il bosco, nessuna famigliare ombra di noce, nessuna quercia dei tempi delle scalate della fanciullezza; dappertutto, per un ampio tratto intorno alla città, solo macerie, buche , pendii boscosi distrutti, falciati come erba, alberelli piangenti con le radici denudate e rivolte al sole. Tra me e la mia infanzia si era aperto un baratro, e la mia patria non era più quella di un tempo. La grazia e la spensieratezza degli anni che erano stati mi abbandonarono''.
 
==Libri letti==
 
Anche se non siamo riusciti a realizzare una intervista al prof. '''Antonio Saltini''' che insegna ''Storia dell'agricoltura'' nella facoltà di agraria, abbiamo seguito i suoi consigli e abbiamo letto alcune sue opere:
 
:''La fame del pianeta''
:''Vita di inviato''
:''I semi della civiltà''
:''L'Agricoltura americana''
:''2057 L'ultimo negoziato''
[[File:Inviato50.jpg|left|thumb|220px|Copertina di ''Inviato speciale'']]
[[File:Immagine104.jpg|right|thumb|220px|Copertina di ''I semi della civiltà'']]
[[File:Fame51.jpg|center|thumb|220px|Copertina di ''Inviato speciale'']]